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Milano: rassegna stampa sulla Mayday Parade
by rassegna stampa Saturday, May. 03, 2003 at 11:11 AM mail:

Un po' di articoli.

Da liberazione:

Migliaia di corpi danzanti alla street parade milanese per reclamare tempo, reddito e garanzie a cominciare dal Sì al referendum May Day, e i precari trovano voce in piazza.


Se è vero che Milano è la città col più alto livello di contratti atipici, non stupisca che il primo maggio all'appuntamento tradizionale del mattino (dei confederali in Piazza Duomo con centinaia di militanti di Lotta comunista da tutto il nord) ci fosse la metà della gente che ha animato, nel pomeriggio, la street parade del precariato sociale.
Era la terza volta che si ripeteva la sfilata, tra Porta Ticinese e il Castello Sforzesco, ribattezzata May Day, giorno di maggio ma anche grido d'aiuto, secondo i codici della navigazione, che i "contorsionisti della flessibilità" hanno ormai tramutato in urlo di lotta per reclamare tempo, reddito, diritti. A partire dall'estensione dell'articolo 18 a tutti i lavoratori.

Una città atipica.
D'altra parte, rimasticare e demistificare loghi e sigle è stato il lavoro principale di un corteo rumorosissimo ma che ha solcato le vie dello shopping senza mai scandire uno slogan. Le parole erano scritte su muri, flyer, adesivi, striscioni e sui corpi danzanti di molti tra i 20-30mila partecipanti. E rimbalzavano su etere e rete grazie alle onde di MayDayRadio, Onda d'Urto, Global radio e Taz Tv. Alcuni gruppi erano vestiti uguali con berrettini e t-shirt proprio come le ciurme dei chain workers (lavoratori alla catena) di fast food o dei call center. Basta un k al posto della c e "Teknocasa" diventa una casa occupata anziché una holding immobiliare; "Co. Co. Co" (collaborazione coordinata e continuativa, la più gettonata tra le forme di sfruttamento) era il verso straziante di "polli" operai, camerieri e impiegati che marciavano con cresta e trampoli dietro il camion del Torchiera. Gli ex "Luther Blisset" romani, già ufologi sovversivi "Men In Red", ora propugnano "Guerriglia Marketing" su un sito omonimo e lanciano la parola d'ordine di rottamare i marchi. I gruppi per il reddito di cittadinanza diffondevano adesivi tra la samba di certi torinesi del pink bloc e il cacerolazo di altri giovanissimi mentre centinaia di ciclisti della Critical Mass arrancavano su rotaie e sampietrini davanti ai due camion del Cantiere e dei gc bergamaschi che hanno dovuto riparare di corsa tutte e quattro le ruote per arrivare in tempo a Milano visto che un provocatore gliele aveva fatte trovare squarciate. Non mancavano spezzoni di precari più "tipici" come quelli delle poste, della scuola e del comune («che ha il record della precarietà tra gli enti locali - spiega Mariangela del Sin. Cobas - con il 18% di lavoratori td contro il 6% della media nazionale»). «Qui sono e qui rimango», "urlava" da un telo dipinto il Leoncavallo: come la storica autogestione di Via Watteau, in città, «sono precarie, sotto sfratto, senz'acqua e luce, tutte le esperienze di occupazione e centinaia di associazioni», spiega Daniele Farina, consigliere comunale disobbediente.
Prima della partenza, mentre al Deposito Bulk si preparavano gli ultimi carri, i 150 giovani comunisti e city strickers romani, giunti con un treno speciale, hanno murato, chiudendolo simbolicamente, il portone della Alerion Real Estate, cui fa capo la Triton, immobiliare padrona di uno stabile da loro occupato un mese fa nei pressi della Città Universitaria. Impressionante la circolazione di colonne di blindati per le vie vuote del centro ma non ci sarà alcuna tensione neppure quando il corteo passerà sotto il balcone, in Corso Garibaldi, di tal Piergianni Prosperini, consigliere regionale di An, transfuga dalla Lega e noto soprattutto per le sue sortite omofobe e xenofobe, che si affaccerà da dietro un enorme, grottesco, tricolore in cerca di pubblicità.
Le parole d'ordine dicevano "Guerra per nessuno, diritti per tutti", raccontavano di vertenze e paure, di solitudine e movimento. Mettendo in scena con ironia e furore la condizione di vita e la voglia di lottare. Indicavano obiettivi concreti (come quello di intasare le linee gratuite di Vodafone il 9 maggio) e cucivano un filo rosso con l'altra piazza e la città che li ha visti passare per nulla impaurita malgrado il consueto battage allarmistico della grande stampa (per evitare di spiegare le ragioni della street parade) che ha preceduto l'evento.

La nuova classe operaia.
Il filo rosso di cui si diceva è il Sì al referendum sull'articolo 18 indicato già nell'appello che indiceva il May Day stilato, oltre che da Cub e Chainworkers, da Gc, Sin. Cobas, Comitato per il Sì, Rifondazione, Cobas e da collettivi, reti, centri sociali di tutto il centro nord. «Un soggetto plurale, i precari - commenta Danilo Corradi dell'esecutivo nazionale Gc - che comincia a produrre eventi sulla propria condizione in una saldatura sui diritti da sviluppare da qui al 15 giugno». «Ma ci aspetta un intenso lavoro porta a porta - avverte Luciano Muhlbauer del Sin. Cobas - per raggiungere il quorum». «Il referendum non riguarda direttamente i precari - chiarisce anche Cristina Tajani, gc milanese - ma può essere il volano per invertire una tendenza».
Alla fine erano tutti visibilmente soddisfatti: «Ecco come trasformare una stanca celebrazione in un momento di conflitto - aggiunge Nicola Fratoianni - c'è gente che sa di non avere diritti e lo viene a dire in piazza. Qui c'è Genova, Firenze, Porto Alegre e il Trainstopping». «Abbiamo recuperato il significato originario del Primo Maggio e la sua attualità», dirà anche Piergiorgio Tiboni, leader storico della Cub. E Rifondazione, unica forza politica in piazza, è stato «il "ponte" tra una generazione e l'altra di lavoratori - spiega Roberto Firenze della segreteria cittadina - uno degli strumenti per il nuovo movimento operaio».

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Dal Corriere della Sera
by rassegna stampa Saturday, May. 03, 2003 at 11:14 AM mail:

UN ARTICOLO ABBASTANZA SQUALLIDO....CHISSA' A CHE CORTEO HA PARTECIPATO?


Scritte sui muri, dossier ai giudici. Filmati i vandali (?) del Primo maggio.

Le telecamere li hanno ripresi: e adesso rischiano di essere individuati. Come quelli del 25 aprile. Anche se il primo maggio, dopo gli appelli contro vandalismi e violenze, è filato via liscio, il giorno dopo il corteo di sindacati di base e centri sociali, i commercianti fanno l’inventario delle scritte sui muri: tante, troppe. Il Comune ha consegnato alla questura i filmati delle telecamere di sua competenza «per contribuire a individuare i responsabili dei vandalismi», dice il vicesindaco, Riccardo De Corato. Che aggiunge: «Grazie alle telecamere sono già stati individuati 3 responsabili dei danni del 25 aprile e altri 5 sono indagati». Al corteo dei centri sociali hanno partecipato diverse migliaia di persone, 50 mila secondo gli organizzatori. I timori della vigilia hanno ampliato i controlli della Questura, ma la sfilata è stata pacifica, contro il precariato, la perdita dei diritti nel lavoro e la «guerra infinita». Numerosi i riferimenti favorevoli al referendum per l’estensione dell’articolo 18. In corso Garibaldi, dove è esposto un enorme drappo tricolore, alcuni manifestanti hanno contestato l’autore dell’iniziativa, il vicepresidente del consiglio regionale, Piergianni Prosperini (An), che si era affacciato al balcone. Al mattino, diecimila lavoratori hanno marciato dietro lo striscione di Cgil, Cisl e Uil che richiamava ai valori della pace e dei diritti.

Panzeri: il Primo Maggio riporti l’unità. «Il lavoro e i diritti. Difendiamo gli esclusi».

Diecimila persone, secondo gli organizzatori, hanno partecipato al corteo del Primo Maggio da Porta Venezia a piazza Duomo promosso da Cgil, Cisl e Uil. Una manifestazione con pochi slogan e molta tensione fra i sindacalisti, impegnati a ritrovare unità dopo la contestazione, sempre in piazza Duomo, a Savino Pezzotta, segretario nazionale Cisl. Dietro al grande striscione con lo slogan «ricostruiamo la pace», Antonio Panzeri, segretario della Camera del Lavoro, Maria Grazia Fabrizio, segretaria della Cisl, e Amedeo Giuliani, capofila della Uil. Con loro, il senatore Antonio Pizzinato, l’ex parlamentare europeo, Luigi Vertemati, l’ex vicepresidente della Provincia, Gianni Mariani, il leader del centrosinistra in Comune, Sandro Antoniazzi. Tanti i gonfaloni e in prima fila quello dell'Anpi. L’intervento di Panzeri, oratore ufficiale, è stato unanimemente riconosciuto come «efficace, realistico e propositivo». Panzeri ha parlato di diritti «in una città in cui ci sono decine di migliaia di persone che non hanno tutele». Sottolineati da applausi i riferimenti del segretario Cgil all'unità sindacale: «Questo Primo Maggio unitario conferma che è stato raggiunto l’obiettivo del rispetto di tutte le posizioni».
«Ricostruiamo la pace - ha detto la Fabrizio - che non è uno slogan, ma un obiettivo. Oggi si pensa che l'articolo 18 sia un diritto e non una tutela. Riteniamo che siano necessarie nuove tutele». Anche per Giuliani «i problemi non si risolvono col referendum sull’articolo 18». Nessun incidente al corteo dei Cobas e dei centri sociali, solo scritte spray e manifesti incollati alle vetrine dei negozi. Il vicesindaco Riccardo De Corato ha consegnato alla questura i filmati del corteo.

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Dal Giorno
by rassegna stampa Saturday, May. 03, 2003 at 11:17 AM mail:

LA RABBIA DEGLI STRARICCHI COMMERCIANTI DEL CENTRO INFURIATI PER I VANDALISMI....GIA' MA QUALI VANDALISMI...?


Cgil, Cisl e Uil unite malgradol'articolo 18.

Primo Maggio: 10mila in marcia da Porta Venezia fino a piazza Duomo, dietro lo striscione di Cgil, Cisl e Uil che richiamava ai valori della pace e dei diritti. Dopo le contestazioni del 25 aprile e la preoccupazione per gli atti di vandalismo contro la sede della Cisl della notte precedente a Sesto San Giovanni, i sindacati confederali hanno celebrato la Festa dei lavoratori all'insegna di quella unità che a Milano è abituale. Nessun problema, anche quando è stata calata dall'Arengario, una gigantesca bandiere della pace con la scritta «art. 18 per tutti, vota si». Tra i rari cartelli se ne ricordano due innalzati da un gruppo di pensionati: «Grazie Ilda» ovviamente riferito alla sentenza dei giudici milanesi al processo Imi/Sir e «Veronica, molla Silvio». Altra atmosfera al corteo del "Mayday003", happening dell'antagonismo sociale e del sindacalismo di base. In 50mila, secondo gli organizzatori, hanno sfilato in un clima di festa contro il precariato e la progressiva perdita dei diritti nel lavoro cittadinanza e in opposizione alla «guerra infinita». Durante il corteo, che s'è concluso con un concerto di "Zulù" dei 99 Posse, si sono registrati qualche scritta con lo spray, e l'affissione di adesivi su numerose vetrine di negozi.

Commercianti furibondi: troppi graffiti.

Una traccia di scritte di vernice nera e rossa che portano dalla Darsena, lungo corso di Porta Ticinese fino al Duomo; sono i residui, su muri, saracinesche e vetrine, del corteo del 1° Maggio organizzato dai centri sociali. Si temevano scontri e incidenti, tra i ragazzi promotori del corteo “May Day” e la polizia organizzata lungo tutto il percorso del corteo in atteggiamento antisommossa. E invece nessuna rissa, nessuna tensione: solo una lunga striscia di vernice spray con slogan e qualche minaccia. Anche se, soprattutto nei pressi di corso Garibaldi, dove il vicepresidente del consiglio regionale aveva appeso al balcone di casa una bandiera tricolore di 6 metri per 4, qualche momento di tensione in effetti c'è stato. Qui le scritte hanno lasciato un segno evidentissimo che il giorno dopo ha infastidito gli abitanti, pronti a guardare con tolleranza il chiassoso e coloratissimo corteo dei centri sociali. Ma nei pressi dei negozi il giorno dopo il primo maggio i commercianti sono costretti a ripulire e subito. Anche chi ha chiuso i battenti in vista della manifestazione conta i danni: «Ho tirato giù la saracinesca - dice una commerciante di corso di Porta Ticinese - e per tutta risposta mi hanno dipinto la saracinesca con scritte e gesti osceni, coprendola di manifestini. Ho telefonato in Comune e mi hanno risposto che non si possono prendere provvedimenti a posteriori, e che quando sarà possibile qualcuno verrà a prendere atto dei danni e a ripulire». Molti esercenti non hanno gradito l'atteggiamento passivo da parte della polizia; nei pressi di un negozio Stefanel (tutti i marchi delle cosiddette multinazionali di banche, abbigliamento e alimentazione, sono state prese di mira…) c'è chi avrebbe preferito una maggiore presenza delle forze dell'ordine: «Non capisco perché lanciare una molotov è reato e danneggiare un negozio viene quasi tollerato». Se i centri sociali volevano conquistare appoggi tra i commercianti se li sono giocati con le scritte dedicate a Carlo Giuliani (l'autonomo ucciso negli scontri del G8 di Genova di 2 anni fa) e a Dax, il fondatore del centro sociale Or.S.O., accoltellato a morte il 16 marzo scorso. Ma i motivi del corteo non interessano: i commercianti, furiosi, minacciano di consorziarsi in un comitato per chiedere al Comune un risarcimento o norme restrittive per il futuro.
































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Dalla Stampa
by rassegna stampa Saturday, May. 03, 2003 at 11:19 AM mail:

I DUE CORTEI DEL PRIMO MAGGIO
I
n piazza fra i silenzi dei sindacati e la fantasia (ma anche i vandalismi) dei centri sociali.

E’ stata una festa del Primo maggio a due facce: da una parte le celebrazioni tradizionali dei sindacati, tra unità dichiarata e divisioni sotterranee. Dall’altra la colorata sfilata dei Cobas e dei centri sociali per i diritti dei lavoratori precari, con gesti di vandalismo e qualche momento di tensione. I sindacati confederali hanno voluto festeggiare insieme la festa dei lavoratori. Il corteo tranquillo e ordinato - circa diecimila persone - parte alle dieci del mattino dai bastioni di Porta Venezia e si conclude in piazza Duomo, con il comizio del segretario della Camera del Lavoro, Antonio Panzeri. Un discorso che privilegia i temi che uniscono - «Solidarietà, pace e diritti» - mettendo da parte gli argomenti che spaccano l’unità sindacale. «Abbiamo voluto - ha detto Panzeri - un Primo maggio unitario all’insegna del contributo che il sindacato deve dare alla ricostruzione della pace e di una politica internazionale che riconosca la centralità dell’Onu». Il tema del referendum sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori viene invece urlato da una gigantesca bandiera della pace calata dal terrazzo dell’Arengario con la scritta «Art. 18 per tutti, vota sì». E poi a ricordare le fratture ci sono le centinaia di pettorine gialle del comitato per il sì al referendum, indossate anche da alcuni dirigenti sindacali della Cgil. Di art.18 i responsabili sindacali parlano fuori dai discorsi ufficiali. Panzeri auspica un confronto sereno, Maria Grazia Fabrizio, segretaria della Cisl milanese, spiega che «l’eventuale vittoria del sì comporterebbe numerosi licenziamenti o comunque molte meno assunzioni». «Non credo che di per sé l’estensione dell’art. 18 possa dare più tutele ai lavoratori - aggiunge Amedeo Giuliani, segretario della Uil -. Il punto è la costruzione di una legge condivisa che sia capace di tutelare meglio tutti». E mentre in piazza Duomo sta per concludersi il Primo maggio dei sindacati confederali, in piazza XXIV maggio comincia la festa di centri sociali e Cobas. Alla spicciolata arrivano i primi manifestanti e poi i dieci carri della Mayday parade 2003, marcia di strada dei lavoratori precari. L’aria si riempie dell’odore del fumo di cannabis, frammisto a quello di hamburger proveniete dal McDonald’s presidiato dalla polizia. I deejay mixano musica di ogni genere: dalla mazurka alla techno, da Renato Carosone ad Alberto Camerini. Nel giro di un’ora in piazza si radunano circa diecimila persone - più del doppio secondo gli organizzatori - che cominciano a sfilare lungo corso di porta Ticinese. Guidano i ciclisti della «critical mass». Nessuno slogan, solo «Questo corteo è anche per Dax», un pensiero per Davide Cesare, il ragazzo ucciso nella notte del 16 marzo. Per comunicare ci si affida agli spray (un canuto manifestante scrive dappertutto «Potere operaio!») e a centinaia di manifesti e adesivi, incollati sui muri e sulle vetrine dei negozi: «Sì all’art. 18», «No Tanks! Questo prodotto finanzia la guerra infinita», «Rottama il brand», «Guerra per nessuno, reddito per tutti», «Non farti incastrare dal lavoro». Si balla e si beve, perché sui camion sono stati improvvisati bar che distribuiscono lattine di birra (un euro) e bicchieri di vino (50 centesimi). In testa un’orchestra suona l’Internazionale, un gruppo di percussionisti vestiti di drappi rosa dà spettacolo. Passano i lavoratori co.co.co. su trampoli altissimi, tenuti al guinzaglio da un uomo in cilindro e giacca argentata in cima a un camion. La polizia presidia i fast food e impedisce il passaggio nelle vie secondarie. In via Torino l’unico episodio di violenza: qualcuno tenta di dare fuoco a un bancomat. Per il resto il serpentone colorato procede pacificamente lungo le strade del centro: da via Broletto risale verso corso Garibaldi, dove l’atmosfera si riscalda quando il corteo passa sotto casa del vicepresidente del Consiglio regionale, Piergianni Prosperini, che da mesi ha esposto sui balconi una bandiera italiana larga 24 metri. Dalla strada partono i cori di insulti, Prosperini si affaccia al balcone e irride i manifestanti che reagiscono urlando frasi minacciose. Il corteo procede oltre, ma una parte dei manifestanti si ferma sotto le finestre, traccia scritte sulla strada («Prosperini muori») e sui muri («Fascista brucia»), imbrattano il citofono. La situazione rischia di degenerare, ma con l’arrivo dei carabinieri in coda al corteo la tensione si scioglie e la festa può continuare. Intorno alle 19,30 tutto il corteo raggiunge Largo Cairoli, dove i centri sociali hanno allestito il palco per il concerto di Al Mukawama, vale a dire Luca Zulù dei 99 Posse e Dj Perch. Per moltissimi la festa si conclude qui, ma duecento persone restano a ballare sotto il palco, almeno fino alle 23. Su un maxischermo al lato del palco passano le immagini del pomeriggio, riprese dalle decine di telecamere delle televisioni di quartiere. Negli stand scaglie di grana e vino, computer a disposizione e materiale pro Cuba. Dal palco Zulù arringa i ragazzi con una piattaforma gastropolitica: «Per i lavoratori tre settimane all’anno pagate per andare a Napoli a mangiare la mozzarella di bufala doc e la galera per Abatantuono, per quelle pubblicità che fa».


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Da Repubblica
by rassegna stampa Saturday, May. 03, 2003 at 11:53 AM mail:

Il Primo Maggio del nuovo lavoro.

Cartelli stradali modificati: "Divieto di vivere, divieto di fare figli, di comprarsi una casa". Acronimi: "Co-co-co comandato col collare". O rime: "Co-co-co col cazzo che ci sto". Citazioni dantesche: "Fatti non foste per vivere come precari". Ma anche il marchio del programma defilippiano (Maria) "Saranno famosi" trasformato in un surreale "Saranno precari". Una televisione di strada che ha momentaneamente occupato alcune frequeze libere con lo slogan "Il precariato sociale si ribella". Nella festa del primo maggio, la Milano deserta e popolata nel centro soprattutto da turisti e da badanti in libera uscita, è stata animata dalla musica a tutto volume del corteo "MayDay 003". Lo slogan più diffuso era "Dignità, non precarietà" e voleva richiamare
l'attenzione sul voto per il referendum del 15 giugno.
Insomma, una marcia di giovani e di lavoratori, un po' diversa per spirito e composizione dal "Demm al Domm" degli oratori. Ma forse è a quello stile che avrebbere dovuto ispirarsi, stando ai rimproveri del vicesindaco Riccardo De Corato.
Forse non hanno sfilato i cinquantamila di cui parlano gli organizzatori, ma a occhio ventimila c'erano tutti e anche di più. C'erano Rifondazione e i Cobas, gli anarchici del Ponte della Ghisolfa, ma anche tanti, tamtissimi centri sociali e giovani delle case occupate. C'erano anche gruppettini con zainetti poco rassicuranti, ma non ci sono sttai lanci di sassi, o attacchi violenti. E - tanto per dare un'idea - a un consigliere regionale di destra, che ha appeso su Corso Garibaldi un megastriscione tricolore, pro-guerra, e se ne stava lassù al quarto piano, con il sorriso beffardo stampato in faccia, più che qualche "vaff" e qualche scritta sul portone non sono arrivati.
E' stata questa per il primo maggio a Milano una manifestazione colorata, danzante e persino allegra, con slogan che tenevano conto della creatività che nasce dalla disperazione (di chi il lavoro l'ha precario e teme di perderlo). "Siamo tutti passeggeridel mondo", "Il mondo non si u$a", "Pace per tutti", questi gli slogan.
Una manifestazione di scritte, ma anche di migliaia di manifesti di "Ya Basta!" con la scritta nera "Licenziato senza giusta causa e con varie motivazioni": "Vuoi l'assemblea?", "Non ti metti la minigonna?", "Hai l'influenza?". Tutti licenziati tranne: "Fai la spia? Assunto!".
Da Palazzo Marino hanno visto un'altra manifestazione.
Sapessi com'è strano mantenere i voti dei negozianti a Milano: "come paventato dai commericanti - tuona De Corato - i corteo della Cub e dei centri sociali sono sfociati in episodi di vandalismo di ogni genere, imbrattamento delle vetrine, manifesti....". Forse abbiamo sbagliato città o manifestazione (più probabilmente epoca) ma questi terribili "vandalisni di ogni genere" noi non li abbiamo visti, e passi.
Ma non risultano nemmeno alla Questura, che denuncerà qualcuno, giusto per le scritte sui muri. Scritte, per altro, poco "aggressive".
Nessuno quest'anno ha usato lo spray per dire, come l'anno scorso, quel "10-100-1000 D'Antona" che inquietò parecchio i manifestanti e non solo.
Forse chissà, per capire il senso delle proteste di De Corato bisognerebbe trasmettere integralmente i ben 180 minuti dei "vandalismi" videoripresi dalla telecamere dei vigili urbani, magari con il commento in diretta degli amministratori.
Si temevano incidenti reali, che non ci sono stati.
C'era il rischio di qualche gruppetto sbarcato a Milano da altre città per alzare il livello dello scontro. Dalla folla dei manifestanti questo non è avvenuto.
Non sono sembrati pazzescamente letali alla Digos a alla prefettura gli inchiostri delle bombolette-spray o le colle degli adesivi. Le tv sono rimaste all'asciutto di immagini drammatiche. Perchè ad alzare sempre i toni è la politica?
Il percorso è stato soprattutto all'insegna dei vari ritmi musicali, dai 99 Posse agli Almamegretta. E risaltava, accanto ai lavoratori dei sindacati di base, l'aspetto e l'abbigliamento dei giovani dei centri sociali: si capisce come mai alcuni, con qualche etto di spilloni e graffette sparso qui e l', fatichino a trovare un posto fisso in banca.

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Dal Manifesto
by rassegna stampa Saturday, May. 03, 2003 at 1:37 PM mail:

Mayday parade: il primo maggio era lì. In 100 mila a Milano, al di fuori dell'unitarismo sindacale, per rivendicare la vita e i diritti.

La sinistra ufficiale che meno ci dispiace ha i riflessi appannati. Chissà quanto tempo ci metterà (Mayday 004?, Mayday 005?) per accorgersi che la vera festa del primo maggio è «precaria». E' stato così l'altro ieri a Milano e, se vogliamo, anche per una questione di numeri: perché le migliaia di persone (40-100 mila a seconda delle stime) per la MayDay Parade 003 sono già la più grande manifestazione d'Italia per la festa dei lavoratori. A patto di non considerare tale il teleconcertone «unitario» (sbadiglio) che il sindacato ogni anno regala ai «giovani». E' stato come a carnevale, la festa dove i poveri (precari) si mettono in maschera per ribaltare la situazione e prendersi qualche rivincita. Dai navigli fino al Castello Sforzesco, una parata atipica per una grande festa che va in scena dietro 15 carri allegorici; altrove, manifestazioni stanche ma «unitarie» che si trascinano fino al comizio finale - a Milano pressoché inascoltato. A Torino, invece, fischiato: con Rossetto, segretario Uil Piemonte, che se l'è presa con la Fiom per i fischi che gli ha riservato piazza San Carlo. Col risultato che le cronache si incartano sulle polemiche e sulle cerimonie, mentre della MayDay Parade rimangono pochi flash - «sfilano anche i centri sociali..».

Non è proprio così. Anche la parola «precari» può essere fuorviante, per chi continua a guardare altrove. Uno magari pensa che il precario abbia le antenne e la testa infilata negli altoparlanti della techno. Magari invece è la maestra dell'asilo; uno sportellista del comune; uno che per lavoro traffica con il computer e che già ragiona wireless (senza fili); un educatore delle comunità di recupero; uno sventurato che risponde al telefono per soddisfare le manie vostre, magari per spiegarvi perchè lo shampoo non fa schiuma (anche questo chiedono ai call-center); il bibliotecario che non verrà mai assunto, l'assistente universitario, il giornalista «a pezzo». Non solo «giovani, perchè si sta in equilibrio precario anche sulla quarantina. Insomma, lavoratori, come oggi lo si diventa a Milano 8 volte su 10.

Però fantasiosi: la manifestazione meriterebbe un film, con in testa la scena dei co.co.co. sui trampoli che trascinano un camion, frustati a sangue da un sovrano stravaccato su una poltrona leopardata. Migliaia di magliette, migliaia di messaggi. Meno Esso, più Sesso. E se certe orecchie continueranno a restare tappate, purtroppo per primo arriverà il mercato a cannibalizzare la forza e il «new look» dei giovani antagonisti. Del tutto mediattivi: nessun corteo prima di giovedì è mai stato trasmesso in diretta strada facendo. Sono internazionali: arrivano dalla Spagna, dalla Francia, dalla Germania, dall'Inghilterra. Non stanno mai fermi: pedalano contromano, come la «massa critica» - mille bici - che ha fatto da apripista ai carri della parata. Sono tutt'altro che sprovveduti.

Articolo 18? «Si claro que si, si vota si», è la parola d'ordine di chi ha già capito che si tratta di una prima tappa per mettere con le spalle al muro questo governo «liberfascista». Ma chi ha organizzato la MayDay 003? Con spirito «unitario», nessuno. Un grazie speciale: Cub, Chainworkers, Deposito Bulk, Strikers/Autonomia Precaria, Equilibrio Precario, Critical Mass, Cobas, SinCobas, Transiti 28, 31 Febbraio, Baraonda, Cantiere, Leoncavallo, Pergola, Disobbedienti Milano, San Antonio Rock Squat, TeknoCasa, Giovani Comunisti, Torchiera, Comitato per il Sì al referendum, SexiShock Bologna...


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Su Excalibur
by da RAI2 Saturday, May. 03, 2003 at 1:46 PM mail:

Ieri sera, la pintata di Excalibur diretta dal ciellino Socci era dedicata al referendum sull'articolo 18 ed alle fratture nel sindacato.
C'è stato un servizio sulla Mayday Parade.
Con mia enorme sorpresa il servizio rislutava essere assolutamente obiettivo e poco incline alle mistificazioni tipiche di Libero, Giornale e compagnia cantante....
Tra l'altro, a differenza di molti colleghi della carta stampata, la cronista di RAI2 sembrava aver compreso il senso politico del corteo e non parlava di cantri sociali, autonomo, anarchici, disobbedienti, sindacalisti....ma semplicemente di precari.
Sorprendente!

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excalibur...
by mario Saturday, May. 03, 2003 at 6:34 PM mail:

concordo: anch'io ho visto il servizio e sono rimasto sorpreso...soprattutto quando, commentando le immagini di chi lasciava scritte sui muri, veniva notato che questo magari è un modo di comunicare da parte di chi, normalmente, non ha modo di fare sentire la propria voce. verità elementare ma troppo per un De Corato che ho letto definire "gravissimi atti di vandalismo..." queste cose...poveretto

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MayDay Il Manifesto (trad espagnolo)
by chainyomangoworkers Sunday, May. 04, 2003 at 2:00 PM mail:

MAYDAY PARADE: EL 1 DE MAYO FUE ALLÍ

100 mil personas en Milán, fuera del unitarismo sindical, para reivindicar la vida y los derechos

Luca Fazio, Milán. Il Manifesto, sábado 3 de mayo 2003.

A la fastidiosa izquierda oficial no le funcionan los reflejos. ¿Quién sabe cuanto tiempo necesitará (MayDay 004, MayDay 005...) para darse cuenta de que la verdadera fiesta del 1º de Mayo es "precaria"? Así fue anteayer en Milán aunque sólo sea por una cuestión numérica: porque las miles de personas (40-100 mil, dependiendo de las estimaciones) son ya la mayor manifestación en Italia durante la fiesta de los trabajadores. Si dejamos aparte el (aburrido) conciertón "unitario" que el sindicato regala cada año "a los jóvenes".

Fue como en carnaval, la fiesta donde los pobres (los precarios) se enmascaran para invertir la situación y tomarse la revancha. De los canales al Castello Sforzesco, un desfile atípico para una gran fiesta que se pone en escena mediante 15 camiones alegóricos; en otras partes, manifestaciones "unitarias" que transcurren cansinamente hasta el discurso final, que en Milán nadie escuchó. En Turín, por el contrario, fue contestado: Rossetto, secretario de la Uil Piamonte, la tomó con la Fiom por los silbidos que recibió en Piazza San Carlo. El resultado es que las crónicas se han centrado en la polémica ceremonial, mientras que la MayDay ha merecido pocos flashes ("desfilan incluso los centros sociales...").

Pero no fue así. Incluso la palabra "precario" puede resultar malinterpretada por quienes siguen mirando a otra parte. Quizá alguno piensa que los precarios son quienes se limitaban a dirigir la antena y tenían la cabeza puesta en los altavoces de la música tecno. Pero en lugar de eso, estaba la maestra del asilo; un portero del Ayuntamiento; uno que trabaja manejando ordenadores y que ya razona en wireless (sin cables); un educador del centro de desintoxicación; un desafortunado que responde al teléfono para satisfacer vuestras manías, quizá para explicaros por qué el champú no hace espuma (incluso esto se pregunta en un call-center); el bibliotecario que no verá nunca un contrato, el asistente universitario, el periodista free-lance. No sólo jóvenes, porque se está en equilibrio precario hasta los cuarenta y tantos. En una palabra, trabajadores, como hoy lo son 8 de cada 10 en Milán.

Fantasiosos: la manifestación merecería un film, que comenzaría con la imagen de los co.co.co. (collaborazione coordinate continuativa - un tipo de contrato de trabajo precario en Italia, NdT) sobre zancos que tiraban de un camión, fustigados por un soberano repantingado en una poltrona tapizada de leopardo. Miles de camisetas. Menos Esso, más Sexo. Y si ciertas orejas continúan tapadas, puede que el mercado llegue antes para canibalizar la fuerza y el "new look" de los jóvenes antagonistas. Absoluto mediactivismo: ninguna manifestación antes del jueves había estado retransmitida en directo mientras transcurre en la calle. Son internacionales: llegan de España, Francia, Alemania, Inglaterra. Nunca paran: pedalean en contradirección, como la "masa crítica" (Critical Mass) de miles de bicis, que abría el camino a los camiones del desfile. Son cualquier cosa menos ingenuos.

¿Artículo 18? "Sí, claro que sí, vota sí", es la palabra de orden de quienes han entendido que se trata de la primera etapa para poner contra la pared a este gobierno "liberfascista" (hay en Italia ahora un gran debate político en torno al referéndum que el próximo junio tendrá lugar sobre un aspecto importante de la ley del trabajo, NdT). ¿Pero quién ha organizado la MayDay? Con espíritu "unitario", nadie. Agradecimientos especiales: Cub, Chainworkers, Deposito Bulk, Strikers/Autonomia Precaria, Equilibrio Precario, Critical Mass, Cobas, Sin-Cobas, Transiti 28, 31 Febbraio, Baraonda, Cantiere, Leoncavallo, Pergola, Disobbedienti Milano, San Antonio Rock Squat, TeknoCasa, Giovani Comunisti, Torchiera, Comitato per il Sì al referendum, SexiShock Bologna (en definitiva, una puesta en común amplísima de la realidad política antagonista, de centros sociales a sindicalismo de base, NdT).

(Traducción castellano: Yomango y Chainworkers).

Información actualizada: Indymedia Italia http://italy.indymedia.org/archives/archive_by_id.php?id=678

Llamada al MayDay en castellano: http://www.chainworkers.org/chainw/mayday003/autonomo_hispano.htm

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