Non solidali, ma complici.

Questo 13 ottobre sono stati arrestati 5 compagni nello spoletino, l'accusa è l'oramai noto 270bis e sempre per non rischiare di scadere nell'originalità, anche questa volta viene tirata in mezzo la F.A.I. (Federazione Anarchica Informale). Nulla di nuovo quindi, negli ultimi anni abbiamo imparato a conoscere molto bene lo schema che ha portato in carcere già diversi compagni. D'altronde il potere per quanto nell'epoca del dominio tecnologico e mediatico preferisca l'uso della carota, di certo non disdegna di ritornare al caro bastone nei confronti di quegli individui che si dimostrano refrattari alla domesticazione.

Si potrebbe quindi cedere alla tentazione di ricadere nel solito teatrino sociale delle lamentazioni e dell'indignata accusa dei mezzi del potere, ma non siamo stufi di recitare questa parte che è evidente non scalfisce il nostro nemico?

Sicuramente è doloroso quando lo stato ci sottrae dei compagni e fratelli amati, indubbiamente è intollerabile come gli avvoltoi mediatici non tardino ad avventarsi sulla preda e a cogliere l'occasione per rinforzare il dictat di regime e non c'è neanche da pensare per un istante che sia qualcosa di diverso dalla solidarietà a muovere quei compagni che si affrettano a gridare alla montatura, affermare l'innocenza degli arrestati e reclamre per loro i pieni diritti costituzionali; ma tutto questo va superato, con la nostra passione e la nostra analisi dobbiamo andare oltre.

Innanzi tutto smettiamola di preoccuparci di innocenza e colpevolezza, lasciamo simili considerazioni a giudici e magistrati, solo per loro certe parole possono avere senso. Rendiamoci conto che ciò che spaventa di più il potere è i concetto stesso dell'agire in prima persona e la capacità che la soddisfazione che ne deriva ha di trascinare sempre più individui tra coloro che sono stufi di questo esistente. E soprattutto che se le azioni illegali sono spinte da una sana tensione antiautoritaria, la stessa che caratterizza il percorso dei compagni arrestati, non dobbiamo neanche chiederci se questi ultimi siano gli autori o meno del gesto, ma esprimere totale condivisione e complicità sia per la pratica dell'azione diretta, che per i compagni inquisiti.

Non solidali, ma complici quindi, con la rabbia, l'amore e la passione che ci accomuna. Convinti che l'azione diretta sia una pratica non solo necessaria, ma capace di darci gioia. Non chiediamo clemenza al nostro nemico perchè noi ci riteniamo in guerra contro le sue falangi.

Libertà per Andrea, Damiano, Dario, Fabrizio e Michele. Libertà per tutti

Per l'azione diretta. Fuoco alle galere

Ven, 26/10/2007 – 12:29
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