Indymedia Italia


Indirizzo mittente:
Indirizzo destinatario:
Oggetto:
Breve commento per introdurre l'articolo nella mail:


http://italy.indymedia.org/news/2004/10/669431.php Invia anche i commenti.

[indy] articolo sul sequestro
by associated press Wednesday, Oct. 27, 2004 at 8:47 PM mail:

tradotto dalla lista di indyitalia per le traduzioni, articolo riassuntivo della situazione sequestro - ben scritto eh.

Devin Theriot-Orr, membro di una coraggiosa realtà di reporter-attivisti
chiamata Indymedia, non si aspettava proprio che due agenti FBI si
presentassero nel suo ufficio legale a Seattle dicendo di essere in
visita su "cortese richiesta" delle autorità svizzere.
Theriot-Orr è rimasto ancor più stupito la settimana successiva, quando
più di 20 siti Indymedia sono stati messi offline tramite il sequestro
dei server britannici che li ospitavano.
L'Independent Media Center, più comunemente noto come Indymedia, spiega
che questo sequestro ha tutte le caratteristiche dell'atto di censura,
e i difensori delle libertà civili concordano. Internet è uno strumento
di pubblicazione come lo è la stampa, sostengono, e i governi non hanno
alcun diritto di far sparire siti web.
Il caso - che ruota intorno a un'azienda internet con sede in Texas,
alcune fotografie di poliziotti svizzeri sotto mentite spoglie e la
richiesta da parte di un magistrato italiano che indaga su piste
anarchiche - solleva alcune domande intorno alle circostanze in cui le
autorità possono imporre a un provider internet la consegna dei
materiali che ospita.
"Le implicazioni sono profonde", ha dichiarato Barry Steinhardt
dell'American Civil Liberties Union, il quale definisce gli attivisti
di Indymedia come "normali dissenzienti" ed equipara questa faccenda al
"sequestro di una tipografia o alla chiusura di una stazione radio".
"E' una vicenda che puzza da lontano un miglio", sostiene.
I provider internet statunitensi sono abituati a restare in silenzio
quando ricevono un ordine di consegna di dati dalle autorità - ed è
vero anche che la confisca fisica dei server avviene raramente.
Il sequestro del 7 ottobre tocca invece un'area poco propensa al
silenzio - gli attivisti di Indymedia lavorano in 140 collettivi sparsi
in tutto il mondo, dalla repubblica Ceca all'Uruguay al Massachussets
dell'ovest, e i loro siti ricevono circa 18 milioni di contatti al mese
- e ha suscitato un vasto interesse in Europa, comprese alcune
interpellanze alla Camera dei Comuni britannica.
I due computer sono stati prelevati dalla sede londinese della texana
Rackspace Managed Hosting; sebbene siano stati restituiti il 12 ottobre
e tutti i siti siano ora nuovamente online, all'appello dei materiali di
alcuni tra questi - quelli che non avevano backup dei dati - mancano
foto e articoli.
I governi implicati non hanno fornito una spiegazione chiara di cosa si
stesse cercando o di quali fossero i paesi che hanno dato il via
all'iniziativa.
La settimana scorsa Richard Allan, membro dei Democratici Liberali, ha
chiesto al Parlamento Inglese se l'ordine di sequestro fosse partito
dall'Home Office, l'ente governativo responsabile della sicurezza
interna.
Caroline Flinn, portavoce dell'Home Office, ha risposto così: "Posso
confermare che nessun ente governativo britannico è coinvolto nel
caso".
Venerdì scorso è stata presentata presso la corte federale di San
Antonio una mozione con la quale si chiede di svelare da chi sia stato
emesso l'ordine originario.
"La morale della vicenda sembra essere questa: un governo straniero,
tramite procedure che rimangono segrete, può ottenere che il governo
statunitense riduca al silenzio una fonte di informazione indipendente
senza nemmeno dover rendere conto di quest'azione ai cittadini
americani", ha dichiarato Keith Bankston, avvocato della Electronic
Frontier Foundation e autrice della mozione. "Ora qualsiasi attore nel
panorama dell'informazione dovrebbe chiedersi: 'Sarò io il prossimo?'".
L'FBI ha rilasciato un comunicato nel quale dichiara che "su richiesta
di un ministero di giustizia staniero" ha adempito a far valere su
Rackspace una ingiunzione statunitense per la confisca dei materiali di
Indymedia. "Rackspace teneva i materiali di Indymedia su server situati
nel Regno Unito. Quando Rackspace ha copiato i documenti sotto
ordinanza dai server su cui erano ospitati, si è prodotta una breve
interruzione nel servizio internet di Indymedia. Non è in corso alcuna
indagine FBI, o più genericamente statunitense, su Indymedia".
Una fonte dell'FBI protetta da anonimato ha dichiarato che "ci furono
due richieste distinte provenienti da due diversi paesi, che non erano
in alcun modo connesse eccetto per il fatto che entrambe riguardavano
Indymedia". La fonte ha precisato che entrambe le richieste di
occuparsi del caso pervennero al dipartimento di giustizia statunitense
dalle rispettive ambasciate dei due paesi, e da lì furono girate
all'FBI; ha poi aggiunto che "l'FBI non ha nemmeno un cane in
quest'arena".
Il magistrato di Bologna Marina Plazzi ha dichiarato all'AP [Associated
Press] di aver richiesto informazioni su materiali inviati su Indymedia
dagli Stati Uniti. Ha sottolineato che la sua richiesta non implicava
"il sequestro di server o hard disk". La Plazzi sta investigando sul
[sedicente] gruppo anarchico italiano che rivendicò le intimidazioni
bombarole al presidente della commissione europea Romano Prodi.
I magistrati bolognesi hanno dichiarato in un comunicato congiunto di
aver presentato alle autorità statunitensi una richiesta di
"informazioni specifiche e circostanziate sul provider [di] Indymedia.
La richiesta non riguardava la gestione né i contenuti del sito".
Secondo il comunicato "La richiesta non ha ottenuto risposta", e
"Qualsiasi altra informazione è riservata".
Le autorità giudiziarie svizzere hanno chiesto chiarimenti ad alcuni
ufficiali che lavorano a Ginevra a livello governativo, senza ottenere
risposta.
Al centro del caso svizzero ci sarebbero alcune foto inviate su un sito
Indymedia francese. Le foto ritraggono due poliziotti in borghese che
si spacciavano per manifestanti nell'ambito di un corteo
anti-globalizzazione. Secondo i commenti postati sotto le foto, erano
state scattate perché durante le precedenti manifestazioni la polizia
aveva fotografato i manifestanti, pubblicando poi le immagini sui
propri siti, etichettandoli come "facinorosi" e invitando i visitatori
a fornire informazioni sulle persone ritratte.
A fine settembre Rackspace girò a Indymedia una comunicazione ricevuta
dall'FBI e riguardante le foto, che stavano su un sito Indymedia
gestito da Nantes, in Francia.
Rackspace inviò la comunicazione a Theriot-Orr, il quale la girò a sua
volta al collettivo Indymedia di Nantes. Il collettivo, racconta
Theriot-Orr, oscurò i volti dei due ufficiali svizzeri coprendoli con
quelli di due personaggi, Mulder e Scully, del telefilm "The X-Files".
Theriot-Orr ha dichiarato inoltre che quando in seguito ricevette la
visita degli agenti FBI, questi gli fecero domande sull'operazione [su
aspetti tecnici inerenti l'operazione] d'invio delle foto degli
ufficiali di polizia svizzeri su Indymedia Nantes.
Un comunicato apparso su alcuni siti Indymedia e attribuito a Rackspace
sostiene che l'azienda si sarebbe attenuta a una "ordinanza rispondente
a un Trattato di Mutua Assistenza Legale" che consente alle nazioni
firmatarie di aiutarsi vicendevolmente "nell'ambito di attività
investigative riguardanti crimini come il terrorismo internazionale, i
sequestri di persona e il riciclaggio di denaro sporco".
"Rackspace si sta comportando da buon cittadino-azienda", aggiunge il
comunicato. "Il tribunale vieta a Rackspace di commentare ulteriormente
la questione". L'addetta stampa di Rackspace, Annalie Drusch, ha
rifiutato di rilasciare altri commenti.
"Se l'intera faccenda riguardava queste foto, qualsiasi cosa abbiano
fatto gli si è ritorta contro", sostiene David Meieran, volontario di
Indymedia a Pittsburgh, riferendosi alle autorità. "Ora sono pubblicate
su 300 siti in tutto il mondo".
"E' come cercare di afferrare l'acqua", ha detto Meieran. "Internet è su
tutto il territorio. Non puoi entrare e cercare di afferrare una
fotografia e aspettarti che nessuno la faccia rispuntare".
---
Alla stesura di questo articolo hanno collaborato alcuni reporter di
Associated Press: Jonathan Fowler da Ginevra, Marta Falconi da Roma ed
Ed Johnson da Londra.

l'originale inglese sta qua
>>http://www.newsday.com/technology/business/wire/sns-ap-web-server-seizure,0,3441785.story?coll=sns-ap-technology-headlines

versione stampabile | invia ad un amico | aggiungi un commento | apri un dibattito sul forum

©opyright :: Independent Media Center .
Tutti i materiali presenti sul sito sono distribuiti sotto Creative Commons Attribution-ShareAlike 2.0.
All content is under Creative Commons Attribution-ShareAlike 2.0 .
.: Disclaimer :.