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ULTRA’/ DALLE RIUNIONI SOTTO UN NEGOZIO AI RAID CONTRO…
Ancora una persona ricercata da investigatori
Roma, 26 feb. (Apcom) – “Il leader riconosciuto del gruppo di associati” si chiama Francesco Ceci. “Il suo ruolo di capo – spiega il gip Muntoni – emerge in numerosissime conversazioni intercettate dalle quali si evince che è a lui e solo a lui che ci si deve rivolgere quando si tratta di chiedere al gruppo indicazioni sulle condotte da tenere in relazione a situazioni che fanno prevedere scontri ovvero di apprendere il pensiero del gruppo in relazione a determinati fatti. E’ Ceci che trasmette le direttive agli altri associati che si adeguano sia quando si tratta di organizzare azioni violente sia quando si tratta di evitare scontri”.
Altri promotori della presunta associazione a delinquere sono Pierluigi Mattei e Andrea Attila. Per il gip, “esemplare per indicare questa capacità di disporre di elementi pronti alla violenza è la raccomandazione rivolta a Ceci da parte di uno degli organizzatori di una manifestazione di Forza Nuova vietata dalla Questura, Daniele Pinti, coordinatore della sezione di Forza Nuova di via Jacopo Torriti, prima della fiaccolata organizzata a Ponte Milvio contro l’immigrazione, al cui svolgimento l’autorità di pubblica sicurezza aveva opposto divieto (‘Mi raccomando oggi nervi saldi perché ci sono donne e bambini poi chi vivrà vedrà)”.
Questa situazione “assegna a Ceci il ruolo di colui da cui dipende il livello di violenza da usare nelle manifestazioni, tanto che costui può decidere, controllando gli altri, il buon andamento di ogni iniziativa, sia essa politica o legata alle tifoserie ultras, così come a Ceci lasciano ampi spazi per scatenare la violenza nei contesti ‘opportuni’ (‘poi chi vivrà vedrà)”. Dalle telefonate il gip riscontra “allarmanti elementi” circa l’esistenza di un “sodalizio criminale stabile e organizzato” con “la medesima regia”.
Complessivamente gli indagati sarebbero una cinquantina. In carcere sono finiti anche Emanuele Conti e Marco Turchetti. Ancora ricercato è invece Francesco Massa, accusato di aver partecipato all’assalto alla caserma di via Guido Reni, avvenuto dopo. Nei confronti di altro quattro persone coinvolte è stata disposta la misura dell’obbligo di firma una volta alla settimana, in coincidenza con l’orario domenicale delle partite di calcio.
ULTRA’/ DAVANTI A GIP INDAGATI RESPINGONO ACCUSE O NON RISPONDONO
Si continua domani a Regina Coeli
Roma, 27 feb. (Apcom) – C’è chi ha negato ogni addebito e chi invece ha scelto di non rispondere. Si sono svolti nel pomeriggio i primi interrogatori di garanzia del gruppo di 16 presunti ultras, arrestati ieri per accuse che vanno dall’associazione a delinquere, alla devastazione al porto abusivo di oggetti atti ad offendere. Davanti al gip Guglielmo Muntoni, ad esempio avrebbero scelto di non parlare sia quello che è considerato dagli inquirenti, “leader riconosciuto del gruppo”, Francesco Ceci, che un altro giovane, Alessandro Petrella.
Altri ragazzi, come Alessio Abballe e Fabio Pompili, invece, hanno scelto di rispondere, ma hanno negato, davanti al giudice ed al pm Pietro Saviotti, di aver partecipato ad alcuna delle azioni che gli vengono addebitate. Nei prossimi giorni, poi, sarà ascoltato Daniele Pinti, coordinatore di una sezione cittadina di Forza Nuova. Il suo difensore è l’avvocato Stefano Fiore. Domani, sempre a Regina Coeli, proseguirà l’attività. I primi ad essere sentiti dal gip dovrebbero essere Gianluca Colasanti e Fabrizio Ferrari.
L’intervista
Parla il presidente nazionale di Forza Nuova.
«I giudici sono schierati. Questi sono bravi ragazzi»
Fiore: «È una persecuzione politica contro di noi»
Fabio Di Chio
f.dichio@iltempo.it
«L’inchiesta è tutta politica, è una persecuzione. Magistratura democratica ha cominciato la sua campagna elettorale». Va giù a testa bassa il presidente nazionale della formazione di estrema destra Forza Nuova, Roberto Fiore.
Se la prende coi pubblici ministeri, contro le accuse esagerate e a volte «infondate» contenute nei venti provvedimenti coi quali giudici e investigatori hanno tratteggiato le presunte smanie squadriste di un gruppo di teste calde col cuore che batte metà per la Lazio e metà per l’estrema destra, alcuni proprio per Forza Nuova.
Presidente, perché parla male dei magistrati?
«Perché il pm Saviotti è uno schierato. Perché questa procura non si è vista quando per esempio saccheggiavano la sanità. Perché per sostenere l’accusa di associazione per delinquere sono stati inseriti nei provvedimenti fatti di sei-sette mesi fa, alcuni dei quali sono totalmente politici che nulla hanno a che vedere coi disordini. Ovvero: l’occupazione di uno stabile vuoto in viale« Etiopia, durata tre giorni e decisamente pacifica; l’intenzione di montare in macchina e andare a protestare coi cittadini di Pianura per lo scandalo dei rifiuti in Campania».
Quindi per lei queste persone non hanno commesso alcun reato?
«Certi sono stati arrestati e altri sono stati rilasciati. Alcuni di loro li conosco, sono bravissimi ragazzi».
È vero però che tra gli arrestati ci sono esponenti di Forza Nuova?
«Sì, tre, e nessuno è una testa calda».
Tra di loro c’è il coordinatore romano e responsabile universitario, Daniele Pinti, 21 anni, che inoltre è esponente della sezione del movimento politico a Torre Angela: in quella zona i primi di novembre una decina di persone col volto coperto e armati di spranghe e bastoni lasciò a terra nel parcheggio Lidl tre romeni feriti. L’indagine è ancora aperta.
Sulle curve degli stadi ci sono tifosi scatenati che uniscono destra a violenza. Cosa direbbe a queste persone, che magari sfoggiano la bandiera di Fn?
«Che non ci riconosciamo in queste azioni distruttive, dannose e solo una perdita di tempo. Violenza e teppismo non portano da nessuna parte. I giovani devono impegnarsi in un alveo costruttivo e politico».
Quanti anni ha l’elettore tipo di Forza Nuova?
«È giovane».
Secondo lei c’è bisogno di estremismo in questo particolare momento politico?
«Sì. La gente non ha bisogno del centro ma di spazi per la classe, c’è bisogno di idee profonde, di valori non scoloriti».
Domanda fuori registro: per la carica di sindaco di Roma, ce la farà Alemanno contro Rutelli?
«No».
Roma. Tifosi violenti, 16 arresti
I loro obiettivi erano le forze dell’ordine, gli extracomunitari, i centri sociali di sinistra, i romeni e i campi rom.
Gli scontri a Roma Le aggressioni erano progettate nei minimi dettagli e la parola d’ordine era sempre la stessa: violenza. Dopo mesi di indagini questa banda di estrema destra è stata però chiusa dietro le sbarre con le accuse, a seconda delle posizioni processuali, di lesioni, violenza a pubblico ufficiale, danneggiamento, porto di armi e alla maggior parte degli arrestati è stata contestata anche l’aggravante del terrorismo. Questo perché sono ritenuti responsabili dell’assalto alla caserma di via Guido Reni, una struttura dello Stato, «con lo scopo di condizionare anche avvenimenti di tipo sportivo». E ancora: invasione di terreni o edifici, incendio in concorso aggravato dalla violazione della legge Mancino recante «misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa».
Al termine di pedinamenti, intercettazioni e appostastamenti, 16 tifosi della Lazio e della Roma sono finiti in manette, altri quattro sono stati invece sottoposti all’obbligo di firma in coincidenza con l’inizio delle partite di calcio: tra gli indagati anche alcune donne.
Secondo quanto accertato dai carabinieri del Ros e dagli agenti della Digos, il gruppo individuava di volta in volta un obiettivo, reclutava partecipanti per spedizioni punitive nei confronti di giovani della sinistra antagonista romana o di tifoserie calcistiche e per disordini di piazza, anche alla ricerca dello scontro con le forze di polizia. Non solo. Gli indagati «attivavano un costante rapporto con referenti di singoli gruppi, suscitandone e incitandone espressioni di contrapposizione violenta per motivi politici, di odio nazionale, di tifo calcistico, di disprezzo del personale di polizia, in forza del radicato inserimento negli ambienti dell’estremismo politico e delle tifoserie ultras», ha scritto il gip nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Nel corso delle perquisizioni, gli investigatori hanno sequestrato coltelli, mazze, bastoni e petardi da stadio. Gli episodi contestati sono quelli dell’assalto a Villa Ada del 28 giugno scorso durante il concerto della «Banda Bassotti», l’occupazione di un deposito dell’Atac del 3 e 5 ottobre del 2007, un tentato incendio in un campo nomadi, i tafferugli e la devastazione delle auto e moto parcheggiate intorno allo stadio Olimpico la sera della morte di Gabriele Sandri. Gli inquirenti hanno poi stabilito che gli indagati, alcuni vicini a Forza Nuova, estranea comunque alle indagini, si incontravano a piazza Vescovio e poi si riunivano nei locali Excalibur e Presidio. Durante le indagini, prima della partita di calcio Roma-Mancheser, è stato trovato nascosto in un cespuglio vicino l’Olimpico un sacchetto con all’interno coltelli da cucina appena acquistati e 22 tondini di ferro.
La pericolosità dei soggetti, di un’età compresa tra i 22 e i 35 anni, è stata sottolineata dal procuratore aggiunto Franco Ionta, dal collega Pietro Saviotti, dal capo della Digos Lamberto Giannini, dal capo del Reparto Operativo Fernando Nazzaro e dal vicecomandante del Ros Mario Parente: «Avevano intenzione di organizzare – hanno spiegato gli inquirenti – anche una spedizione in Campania per compiere atti di violenza contro le forze dell’ordine» durante l’emergenza rifiuti. Questi tifosi avrebbero quindi tentato di affermare il predominio in alcune zona di Roma Nord.
Fab. Dic.
Au.Par.
Nelle intercettazioni, durate otto mesi, i progetti eversivi
e le strategie di assalto dei gruppi ultrà romani
Odio, razzismo e culto della violenza
“Voglio sparare in faccia agli sbirri”
di CARLO BONINI
Odio, razzismo e culto della violenza
“Voglio sparare in faccia agli sbirri”
Scontri in curva
ROMA – Se alla violenza togli un progetto che non hai o non hai mai avuto, resta solo l’odio. Un odio liquido. “Er Talpa” e “Fabbrizzietto”, “er Nano” e “Vampiro”, “Ovo” e “er Bulgaro”, “er Capitano” e “Danielone”, “er Ditta”, “lo Sciacallo” e “er Cinese” odiavano sette giorni la settimana. Non solo la domenica, quando si ritrovavano in curva o in trasferta con qualche lama, qualche mazza o qualche ascia. Odiavano le “guardie infami”, “quegli zingari dei romeni”, “i napoletani”, “le “zecche” dei centri sociali”, “i pennivendoli che si s’azzardeno l’aspettamo sotto le redazioni”, il vicino di casa che si era permesso di guardare un cane ringhioso portato a pisciare senza guinzaglio.
“Fomentavano i ‘pischelli’”, ragazzini raccattati allo stadio per essere spinti come una mandria al pascolo davanti a un deposito dell’Atac da occupare, sul ciglio di una discarica in cui “fare a pizze” con gli sbirri tra cumuli di “monnezza” o ai lugubri anniversari di una Destra neo-nazista (Forza Nuova) di cui indossavano la maschera, replicavano le parole d’ordine, frequentavano i luoghi: piazza Vescovio, “il Presidio” (nel parco di Villa Ada), il pub “Excalibur”. E, alla fine, avevano deciso di sporcare di sangue anche le domeniche di festa del rugby.
Per otto mesi (dal giugno del 2007 alla scorsa settimana), tirando con pazienza e metodo il filo di un’aggressione consumata nel parco di villa Ada, il pubblico ministero Pietro Saviotti, la sezione anticrimine del Ros dei carabinieri, la Digos, sono rimasti affacciati su un abisso di collera di cui hanno registrato ogni voce, ogni smottamento, ogni esplosione. L’11 novembre, giorno in cui Gabriele Sandri, “Gabbo”, veniva ucciso sull’Autosole, hanno ascoltato gli amici del dj che lo piangevano di fronte alle telecamere, gridando la propria innocenza, pianificarne la vendetta in una notte in cui “Roma brucerà”. Ne hanno rubato le voci eccitate durante l’assalto alle caserme.
“I romeni? Je famo strippà er culo”
In principio furono i romeni. Il 30 ottobre 2007, Giovanna Reggiani viene massacrata a Tor di Quinto alle spalle di una baraccopoli. Il suo assassino è un clandestino arrivato da Bucarest. Il 2 novembre, a Torre Gaia, quattro romeni vengono bastonati a sangue nel parcheggio di un centro commerciale da una prima spedizione punitiva. “Er Vampiro” (Alessandro Petrella) ne è ammirato ed eccitato. Ne parla al telefono con Alessio Abballe – “Qualcuno comincia ad accenne le micce” – e con “Er Talpa” (Fabrizio Ferrari): “A ragà, non è che se stamo a parlà. Vedemose e annamo ad assaltà un centro sociale o annamo a pijà i napoletani sull’autostrada o pijamo dù rumeni (...) Dovemo fà na cosa da fà strippare il culo e far pensare chi ti governa dall’alto: che è successo? (...) Bisogna creà un focolaio de persone che nun c’entrano un cazzo con la politica e lo stadio. Ragà, questa è una cosa dei cittadini, una cosa sociale, d’appartenenza de una città e de un Paese. Qui, destra e sinistra e ultras da stadio nun c’entrano un cazzo”.
Chi lo ascolta non sa esattamente dove “er Vampiro” abbia intenzione di colpire. Forse dietro casa sua, nel campo nomadi di via Walter Procaccino, dove già una volta ha tirato una molotov. Sa soltanto che sono cominciate le ricognizioni, che l’assalto sarà in pieno giorno, che “er Vampiro” ne parla in questi termini a Matteo Nozzetti: “Se succede na cosa come a Torre Gaia, nun c’hai più un cazzo de risonanza. Perché sai il mondo come gira. Dopo due settimane te fanno un trafiletto ed è già finita. Famo quarcosa de serio. Pe na volta nella nostra vita deve uscì la perfezione. Je devi mette pepe ar culo. Che quelli pensano: cazzo, ma se questi hanno fatto una cosa del genere, me se presentano sotto al Parlamento e me danno la caccia”.
In macchina con “Gabbo”
Dei romeni non se ne fa nulla. Domenica 11 novembre 2007, Gabriele Sandri, “Gabbo”, viene ucciso da un colpo di pistola esploso sull’A1 da un agente della stradale che risucchia ogni goccia di odio disponibile, convogliandola altrove. Sulla macchina in cui viaggia Sandri ci sono “Ovo” (Marco Turchetti), “Maverick” (Francesco Giacca), “er Messicano” (Federico Negri), “Simone” (Simone Putzulu), il pantheon di “In Basso a destra” e degli “Irriducibili”, le sigle che ospitano i mazzieri della curva nord laziale. Ad Arezzo, Turchetti “Ovo” – un tipo che in questura hanno già fermato una volta su un furgone carico di martelli, coltelli e spranghe – piange l’amico morto e mobilita la risposta. “Er Nano” (Francesco Ceci) sale su una macchina per raggiungere Arezzo, ma intanto dà disposizioni a chi resta. “Er Nano” è un leader riconosciuto e temuto. E’ pappa e ciccia con Fabrizio Ferrari, “er Talpa”, romanista dei “Bisl” (basta Infami solo lame”), un tipo che l’ultima coltellata l’ha data il 18 febbraio, prima di Roma-Real Madrid.
“Er Nano” dà ordini a uno come Fabrizio Toffolo (capo storico degli “Irriducibili” che alterna il suo tempo tra galera e domiciliari) e, neppure due mesi prima, se l’è promessa al telefono con un tale “Carlo”, ultras napoletano, convenendo che “alla prossima, i machete dei laziali” si incroceranno con “le mannaie dei napoletani”. “Er Nano” parla col “Bulgaro” (Andrea Attilia), che di Gabbo è amico fraterno, perché senta i romanisti. Perché si mobilitino “er Vampiro” e “quel matto di Pierluigi”, Pierluigi Mattei, capobastone laziale di “In Basso a destra”. Il “Vampiro” ha problemi. Gli è morta la nonna nella notte, ma mentre in casa si piange, lui si aggiusta per la serata: “Vojo brucià tutto. Stasera vojo brucià tutto”.
Pierluigi Mattei impazzisce. Alla madre che lo chiama mentre sta andando allo stadio, grida: “A Ma’, lasciame perde… Che devo fa, eh? Sarebbe da sparaje in faccia alle guardie. Che te credi che non m’andrebbe de ammazzalla na guardia? C’hanno paura degli scontri sti coniji delle guardie. Devono avè paura”. Alla fidanzata, racconta che ha brandito un coltello tra gli occhi a un autista dell’Atac che rompeva e come ha conciato il vicino, che ha incontrato mentre portava a pisciare il cane: “Jo detto: A brutta faccia de cazzo. Che c’hai da guardà? Lo vedi sto guinzajo? Te lo metto ar collo e t’ammazzo. Nun me devi rompe li cojoni. Quando passo abbassa lo sguardo”. Con la fidanzata si vanta di aver commesso due omicidi (polizia e carabinieri non sono ancora riusciti a verificare se millanti o meno): “De rumeni n’ho mandati due al creatore e ne ho feriti gravemente altri due. Perciò, se vengono da me trovano la morte”. E quando la fidanzata gli chiede cosa farebbe lui a due rumeni se li vedesse fare a lei quel che lei gli ha visto fare ad un’estranea (palpeggiarla), dice: “Io c’avevo la macchinetta che dà le scosse. Ma quelle merde della polizia me l’hanno tolta. Perciò ne ammazzerei dieci”.
Sporchiamo il rugby
Com’è andata la notte dell’11 novembre è noto. Ma avevano deciso che all’odio non dovesse rimanere estranea la festa del rugby. Già il 13 ottobre del 2007, “Er Nano” si informa sull’arrivo dei tifosi del Livorno Rugby, impegnati in una partita con la “Futura Park”. “Mò fomento un po’ de gente. Famme sapè l’orario”. Poi, il 10 febbraio scorso, allo stadio Flaminio, si gioca Italia-Inghilterra, partita del sei Nazioni. Fuori dallo stadio, la polizia ferma Simone De Castro, cugino di Gabriele Sandri. E’ un diffidato. Non può avvicinarsi a nessun impianto sportivo del Paese. E si accompagna a un altro diffidato, Ruggero Isca. Vengono alle mani con la Polizia e il gruppo che è con loro se la squaglia. “Er Talpa” annuncia a Isca la vendetta per i conigli: “Hanno toccato mio fratello. Stavolta li ammazzo. Li faccio inginocchiare, Ruggiero”.