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Milano, 11 marzo - Quale antifascismo?
by Falce Martello Tuesday, Mar. 14, 2006 at 1:37 PM mail: redazione@marxismo.net

Non sono necessari molti ragionamenti per capire che il bilancio politico della giornata dell’11 marzo a Milano è disastroso. I fascisti, il governo, la destra che governa la città, si mettono in tasca un risultato nel quale difficilmente avrebbero potuto sperare fino al giorno prima. Nel centrosinistra, si rafforzano le componenti più moderate mentre la sinistra va a rimorchio o balbetta.

Milano, 11 marzo - Quale antifascismo?


di Claudio Bellotti



Non sono necessari molti ragionamenti per capire che il bilancio politico della giornata dell’11 marzo a Milano è disastroso. I fascisti, il governo, la destra che governa la città, si mettono in tasca un risultato nel quale difficilmente avrebbero potuto sperare fino al giorno prima. Nel centrosinistra, si rafforzano le componenti più moderate mentre la sinistra va a rimorchio o balbetta.

Tutto è stato rovesciato: i fascisti ne escono con l’immagine di bravi ragazzi, magari inclini a qualche goliardata come fare il saluto romano e inneggiare al duce; un personaggio come Luca Romagnoli, capo della Fiamma tricolore, uno che dichiara di non poter dire per certo che l’Olocausto sia realmente avvenuto, parla indisturbato nel centro di Milano. E a questo proposito, ci piacerebbe sapere perché la grande stampa “democratica” mette i titoloni in prima pagina quando queste idiozie reazionarie escono dalla bocca del presidente iraniano, ma non fa altrettanto quando vengono dette a casa nostra, dal capo di un partito che presenta i sui candidati nelle liste di Berlusconi, il quale ha detto che si trattava della “civile manifestazione di un nostro alleato”.

Ma ancora non è finita; se i fascisti escono ripuliti, grazie agli scontri di sabato si permette di identificare l’antifascismo e gli antifascisti con quelli che scendono in piazza a spaccare, a incendiare, a distruggere un McDonald con dentro gente comune che mangia il panino. E di fronte a certi commenti usciti nei giorni successivi non si sa se ridere o infuriarsi. Definire gli scontri di sabato come la “reazione degli antifascisti milanesi” alla presenza dei fascisti significa non capire e non voler capire nulla.

“Ma dovevamo forse lasciare che i fascisti sfilassero indisturbati?”; si domandano alcuni. La risposta è molto semplice: i fascisti hanno precisamente sfilato indisturbati. Se qualcuno ha dei dubbi, basta porsi due semplici domande.

1) Dopo l’11 marzo, i fascisti sono più forti o più deboli?

2) La coscienza antifascista, la consapevolezza del carattere reazionario e pericoloso di queste forze, è progredita o arretrata?

La risposta è, purtroppo, fin troppo evidente.

L’associazione dei commercianti ora fa appello a una fiaccolata nella quale con ogni probabilità ci toccherà vedere sfilare assieme Prodi, Fassino, La Russa e magari lo stesso Berlusconi, tutti uniti a condannare gli scontri e le violenze; intanto passeranno sotto silenzio le violenze dei fascisti; basti dire che la sera stessa dell’11 marzo, tre fascisti di ritorno dalla manifestazione di Milano hanno aggredito a Pavia il coordinatore provinciale dei Giovani comunisti; ancora poche settimane fa uno studente dell’istituto Agnesi di Milano ha avuto il naso spaccato da un gruppo di fascisti di Forza Nuova. Ma, la presenza di queste organizzazioni viene ormai considerata normale e accettata, con buona pace degli articoli della costituzione e delle leggi che vietano l’apologia del fascismo e la ricostituzione del partito fascista. Ed è proprio così: la lotta contro il neofascismo non può essere condotta né con le carte da bollo, né con le azioni isolate di 200 manifestanti. È necessario un lavoro di lunga lena che parta dall’interno della sinistra, del sindacato, delle organizzazioni di massa, che cominci dalla necessaria chiarificazione politica: la passività della sinistra ufficiale di fronte all’affronto della manifestazione fascista non si spiega solo con gli imperativi elettorali; per troppi anni si è parlato di riappacificazione, di superare le contrapposizioni del passato; si è seminato un ambiguo revisionismo sulla resistenza così come sugli anni ’70; si è rincorso la destra sul terreno della “legalità” legittimando forme di razzismo strisciante. I frutti li vediamo oggi in questa incapacità di reazione; nel vuoto lasciato si apre lo spazio per una vera e propria follia come è stata quella dell’11 marzo.

Quel giorno sarebbe stata necessaria una manifestazione non di duecento, ma di ventimila persone, per rispondere all’insulto fascista; questo sarebbe stato interamente possibile, ad una condizione: che si fosse diffusa la consapevolezza all’interno della sinistra, delle organizzazioni di massa, della necessità di mobilitarsi; certo, questo necessitava di una battaglia contro quei gruppi dirigenti che stanno paralizzando ogni mobilitazione affiché nulla disturbi la marcia verso il migliore dei governi possibili nel migliore dei centrosinistra possibili. Questa battaglia resta tutta da fare, e non certo resa più facile dagli scontri di sabato scorso.

Le forze neofasciste sono oggi ancora marginali, e tali per ora resteranno; i loro gruppi dirigenti hanno dimostrato di essere interessati soprattutto ai maneggi elettorali con la Casa delle libertà. Ma purtroppo non sarà sempre così: se l’Unione vince le elezioni si potrebbe facilmente aprire uno spazio d’intervento per le formazioni più razziste e reazionarie, che avranno gioco facile nel dire ai disoccupati, ai precari, ai pensionati, ai piccoli commercianti mezzi rovinati, che la sinistra, i “comunisti”, governano per i banchieri, per Maastricht, per i potenti, e che gli unici che li possono tutelare sono loro. In condizioni di crisi economica e sociale, se la sinistra si scredita in un governo votato inevitabilmente a politiche filopadronali, il rischio che formazioni apertamente fasciste possano conquistare un sostegno significativo, diventa reale.

C’è solo un modo per impedire che un simile scenario si realizzi, ed è quello che riconquistare la sinistra, il sindacato, a una politica di classe, difesa dei diritti dei lavoratori, a una prospettiva anticapitalista, all’interno della quale collocare anche la necessaria lotta contro il neofascismo.

14 marzo 2006.

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