Dicono di noi #1. Il moderno culto di San Precario

Qulache giorno fa, leggendo la recensione (questa) di un libro sulla precarietà, “La generazione tradita”, scopriamo che il Giannini vice direttore di Repubblica ha un’idea tutta sua di San Precario.  Dice lui:” è il disperato «culto» moderno di San Precario: esige che un lavoro qualsiasi, malpagato e senza uno straccio di garanzia, sia comunque meglio di nessun lavoro”. Dal contesto si evince che il Nostro non ne sa niente del vero culto del patrono dei precari che esige tutt’altro che rassegnazione. Per questo gli abbiamo mandato una letterina, che trovate sotto,  giusto per mettere i puntini sulle “i”.

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Lavoratori della Cgil in lotta contro la Cgil che licenzia

A Roma manifestazione alla direzione nazionale del sindacato dove non vale il normale diritto al lavoro.

Proteste di precari e lavoratori licenziati se vedono tutti i giorni. La notizia, però,diventa clamorosa se le proteste si svolgono di fronte alla sede centrale della Cgil e se hanno come protagonisti proprio i precari e i licenziati del sindacato guidato da Susanna Camusso. È quanto accaduto ieri a Roma.

UNA DELEGAZIONE del comitato dei precari e licenziati dalla Cgil – a distanza di cinque mesi dalle loro proteste nel corso del congresso nazionale Cgil di Rimini, durante il quale si erano incatenati per attirare l’attenzione- ieri mattina, ha manifestato davanti al quartier generale del sindacato in Corso d’Italia, chiedendo di incontrare la Camusso.Il neo-segretario generale era assente,così i manifestanti sono stati ricevuti dal segretario confederale Enrico Panini: “Siamo in presenza di casi molto diversi gli uni dagli altri – ha spiegato Panini – ma la Cgil si attiverà per avviare dei rapporti fra le parti affinché vadano a buon fine”. Le stesse parole che aveva usato a maggio dopo la protesta al congresso nazionale di Rimini.Soltanto sette persone (controllate a vista da quattro poliziottie da due militari), nessun megafono, solo due cartelli con scritto: “Vergogna.Rovinato dalla Cgil di Catania. 13 anni in nero,5 anni dopo licenziato”. A scrivere lo striscione,appoggiato al bagagliaio di un’autosotto la pioggia romana, è stato Giovanni Sapienza,67 anni. Racconta che per 13 anni ha lavorato in nero per la Cgil di Catania: nel1998 è stato assunto dalla società di pulizie Alizzi (poi divenuta Novalux) a cui si rivolgeva l’organizzazione sindacale. Nonostante il cambio di società le mansioni di Sapienza rimasero le stesse: apertura-chiusura della sede Cgil, centralinista, portaborse dei dirigenti sindacali. Dopo altri 5 anni decise di rifiutarelo stipendio in segno di protesta. Il suo vero datore di lavoro era la Cgil, così,Sapienza chiese al sindacato di rispettare isuoi diritti con l’assunzione e con il versamento di tutti i contributi previdenziali per gli anni passati. Cosa fece il sindacato? Cambiarono le serrature d’ingresso della sede dell’organizzazione impedendogli di entrare. Dopo alcuni mesi ricevette la lettera di licenziamento della Novalux.È servito a poco il tentativo di conciliazione presso l’Ufficio provinciale del lavoro: la Cgil non si è mai presentata. L’ultimo tentativo è stato il tribunale.Ma la sentenza, che sarebbe dovuta arrivare lo scorso primo ottobre, è stata posticipata ad aprile2011. Sapienza chiede 263mila euro di risarcimenti:spese legali e 13 anni di contributi nonversati. “Lo sapete cosa mi ha offerto invece la Cgil? – racconta Sapienza – Mille euro a titolo bonario”.

DI STORIE SIMILI a quella di Sapienza cene sono a decine, quelle che ieri si ascoltavano sotto la sede della Cgil erano soltanto un piccolo campione. C’è, per esempio,quella di Barbara Tundis entrata nella Cgil diCetraro nel 2003 con il servizio civile: le èstato proposto di rimanere a lavorare nel sindacato con un contratto part-time, ma che difatto era un tempo pieno. Alla richiesta di maggiori diritti, è stata costretta a firmare una lettera di dimissioni già preparata. Invece Simona Micieli, ex precaria della Cgil calabrese (250 euro al mese, ne erano stati promessi almeno 700) ha fatto causa al sindacato per maltrattamenti.

Come è possibile che dentro un sindacato accadano questo genere di cose? Semplice:ai sindacati – in quanto associazioni non riconosciute,come i partiti politici – non siapplica lo Statuto dei lavoratori. Il famoso articolo 18 dello Statuto considera nullo il licenziamento quando avviene senza giusta causa o giustificato motivo. La mancata attuazione dell’articolo 39 della Costituzione,che prescrive una legge per la disciplina dell’attività sindacale, ha sempre permesso alle organizzazioni dei lavoratori – inclusa la Cgil– di operare in deroga, anche all’articolo 18.E quando i dipendenti dei sindacati vogliono protestare per avere tutela dei propri diritti,non sanno bene a chi rivolgersi, visto che inquesto caso i sindacati sono parte del problema e non della soluzione. Anzi, sono proprio la controparte.Non è un problema da poco per Susanna Camusso, che il 3 novembre scorso, al momento dell’elezione a segretario generale della Cgil, ha innalzato il vessillo della legge sulla rappresentanza sindacale, chiesta da anni e sempre stralciata da un Parlamento alle prese con altre urgenze. La Camusso , secondo cui “il futuro deve essere dei giovani edel lavoro”, dovrà ora occuparsi anche di chi deve rappresentare, e tutelare, i suoi dipendenti.

Da Il  Fatto Quotidiano di Gianmaria Pica

Ma la cgil ci è o ci fa?

Piccola premessa. Questo è l’ennesimo scritto di Pietro Ancona che 0spitiamo. Le sue osservazioni ci sembrano molto pregnanti e spiegano con chiarezza le relazioni che intercorrono fra il maggiore (e peggiore) partito di opposizione, il Pd, e il maggiore sindacato italiano, la Cgil. Con altettanta chiarezza sono esplicitati i rapporti (di forza) fra quest’ultima e la Fiom. Bisogna discernere per capire ed è necessario comprendere per scegliere. Noi abbiamo scelto un punto di vista “precario” (certo, siamo precari/e…) e pensiamo che se non si crea conflitto nei luoghi (e nelle generazioni) ove la precarietà è nata e si è diffusa ogni risposta sarà parziale e farà il gioco di questa o quell’altra organizzazione. Altro che interesse generale!  Un conflitto nuovo, radicale, giovane ed incisivo è cosa buona, giusta, ma soprattutto possibile. Ciò che accade nella metropoli milanese lo dimostra…

IL PATRIOTTISMO DI MENO DIRITTI E BASSI SALARI.
di Pietro Ancona, ex sindacalista cgil

Si lascia fare a governo e padronato tutto quello che vogliono. Senza reagire nei tempi e nei modi che renderebbero utile e produttiva l’azione. Sembra che i sindacati italiani, come diceva qualcuno in tv, siano prigionieri degli interessi imprenditoriali e debbano fare necessariamente cose che ne consentano la realizzazione degli obiettivi.

La classe operaia é viva ma non conta niente!

(di Pietro Ancona) Il 16 ottobre la classe operaia italiana ha dato vita ad una delle più grandi manifestazioni
degli ultimi anni paragonabile soltanto a quella organizzata dalla CGIL di Cofferati in difesa dell’art.18 durante il governo D’Alema nel 2002. Lavoro, diritti e democrazia sono state al centro della mobilitazione suscitata dagli attacchi anche sul piano morale che la destra al governo e la Confindustria hanno portato alla condizione salariale e giuridica dei lavoratori. Il retroterra della manifestazione è stato costituito da centinaia e centinaia di scioperi ed agitazioni legate ai licenziamenti nella scuola e nelle industria. I lavoratori sono stati tacciati dai lividi ministri del governo Berlusconi come “fannulloni” e la stessa signora Marcegaglia si è unita ai latrati ingiuriando a suo volta, assieme a Marchionne ed altri illustri capitani d’industria, i lavoratori. Esemplare al riguardo la reazione di Marchionne deluso dai risultati del referendum di Pomigliano che avrebbe voluto plebiscitari. Non si aspettava che difronte al suo ricatto il quaranta per cento delle maestranze avrebbe risposto di no e si è lasciato andare a violenze verbali contro gli irresponsabili che non capiscono la grande modernità delle sue idee!
La “piazza” del 16 ottobre ha chiesto a gran voce lo sciopero generale. La risposta di Epifani è stata reticente e scoraggiante: lo sciopero si farà se le risposte del governo saranno insufficienti! Non si capisce di quale risposte parli dal momento che non esistono richieste della CGIL tranne quella di una manciata di spiccioli e di una tantum per il fisco.
In ogni caso non sarà la scelta dello sciopero generale in sè che deciderà. Altri tre scioperi generali sono stati indetti e realizzati dalla CGIL durante gli ultimi due anni con richieste
insignificanti al governo e nessuna al padronato italiano! Bisognerebbe che la CGIL decidesse di affrontare alcune fondamentali questioni con rivendicazioni precise. Abrogazione della legge Biagi, abrogazione delle leggi sulle pensioni a cominciare dalla legge Dini, restituzione alla scuola degli otto miliardi sottratti dalla Gelmini, aumento generalizzato dei salari, istituzione del Salario Minimo Garantito. Ma la CGIL se farà uno sciopero generale si limiterà a chiedere assieme alla Confindustria una politica economica più adatta a fronteggiare la crisi e la riforma fiscale.
Tre giorni dopo il 16 ottobre una pesantissima randellata è stata data dal Parlamento ai lavoratori con il varo definitivo, dopo due anni di incubazione, del collegato lavoro. Una legge che introduce l’arbitrato e riduce i poteri del giudice in caso di licenziamento.Il giudice dovrà tenere conto di una serie di cose che non hanno niente a che fare con la giusta causa e che praticamente lo guidano a riconoscere le ragioni del datore di lavoro! Dalla giusta causa dei lavoratori alla giusta causa dei padroni! Basta leggere la legge approvata per rendersi conto dell’odio di classe verso i lavoratori che la impregna dalla primo all’ultimo capoverso. Sarà difficile per quello che il giuslavorismo riconosceva come la parte debole far valere i suoi diritti e dovrà avere una assistenza legale che pochissimi si possono permettere. Basti pensare a quanto costerà la semplice redazione di un ricorso
contro un licenziamento da depositare in Tribunale. Il collegato lavoro dà al governo una serie di deleghe che saranno usate contro gli impiegati pubblici ed il “riordino” degli enti previdenziali. Non dubito che si va verso la privatizzazione di Inps ed Inail enti che da tempo fanno gola alla imprenditoria italiana per le riserve finanziarie consistenti di cui dispongono.
Questa terribile mazzata che spezza per sempre le reni dei lavoratori, (non dubito che se il centro-sinistra vincerà le elezioni confermerà tutto come ha fatto in passato di tutte le leggi dei governi di destra), è stata possibile per l’atteggiamento di vera e propria complicità della CGIL e del PD. La CGIL durante i due anni di incubazione del provvedimento si è limitata a qualche flebile lamento “dopo” l’approvazione nei vari passaggi camera-senato. Ha ritrovato voce dopo il blocco del Capo dello Stato e poi ha organizzato di malavoglia un paio di sitin davanti al Parlamento.
Il PD è stato molto collaborativo. In due giorni la Camera dei Deputati ha approvato tutto certo con il voto contrario del PD ma si tratta di una opposizione del tutto formale e dovuta che non ha neppure cercato di ritardare il varo del micidiale provvedimento.
Questo è stato “l’ascolto” di Bersani che promette barricate contro la legge scudo di Berlusconi.
La “sinistra” strilla per le difficoltà che la Rai frappone agli emolumenti richiesti da Saviano Benigni ed altri. Trattasi di centinaia di migliaia di euro, cifre che sarebbero giustificate dagli incassi della pubblicità ma che suonano mostruose alle orecchie di chi guadagna meno di mille euro al mese e si tratta di milioni e milioni di famiglie.
La CGIL e neppure la Fiom non potranno fare più niente contro il collegato lavoro tranne che ricorrere alla Corte Costituzionale. Ci dovevano pensare prima e organizzare una lotta adeguata. La Corte è sotto assedio da anni e non riesce più a difendere la Costituzione da un assalto sempre più violento e travolgente.
Nei periodi di crisi si possono cedere quote di salario ma non si debbono mai cedere diritti. La cessione di diritti indebolisce le classi lavoratrici moralmente e crea una situazione sociale di squilibrio non solo economico ma anche di cittadinanza. I cittadini operai conteranno molto meno e non potranno far valere le loro ragioni. Non saranno più eguali a tutti gli altri. Se un giudice volesse intervenire in loro soccorso, la legge glielo impedisce! Non si è esitato a limitare i poteri della magistratura del lavoro.
Se questo è quanto ci portiamo a casa dopo il 16 ottobre c’è davvero da disperare sul futuro a cominciare dai prossimi giorni!
Avevo scritto nei giorni scorsi, dopo la grande manifestazione del 16, che la classe operaia é via. E’ vero, ma non conta proprio niente!

Il minimalismo della CGIL

L’alleato migliore della Marcegaglia e di Marchionne è il PD il quale è diventato partito di governo tout court a prescindere dai contenuti della sua azione e dal programma che può variare a seconda delle fasce elettorali da adescare. Da molto tempo il PD si è convinto che l’Italia è di destra, che le idee del socialismo o soltanto della sinistra sono in minoranza, che bisogna conquistare il blocco sociale che oggi vota per il centro-destra. Il fatto che in Italia ci siano venti milioni di lavoratori con grandi problemi di vita e financo di sopravvivenza non lo commuove, non lo interessa. Gli interessano Marchionne e la Confindustria, Montezemolo, Colannino, Merloni. Per questo il suo staff che si occupa di questioni sociali e di lavoro è fatto di persone come Ichino,Treu, Letta che traducono in linguaggio giuridico, in leggi o altro, i desiderata dell’imprenditoria italiana.
Il PD ha un peso enorme dentro la CGIL e sulla CGIL. I quadri dirigenti, i “funzionari” a tempo pieno che dirigono le categorie e di otto anni in otto anni trasferendosi da l’una all’altra sono sempre al loro posto  e costituiscono la struttura permanente della CGIL una volta facevano riferimento alle correnti comunista e socialista. Ora fanno riferimento soltanto al PD e si dividono soltanto per una maggioranza bulgara che fa capo ad Epifani ed una minoranza di circa il venti per cento che è un pochino più di “sinistra”.
Il peso di questo “apparato” sulla CGIL è enorme. I cinque e più milioni di lavoratori che
sono iscritti al Sindacato non hanno in realtà una grande voce in capitolo. Il potere dello apparato “a tempo pieno” riesce ad influenzare i Comitati Direttivi delle categorie che difficilmente si esprimono  difformemente nel dibattito interno.
Questa CGIL, negli ultimi due anni, ha realizzato tre scioperi generali tutti e tre dedicati al fisco. Una scelta che ha voluto escludere deliberatamente il padronato dalla  scandalosa questione salariale italiana e che si proponeva un piccolo recupero di una manciata di spiccioli dallo Stato. Non ha avuto alcun riscontro nel Governo che non ha concesso niente. I rapporti con Cisl ed UIL non sono stati buoni perchè la CGIL, condizionata da una base militante colta, consapevole e combattiva, non avrebbe potuto firmare la riforma del contratto e concordare l’allegato lavoro. Ma, sebbene non abbia condiviso le scelte di Cisl ed Uil non si è opposta ed ha consentito che i contenuti filtrassero attraverso le categorie
ed ha lasciato fare in Parlamento senza protestare che a cose fatte. Con l’accordo Alitalia ha passato il Rubicone ed ha consentito il dilagare di deregolation e nuove norme che sono giunte fino a Pomigliano ed ora invadono  tutto l’apparato industriale italiano.
Domani il Segretario Generale della CGIL che non ha mai nascosto il suo malumore per l’irrequietezza della Fiom ed il mancato accordo di Pomigliano concluderà il comizio di quella che si preannunzia come la più grande e vibrante manifestazione degli ultimi dieci anni.
Il comizio non potrà che confermare la politica della CGIL. La CGIL non chiederà la restituzione degli otto miliardi sottratti alla scuola ed impiegati nel finanziamento delle missioni militari, non chiederà l’abrogazione della legge Biagi, non chiederà  il rispetto dei ccnl ed il blocco delle deroghe, non chiederà di rivedere il sistema pensionistico praticamente ridotto ad  elemosine, non chiederà l’istituzione del Salario Minimo Garantito Europeo per combattere le aree di schiavismo.  Non chiederà un sostanzioso miglioramento dei salari. Si limiterà a chiedere una  generica politica industriale, miglioramento degli ammortizzatori sociali, qualche  euro di sconto fiscale  e, dal momento che Bersani ha accennato recentemente ai ricchi che non pagano le tasse, dirà qualcosa sulle rendite finanziarie.
Insomma  la enorme spinta che verrà dai lavoratori  verrà neutralizzata da un minimalismo al disotto delle necessità e delle istanze già avanzate in centinaia e centinaia di agitazioni e manifestazioni alle quali però non è stato consentito un punto di unificazione. Mentre la Francia dà vita a scioperi generali ben motivati da richieste precise come la scuola e le pensioni, in Italia le richieste resteranno generiche e minimalistiche.  
E’ possibile che a fronte della secchiata di acqua gelata che sarà gettata sui cortei piuttosto che ricavarne forza e voglia di combattere, il movimento si frantumerà in tante lotte locali disperate e senza alcuna speranza. Fino ad oggi c’è la speranza del 16 ottobre. Domani  il 16 ottobre sarà già alle nostre spalle.
Il minimalismo della CGIL non è riformismo. Il riformismo di Giuseppe Di Vittorio Fernando Santi Vittorio Foa era basato sui diritti. Magari un salario non molto alto ma diritti garantiti ai lavoratori a tutela della loro dignità e del loro benessere di cittadini.
Oggi la lotta si accanisce non solo sui salari che si vorrebbero ancora abbassare ma sopratutto sui diritti, sullo Statuto dei Diritti dei Lavoratori, sulla natura del ccnl, sul diritto alla salute, allo sciopero, alla pensione, alla sanità, alla scuola.  Ichino sostiene che lo sciopero va abolito e con esso anche il sussidio di disoccupazione che “impoltronisce” l’operaio! Il PD non lo smentisce
e chiede alla CGIL di essere patriottica, di aiutare l’economia italiana a ripartire caricandone il peso soltanto sui lavoratori.
Questa è  una delle più vistose anomalie italiane: sindacati che non danno niente ai lavoratori ma tolgono. Una sottrazione che dura dal 1992.
Pietro Ancona
già sindacalista CGIL,
già membro del CNEL