Bambini e psicofarmaci

I bambini dipendenti da psicofarmaci, in Italia sono già almeno 850 mila. Non contenta, l'EMEA, l'Agenzia Europea per il Farmaco, ha abbassato da 18 a 8 anni l'età a partire dalla quale poter somministrare Prozac e similari.

L'allarme è stato confermato dal Progetto Arno-Pediatria, l'osservatorio epidemiologico della prescrizione farmaceutica in età pediatrica (da Cineca e "Mario Negri" Milano). I dati più recenti, riferiti alle prescrizioni effettuate nel 2004 da oltre 8.000 medici di 27 Asl di 7 regioni su 721.142 bambini, dicono che c'è una forte prescrizione di antibiotici (87%) e antiasmatici (41,2), seguiti dai cortisonici (15,7%). "Ma non è tutto", fa notare Marisa De Rosa, del Cineca. "Aumenta anche l'uso di psicofarmaci nei più piccoli e negli adolescenti: 3 minori ogni mille (circa 30mila in Italia) sono in terapia, in particolare con antidepressivi, soprattutto ragazze tra i 14 e i 17 anni".

La maggior parte delle visite pediatriche termina con una ricetta: a ogni bimbo vengono in media prescritte 3,3 ricette l'anno con farmaci a carico del SSN, per un totale di 2,4 milioni di ricette l'anno (2,8% della spesa sanitaria). Sugli effetti degli psicofarmaci ai minori non ci sono grandi studi, ma soprattutto, come sottolinea Federico Bianchi di Castelbianco, direttore dell'Istituto di Ortofonologia di Roma, «non c'è una valida situazione diagnostica». Ovvero: per un certo istituto lo 0,60 per cento della popolazione infantile necessita di aiuto farmacologico, mentre un'altra università parla del 3 per cento e una terza del 6. E così, il mercato dei "psico-bambini" si allarga a dismisura, diventando fonte di ricchezza infinita per gli affiliati a Big Pharma.

Anche perché gli psicofarmaci si assumono per lunghi periodi. E creano dipendenza. «Non solo - conferma Bianchi di Castelbianco - vari studi hanno evidenziato un dato inquietante: tra i piccoli depressi che non prendevano psicofarmaci, 35 su 2 mila tentavano il suicidio. Questo numero, però, diventava 70 tra quelli che erano in cura farmacologica». Esiste, dunque il concreo pericolo di un effetto "psycho-killer" indotto dalla sostanza. C'è poi il grande bluff: aumentare le diagnosi di depressione grave. Un po' quello che accade con il colesterolo, quando si abbassano le soglie per far crescere il numero di pazienti.

L'EMEA ha stabilito che si può passare al farmaco nei piccoli se non si sono avuti risultati apprezzabili con 4-6 sedute di psicoterapia. Un periodo di tempo che a volte non basta neppure per evidenziare il vero problema che affligge un depresso. «E proprio questo dato - conclude lo psicoterapeuta - conferma la volontà di passare subito all'intervento farmacologico». Queste sostanze, poi, sono spesso prescritte da medici che non le conoscono a fondo. Lo denuncia Massimo Di Giannantonio, ordinario di psichiatria all'Università di Chieti: «Aumenta l'uso e dunque l'abuso perché gli psicofarmaci vengono indicati da clinici che non hanno alcuna competenza in materia: il medico di medicina generale e il pediatra».

Questo accade perché si medicalizza ogni forma di disagio, fornendo una risposta chimica a un problema psicologico. Il medico, nel ricordare che la moderna psicofarmacologia consente trattamenti adeguati soltanto in casi estremamente specifici e delimitati, rivela un altro grave pericolo. «Un bambino che assuma in modo improprio psicofarmaci, svilupperà difficoltà ad avere relazioni in famiglia e a scuola. E andrà incontro a forme di neurotossicità, il suo sviluppo neurologico e neuromotorio potrà essere compromesso».

Il metilfenidato (Ritalin®), utilizzato - anche in Italia - per il trattamento dei bambini iperattivi, viene classificato in Inghilterra tra le 20 droghe più pericolose in assoluto. Perché accade tutto questo ? «Non dimentichiamo - osserva Luca Poma, di "Giù le mani dai bambini" - che l'EMEA non dipende dalla direzione della sanità. Ma da quella dell'industria...».

Nella classifica delle venti sostanze psicoattive più dannose redatta da questa Commissione governativa figura appunto - a fianco dell'LSD e prima dell'Ecstasy - anche il metilfenidato, la metanfetamina che è anche il principio base in alcuni discussi psicofarmaci (Ritalin®, ma non solo), utilizzati per il trattamento di presunti disturbi del comportamento nei bambini (ADHD, Sindrome da Iperattività e Deficit d'Attenzione), consigliato spesso con eccessiva disinvoltura anche in Italia.

Che cosa stiamo facendo ai nostri piccoli ? «Una cosa molto brutta - risponde lo psichiatra Raffaele Morelli - Perché quando c'è una tristezza nel bambino c'è anche sempre un motivo profondo che va indagato e ha le radici nella relazione con i genitori o con l'ambiente che lo circonda. Ormai sono le case farmaceutiche che decidono che cosa vada bene e anche gli scienziati che le controllano sono spesso sui loro libri paga».

Fonti: La Stampa, Repubblica Online, Solaris

Ven, 17/11/2006 – 14:07
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