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FILIARMONICI.ORG: Africa-Europa, viaggio in prima classe
by Filiarmonici Thursday, Mar. 17, 2005 at 2:28 PM mail: filiarmonici@ecn.org

Aggiornamento Filiarmonici

"Per qualcuno da mesi. Johnatan, Moses e gli altri 148 ragazzi sanno cosa li
sta aspettando. Dirkou è una gabbia e il Sahara e il Ténéré sono le sue
sbarre. Di disperati come loro, prigionieri dell'oasi, ne hanno contati
diecimila. Per non morire di fame lavorano gratis. Nelle case dei
commercianti o nei palmeti. Lavano pentole, curano orti e giardini,
raccolgono datteri, impastano mattoni. In cambio di una scodella di miglio,
un piatto di pasta, il caffè, qualche sigaretta. Volevano arrivare in
Italia, sono diventati schiavi. Solo dopo mesi di fatica il padrone li
lascia andare, pagando finalmente il biglietto per la Libia: 25 mila
franchi, 38 euro e 50. Impossibile chiedere aiuto. Anche solo far sapere a
mogli e genitori che non si è ancora morti. Non c'è banca, non c'è Internet.
Il telefono a Dirkou non esiste. Ha la voce timida, Gereké Oussane, 32 anni,
maliano di Koulikoro, sul fiume Niger, dieci anni da tassista in Camerun e
ora schiavo nella casa di un commerciante: "I militari e la polizia mi hanno
preso tutti i soldi. Arrivato qui, ho saputo che avevano bisogno di un
giardiniere. Mi sveglio alle 5.30, preparo la colazione per la famiglia.
L'ultimo mio compito della giornata? Bagnare il giardino, dalle undici a
mezzanotte. L'accordo con il mio padrone era due mesi di lavoro gratis, poi
lui mi avrebbe dato i 25 mila franchi per la Libia. Però sono arrivato a
Dirkou all'inizio di settembre e dopo tre mesi... Io ho paura di finire come
quelli prigionieri da più di un anno. Sono diventati pazzi e vivono nella
boscaglia". Uno di loro gira ogni mattina nel mercato. Si accontenta di una
manciata di farina, un pezzo di pane. Ma se gli vuoi parlare, scappa
spaventato. Mohamed Youssef, 26 anni, a Kumasi in Ghana aggiustava
televisori. Adesso fa il muratore dall'alba al tramonto, per un pugno di
riso. "Sono in viaggio con mio fratello e siamo bloccati da tre settimane -
racconta -. Proprio non riesco a immaginare come faremo ad andarcene. Non
pensavo fosse così dura. Sette mesi fa uno dei miei fratelli ha fatto la
stessa rotta. Ora è a Napoli, uno zio è a Torino. Perché sono partito?
Perché sono sposato, ho un bambino di due mesi. E quando vedi che la tua
famiglia non ha abbastanza da mangiare, è l'uomo che deve fare qualcosa.
Prima di uscire di casa, mia moglie mi ha dato un abbraccio, forte,
lunghissimo. Non aveva altro da regalarmi". Sul registro del municipio gli
abitanti di Dirkou sono tremila. Famiglie kanuri e tubù, qualche tuareg e i
figli degli arabi libici scappati dall'occupazione italiana. C'erano
soltanto la base dell'esercito e le cave di bicarbonato, qui intorno. Ma tre
anni fa è esploso il traffico dei clandestini. E l'anno scorso anche la
polizia ha voluto aprire un commissariato. Questione di soldi, razzie,
estorsioni. Milioni di euro da dividere con i militari."

L'articolo completo è qui:

http://www.filiarmonici.org/sahara.html

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