Germania, sciopero dei lavoratori del sociale

Sozialarbeiter streikenDopo una serie di “scioperi di avvertimento”, da venerdì 8 maggio un sindacato tedesco, i Ver.Di, ha dichiarato lo sciopero ad oltranza dei lavoratori del sociale.
Questa categoria, che formalmente categoria non è, è come in italia eterogenea e composta da diverse tipologie di lavoratori, di contratti, e di datori di lavoro.
Lo sciopero, pur volendosi rivolgere al più ampio spettro di tipologie esistenti, è nei fatti quasi esclusivamente sciopero dei lavoratori degli asili comunali, nella sola categoria del pubblico impiego. Le rivendicazioni sono principalmente due: un maggior riconoscimento della professionalità dei lavoratori del sociale, volto a superare le disparità del settore a seconda delle mansioni e del datore di lavoro, e una rivendicazione salariale. L’articolazione delle iniziative di lotta è su base territoriale, ogni asilo, ogni comune, ogni regione, lo declina a modo suo, con il sindacato che tenta di tirare le fila e chiede una trattativa per il nuovo contratto.

Due premesse sono d’obbligo: lo sciopero arriva dopo 5 anni di accordo nella categoria (che prevedeva come corollario 5 anni di pace sociale) ed è un pò anomalo, in quanto è stato dichiarato non a seguito di una qualche riforma peggiorativa, ma ha avuto come primo motore proprio il sindacato, è uno sciopero che rilancia chiedendo il miglioramento dell’esistente. In questo il sindacato si era già distinto con una lotta simile negli aeroporti, e il metodo ricorda quello dello sciopero dei macchinisti, fatto da un sindacato autonomo e che aveva come obbiettivo politico principale quello di allargare il piano rivendicativo da una singola categoria a tutto il settore, rivendicando condizioni migliori per tutti, in contrapposizione al sindacato principale che delegittimava questa lotta in quanto partita da un sindacato rappresentativo dei soli macchinisti. Seconda premessa, sempre utile a capire determinate scelte e tattiche che altrimenti non si spiegherebbero, è che qui in Germania quando scioperi, se sei iscritto al sindacato, il sindacato ti paga parte dello stipendio (con tutto ciò che ne consegue sulla possibilità di coinvolgimento e tenuta dal punto di vista dei lavoratori, e di interesse ad arrivare ad un accordo dal punto di vista del sindacato…). Piccola chicca, qui chi lavora nel sociale per un ente religioso non ha diritto di sciopero.
Come San Precario in trasferta a Gottinga, cittadina universitaria della Germania centrale, siamo andati a curiosare ad un incontro tra lavoratori, sindacalisti e attivisti, con l’obbiettivo di iniziare ad orientarci in questo mondo difficile; quello che segue è un piccolo sunto della situazione visto da qui con l’aggiunta di qualche considerazione più ampia riguardo le lotte di settore e i cambiamenti portati dai processi di finanziarizzazione nella produzione di beni e servizi.
I lavoratori:
In questo settore la composizione è a maggioranza femminile. Il lavoratore che prende parola all’incontro ci tiene a ribadire questo fatto, unitamente alla considerazione che le sue colleghe si rivelano generalmente più conflittuali dei maschietti (sic!). In generale i lavoratori avvertono un forte conflitto etico interiore, sentendosi responsabili dei disservizi all’utenza, e proprio da questo “senso di colpa” nasce la loro esigenza di coinvolgere il più possibile gli utenti, ossia i genitori ma anche i bambini. Per questo la loro prima azione è stata quella di presentarsi davanti al comune con i bambini e i genitori e sparare confetti con un cannone di cartone costruito insieme ai bimbi nelle ore di lavoro precedenti lo sciopero. Il lavoratore racconta di essere stato molto preoccupato nel coinvolgere i bambini in questa attività, ma di aver scoperto che invece la cosa si è rivelata produttiva anche in termini educativi e relazionali, anche se alcuni colleghi lo avvertono come problema. La partecipazione al momento è molto buona, ma la situazione varia da asilo ad asilo, da comune a comune, ed è comunque limitata agli asili comunali. In questo si stanno prodigando molto per tentare di coinvolgere altre categorie, più precarie e più restie alla lotta. Loro obbiettivo principale in questa fase è l’allargamento, visto in prospettiva di una tenuta molto lunga. Contano infatti, insieme al sindacato, di arrivare fino alle vacanze estive, mantenendo alta la pressione, magari non su tutto il territorio nazionale come in questa prima fase ma con una declinazione più regionale e a singhiozzo, dopo la convocazione dei primi tavoli. Allargamento soprattutto verso i genitori, che rimangono la loro principale preoccupazione. Più volte il lavoratore ribadirà la sua preoccupazione per l’impatto sulle famiglie, e proprio la composizione dell’utenza sembra determinare la riuscita o meno dello sciopero a livello territoriale, con asili in zone ricche molto conflittuali e asili “poveri” poco o per nulla. Da notare l’assenza a questo incontro dei genitori (non coinvolti perchè si pensava che non fossero interessati al piano rivendicativo); questa frammentazione si mostrerà anche in altri frangenti, con gli attivisti solidali che si presenteranno in massa solo dopo l’incontro, per sviluppare le loro iniziative di solidarietà senza disturbare i lavoratori stessi consultandoli o confrondandocisi (strana forma teutonica di rispetto della sfera della soggettività…). Altra considerazione importante, sulla quale tenteremo poi di costruire un ragionamento per un possibile avanzamento della lotta, la fa il lavoratore e la ribadisce un vecchio sindacalista: questo sciopero non colpisce la controparte sul piano economico (non fa perdere soldi al comune), ma sul piano dell’immagine. Proprio su questo piano si focalizzano le aspettative di lavoratori e sindacalisti, nella speranza che un ipotetico danno di immagine locale si rifletta sul piano nazionale delle trattative e faccia portare a casa il risultato.
Il sindacato:
Il sindacato ha in questa lotta il ruolo di promotore e coordinatore. Le iniziative a livello territoriale nascono spontaneamente e sono molto eterogenee, il sindacato le supporta come può, rivolgendosi spesso al bacino degli attivisti per sostenere manifestazioni e iniziative di solidarietà che altrimenti farebbe fatica a realizzare e gestendo il piano delle trattative in maniera pressochè autonoma (problema che peraltro i lavoratori non sembrano percepire). Si caratterizza da un ruolo più proattivo, non solo come promotore della vertenza ma recandosi nei diversi posti di lavoro per coinvolgere altri lavoratori. Purtuttavia rimane legato a una lettura del conflitto classica, novecentesca, anche se a differenza dell’Italia non si muove in maniera politica, volta unicamente al rafforzamento della sua struttura e della capacità contrattuale. Questo spiega in parte la maggior fiducia dal lato dei lavoratori e la maggiore apertura a diverse istanze e forme di conflitto da parte del sindacato (che altrimenti parrebbero sfiorare da ambo le parti l’ingenuità), e descrive una situazione della rappresentanza più fluida rispetto a quella italiana, dove determinate contaminazioni sarebbero impensabili.
Le criticità:
Da più soggetti vengono rilevate le criticità di questo percorso rivendicativo, anche se non se ne da un lettura politica e di prospettiva, ci si limita ad enunciarle passivamente. Emerge infatti prepotentemente l’effetto della finanziarizzazione sulle dinamiche di conflitto classico: primo scoglio con cui si confrontano a livello locale lavoratori e sindacati è il meccanismo del debito e del pareggio di bilancio. La risposta che essi ricevono è innanzitutto che non ci sono i soldi. Questo scoglio, reale o presunto, si ripresenta poi ad ogni livello, vanificando l’effetto del presunto danno di immagine. Seconda arma in mano al potere finanziario, che tutto cannibalizza o distrugge, rimane quella della privatizzazione. già in molti piccoli comuni il servizio è ormai esclusivo appannaggio del privato, con conseguente deregolamentazione, e in questo poco riescono a fare i sindacati sul piano nazionale, limitandosi a resistere dove e come possono. Terzo fattore rimane proprio la deregolamentazione del mercato del lavoro, sotto forma di libertà di licenziamento, in ogni settore (in Italia l’ultimo tassello sono proprio i lavoratori pubblici, ma poco ci manca). Come rilevano in molti ogni vittoria possibile è comunque vittoria di Pirro: alzo del 10% il salario? no problem, domani licenzio il 10% dei lavoratori, scaricando gli effetti sull’utenza.
Prospettive possibili: da una battaglia di immagine ad una guerra agli immaginari
Da queste considerazioni partiamo per provare a tracciare traiettorie possibili nell’ottica della ricostruzione di un soggetto conflittuale.
Una affermazione del lavoratore ci ha colpito particolarmente, unitamente alla prospettiva di lotta che essi si danno di lavorare sugli immaginari dei genitori per creare un danno di immagine all’ipotetica controparte (i politici…). Ossia il fatto che dicesse che il loro sciopero non crea danno economico, e che quindi loro potevano anche tenere duro, ma che i genitori si sarebbero stancati prima dei comuni e che quindi loro alla lunga avrebbero perso la loro leva principale (il genitore rappresenta per loro l’elettore, arma di scambio con la controparte).
A ben vedere lo sciopero crea si un danno economico, ma proprio a quel soggetto, il genitore, che si vorrebbe dalla loro parte! In questo frangente gli immaginari vengono ancora percepiti, anche dai sindacati, come semplice strumento di consenso, e non come arma per danneggiare il nemico. La lettura che si da quindi è quella per categorie: da un lato i lavoratori, supposta categoria conflittuale, dall’altro i genitori, soggetti del consenso e quindi parte involontaria in quanto elettori della controparte, come terreno di scontro e di contesa. Ma perchè la costruzione di immaginari diventi arma efficace questa deve essere in grado di danneggiare la controparte anzitutto a livello economico, e questo può essere fatto solo coinvolgendo tutti quei soggetti multipli che subiscono l’attacco del (bio)capitalismo. Ossia coinvolgendo i genitori anche e soprattutto sul piano rivendicativo che gli è proprio, costruendo vertenze che abbiano rivendicazioni comuni. In questi giorni a detta del lavoratore molti genitori lamentavano la difficoltà di gestire la loro situazione dovendo prendere spesso permessi o ferie, e questo si rispecchia anche nell’andamento delle lotte, dove asili in zone ricche trovavano maggiore facilità di supporto da parte dei genitori, mentre in zone povere dove i genitori hanno maggiori difficoltà a prendere permessi, questo supporto manca, rendendo difficile o impossibile anche l’azione dei lavoratori. Per una azione biosindacale realmente incisiva bisognerebbe essere in grado di coinvolgere l’utenza anche sul piano rivendicativo, affrontando questo aspetto e chiedendo espressamente un coinvolgimento dei genitori sotto forma di autoorganizzazione e rivendicazione. Rivendicare l’uso di permessi e malattia come effetto dell’impoverimento dei servizi, farlo sul proprio posto di lavoro, magari proprio col supporto di quel sindacato che in un’altra categoria, quella degli stessi servizi, ha proclamato lo sciopero, sarebbe un passo nella costruzione di quel soggetto sociale multiplo che sia conflittuale oggi. Un piano del genere è paradossalmente più plausibile qui, dove i sindacati pur legati a vecchie forme di conflitto risultano più permeabili, rispetto alla situazione rigida dell’Italia.
In questa direzione ci sarebbe piaciuto proporre qualcosa di semplice, in puro stile cospirativo Sanprecariota. Un volantino, con logo e font del comune, sotto forma di voucher che autorizza i genitori a prendere permessi sul loro luogo di lavoro dato lo sciopero degli asili, sarebbe forse andato nella direzione della costruzione di nuovi immaginari e nuovi diritti, dentro e fuori il lavoro, in grado di mettere in difficoltà la vera controparte, il (bio)capitalismo del terzo millennio. Non lo abbiamo fatto, consapevoli che nessuna soluzione può calare dall’esterno e che senza un soggetto politico e sociale alle spalle ogni nostra proposta sarebbe stata velleitaria. Ma crediamo fortemente che il conflitto sia ancora possibile oggi, e che la costruzione di nuovi immaginari per nuovi diritti sia più che mai necessaria.
In attesa di imparare il tedesco…
San Precario Gottinga

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