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pubblicato il 23.04.06
Milano: targa per Pedenovi - rinviata la posa
·

Fonte Corriere su Indymedia

Targa per Pedenovi, rinviata la posa. Continuano le polemiche
by dal corriere Friday, Apr. 21, 2006 at 12:01 PM

Targa per Pedenovi, rinviata la posa. Continuano le polemiche.

Ieri, gli operai del Comune non si sono presentati in viale Lombardia. Palazzo Marino ha deciso di rinviare la posa del palo che dovrà sorreggere la targa in ricordo di Enrico Pedenovi, il consigliere provinciale dell’Msi ammazzato da un commando di Prima Linea il 29 aprile del 1976. Lo si farà due giorni prima dell’inaugurazione del 29 per permettere che si calmino le acque dopo le durissime polemiche dell’altro giorno. Polemiche che non si sono fermate neanche ieri. «Ho l’impressione che questa giunta si voglia ricordare solo dei propri morti – attacca il consigliere dei Ds, Aldo Ugliano -. Avevo proposto di intitolare una via all’agente Antonio Marino ucciso da una bomba lanciata dai neofascisti. Non ho ancora ricevuto nessuna risposta». Replica il vicesindaco Riccardo De Corato: «Dopo trent’anni, la targa per Pedenovi è un atto riparatore e di giustizia nei confronti di un uomo delle istituzioni, tranquillo, ma convinto delle sue idee e per questo motivo massacrato sotto casa». Il vicesindaco ricorda anche un’altra cosa. Che la mozione presentata da An nel 2003 «è stata votata da 36 consiglieri su 38». Ma un altro rappresentante di An, il già coordinatore regionale Massimo Corsaro, fa una proposta a titolo personale: «Per evitare strumentalizzazioni politiche sono pronto ad accettare che la posa della targa venga rinviata al dopo-elezioni. Tutto ciò a patto che tutte le forze politiche si dichiarino unanimamente d’accordo nel ritenere che il futuro sindaco, chiunque esso sia, realizzi tra i primi atti della nuova amministrazione quello di lasciare un ricordo concreto e tangibile alla memoria di Pedenovi». «Gli abitanti di viale Lombardia – attacca invece l’ex assessore regionale di An, Carlo Borsani – ci devono dire se uccidere un fascista è un reato o no. Se non lo è, è giusto e doveroso mettere la targa. Altrimenti… Ma nessuno di noi vuole credere a un’ipotesi del genere».
Discorso che a Palazzo Marino non è piaciuto. Ieri è intervenuto anche il sindaco Gabriele Albertini: «Non credo che la pietà sia morta a Milano. Se penso che ai giorni nostri ci sono dei contrasti su una lapide che ricorda quello che 30 anni fa è stato un omicidio, possiamo dire che un passo avanti è stato fatto». E l’assessore Stefano Zecchi: «Spiace il fatto che non si riesca a trovare una sintesi superiore che oltrepassi la pur comprensibile battaglia politica».


Fonte Repubblica su Indymedia

Milano – Rivolta contro la targa per Pedenovi
by da repubblica Thursday, Apr. 20, 2006 at 2:08 PM mail:

La lapide per ricordare il consigliere missino ucciso nel ´76 da Prima Linea. De Corato: basta divisioni. Fiano: ascoltate la gente. Il Comune la vuole in viale Lombardia, alt dai residenti.

Scoppia il caso Pedenovi. Il Comune vuole una targa commemorativa, ma i cittadini di viale Lombardia dicono no. E immediatamente esplode anche una polemica politica. «Pensavo che certe divisioni a distanza di 30 anni fossero sparite» dice De Corato. «Loro pensano solo ai morti di destra» replicano i consiglieri di sinistra.
Il consiglio comunale già tre anni fa aveva approvato a larga maggioranza la lapide in ricordo di Enrico Pedenovi, consigliere provinciale dell´Msi assassinato da un commando di Prima Linea il 29 aprile del 1976, in viale Lombardia. Doveva essere sistemata sulla facciata dello stabile popolare di proprietà comunale, civico 65/67 e scoperta il 29 prossimo, nel trentennale della morte. Ma gli inquilini si sono opposti. Così si è ripiegato su un palo, che sostiene la targa. Ma nemmeno questo passa, almeno per ora, perché ieri alcuni abitanti del quartiere sono scesi in strada a bloccare l´operazione.
«Potevamo mettere la targa, con un atto di forza, sullo stabile di nostra proprietà – ha detto De Corato – ma onorare una persona uccisa non è un atto di sfida. Purtroppo nel 2006, in una Milano completamente cambiata, c´è ancora chi ci riporta a un tempo e un clima che speravamo non ci fossero più. Mi chiedo quale sia il senso civico e la pietà umana di questa città».
«La decisione del Consiglio è del 2003, non capisco perché ne parlino adesso, in campagna elettorale, e lo dice uno che ha votato a favore di quella targa – obietta Emanuele Fiano, capogruppo dei Ds, appena eletto in Parlamento -. Consiglierei di riprendere la questione alla fine della campagna e di ricercare il consenso, parlando con la gente per capire i motivi dell´opposizione». «Ci sono sempre state scadenze elettorali in questi tre anni, provinciali e regionali, la nostra non è una manovra elettorale» ribatte a Fiano il vicesindaco.
Per Giovanni Occhi, capogruppo di Rifondazione «una decisione presa dal consiglio non può essere imposta ai cittadini. Chi abita lì, e si ritrova ogni anno con chi va a commemorare il camerata caduto, ha il diritto di dire la sua». «Delle lapidi il Comune ha fatto un uso a senso unico, dedicandole solo ai morti di destra – aggiunge Daniele Farina, leader del Leoncavallo, consigliere comunale e neo parlamentare -. La vicenda della lapide di Pinelli, sostituita quando non ce n´era alcun bisogno, sta lì a insegnarcelo. Non mi stupisce che la cittadinanza reagisca così». Invece per il capogruppo di An in Regione, Roberto Alboni, «questa opposizione dispiace, le vittime vanno ricordate tutte, senza distinzioni».


Fonte Repubblica su Indymedia

[Milano] Lapide a Pedenovi – La gente del no: insulto ai nostri morti
by da repubblica Thursday, Apr. 20, 2006 at 2:12 PM

Sul marciapiede è disegnato in un verdino fosforescente un rettangolo. Sotto le finestre. In una zona di passaggio delle auto posteggiate sotto gli alberi. E´ l´angolino più guardato di viale Lombardia. Si discute più qui che nel bar. «Vogliono mettere proprio qui un palo con la lapide a un morto accanto al balcone di mia nonna? Facciano pure, vediamo quanto resiste. In macchina ho già il ‘flessibile´ pronto all´uso», dice un giovane, con un giubbotto nero e il pizzetto. Il più anziano del caseggiato, «arrivato qui nella pancia di mia mamma, nel ´25», usa un aggettivo poco sentito in strada: «Inaudito».

E, in tanti, tra gli inquilini dei caseggiati ai numeri 65 e 67 si affannano a spiegare che non è tanto il morto, Enrico Pedenovi, consigliere di An, ucciso trent´anni fa dai terroristi rossi di Prima Linea, ad accendere gli animi. E´, o meglio sarebbe, una questione di verità storica: «Pedenovi usciva da una casa sul marciapiede opposto, al numero 66. La vede quella corona appassita sull´albero? L´hanno messa i fascisti, insomma quelli di An, ed è dall´altra parte della strada, giusto? Non è mica da questa, no? E allora come mai adesso la lapide adesso vogliono sistemarla proprio qui?». La lapide, si sente dire, porta «manifestazioni, caos, scocciature», e non raramente «il 29 aprile, alle commemorazioni, vengono qua a fare il saluto romano».
La lapide a Pedenovi, aggiungono con spirito pratico un paio di signore, «se non possono metterla dov´è stato ucciso, e cambiano marciapiede, allora facciano qualche metro in più e vadano a posarla sotto la casa dove quell´uomo abitava, è al numero 27, o 23, ancora più in là, ma poco». Oppure, suggerisce un anziano barbuto come Babbo Natale, «non siamo lontani da piazzale Loreto, là dove hanno appeso il capo di tutti loro… Ma perché non la mettono là, ‘sta lapide?».
La battutaccia è utile per comprendere meglio l´anima di queste vecchie case. Quando si entra si possono notare ben due lapidi. Una ricorda gli undici inquilini, dal soldato Armandola Primo a Ricotti Giuseppe a Vai Angelo, ammazzati nella prima guerra mondiale. L´altra è dedicata alle vittime del fascismo e della sua guerra. Cita altri inquilini, come Fiocchi Angelo finito a Mauthausen e Fiocchi Alicia sepolta nei bombardamenti, c´è chi è morto in combattimento, chi per «persecuzione politica» e chi, come Allevi Enrico, per «causa partigiana». Qui dentro non sono rari i nipoti dei gappisti e non mancano le persone restie a parlare, com´è di moda tra i revisionisti, di «memoria condivisa»: i fascisti, con le leggi razziali, le torture, l´olio di ricino e il manganello, il confino e le fucilazioni, tra questi pianerottoli restano fascisti.
Ma c´è ancora di più: forse il vicesindaco Riccardo De Corato dovrebbe sapere che questi caseggiati, vecchi di quasi un secolo, sono il secondo quartiere popolare (il primo era in via Solari) costruito dalla Società Umanitaria, dal socialista e possidente Moisé Loira con uno scopo preciso. «Dare – dicono i vecchi inquilini – una casa e un´istruzione alle famiglie degli operai». Queste case sono un esempio di che cosa era la Milano con il cuore in mano: in questo caso, con un cuore a sinistra. Nel 1986 tutti i beni dell´Umanitaria sono passati al Comune (all´assessorato al Demanio) e ora, su duecentoventi appartamenti belli, con i soffitti alti 3 metri e 40, con giardino interno, ben venti sono tenuti vuoti da anni: «Quelli del Comune fanno orecchie da mercante a qualsiasi richiesta e gestiscono molto male un bene prezioso come la casa», dicono in tanti.
Ce ne sarebbe abbastanza per considerare se è davvero il caso di mettere qui una lapide alla memoria del consigliere del Msi. «Questa strada è come un paese, ci conosciamo tutti. Se lei prova a informarsi sulla casa di fronte scoprirà che è di un solo cittadino, beato lui. E che tutti quelli che abitano là sono in affitto. E che, quando il Comune ha chiesto a lui di mettere la lapide dove in teoria sarebbe lecito metterla, e cioè dov´è stato ammazzato, lui ha risposto: picche. Non la vuole. Un proprietario privato può dire di no e noi che siamo inquilini dobbiamo subire?», alzano la voce.
Si tengono comizi improvvisati, si discute. Che arrivino gli operai e la forza pubblica a imporre una targa non sembra credibile: «Noi l´affitto lo paghiamo, ma non è che uno può entrare a casa nostra se non gli apriamo la porta». Il signore anziano scuote la testa: «Molti di noi c´erano trent´anni fa, quando Pedenovi venne ammazzato. Tutti quei morti, da una parte e dall´altra, non hanno cambiato nulla e lo sappiamo tutti. Che senso ha, trent´anni dopo un omicidio, ricordarsi in ritardo di mettere una lapide?» E uno di vicini aggiunge: «Se proprio vogliono, lo facciano dove la lapide è gradita… Altrimenti, invece di commemorare una persona, finiscono per farla maledire anche da morta».

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