Indymedia Italia


Indirizzo mittente:
Indirizzo destinatario:
Oggetto:
Breve commento per introdurre l'articolo nella mail:


http://italy.indymedia.org/news/2003/02/173748.php Invia anche i commenti.

Un' analisi interessante sulla situazione internazionale
by relazioni internazionali Tuesday, Feb. 11, 2003 at 3:41 PM mail:

La crisi irakena degli ultimi mesi ed i suoi sviluppi “inattesi” degli ultimi giorni sta aprendo uno squarcio su alcuni elementi fondamentali per la comprensione delle relazione internazionali.

La prima considerazione riguarda la strategia d’azione di Washington.
Gli Stati Uniti con le loro tentazioni e spinte unilaterali stanno, di fatto, incrinando pericolosamente l’unità d’intenti dell’Occidente.
Dal 1991 in poi abbiamo assistito a guerre asimmetriche contro elementi devianti nell’ordine internazionale del post Guerra Fredda.
Gli Stati Uniti hanno insomma assunto una funzione di polizia a livello planetario (con o senza l’avvallo delle Nazioni Unite).
Per comprendere le mosse americane di questi giorni bisogna prima analizzare ed assimilare i principi cardine della nuova politica strategica di Washington.
Anche le persone più a digiuno dei principi di politica internazionale possono facilmente comprendere che gli “Stati canaglia” non rappresentano un pericolo per l’esistenza degli USA (come invece era l’Unione Sovietica).
Irak, Iran, Corea del Nord (ma anche Cina ed altri paesi) rappresentano però un ostacolo concreto alla politica di supremazia americana.
Di fatto, il possesso di armi di distruzione di massa costituisce un limite (più o meno forte) alla libertà d’azione degli Stati Uniti del mondo.
Gli strateghi americani hanno deciso di combattere tutti quegli Stati che, nelle varie parti del globo, potrebbero costituire una minaccia (anche futura) alla loro supremazia.
La maggioranza dei cittadini americani, come la storia ci insegna, quando si sentono assediati (una visione senza dubbio distorta) in un impeto di patriottismo si stringono attorno al loro governo e così sta succedendo.

Analizziamo per prima cosa i possibili obiettivi di una guerra all’Irak.
Chiaramente Bush si sbarazzerebbe di un regime ostile alle mire americane nell’area del Medio-Oriente ed antagonista all’alleato israeliano.
In primo luogo ci si impossesserebbe delle enormi risorse petrolifere dell’Irak tagliando fuori dai giochi il sempre più scomodo ed inaffidabile alleato saudita (sensibile alle sirene dell’estremismo islamico). Questo controllo di un’area strategica emarginerebbe i Russi (che controllano già con enormi difficoltà i bacini petroliferi del Caspio).
In secondo luogo gli Occidentali avrebbero mano libera per ridisegnare a loro piacimento la cartina del Golfo Persico arrivando magari anche ad una soluzione di comodo alla questione palestinese.
Il terzo risultato sarebbe quello di “circondare” un paese non-affidabile come l’Iran: dalle frontiere occidentali irakene e dalle frontiere orientali afghane.
Come ultimo risultato (a lungo periodo) gli Americani otterrebbero quello di posizionare altre basi militari e contingenti vicino al competitore strategico del futuro: la Cina.

Questo un elenco conciso e ridotto all’osso dei probabili obiettivi tattici e strategici degli USA.
Nell’attuale situazione emergono con forza alcune considerazioni sulla politica dei vari paesi coinvolti nel gioco:

-Per quanto riguarda l’Europa i due paesi con un potenziale militare capace di farli contare a livello internazionale hanno fatto due scelte diverse ed opposte.
La Francia, secondo la sua tradizione, cerca un ruolo autonomo e, di fatto, traccia, in anticipo coi tempi quella che potrebbe essere la politica europea del futuro.
La Gran Bretagna è conscia (già dopo lo scacco di Suez nel ’56) che per pesare a livello mondiale deve legarsi a filo doppio con gli USA rischiando però di scadere in una politica acritica di puro vassallaggio che la sta allontanando sempre di più dagli orizzonti europei.
Le scelte di Blair, sostenute in pubblico piuttosto goffamente da un uomo così attento alla comunicazione come il premier britannico, si stanno rivelando controproducenti anche in patria. Gli Inglesi sono contarti alla guerra ed il Labour è in caduta nei sondaggi.
I paesi dell’ex-blocco sovietico sono invece i più propensi a gettarsi sul carro del più forte per dimostrare la loro fedeltà incondizionata al nuovo alleato (o padrone?) americano.
Per quanto riguarda l’Italia, il ceto politico di centro-destra si sta dimostrando assolutamente inadeguato ed incapace di mettere in campo una politica estera coerente con gli interessi dell’Unione Europea.
Si rischia concretamente di scadere nel servilismo e nel vassallaggio verso il potente alleato americano a differenza di quanto fece un centro-sinistra ben più adeguato nel gestire una politica estera coerentemente compatibile con gli obiettivi strategici europei e non americani (come la guerra in Kosovo ha ben insegnato).

-Ci sono poi le due potenze di secondo livello: Russia e Cina.
La Russia ripropone la vecchia alleanza con i Francesi che ha caratterizzato la storia dell’Europa dei secoli passati.
E’ un’alleanza interessante (di fatto russo-europea) che va guardata con attenzione.
Putin, conscio della sua attuale debolezza militare, sta riuscendo nell’abile progetto di svuotare (se non smembrare) dall’interno la NATO mostrando quanto sia strumentale l’amicizia con Bush a dispetto delle illusioni di uno sprovveduto come il nostro Presidente del Consiglio.
La Cina rimane, come d’abitudine, silenziosa e defilata. Il suo impegno principale è la corsa al rafforzamento economico e la prospettiva quella di ristabilire la propria sovranità sul Pacifico scalzando da quell’area la traballante supremazia economica americana.

-Per quanto riguarda i paesi arabi la non volontà da parte degli USA di risolvere la questione palestinese e la scarsa attenzione da parte degli Occidentali per la forte esigenza di una redistribuzione della ricchezza e delle risorse nel mondo (tensioni egualitarie rilanciate dal Movimento No-global già a Seattle nel 1999) generano nelle masse odio e risentimento.
Diverso il discorso per i governi autoritari di quella regione. Si tratta di una classe dirigente debole e corrotta, sostenuta dai massicci aiuti finanziari degli USA. Inutili credere in una possibile ribellione dei paesi arabi perché questa, nelle condizionia attuali non può avvenire. Ed è proprio su questa condizione di quotidiana impotenza che gioca il radicalismo islamico.
Diverso il discorso per la Turchia, unico paese a maggioranza islamica membro della NATO.
I Turchi si trovano in una situazione molto difficile.
Essi sono divisi al loro interno su molti temi. Combattuti tra la decennale amicizia con gli USA e la spinta verso l’Europa.
Vogliosi di mettere le mani sul petrolio dell’Irak del Nord, ma alle prese con un’opinione pubblica fortemente contraria alla guerra e dalla paura della nascita di uno stato kurdo a Nord dell’Irak la cui nascita destabilizzerebbe inevitabilmente lo Stato turco.

Questa dunque la situazione ad oggi.
Inutile dire che è sempre più sentita l’esigenza di andare oltre l’attuale fase di unipolarismo ed unilateralismo egemonico americano per un mondo multipolare e quindi più “democratico ed egualitario” a livello internazionale.

versione stampabile | invia ad un amico | aggiungi un commento | apri un dibattito sul forum

©opyright :: Independent Media Center .
Tutti i materiali presenti sul sito sono distribuiti sotto Creative Commons Attribution-ShareAlike 2.0.
All content is under Creative Commons Attribution-ShareAlike 2.0 .
.: Disclaimer :.