Bergamo – Ci sono voluti più di due anni per arrivare alla sentenza di primo grado per le tre persone accusate dal personale della Questura di Bergamo di resistenza aggravata e oltraggio a pubblico ufficiale.
I fatti risalgono al febbraio 2011 quando una persona, visibilmente alterata, all’esterno del Pacì Paciana ferma una volante della polizia e dice di essere stato rapinato da dei giovani che si sono rifugiati all’interno dello spazio sociale. Gli agenti di polizia si avviano verso il centro dove alcuni frequentatori spiegano che la presunta vittima non è stata né aggredita, né derubata. La volante se ne va in Questura dove ad attenderli c’è il sovrintendente Memoli, che decide di tornare due ore dopo con tre volanti al Pacì Paciana, per individuare gli autori della presunta rapina. All’interno del centro ci sono centinaia di persone, all’esterno si forma una folla di curiosi che assistono increduli alla foga del sovrintendente che dice di voler entrare a ogni costo, senza esibire alcun mandato di perquisizione.
Nel frattempo la vittima della presunta rapina fatica a stare in piedi, barcolla e pronuncia frasi sconnesse. La situazione è surreale, ma il sovrintendente insiste mentre gli agenti delle altre volanti si guardano bene dal sostenerlo e rimangono a distanza di alcuni metri. Memoli infine decide di andarsene. Il personaggio chiave della vicenda, nella mattina aveva causato un intervento della polizia per aver lanciato sassi contro il SERT, e cinque ore dopo la rapina al Pacì Paciana fa intervenire nuovamente le forze dell’ordine per un altro furto subito in via Bonomelli.
Dopo qualche giorno arriva il decreto penale di condanna per tre persone, la pena viene sospesa, ognuno degli imputati dovrà pagare più di 16.000 euro. I tre frequentatori del centro si oppongono al decreto di condanna e chiedono che vi sia un regolare processo. Memoli, l’unico tra gli agenti, si costituisce parte civile e nell’udienza finale il suo difensore chiede che ognuno dei tre imputati venga condannato a un risarcimento di 300 euro in suo favore.
Durante il dibattimento si scopre che la questura non ha nemmeno trasmesso la notizia di reato per la rapina, che ha fatto muovere con tanta solerzia ben tre volanti. Un’omissione d’atti d’ufficio che porta addirittura il PM a chiedere la trasmissione degli atti in procura per l’apertura di un’indagine. E’ lo stesso PM a non ravvisare alcun tipo di reato nella condotta degli indagati e a chiederne l’assoluzione. Il tribunale assolve tutti gli imputati perché il fatto non sussiste, la stessa testimonianza del collega di Memoli è per la Corte “corrispondente alla versione difensiva offerta dagli imputati”. La ricostruzione del sovrintendente invece “non supera il vaglio di credibilità”.
E se il processo fosse andato diversamente?