da "il manifesto" del 03 Settembre 2005
«Il terzo mondo degli States»
Parla Mario Maffi, autore di «Mississippi»: la vera catastrofe è la miseria dei neri Neo-con americani a pezzi Per lo scrittore italiano «il ciclone peserà su Bush e i repubblicani più della guerra sbagliata in Iraq. E le conseguenze si sentiranno nelle elezioni di medio termine. Ma non ci sono movimenti sociali o ripensamenti nel partito democratico che lascino intravedere una crisi politica». I saccheggi? «Non sono sciacalli, è gente normale che cerca di sopravvivere» MANUELA CARTOSIO,
Fu il lago Pontchartrain a risparmiare New Orleans dall'esondazione del Mississippi del 1927, la più devastante del secolo scorso. Gli argini a monte della capitale vennero fatti saltare con la dinamite per deviare le acque ribollenti nel lago, che le scaricò nell'Oceano. Ad andar sotto furono le migliaia di contadini che vivevano tra il Mississippi e il Pontchartrain. Sulla scelta del «male minore» pesarono gli interessi economici della capitale. Quella volta, comunque, una decisione fu presa. Questa volta il Pontrchartrain ha rotto gli argini e ha sommerso New Orleans. Senza che nessuno decidesse qualcosa prima e dopo il disastro. Mississippi, il gran bel libro di Mario Maffi pubblicato un anno fa da Rizzoli, riletto oggi è una miniera di precedenti storici, per differenza e similitudine.
Uno dei capitoli del tuo libro è intitolato «Cataclismi». Katrina è solo l'ultimo disastro di una lunga serie storica o qualcosa di inedito?
Per un verso, è il classico disastro annunciato in un'area ripetutamente colpita dalle inondazioni del Mississippi e dagli uragani che negli ultimi anni sono diventati più frequenti e più potenti. Di nuovo, ci sono le dimensioni del disastro, c'è il nome illustre della città finita sott'acqua. La cosa veramente inedita è la messa a nudo di un altro disastro. L'acqua fa venire a galla il fondo di miseria, quella sì davvero catastrofica, degli Stati uniti. Quelli che non sono riusciti a mettersi in salvo, salvo rare eccezioni, hanno tutti la pelle nera. E se sono bianchi, sono anziani.
Non mi sembra una grande scoperta. Che il tasso di povertà dei neri sia più del doppio della media nazionale lo sanno anche i sassi. Che gli anziani siano le vittime d'elezione di un servizio sanitario e assistenziale a dir poco crudele, idem.
Lo sa chi legge le statistiche. Vederlo in televisione, in tutto il mondo, fa un altro effetto. Potenza, bellezza, felicità, successo. Questa è l'immagine che gli States veicolano nel mondo. Poi, d'improvviso, si scoperchia il pentolone. E tutti vedono quanto terzo mondo c'è dentro gli Stati uniti.
«Le vittime sono i neri e i poveri, seguirà presto una crisi politica», ha scritto un editorialista del New York Times. Sottoscrivi la previsione?
Magari fosse vero. Purtroppo, non mi pare così automatico. Il partito repubblicano pagherà un prezzo alle elezioni di mid-term. Bush esce a pezzi dall'uragano, marchiato come un presidente negligente, distratto, non all'altezza del dramma. Di certo Katrine peserà di più di una guerra sbagliata e che non ha vinto. Comunque, non sarà Bush il candidato repubblicano alle prossime elezioni. Una crisi politica, intesa come ripensamento collettivo, richiede che il partito democratico volti radicalmente pagina. Richiede l'esistenza di movimenti sociali. Non vedo le condizioni perché questo succeda.
In assenza di movimenti sociali robusti e organizzati lo scontento di poveri ed emarginati negli Stati uniti si manifesta solo nelle forme delle rivolte e dei saccheggi. Quello che sta succedendo a New Orleans rientra sotto questa fattispecie?
Trovo oscena in questa situazione la definizione «sciacalli». Ci saranno pure quelli. Ma chi prende in un grande magazzino un pacco di pannolini, dell'acqua da bere, qualche scatoletta di cibo mi sembra una persona più che normale che cerca di sopravvivere.
Gli americani hanno il culto delle previsioni del tempo. Vogliono sapere che tempo fa anche prima d'uscire a fare la spesa. Non è paradossale l'imprevidenza dimostrata dalle autorità?
E' una beffa micidiale. Il potere, il capitale, prevede solo a breve scadenza, mira al guadagno immediato fregandosene delle conseguenze nel lungo periodo. Quando una di queste conseguenze presenta il conto, il potere alza bandiera bianca. Katrina è stato seguito sulle mappe per un paio di settimane. Fossero stati due mesi, non sarebbe cambiato niente.
Big Easy, è chiamata New Orleans. La città dove tutto è più facile, più rilassato. Pochi sanno che anche questo nome le viene dal Mississippi.
L'hanno chiamata così perché è sorta dove il fiume fa un'ampia mezzaluna e rallenta. Da questo fatto sono derivati guai. Perché l'ansa crea una specie di tappo che impedisce al grande fiume di correre verso le sue tre foci. L'altro guaio per New Orleans è la tendenza costante del Mississippi a scavarsi un percorso più ad Ovest rispetto al tracciato in cui è stato imbrigliato con gli argini. Il nome indiano Mississippi significa «acqua che si estende su un'ampia superficie». Da sempre l'uomo bianco ha fatto di tutto per ridurre questa superficie.
New Orleans, sotto il livello del mare, è una delle tante città americane contro natura. Non ricostruitela nello stesso posto, consigliano gli esperti.
E' il secondo porto degli Stati uniti. Quindi sarà ricostruita dov'è. Quanto al quartiere francese, prevedo una ricostruzione in stile Disney.
http://www.ilmanifesto.it/g8/dopogenova/4319dc4e70a0c.html
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