Contro il carcere e la società che rappresenta

La cosidetta democrazia non è altro che una forma di regime autoritario ed in quanto tale incompatibile con la libertà e la ricerca della soddisfazione dei desideri di qualsiasi individuo.

Forza di questa evoluzione del potere è l'aver capito che è uno strumento di controllo molto più efficace la "carota", rispetto al classico "bastone". In quest'ottica rientra la creazione di bisogni e desideri artificiali, la menzogna del benessere ed il terrorismo mediatico, la paura creata dai media che ci fa addirittura chiedere maggiore repressione.
Perchè comunque il potere non si fa certo scrupolo ad utilizzare metodi anche brutali per schiacciare chi si ribella, chi si pone contro potere o chi non si accontenta di lasciarsi limitare dai sempre più angusti confini della legalità.

Metodi, quelli del potere, che sanno adattarsi e modellarsi ad ogni aspetto della vita, calibrarsi sulla potenzialità conflittuale di ogni singolo individuo ed evolversi in maniera tale da rendersi accettabile o condivisibile.

Telecamere "amiche" sempre a nostro fianco. Sbirri onnipresenti nelle nostre strade come in televisione, dal polizziotto di quartiere ai bonazzi delle fictions di regime. Costante sottrazione di spazi spontanei di socialità estranei alle logiche di mercato. TSO come arma per annullare ogni forma di devianza, ma anche l'assunzione volontaria di psicofarmaci piuttosto che la ribellione alle cause del nostro malessere. Permeazione della tecnologia in ogni aspetto della nostra vita: dall'istituzione ormai prossima di una banca dati genetica, passando per la consolidata pratica delle intercettazioni, fino ai cani microcippati. CPT e galere che sono solamente la manifestazione più bruta e odiosa della repressione.

Luoghi in cui rinchiudere chiunque non si chini di fronte al totalitarismo legalitario: tutti quelli che sono messi in condizione di non avere altra scelta, poichè esclusi dal "benessere" dalle contraddizioni implicite del potere; come chi invece quello stesso benessere semplicemente non ha intenzione di elemosinarlo accettando la prostituzione del lavoro. Ma anche e sempre con maggiore facilità, chiunque per tensione individuale si pone contro potere e va quindi criminalizzato, perseguitato e soprattutto rimosso dal tessuto sociale; perchè la menzogna più grande è che il potere voglia riabilitare chi non accetta di recitare la sua parte nella società dello spettacolo. È molto più vantaggioso far sparire simili figure, insieme con gli aspetti meno "accattivanti" dell'autorità e sostituirli con una controfigura funzionale allo show del consenso; quindi si deleggittimano scelte e percorsi refrattari al dictat della cultura imperante, ci concentrano e ricollocano lontano da occhi indiscreti le strutture legate alla repressione, con maxiquesture e caserme, ma soprattutto nuovi carceri decentrati rispetto alla città e diventa fondamentale il lavoro dei media che ci danno una nuova e terrorizzante immagine del migrante, che è sicuramente uno spacciatore, del criminale, che è certamente uno stupratore e, perchè no, dell'anarchico che non è altro, per logica deduzione, che un terrorista. Si rivela in questo modo come anche un giornalista non sia altro che uno sbirro, solamente più meschino ed ipocrita.

Inoltre il carcere non è solamente la struttura fisica racchiusa dal muro di cinta, ma anche tutta una vasta gamma di altre strutture, figure e concetti. Sono indiscutibilmente mattoni del costruttocarcerario tutte quelle imprese che lucrano sul carcere, dalle ditte che vi lavorano in appalto, a quelle che sfruttano il lavoro dei detenuti; come la figura dello psicologo che deve convincere il detenuto che sottomissione e passività siano sinonimi di sanità o l'intero concetto/ricatto del reiserimento che non è altro che il sistematico tentativo di annichilimento della dignità di ogni individuo.
Ma anche l'idea stessa di carcere, reale forma di psicopolizia, che con la paura ci vuole portare ad autoreprimerci.

La funzione di repressione mentale del carcere non è certo rivolta solo a coloro che possono esserne spaventati, ma anche e soprattutto a quei soggetti sociali che sono teoricamente minacciati in minor misura dalla possibilità di un arresto; infatti l'idea che chi decide di prendersi tutto e subito, chi si ribella e trova la sua piena soddisfazione nel farlo, chi spezza le catene che sono state poste intorno ai nostri desideri, a costo di ricevere quelle certamente più leggere forgiate in solo ferro, debba essere punito e recluso, ci aiuta ad accettare il grigiore delle nostre vite più squallido di quello delle sbarre di qualsiasi cella, i limiti angusti delle nostre libertà, ambiente claustrofobico peggiore di qualsiasi prigione e soprattutto la codardia e crudeltà del peggiore dei secondini: noi stessi.

Per tutto ciò crediamo sia necessario un percorso di lotta contro il carcere e tutto ciò che rappresenta, come forma di liberazione individuale, come attacco al concetto stesso di autorità e come tentativo di rotttura dell'isolamento tra dentro e fuori le mura, poiché siamo tuti prigionieri e l'unico modo di liberarci è distruggere completamente ciò che ci reprime.

Vogliamo inoltre che il nostro tentativo si possa concretizzare andando ad evidenziare tutti i potenziali obiettivi che rientrano in questo percorso spinti anche dal senso di urgenza rinnovato dai recenti episodi come la morte di Aldo Bianzino o l'arresto dei cinque ragazzi spoletini per terrorismo.

Nel frattempo vivremo costantemente con la rabbia nel cuore pensando a tutti quegli uomini e donne che sono derubati della propria libertà dal potere, ma di notte, i nostri sogni, saranno rasserenati dall'immagine di una prigione che brucia.

Alcune individualità AntiAutoritarie

Domenica 4 Novembre
Presidio contro il carcere
Appuntamento Ore 14:00
Strada Pievaiola Km 1000+800
Sotto il carcere di Capanne (Pg)
Noi portiamo l'impianto tu porta tanta rabbia

Ven, 02/11/2007 – 03:23
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