Grecia - Comunicato dei prigionieri di Lotta Rivoluzionaria

LA SOLA RISPOSTA AL TOTALITARISMO MODERNO è LA RIVOLUZIONE SOCIALE

Il governo di coalizione PASOK- Troika (commissione europea, fondo monetario internazionale, fondo sociale europeo) è riuscito in un breve lasso di tempo – e col consenso dei mass media- a depredare ciò che è stato conquistato con lunghe e spesso sanguinose lotte sociali e di classe, per imporre uno sfruttamento feroce e senza precedenti della maggior parte della società da parte di una minoranza senza vergogna, corrispondente all’elite economica.  Le recenti misure di Loverthos per l’occupazione e le pensioni vanno nella stessa direzione, e non saranno le ultime.
La Grecia si sta già trasformando stabilmente in un paradiso per i padroni e in un inferno per i lavoratori.
Questo nuovo poderoso attacco classista è, per l’autorità politica ed economica, “condizione essenziale per superare la crisi”, poiché - in accordo con l’analisi neoliberista – l’abbassamento del costo del lavoro, assicura le condizioni per la competitività, e i padroni possono sperare in nuovi profitti per il capitale ferito dalla crisi economica. Con la prospettiva di un incremento dei profitti, il processo produttivo riprenderà vita, darà un impulso alla crescita, e la strada per uscire dalla crisi sarà spianata, il che aiuterà il paese a superare i suoi grossi problemi di bilancio. In realtà, e a dispetto di qualunque argomentazione apporti il neoliberismo, su quanto il modello economico sopra citato sia non ortodosso e “senza alternative” (è sicuro che le conclusioni di un tale piano siano una recessione e un’intensità della crisi ancora più profonde), ciò che lo stato vuole è il maggior sfruttamento possibile della crisi economica, per imporre nuovi termini classisti e sociali di oppressione sfruttamento.
La formazione di questa nuova dittatura del capitale e dello stato presuppone che larghe fette di società cadano della completa indigenza, siano marginalizzate e possano così facilmente diventare preda del più becero sfruttamento che i padroni intendono imporre. Per i porci della plutocrazia, d’ora in poi la vita umana varrà come le briciole che danno per stipendio, mentre, secondo i loro piani, ci saranno molti in fila ad aspettare di essere spremuti e poi gettati via quando non servono più.
Per assicurare che gli strozzini della Grecia vengano ripagati, Papandreou e il suo governo hanno imposto misure di austerità di una ferocia senza precedenti, con il conseguente taglio di stipendi e pensioni, e di coperture ospedaliere e dei servizi, mandando i fondi di ospedali e pensioni al collasso finale, imponendo la privatizzazione del sistema pensionistico e del servizio sanitario, mentre, allo stesso tempo, vengono svendute tutte le proprietà dello stato rimaste.
Le misure di “disciplina del bilancio” che, secondo il governo, condurranno il “paese fuori dalle crisi finanziaria”, in realtà- e combinate con le misure sul lavoro- porteranno matematicamente alla più grande morte economica del paese, che presto o tardi dovrà chiedere la sospensione del pagamento o, nella migliore delle ipotesi, la rinegoziazione del debito greco.
Oltre a tutto ciò, le specifiche, selvagge politiche neoliberiste imposte dall’elite economica e politica del pianeta, non sono “scelte economiche sbagliate”, né qualche cambiamento nella direzione della politica economica può invertire il clima di profonda crisi che il sistema sta attraversando. Il problema principale per il potere politico ed economico che controlla il pianeta è di sfruttare la crisi del sistema per ri-sviluppare le condizioni di vita e lavoro dovunque, ma anche  per ridefinire i rapporti di potere nel mondo, con l’elite economica e politica sovranazionale che guadagna sempre più potere nelle sue mani, il mercato che impone il suo crescente, energico ruolo nella configurazione e nell’esercizio del potere politico, e con i co-governi dei paesi che acquistano un carattere più totalitario. Conseguentemente, sul terreno della crisi e, ancor più, della crisi dei paesi indebitati, una nuova forma di autorità totalitaria politica ed economica è importata e imposta in un paese dopo l’altro, e, con la collaborazione dei governi, un nuovo fascismo, che fa sembrare le vecchie forme di sfruttamento e oppressione quasi clementi.
La caratteristica principale di questa nuova dittatura internazionale, è lo sfruttamento del debito dei paesi per passare il patrimonio sociale di un paese nelle mani dell’oligarchia economica. I corvi del capitale sovranazionale sono pronti per squartare e divorare tutto ciò che di valore c’è in Grecia, quando il governo sarà incapace di far fronte alle richieste di obbligazioni di prestito imposte dagli squali del debito. La strada per questa nuova occupazione, attraverso la confisca del patrimonio pubblico del paese, è stata aperta da Papandreou con i prestiti, rispetto ai quali “né il mutuario né le sue proprietà hanno immunità per la sovranità nazionale”.
In altre parole, il fondo monetario internazionale, la comunità europea, il fondo sociale europeo e gli stati dell’unione europea che hanno fatto prestiti allo stato greco possono, nel momento in cui i pagamenti  dei prestiti saranno cancellati, procedere alla confisca dei beni pubblici  e del patrimonio sociale del paese, mentre il mutuario (cioè la totalità della società greca, ovviamente, senza considerare che i prestiti non sono intesi verso la maggioranza) si avvierà allo stato di letterale occupazione da parte dei creditori.

Contro questo nuovo stato fascista, qualunque forma di mobilitazione limitata a combattere “nei ranghi” per il mantenimento del lavoro, o di interessi politici ed  economici è condannata al fallimento.
Per questo sono irrisorie non solo le proteste non dolorose che i grandi sindacati si auspicano, ma anche il ridicolo leonidarismo della sinistra parlamentare che non solo non ha nessuna intenzione di rompere con l’ordinamento politico istituzionale,- rottura che, tra le altre cose, recherebbe danno ai privilegi politici ed economici delle sue rappresentanza parlamentari- ma fa pure qualunque cosa per dissuadere la società dall’esprimere la sua rabbia e raggiunge pesino il punto di andare contro la maggior parte della società quando si esprime contro la totalità del sistema politico.
Dunque, per la sinistra parlamentare -e per i media- le espressioni usate ora dalla maggior parte della popolazione come “sono tutti uguali” , intendendo  “tutti i politici che siedono in parlamento”,  sono fasciste.
Fascista è anche  il coro “brucia il bordello palamento” che migliaia di manifestanti hanno urlato alla mobilitazione del 5 maggio fuori dal parlamento, mentre il tentativo dei manifestanti di irrompervi è stato “un attentato alla democrazia, che avrebbe potuto portare al colpo di stato”. Per il KKE (partito comunista greco) quelli che hanno tentato di irrompere al parlamento, pure, erano fascisti e provocatori.
In fine, nessuno nei partiti della sinistra parlamentare prende posizione circa la politica del governo-troika e del nuovo stato totalitario che è fascista per formazione. Ciò che vogliono è riuscire a guidare le mobilitazioni e a contenerle nei limiti predisposti dallo stato di legalità, cosicchè non minaccino lo stato e i suoi rappresentanti. Crediamo sia insensato pensare che ci riescano.
Tutto dimostra che la reazione della società acquisterà sempre crescenti caratteristiche di rottura e conflitto con lo stato, e i partiti della sinistra incorporati nel sistema non solo non riusciranno a cogliere i frutti del malcontento sociale, ma saranno pure marginalizzati sempre più e seguiranno i partiti di governo nella loro caduta e nel disprezzo della società.
La nostra lotta dovrebbe essere una lotta di attacco contro la totalità dell’ordine politico dello stato e dei suoi rappresentanti, e non essere solo contro certa gente e contro un numero limitato di scelte politiche. Inoltre, la profonda crisi economica che colpisce il paese in questo periodo non è semplicemente il risultato di una cattiva gestione del governo precedente. La crisi in Grecia è il risultato della crisi mondiale del sistema che è marcito e che tenta di rimanere in vita succhiando il sangue alla società.
In questa crisi, tutti coloro i quali hanno preso parte al sistema di democrazia rappresentativa hanno contribuito a loro modo, una democrazia che pure miriamo ad abolire con la nostra lotta.
Non dovremmo permettere alla nostra lotta di degenerare in proposte e politiche che abbiano lo scopo di farci uscire dalla crisi economica, con la scusa che questo è nell’interesse della base sociale. Ciascuna di queste proposte  tenterà di restringere la lotta entro i limiti dello stato e  preverrà ogni genuina istanza di liberazione per il futuro che possa uscire dalla società e possa essere messa in pratica. È un fatto che nessuna soluzione che vuole che la Grecia rimanga nel sistema dell’economia di  mercato e nella democrazia rappresentativa ci toglierà dalla crisi del sistema, pagata col sangue della maggioranza sociale dei non privilegiati. Per quanto radicale qualche proposta possa sembrare (uscire  dall’unione monetaria europea, o anche dall’unione europea,  tornare alla dracma, nazionalizzazione delle imprese come le banche, incremento delle tasse per i ricchi per ripagare il debito, etc, ) non garantisce  nulla più che un salto nel vuoto che, presto o tardi,  ci riporterà indietro, verso lo stesso stato di oppressione e sfruttamento. La sola reale uscita dalla crisi che possa assicurare la sopravvivenza sociale dei non privilegiati, e che possa prevenire la distruzione che le autorità politiche ed economiche hanno in serbo per noi, è la completa uscita dal sistema capitalista, dall’economia di  mercato, e dalla democrazia rappresentativa. Non stiamo parlando niente meno che di una rivoluzione sociale, necessità imperativa d’ora in avanti; non solo per ragioni di valore, diritti morali e sociali, ma per motivi che riguardano la sopravvivenza di ciascuno di noi. Ad ogni modo, è lo stesso ordine politico ed economico che ci mette nelle condizioni di porci quotidianamente il dilemma “noi o loro”. Noi viviamo in un periodo storico in cui i privilegi politici e le caste economiche non possono coesistere con la grande maggioranza dei non-privilegiati. La nostra lotta deve essere una lotta di conflitto e rottura con ogni gruppo o individuo privilegiato che guardi alla crisi attuale e all’attacco selvaggio ai lavoratori che essa comporta e ci veda un’opportunità di arricchimento. Deve essere una lotta contro chiunque veda il problema finanziario di questo paese come occasione di misurare il patrimonio sociale che appartiene a tutti noi. E’ venuto il tempo di sbarazzarsi di tutti questi immorali e avventurieri, i ladri e i criminali. È venuto il tempo di dare una lezione a tutti i privilegiati.
La nostra lotta dovrebbe essere una lotta per riprenderci ciò che ci hanno rubato e ci appartiene. Dovrebbe essere una lotta per abolire ogni forma di schiavitù, una lotta per la libertà di tutti gli individui. Cosicchè non ci sia più segregazione sociale e di classe, nessun ricco e nessun povero,  e quindi non ci sia più sfruttamento di persona da persona. Così che non ci sia più potere organizzato, stato, oppressione e mancanza di libertà. La nostra lotta dovrebbe essere una lotta per l’eguaglianza economica e per la libertà politica di ciascuno. Non dovrebbe essere altro che un’inversione radicale, una rivoluzione sociale. Un preludio di tale rivoluzione potrebbe essere il tentativo di assedio del parlamento, non completato il 5 maggio. Un assedio che non può essere soddisfatto della semplice caduta dell’attuale governo, ma che sarà il momento decisivo della lotta per la liberazione dalla junta parlamentare, la cui sola prospettiva sarà di non permettere a nessuna dominazione di formazione politica –che venga dal parlamento o meno-  di prendere il potere e portare avanti  lo stato marcio. Non dovremmo permettere ai vari difensori del sistema di indossare la maschera dei liberatori, per ricercare e guadagnare la fiducia della società e poi scalare sino al potere e salvare lo stato. La stessa base sociale dovrebbe definire, con valori come l’equità e il rifiuto di ogni forma di potere organizzato, la struttura organizzativa che riuscirà a determinare la vita politica ed economica del paese. Una struttura organizzativa con carattere orizzontale, senza rappresentanza e politica di professionisti, senza un orientamento.
Con una tale struttura organizzativa ci potremmo lasciare questa dittatura parlamentare alle spalle, una volta per tutte. Tutta la società che vive sotto la  junta del mercato e dello stato, dovrebbe muovere verso l’espropriazione di tutti i beni che sono nelle mani dell’oligarchia economica,  e passarli nella loro interezza a organi collettivi sociali che li gestirà. Espropriare tutto il patrimonio della chiesa. Tutti i beni sociali che sono al momento nelle mani del potere politico ed economico locale, dovrebbero passare nelle mani della base sociale, e dovremmo espropriare tutti i beni finanziari che le multinazionali e parte dell’elite economica e finanziaria straniera che agisce in Grecia, hanno in loro possesso. Dovremmo prendere in mano i mezzi di produzione e le unità produttive e socializzarle. Le assemblee dei lavoratori stesse dovrebbero determinare cosa debba essere prodotto e per chi, in collaborazione con le assemblee locali nelle comunità, nelle città, nei quartieri. Fuori da ogni logica di competizione e crescita, fuori dai valori e dalla morale dell’economia di mercato, lontano da ogni logica di concentrazione delle ricchezze, la nuova organizzazione economica e il nuovo processo produttivo dovrebbero essere determinati dalla base sociale con i valori principale di equità economica, gestione orizzontale, qualità del lavoro e della produzione, salvaguardia dell’ambiente, qualità di tutti i prodotti e scoperta di nuove tecnologie che siano in accordo con la nostra impresa rivoluzionaria, e che ci permettano di lasciarci finalmente alle spalle le tecnologie della produzione di massa capitalistica che vanno bene solo per il modello economico centralizzato. Tutto questo non può essere altro che corrispondente al fare di una società rivoluzionaria che decida per se stessa. Le comunità, le piccole città, i quartieri, dovrebbero diventare il fulcro della nuova organizzazione sociale, i detentori della ricchezza sociale e i principali propulsori decisionali, economici e politici.
Dovremmo, noi stessi, assumerci ogni attività economica e sociale, dovremmo almeno prendere la vita nelle nostre mani.
Se non ci ribelliamo ora contro la moderna dittatura del mercato, del capitale e dello stato, se non sabotiamo immediatamente i dispositivi di schiavitù, se non alziamo la testa oggi, non ci sarà futuro per noi, e avremo condannato le future generazioni a vivere nelle più oscure condizioni sociali ed economiche della storia dell’umanità.
L’unica soluzione in nostro potere per uscire da questa fine, per liberarci del fascismo moderno una volta per tutte, è la rivoluzione sociale.

I membri di Lotta rivoluzionaria

Kostas Gournas, Pola Roupa, Nikos Maziotis

[traduzione di aula c]

Mar, 20/07/2010 – 14:29
tutti i contenuti del sito sono no-copyright e ne incentiviamo la diffusione