si articola sul dogma neoliberale, ed è finalizzata sostanzialmente all'eliminazione delle residue garanzie conquistate nei cicli di lotte operaie e sociali del secolo scorso, combinata con la completa precarizzazione dei giovani lavoratori e la riduzione in schiavitù di larghe fette di manodopera immigrata.
Accanto a questi aspetti legati al mondo del lavoro (e quindi alla sottrazione del salario diretto), troviamo altre politiche, rivolte a colpire il salario indiretto, nelle forme di privatizzazioni, svendita del patrimonio pubblico, tagli ai servizi. Tutto questo imposto anche dal vincolo esterno monetario, l'Euro.
Tutte queste politiche antipopolari, propagandate come soluzione ai problemi economici del capitalismo contemporaneo, in realtà non sono altro che le azioni concrete che le classi dirigenti portano avanti, spalleggiate dalle loro sponde politiche: in Italia il Partito Democratico, a livello europeo l'asse socialdemocratico-popolare. Per dirla in altre parole, l'Unione Europea è lo strumento con cui le borghesie continentali portano avanti la loro lotta di classe, colpendo le fasce proletarie a suon di politiche di austerità, tagli allo stato sociale, regolazione militare dei flussi di forza lavoro e repressione di ogni forma di dissenso.
Inoltre, come detto in precedenza, l'Unione Europea si fa portatrice di una nuova e decisa tendenza alla guerra, fatta di interventi militari diretti, promossi dagli stati più forti (come avvenuto in Libia e in Mali) e supportati da tutta l'Unione. A questi si aggiungono interventi indiretti quali il sostegno politico e militare a gruppi rivoltosi e destabilizzanti, come le fazioni islamiste in Siria ed i gruppi neonazisti in Ucraina.
L'azione aggressiva dell'UE, oltre a peggiorare notevolmente le condizioni dei lavoratori, ha di fatto sconvolto il panorama politico, svuotando di significato e di importanza i governi nazionali, che oggi non rappresentano altro che la cinghia di trasmissione tra le politiche decise dalle commissioni di Bruxelles e i popoli che le dovranno subire.
A conti fatti non rimane ambiguità nella definizione dell'Unione Europea: una struttura irriformabile e non democratizzabile, espressione diretta delle classi dirigenti continentali e della loro volontà di arricchirsi e di emergere nella competizione globale. Questo rappresenta l'attacco al salario diretto ed indiretto dei lavoratori europei e la ricerca di nuove avventure coloniali ai confini dell'Unione.
E' dunque necessario analizzare l'evoluzione di questo polo imperialista, che si sta sostenendo e sviluppando sulle spalle delle classi popolari, a cui le progressive riforme del lavoro, del welfare e le privatizzazioni hanno negato ormai ogni diritto se non quello di poter usufruire di una buona dose di precarietà e sfruttamento intensivo.
Diventa centrale denunciare la sua nuova tendenza alla guerra e alla militarizzazione dei territori, e creare le condizioni per rompere la sua gabbia aprendo nuovi scenari anticapitalisti per i lavoratori d'Europa e del Mediterraneo.
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