Indymedia e' un collettivo di organizzazioni, centri sociali, radio, media, giornalisti, videomaker che offre una copertura degli eventi italiani indipendente dall'informazione istituzionale e commerciale e dalle organizzazioni politiche.
toolbar di navigazione
toolbar di navigazione home | chi siamo · contatti · aiuto · partecipa | pubblica | agenda · forum · newswire · archivi | cerca · traduzioni · xml | toolbar di navigazione toolbarr di navigazione toolbarr di navigazione toolbar di navigazione
Campagne

inchiostroG8


IMC Italia
Ultime features in categoria
[biowar] La sindrome di Quirra
[sardegna] Ripensare Indymedia
[lombardia] AgainstTheirPeace
[lombardia] ((( i )))
[lombardia] Sentenza 11 Marzo
[calabria] Processo al Sud Ribelle
[guerreglobali] Raid israeliani su Gaza
[guerreglobali] Barricate e morte a Oaxaca
[roma] Superwalter
[napoli] repressione a Benevento
[piemunt] Rbo cambia sede
[economie] il sangue di roma
Archivio completo delle feature »
toolbarr di navigazione
IMC Locali
Abruzzo
Bologna
Calabria
Genova
Lombardia
Napoli
Nordest
Puglia
Roma
Sardegna
Sicilia
Piemonte
Toscana
Umbria
toolbar di navigazione
Categorie
Antifa
Antimafie
Antipro
Culture
Carcere
Dicono di noi
Diritti digitali
Ecologie
Economie/Lavoro
Guerre globali
Mediascape
Migranti/Cittadinanza
Repressione/Controllo
Saperi/Filosofie
Sex & Gender
Psiche
toolbar di navigazione
Dossier
Sicurezza e privacy in rete
Euskadi: le liberta' negate
Antenna Sicilia: di chi e' l'informazione
Diritti Umani in Pakistan
CPT - Storie di un lager
Antifa - destra romana
Scarceranda
Tecniche di disinformazione
Palestina
Argentina
Karachaganak
La sindrome di Quirra
toolbar di navigazione
Autoproduzioni

Video
Radio
Print
Strumenti

Network

www.indymedia.org

Projects
oceania
print
radio
satellite tv
video

Africa
ambazonia
canarias
estrecho / madiaq
nigeria
south africa

Canada
alberta
hamilton
maritimes
montreal
ontario
ottawa
quebec
thunder bay
vancouver
victoria
windsor
winnipeg

East Asia
japan
manila
qc

Europe
andorra
antwerp
athens
austria
barcelona
belgium
belgrade
bristol
croatia
cyprus
estrecho / madiaq
euskal herria
galiza
germany
hungary
ireland
istanbul
italy
la plana
liege
lille
madrid
nantes
netherlands
nice
norway
oost-vlaanderen
paris
poland
portugal
prague
russia
sweden
switzerland
thessaloniki
united kingdom
west vlaanderen

Latin America
argentina
bolivia
brasil
chiapas
chile
colombia
ecuador
mexico
peru
puerto rico
qollasuyu
rosario
sonora
tijuana
uruguay

Oceania
adelaide
aotearoa
brisbane
jakarta
manila
melbourne
perth
qc
sydney

South Asia
india
mumbai

United States
arizona
arkansas
atlanta
austin
baltimore
boston
buffalo
charlottesville
chicago
cleveland
colorado
danbury, ct
dc
hawaii
houston
idaho
ithaca
la
madison
maine
michigan
milwaukee
minneapolis/st. paul
new hampshire
new jersey
new mexico
new orleans
north carolina
north texas
ny capital
nyc
oklahoma
philadelphia
pittsburgh
portland
richmond
rochester
rogue valley
san diego
san francisco
san francisco bay area
santa cruz, ca
seattle
st louis
tallahassee-red hills
tennessee
urbana-champaign
utah
vermont
western mass

West Asia
beirut
israel
palestine

Process
discussion
fbi/legal updates
indymedia faq
mailing lists
process & imc docs
tech
volunteer
Un' analisi interessante sulla situazione internazionale
by relazioni internazionali Tuesday, Feb. 11, 2003 at 12:41 PM mail:

La crisi irakena degli ultimi mesi ed i suoi sviluppi “inattesi” degli ultimi giorni sta aprendo uno squarcio su alcuni elementi fondamentali per la comprensione delle relazione internazionali.

La prima considerazione riguarda la strategia d’azione di Washington.
Gli Stati Uniti con le loro tentazioni e spinte unilaterali stanno, di fatto, incrinando pericolosamente l’unità d’intenti dell’Occidente.
Dal 1991 in poi abbiamo assistito a guerre asimmetriche contro elementi devianti nell’ordine internazionale del post Guerra Fredda.
Gli Stati Uniti hanno insomma assunto una funzione di polizia a livello planetario (con o senza l’avvallo delle Nazioni Unite).
Per comprendere le mosse americane di questi giorni bisogna prima analizzare ed assimilare i principi cardine della nuova politica strategica di Washington.
Anche le persone più a digiuno dei principi di politica internazionale possono facilmente comprendere che gli “Stati canaglia” non rappresentano un pericolo per l’esistenza degli USA (come invece era l’Unione Sovietica).
Irak, Iran, Corea del Nord (ma anche Cina ed altri paesi) rappresentano però un ostacolo concreto alla politica di supremazia americana.
Di fatto, il possesso di armi di distruzione di massa costituisce un limite (più o meno forte) alla libertà d’azione degli Stati Uniti del mondo.
Gli strateghi americani hanno deciso di combattere tutti quegli Stati che, nelle varie parti del globo, potrebbero costituire una minaccia (anche futura) alla loro supremazia.
La maggioranza dei cittadini americani, come la storia ci insegna, quando si sentono assediati (una visione senza dubbio distorta) in un impeto di patriottismo si stringono attorno al loro governo e così sta succedendo.

Analizziamo per prima cosa i possibili obiettivi di una guerra all’Irak.
Chiaramente Bush si sbarazzerebbe di un regime ostile alle mire americane nell’area del Medio-Oriente ed antagonista all’alleato israeliano.
In primo luogo ci si impossesserebbe delle enormi risorse petrolifere dell’Irak tagliando fuori dai giochi il sempre più scomodo ed inaffidabile alleato saudita (sensibile alle sirene dell’estremismo islamico). Questo controllo di un’area strategica emarginerebbe i Russi (che controllano già con enormi difficoltà i bacini petroliferi del Caspio).
In secondo luogo gli Occidentali avrebbero mano libera per ridisegnare a loro piacimento la cartina del Golfo Persico arrivando magari anche ad una soluzione di comodo alla questione palestinese.
Il terzo risultato sarebbe quello di “circondare” un paese non-affidabile come l’Iran: dalle frontiere occidentali irakene e dalle frontiere orientali afghane.
Come ultimo risultato (a lungo periodo) gli Americani otterrebbero quello di posizionare altre basi militari e contingenti vicino al competitore strategico del futuro: la Cina.

Questo un elenco conciso e ridotto all’osso dei probabili obiettivi tattici e strategici degli USA.
Nell’attuale situazione emergono con forza alcune considerazioni sulla politica dei vari paesi coinvolti nel gioco:

-Per quanto riguarda l’Europa i due paesi con un potenziale militare capace di farli contare a livello internazionale hanno fatto due scelte diverse ed opposte.
La Francia, secondo la sua tradizione, cerca un ruolo autonomo e, di fatto, traccia, in anticipo coi tempi quella che potrebbe essere la politica europea del futuro.
La Gran Bretagna è conscia (già dopo lo scacco di Suez nel ’56) che per pesare a livello mondiale deve legarsi a filo doppio con gli USA rischiando però di scadere in una politica acritica di puro vassallaggio che la sta allontanando sempre di più dagli orizzonti europei.
Le scelte di Blair, sostenute in pubblico piuttosto goffamente da un uomo così attento alla comunicazione come il premier britannico, si stanno rivelando controproducenti anche in patria. Gli Inglesi sono contarti alla guerra ed il Labour è in caduta nei sondaggi.
I paesi dell’ex-blocco sovietico sono invece i più propensi a gettarsi sul carro del più forte per dimostrare la loro fedeltà incondizionata al nuovo alleato (o padrone?) americano.
Per quanto riguarda l’Italia, il ceto politico di centro-destra si sta dimostrando assolutamente inadeguato ed incapace di mettere in campo una politica estera coerente con gli interessi dell’Unione Europea.
Si rischia concretamente di scadere nel servilismo e nel vassallaggio verso il potente alleato americano a differenza di quanto fece un centro-sinistra ben più adeguato nel gestire una politica estera coerentemente compatibile con gli obiettivi strategici europei e non americani (come la guerra in Kosovo ha ben insegnato).

-Ci sono poi le due potenze di secondo livello: Russia e Cina.
La Russia ripropone la vecchia alleanza con i Francesi che ha caratterizzato la storia dell’Europa dei secoli passati.
E’ un’alleanza interessante (di fatto russo-europea) che va guardata con attenzione.
Putin, conscio della sua attuale debolezza militare, sta riuscendo nell’abile progetto di svuotare (se non smembrare) dall’interno la NATO mostrando quanto sia strumentale l’amicizia con Bush a dispetto delle illusioni di uno sprovveduto come il nostro Presidente del Consiglio.
La Cina rimane, come d’abitudine, silenziosa e defilata. Il suo impegno principale è la corsa al rafforzamento economico e la prospettiva quella di ristabilire la propria sovranità sul Pacifico scalzando da quell’area la traballante supremazia economica americana.

-Per quanto riguarda i paesi arabi la non volontà da parte degli USA di risolvere la questione palestinese e la scarsa attenzione da parte degli Occidentali per la forte esigenza di una redistribuzione della ricchezza e delle risorse nel mondo (tensioni egualitarie rilanciate dal Movimento No-global già a Seattle nel 1999) generano nelle masse odio e risentimento.
Diverso il discorso per i governi autoritari di quella regione. Si tratta di una classe dirigente debole e corrotta, sostenuta dai massicci aiuti finanziari degli USA. Inutili credere in una possibile ribellione dei paesi arabi perché questa, nelle condizionia attuali non può avvenire. Ed è proprio su questa condizione di quotidiana impotenza che gioca il radicalismo islamico.
Diverso il discorso per la Turchia, unico paese a maggioranza islamica membro della NATO.
I Turchi si trovano in una situazione molto difficile.
Essi sono divisi al loro interno su molti temi. Combattuti tra la decennale amicizia con gli USA e la spinta verso l’Europa.
Vogliosi di mettere le mani sul petrolio dell’Irak del Nord, ma alle prese con un’opinione pubblica fortemente contraria alla guerra e dalla paura della nascita di uno stato kurdo a Nord dell’Irak la cui nascita destabilizzerebbe inevitabilmente lo Stato turco.

Questa dunque la situazione ad oggi.
Inutile dire che è sempre più sentita l’esigenza di andare oltre l’attuale fase di unipolarismo ed unilateralismo egemonico americano per un mondo multipolare e quindi più “democratico ed egualitario” a livello internazionale.

versione stampabile | invia ad un amico | aggiungi un commento | apri un dibattito sul forum
©opyright :: Independent Media Center
Tutti i materiali presenti sul sito sono distribuiti sotto Creative Commons Attribution-ShareAlike 2.0.
All content is under Creative Commons Attribution-ShareAlike 2.0 .
.: Disclaimer :.

Questo sito gira su SF-Active 0.9