Panorama da giugno che sostiene stessa ipotesi
Da grandi vogliamo fare i brigatisti di Giacomo Amadori 25/6/2004
Il loro credo è un misto di anarchia e marxismo. Colpiscono con incendi e minacce. Per gli investigatori sono legati a un circolo ecologista pisano. Che ha un modello: la stella a cinque punte.
Una nuova generazione di «rivoluzionari» sta crescendo in Toscana, tra l'Arno e la Versilia, con epicentro a Pisa. Qui, vicino al tribunale, in via del Cuore numero uno, c'è un piccolo magazzino con alcune locandine scolorite appese all'esterno. È quasi sempre chiuso e non desta sospetti in chi passa. Ma quei pochi metri quadrati sono tra i più sorvegliati da 007 e investigatori di tutta Italia. Lì dentro ribolle la rabbia di un manipolo di trentenni ribelli difficilmente inquadrabili. Non sono anarchici di stretta osservanza (per questo gli insurrezionalisti della Fai li ignorano, ricambiati), ma neppure marxisti ortodossi; sono vegetariani, sfoggiano capelli raccolti in lunghe code e alle battaglie ecologiste, come quelle contro onde elettromagnetiche o a favore degli animali, associano la guerra ai partiti politici e ai sindacati.
Sono i giovani del circolo Il Silvestre, un gruppo anarcoambientalista sospettato in passato di bombe e bombette a sostegno dell'ecoterrorista svizzero Marco Camenisch, il loro guru, appena condannato in Svizzera a 17 anni di carcere. Secondo gli inquirenti sarebbero loro gli ideatori delle Cellule di offensiva rivoluzionaria (Cor), l'organizzazione anarcocomunista che, nel Pisano, dal luglio 2003 ha colpito decine di volte con attentati incendiari, volantini e sms gonfi di odio. Ultimo esempio: la macabra lettera minatoria inviata il 21 giugno a Paola Cohen Gialli, una signora ebrea colpevole di aver accettato la candidatura di An alle elezioni comunali di Livorno e di essere la vedova di Enzo Fregosi, il maresciallo dei carabinieri ucciso a novembre a Nassiriya (nel testo viene esaltata la resistenza irachena e riappare il lugubre ritornello «10-100-1000...» questa volta associato al nome di Fregosi).
L'ideologo del Silvestre è un ventisettenne bergamasco, Costantino Ragusa, dall'espressione fiera e con una barbetta curata che gli dà un aspetto da moschettiere e da metà giugno, insieme con altri quattro compagni, è agli arresti domiciliari. Un sesto ragazzo, il più giovane, è nel carcere di Prato incastrato dalle immagini di una telecamera. L'accusa, per tutti, come si legge nel mandato di arresto, è di aver partecipato «all'organizzazione denominata "Cellule di offensiva rivoluzionaria" costituita allo scopo di commettere più delitti di danneggiamenti, minacce aggravate, fabbricazione, detenzione e porto di esplosivo». Una «semplice» associazione per delinquere, da assommare alla propaganda sovversiva.
Ma per i carabinieri del Reparto operativo speciale non si tratterebbe di delinquenti comuni, bensì di un'associazione con fini eversivi. E per questo i militari sono a caccia di prove, che farebbero trasferire l'inchiesta da Pisa alla procura distrettuale di Firenze, competente in materia di terrorismo. Il 7 giugno nel casolare di San Giuliano Terme (Pisa), dove alcuni «silvestrini» vivono in una specie di comune, i carabinieri del nucleo operativo hanno scovato ritagli di giornali sulle imprese delle Cor e un documento, una sorta di risoluzione strategica, in cui le cellule lanciano una campagna per la rinascita in Italia della lotta armata e si presentano come «un'organizzazione di proletari comunisti, anarchici e antimperialisti», annunciando di fatto una saldatura tra galassie sino a oggi incompatibili.
Per questo hanno inviato lettere minatorie accompagnate da proiettili, hanno incendiato auto e portoni, azioni a cui hanno fatto seguire rivendicazioni scritte con uno stile sarcastico e brillante, diverso dal grigio registro br. Una copiosa produzione documentale, a fronte di piccoli attentati, che tradisce il desiderio di apparire sui giornali e che ricorda le gesta dei Nuclei territoriali antimperialisti del Nord-Est, che per nove anni hanno impegnato gli investigatori sino alla scoperta dell'inganno: si trattava dell'invenzione di un aspirante giornalista mitomane.
Però questa volta in manette sono finiti in sei e nessuno ha confessato bluff, né si è dichiarato prigioniero politico (un costume tipicamente brigatista, rifiutato dalle Cor). Più semplicemente hanno respinto le accuse: per il loro avvocato, Massimo Focacci, lo stesso di Camenisch e di alcuni presunti br toscani, quei fogli non sarebbero stati scritti dai suoi assistiti: «Questi ragazzi non hanno nulla a che fare con un'organizzazione di tipo marxista. Il mittente, anonimo, gli ha spedito quella roba nella speranza che fosse pubblicata su due riviste ideologicamente vicine al Silvestre. Sono solo i destinatari, così come altri giornali».
Per gli inquirenti, invece, i ragazzi del circolo pisano si sarebbero mandati la «risoluzione» per poterla diffondere senza timore di essere indicati come autori. Una tesi difficile da dimostrare. Così la prova più concreta in mano ai magistrati resta la chioma riccioluta e fluente di Alessio Perondi, 21 anni, studente di scienze naturali: non poteva passare inosservato mentre transitava davanti a una telecamera con due taniche in mano, le stesse, per gli investigatori, con cui le Cor hanno dato fuoco a un cantiere nelle vicinanze. È la sua faccia di presunto terrorista-bambino la principale crepa nella difesa degli anarchici pisani. In più nella lettera a Cohen Gialli le Cor hanno minacciato di morte la signora in caso di arresti tra i militanti. Quasi la conferma che quelli fermati dai carabinieri sono loro compagni.
Del resto in passato i giovani di via del Cuore avevano mostrato un'inquietante esaltazione per le imprese delle nuove Br: il 30 marzo 2002, pochi giorni dopo l'omicidio di Marco Biagi, la polizia sorprese tre ragazzi del Silvestre mentre affiggevano volantini intitolati «È morto un bastardo». Due di loro oggi sono indagati per le Cor, il terzo, trasferito a Roma, potrebbe essere il collegamento nella capitale. Il manifesto, invece, nei mesi scorsi, è stato trovato nel computer della presunta terrorista Cinzia Banelli, accompagnato da una gelida postilla: «Falso Br». La mancata attenzione da parte dei brigatisti non avrebbe, però, scoraggiato gli autori, se è vero che sono militanti delle Cor: infatti queste hanno intitolato la loro cellula romana a Mario Galesi, il br ucciso nel 2003 sul treno Roma-Firenze, e hanno spedito alla sua compagna in carcere, Nadia Desdemona Lioce, il loro «primo documento chiarificatore». Purtroppo per loro, lei non lo ha mai potuto leggere.
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