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PETROLIO E GUERRA: UN ARTICOLO E ALCUNE QUESTIONI
by Gennaro Thursday, Mar. 27, 2003 at 1:33 PM mail:

...

Non essendo per nulla un esperto di questioni relativi all’economia della produzione del petrolio di quanto segue posso dire soltanto che, avendo letto diversi suoi articoli, posso dire soltanto che considero Cyrus Bina uno studioso le cui argomentazioni sono spesso molto convincenti. E tuttavia questo resta un approccio economicista. L’aver dimostrato che la guerra all’Iraq non conviene in termini puramente economici non dimostra ancora che il motivo fondamentale non sia l’appropriazione delle risorse petrolifere irachene.

 

Cito qui dalla mia traduzione di un articolo di Milan Rai che mette a fuoco con grande esattezza i termini della questione.

 

Ci sono qui due problemi: il valore del petrolio iracheno per le corporazioni statunitensi, e la questione dell’analisi imperiale costo/benefici. Cominciando dalla seconda questione, durante la storia le potenze imperiali hanno speso più nelle guerre di conquista e assoggettamento di quanto potessero guadagnare dalle colonie acquisite o soggiogate. La guerra statunitense in Indocina è uno stupefacente esempio di quanto i costi economici possano essere sproporzionati rispetto ai benefici materiali previsti. Il costo dell’impero è sostenuto dall’intera società, mentre a godere dei benefici dell’impero sono i pochi che contano. Quindi, in generale, per coloro che fanno politica – coloro che condividono interessi e punti di vista con chi detiene il potere a livello nazionale – è del tutto razionale usare le risorse della società per assicurare gli interessi di ricchi e potenti, anche se le spese eccedono i guadagni previsti. I costi sono socializzati, i benefici privatizzati. Questa è la realtà del nostro “libero mercato”.

 

 

The Real Meaning of “No Blood for Oil” Slogan

Copyrights © 2003 Cyrus Bina

All rights reserved

 

 

 

Cyrus Bina

 

Given all the proven oil reserves of some 110 billion of barrels in Iraq, and the steady production schedules of 2.5 million and 5 million barrel per day respectively, in two scenarios, we may obtain the following results:

 

  • The above reserves, ceteris paribus, might be utilized within some 120 yeas if the production will be set at 2.5 million per day or [2.5 * 365 = 912.5] 912.5 millions of barrels annually OR such reserves shall be exhausted in 60 year if the production schedule increased to 5 million of daily barrels, the equivalent of [5 * 365 = 1,825] 1,825 million of barrels annually;
  • Let’s assume $20.00 per barrel for the price oil (viz. the 1990s average market price) and about $10.00 for Persian Gulf oil differential oil rent (see Bina, The Economics of the Oil crisis, 1985 for definition of oil rents);
  • Let’s further assume 8% as a non-inflationary discount rate for calculation of our present values, a steady 3% for the rate of inflation and 3% per year for the growth in the volume of the existing proven reserves due to additional discoveries. 

 

I.                    The calculations according to the first scenario (the annual production of 912.5 million barrels in 120 years, with $10.00 of differential oil rent per barrel) are as follows:

 

912,500,000 * 120 = 109, 500, 000,000 barrels

109, 500,000,000 * $10 = $1,095,000,000,000

                       

Given 8% annual discount rate, 3% annual rate of inflation, and 3% annual growth rate of the proven reserves, we obtain the following result:

 

8% - 3% + 3% = 8% of overall discount rate applies;

Thus the Present Value of $1,095,000,000,000 at 8% for 120 years is: $106,800,000

 

II.                 The calculations according to second scenario (the annual production of 1,825 million barrels in 60 years, with $10.00 of differential oil rent per barrel) are as follows: 

 

1,825,000,000 * 60 = 109,500,000,000 barrels

109,500,000,000 * $10 = $1,095,000,000,000

 

Given 8% annual discount rate, 3% annual rate of inflation, and 3% annual growth rate of the proven oil reserves, we obtain the following result:

 

8% - 3% + 3% = 8% of overall discount rate applies;

Thus, the Present Value of $1,095,000,000,000 at 8% for 60 years is:

$10,810,000,000

 

 

Hence, given these two scenarios, the price tag for this PRIZE cannot more than $11 billion.  Now, let’s assume that the Iraqi oil reserves are underestimated and, say, five times more than the reported figures by OPEC.  Then, ceteris paribus, on can multiply the highest figure of $11 billion by 5, thus obtaining a present value of $55 billion.  Let’s further assume that our reasonable figure of $10 for differential rent per barrel (obtained from the average oil price of $20 in the 1990s) will be doubled!! Again, we cannot find a figure significantly more than $110 billion as the Iraqi oil price tag $110 billion.  Isn’t this a chum change, not to mention the incalculable human cost of war, relatively to the anticipated and unanticipated cost of what the Bush administration has already proposing for the prosecution of war with Iraq and its subsequent period of occupation? 

 

In my judgment, the left has to think seriously about the slogan of “No Blood for Oil.”  Optimistically, this slogan refers to the tip of the iceberg; realistically, it is misleading on the cause of the war, this one and the previous one.  The cause of war is due to lose of the U.S. hegemony and its historical impossibility of gaining it back (see my “Rhetoric of Oil and the Dilemma of War and American Hegemony,” Arab Studies Quarterly, Summer 1993, 15 (3), pp. 1-20; “Oil, Japan, and Globalization,” Challenge, May/June 1994, 37 (3), pp. 41-48; “On the Sand Castles and Sand-Castle Conjectures: A Rejoinder,” Arab Studies Quarterly, Winter/Spring 1995, 17 (1&2), pp. 167-171; Globalization: The Epochal Imperatives and Developmental Tendencies,” in Political Economy of Globalization, Gluwer Academic Press, 1997, pp. 41-58).  You may call this Bina’s impossibility theorem!!

 

 

Tuesday, March 25, 2003

Minnesota, USA

 

 

Cyrus Bina, Ph.D.

Professor of Economics and Management

University of Minnesota, Morris

Morris, MN 56267

Phone: (320) 589-6193

Fax: (320) 589-6117

E-mail: binac@mrs.umn.edu

 

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Caro Gennaro
by karlse Thursday, Mar. 27, 2003 at 4:02 PM mail:

Secondo me tu attribuisci all'attuale governo Usa una razionalità che non ha. Questo non è un governo che agisce per conto del "capitale in generale", ma è una banda di gangster che si è impadronita del potere con un doppio colpo di stato, ossia la finta elezione e l'attentato dell'11 settembre, di cui ormai si sa abbastanza da considerarlo un fatto interno. E' una gang su cui si concentrano due interessi a breve termine, quello del settore militare e quello dell'industria petrolifera. Il settore militare da tempo ormai deve giustificare la sua stessa esistenza, di fronte a un calo incredibile delle spese militari, e infatti noi abbiamo una tendenza da spiegare, non un singlo evento: ossia la tendenza che da Grenada passa per Panama, il primo Iraq, la Somalia, la Jugoslavia, l'Afghanistan e il secondo Iraq, quella per cui la prima potenza militare del mondo si confronta non con avversari ma con eserciti infinitamente più deboli.
Credo poi che il petrolio c'entri, ma non come "interesse strategico" dell'imperialismo Usa - se fosse questo, invaderebbero il Venezuela, da cui dipendono molto più che dall'Iraq. E' un interesse a brevissimo termine delle imprese del settore petrolifero (che non è solo estrazione, ma infrastrutture e trasporto: Halliburton, tanto per fare un nome, e Unocal) che non è l'interesse del capitale in generale (Wall Street non vuole questa guerra).
E teniamo presente che un prezzo troppo basso del petrolio taglierebbe fuori dal mercato tutte le imprese che estraggono negli Usa, che è uno dei principali produttori mondiali del petrolio: se c'è speculazione, è verso un rialzo del prezzo, non verso un ribasso.
Basta scorrere l'elenco dell'attuale gruppo dirigente Usa per rendersi conto di quale razza di banditi e criminali si tratta, tutti appunto emissari o direttamente interessati ai due settori, militare e petrolifero. Il tutto in un paese sull'orlo della bancarotta completa, come tu sai e documenti.

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Caro Sergio
by Gennaro Friday, Mar. 28, 2003 at 12:20 AM mail:

Secondo me tale questione ti sta particolarmente a cuore per cui hai voluto argomentarla a prescindere dalle mie considerazioni effettive. In realtà io sono del tutto d'accordo con te. Aggiungerei la crisi del sistema finanziario statunitense, non solo borse, ma bolla speculativa immobiliare, e soprattutto il rischio della montagna di derivati finanziari.

Riporto  un’interessantissima valutazione di Soros: «la vera nascita del capitalismo globale risale agli anni '70, quando i Paesi produttori riuniti nell'OPEC hanno aumentato i prezzi del greggio in fasi successive da 1,90 dollari al barile a 35 e 45 dollari al barile. Di colpo gli esportatori di petrolio hanno goduto di ingenti surplus, mentre i Paesi importatori si sono trovati a dover trasferire ingenti risorse finanziarie, per finanziare cospicui deficit. Alle banche commerciali è toccato invece il compito di riciclare i capitali, si sono inventati e sviluppati gli eurodollari e soprattutto si sono avviati vasti mercati finanziari che gradualmente si sono potuti definire "globali" nel senso che le loro attività si sono moltiplicate in misura eccezionale, ben al di là dei flussi finanziari petroliferi, alimentando operazioni di tipo speculativo sui tassi di cambio, sui tassi di interesse e sui prezzi azionari di diversi Paesi» (George Soros, La crisi dell'economia globale, Ponte alle Grazie, Milano, 1999).

Peter Gowan effettua un’analisi molto simile riguardo a quello che chiama il dollar-wall street system e riciclaggio dei petrodollari negli anni settanti in seguito all’esplosione.

Qual'è il rapporto tra capitale petrolifero e capitale finanziario? Ecco una questione da approfondire

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Hai ragione
by karlse Friday, Mar. 28, 2003 at 4:55 PM mail:

però di qualcosa dobbiamo pur discutere anche se siamo d'accordo su molte cose, no?
Mi premeva solo sottolineare come la tesi di una guerra per il petrolio sia suscettibile di molte critiche - come del resto quella del timore di un passaggio all'euro, allo yen, alla sterlina, alla pizza di fango del camerun o qualunque altra moneta.
ciao

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