A proposito della lotta contro il Dal Molin
A PROPOSITO DELLA MOBILITAZIONE CONTRO LA BASE DI VICENZA…
Per un nuovo anno di lotta ai progetti di morte e alle illusioni pacifinte.
La mobilitazione contro il Dal Molin a Vicenza continua a rappresentare uno dei terreni di lotta popolare attualmente più importanti in Italia, perché, oggettivamente, rappresenta una spina nel fianco ai piani dell’imperialismo, in particolare quello statunitense. Ma ciò che manca è una direzione che voglia vincere realmente, convogliando le grandi energie sprigionate dal movimento in una prassi politica libera dai legacci istituzionali dei vari partiti di turno che “stanno con i movimenti” solo per meri scopi elettorali, per spegnere il fuoco delle rivendicazioni, per assicurare ai padroni che è tutto sotto controllo, insomma. E il risultato, così, non potrà che essere una sconfitta.
Dopo le prime porte sbattute in faccia dai vari politici, sembrava che il movimento No Dal Molin cominciasse a dare segnali di voler gestire la lotta autonomamente dal potere politico istituzionale: il divieto di sventolare bandiere di partito all’enorme manifestazione del 17 febbraio scorso, la mancata adesione al corteo promosso dai sinistri del 20 ottobre a Roma, la denuncia del voltafaccia della “sinistra radicale” sulla questione della moratoria sui lavori della base (questione in realtà spinosa, perché sospendere i lavori può avere come effetto spegnere la lotta…) mostravano il segno della legittima sfiducia nella politica di palazzo.
Ma il più importante passo in avanti nella crescita della coscienza di lotta libera da illusioni e promesse sono stati i recenti blocchi davanti all’aeroporto Dal Molin, che si sono dimostrati l’unica via concreta per fermare i lavori di costruzione.
Forse qualcuno ha preso paura della determinazione mostrata in quei giorni… allora bisognava dare un altro carico di promesse e illusioni per smorzare la tensione alla lotta: ecco i saluti a Roma durante il congresso della “sinistra arcobaleno”, gli applausi ai manifestanti, la disponibilità al dialogo e al confronto. La stessa “sinistra” che, insieme al resto del governo, ha votato la nuova Finanziaria di guerra e il rifinanziamento delle missioni militari italiane all’estero, ha votato tutti i progetti sulle nocività, dalla TAV al Mose, dagli inceneritori ai nuovi cacciabombardieri F35, rifinanziato i Cpt e approvato quell’insieme di leggi repressive e razziste detto pacchetto sicurezza. La partecipazione di partiti come il PRC al corteo del 15 dicembre a Vicenza, è stato uno dei risultati politici della partecipazione a Roma alla kermesse della “cosa rossa”: la legittimazione della presenza degli ipocriti sinistri al governo nel corteo, che sfilavano chiedendo a se stessi, seduti in parlamento, di fermare la costruzione della base. Chiaramente a discapito dell’autonomia del movimento e della chiarezza sul nemico da combattere.
Ma per fortuna, nel corteo, non tutti hanno dimenticato Bertinotti, con la mano sul cuore, salutare il 2 giugno la sfilata dei criminali massacratori della 173esima brigata aviotrasportata, né le nefandezze compiute da questo governo con l’appoggio di Rifondazione. Allora, centinaia di compagni hanno dato l’unica coerente e decisa risposta che tali soggetti, nemici della lotta contro le basi e la guerra, meritano: l’espulsione dal corteo.
Ma, in generale, la manifestazione del 15 ha rappresentato un passo indietro rispetto al percorso intrapreso: la direzione del movimento ha convogliato decine di migliaia di persone, tra cui realtà organizzate e comitati provenienti dall’estero per farle passeggiare in centro città! Con quale obiettivo? Essere in tanti per convincere Prodi a cambiare idea? No, perché tutti i più importanti vertici istituzionali hanno più volte ripetuto che nessuna manifestazione fermerà la costruzione della base. E allora? Poter contare politicamente quando qualcuno si candiderà alle elezioni o farà da sponda a qualche “nuovo” partito istituzionale? Essere riconosciuti come adeguati interlocutori in grado di controllare i movimenti?
Quello che è certo è che il 15 dicembre si è voluto impedire che la lotta proseguisse nella direzione indicata dai blocchi dei vicentini e, quindi, si entrasse nell’aeroporto Dal Molin per occuparlo, come giustamente proposto da alcuni compagni. Il divieto di deviare si è concretizzato con minacce di spaccare la testa a chi ci avesse tentato, e applicando la solita tattica del dividere il movimento in buoni e cattivi, in pacifisti ed estremisti.
La posizione sfavorevole nel corteo, i limiti organizzativi e l’ancora forte influenza dei pacifinti e dei loro dis-obbedienti settori di movimento, pronti a tutto pur di mantenere il proprio controllo politico non sono, tuttavia, la principale causa del non essere riusciti a dare corpo all’iniziativa.
Il tentativo fallito ci mostra evidentemente che la sinistra coerente e genuina è ancora debole nel movimento contro la guerra e che c’è ancora molto lavoro da fare e con maggiore intensità, per levare terreno al riformismo. Un’azione di questo tipo deve avere l’appoggio diretto dei vicentini, cosa che nella pratica non c’è stata, anche se ha raccolto molti loro consensi e simpatie.
Il 15 dicembre a Vicenza è stato comunque dato un segnale di lotta, ed è da valorizzare che alla manifestazione si è contraddistinto uno spezzone non solo a livello pratico, ma anche nei contenuti, unendo la contrarietà alla base Usa alla contrarietà alle guerre imperialiste, solidarizzando con le resistenze dei popoli oppressi, ricordando gli operai morti sul lavoro e denunciando quanti compagni/e pagano con la galera la loro militanza politica.
E’ da qui che si dovrà ripartire.
Compagni e compagne del Centro Popolare Occupato Gramigna e del C. Doc. Comandante Giacca
www.cpogramigna.org
info@cpogramigna.org
Padova, 3-01-2008
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