Carcere - Ionta e il sovraffollamento fisiologico

Dialoghi tratti da: Redattore Sociale - Dire, 28 novembre 2008

Approfondimento da "Bello come una prigione che brucia" - ogni lunedì dalle 10.30 a 12.30 su Radio Blackout

L’AFFOLLAMENTO DELLE CARCERI E’ FISIOLOGICO - Con queste parole il capo del Dap, Franco Ionta, ha risposto alla relazione con cui la dottoressa Elisabetta Laganà, presidente del Coordinamento enti e associazioni di volontariato penitenziario, enunciava le varie violazioni dei diritti umani nelle carceri italiane.

Il nuovo capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha contestato alla Laganà un'impostazione troppo "depressiva" della questione, troppo statica. La dottoressa Laganà gli ha risposto la sua relazione da lei presentata non era affatto depressiva, "Caso mai mi sento disillusa". Ionta a sua volta ha replicato: "Attenzione, la disillusione può essere più rischiosa della depressione, male che comunque si può curare".

Una polemica garbata e cortese, ancor più fastidiosa se si pensa alle quasi 60.000 vite pressate come sardine nei magazzini di carne umana nostrani.
Proprio a questo riguardo, Ionta, ha detto che ormai bisognerà farsene una ragione.

"Il livello fisiologico della presenze in carcere in un paese come l’Italia si attesterà sulle 60-70 mila unità. Dobbiamo farcene una ragione e dobbiamo misurare tutta l’organizzazione su questo dato ineludibile". Continua quindi con una complessa dimostrazione algebrica per sottolineare che più si aumentano le pene e i reati e più inevitabilmente aumenteranno i detenuti.

"Quindi più che auspicare una speranza un po’ vaga di cambiamento, è meglio fare riferimento alla categoria dell’impegno. E con impegno, io intendo sia quello delle istituzioni che lavorano per il detenuto, sia però anche quello del detenuto stesso che deve scegliere di uscire dalla sua condizione. E scegliere di uscire dal crimine, in una società come la nostra, oggi non è certo una impresa facile".

In poche parole, concludendo che la scelta "criminale" è spesso ineluttabile in un modello sociale come il nostro, questo magistrato a capo del Dap, spiega ai detenuti e alle loro famiglie che le sofferenze a cui sono sottoposti, le morti e i suicidi sono "fisiologici".

In questa affermazione, Ionta, è decisamente rivoluzionario, poiché senza rendersene conto sottintende un’impossibilità di riformare e umanizzare l’istituzione carceraria.
Grazie a Ionta comprendiamo che il fatto che ci siano 4 o più persone in nicchie di 6 mq, che manchino acqua, carta igienica, assistenza sanitaria, che abbondino psicofarmaci e violenze, è una condizione a cui bisogna abituarsi, poiché fa parte della "digestione sociale".
Usando il termine "fisiologico", ci spiega con perizia che il carcere, e l’orrore che lo accompagna, fanno parte del metabolismo di questa società che inghiotte individui e caga quelli che ritiene scarti nelle prigioni/latrine.

Alle famiglie di Lonzi, Bianzino, Paglioni e delle decine che ogni anno muoiono di carcere, pensiamo che tale definizione non basti. Alle 60.000 vite segregate per semplificare i meccanismi di assestamento della società, ai 60.000 individui per cui le autorità hanno prodotto questa diagnosi e rapida cura, Ionta ha dedicato una spiegazione semplice… è fisiologico, il sistema non vi ha digerito.

Mer, 03/12/2008 – 09:49
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