Usa - Eutanasia per i Mustangs con il sì degli ambientalisti

fonte: corriere.it

WASHINGTON — Nell’America del 2000, nessuno impersona i miti del Far west meglio dei cavalli selvaggi, i «wild mustangs» che popolano le Grandi praterie e le Montagne rocciose, indipendenti e fieri come i cow boys di un tempo. Ma per gli allevatori di bestiame, per gli agricoltori e per gli ambientalisti, questi animali, il cui numero raddoppia ogni quattro anni, incominciano a rappresentare un grosso problema. Si calcola che ve ne siano almeno 33 mila in libertà e 30 mila in cattività in enormi recinti [ndr. già bersaglio di numerosi attacchi dell'Earth Liberation Front e di altri gruppi dell'ecologismo radicale] del Kansas e dell’Oklahoma. E quelli liberi arrecano danni sempre più gravi alle sorgenti di acqua, all’erba, alle piante, sottraendo cibo ad altri animali e mettendo a rischio specie in via d’estinzione come le tartarughe, gli uccelli del deserto e i montoni del Wyoming. Così, in nome dell’equilibrio ecologico e biologico, per la prima volta è iniziata, tra polemiche furenti, una campagna per l’eutanasia dei «mustangs». A proporre una sorta di selezione della razza dei cavalli selvaggi eliminandone i più deboli e i più anziani fu la rivista Audubon, la Bibbia degli animalisti, in un articolo di Ted Williams del 2006 che venne bollato di eresia.

Williams, uno scienziato, li definì «equini ferali», ammonendo che la loro invasione stava diventando un pericolo per il Far west. A sorpresa, alcuni mesi fa, tra il raccapriccio del pubblico, l’Ufficio federale della gestione del territorio, al quale sono affidati i cavalli selvaggi, ne cooptò la proposta e la presentò al Congresso a Washington. L’Ufficio federale aveva, e ha, un programma per l’adozione dei «mustangs» da parte dei privati, «adopt a horse». Ma la crisi economica sta riducendo le adozioni al minimo, e il costo dei 30 mila in cattività sta salendo alle stelle, assorbe 26 dei 37 milioni di dollari del suo bilancio. Ha spiegato Arlan Hiner, un dirigente: «È una situazione insostenibile, bisogna fare subito l’eutanasia a 6 mila mustangs ». Quegli animalisti che ancora difendono i cavalli selvaggi accusano Audubon e l’Ufficio federale della gestione del territorio di falso e di atrocità. L’avvocato Virginia Parant, la direttrice della Campagna per la preservazione del mustang, protesta che i danni maggiori alla natura e alle altre specie li causano gli allevatori bestiame «con le loro sterminate mandrie di vacche».

La Parant gli rinfaccia l’Ufficio federale di non aver protetto i «mustangs» in libertà dai cacciatori di frodo che ne rivendono la carne, e di averemandato al macello altri in cattività. E chiede al Congresso di farlo oggetto di un’inchiesta e di vietargli l’eutanasia. Secondo il New York Times, che ha pubblicato foto impressionanti di elicotteri all’inseguimento dei cavalli selvaggi per spingerli nei «corral », i recinti per il bestiame, l’alternativa potrebbe essere il controllo delle nascite. Il giornale ha citato Jay Kirkpatrick, un altro scienziato: «Abbiamo le tecnologie necessarie—afferma — ma non le finanziamo né adoperiamo adeguatamente». Hiner dell’Ufficio federale lo contesta: «Al momento, siamo in grado di sterilizzare una puledra solo per due anni, ed è impossibile sterilizzarle tutte». La maggioranza degli americani sembra schierata per i «mustangs», e se a settembre, quando sarà chiamato a pronunciarsi, il Congresso approverà l’eutanasia, potrebbero esserci degli scontri. Nel 2001, quando emersero episodi di maltrattamento dei cavalli, l’Ufficio federale fu vittima di un attentato: il Fronte di liberazione della terra, un gruppo rivoluzionario verde, mise una bomba in un suo locale.

Gio, 24/07/2008 – 12:00
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