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elezioni di domenica in Ecuador
by garabombo Tuesday, Oct. 22, 2002 at 9:22 AM mail: garabombo@autistici.org

si va al ballottaggio...

Al ballottaggio Gutierrez e Noboa

Gutierrez, che nel gennaio del 2000 ha appoggiato una ribellione indigena che costò la poltrona all’allora presidente Jamil Mahuad, e Gustavo Noboa, bananero e bancario plurimiliardario, dovranno affrontarsi al ballottaggio delle elezioni presidenziali il prossimo 24 novembre, visto che nessuno dei due ha ottenuto il numero dei voti necessario per aggiudicarsi la presidenza direttamente la primo turno.
Dopo i risultati del primo turno Gutierrez ha detto che ei voti che lo hanno portato in testa (20,7%) dimostrano che la gente era stanca del vecchio modo di fare politica; il suo avversario ha immediatamente risposto definendolo un “comunista”, visto l’appoggio datogli dal Movimiento Popular Democratico, di ispirazione marxista. Gutierrez a sua volta: “Questa cose del –comunista- mi fa ridere; io sono un ex militare e di conseguenza non ho nessun tipo di formazione ideologica, non sposo nessuna dottrina politica. La mia unica ideologia è il mio paese, il popolo ecuadoriano”.

Noboa avrebbe ottenuto il 17,40% dei voti.
Secondo il TSE (Tribunale supremo Elettorale) il socialista Roldós è arrivato terzo con il 15,53% dei suffragi, seguito dal socialdemocratico Rodrgio Boria con il 14,05%. Poi il socialcristiano Neira (12,27%), il populista Bucaram , del Partido Roldosista Ecuadoriano, (11,85%).


Dunque estrema frammentazione, candidati minori rilevanti e da corteggiare per entrambe i protagonisti del ballottaggio per ottenere il 50% dei voti più uno.
Un ultimo dato: l’astensionismo attestatosi attorno al 35%.

DICHIARAZIONI DI GUTIERREZ:
Il coronel ex golpista Lucio Gutierrez ha annunciato che se vincerà il ballottaggio del 24 novembre imporrà il carcere a vita per i funzionari politici e istituzionali corrotti.
“Sindaco, deputato, ministro dello Stato, presidente o vicepresidente della repubblica che abbia rubato o rubbi denaro del popolo ecuadoriano avrà il carcere a vita, ha assicurato durante una improvvisata conferenza stampa a Quito.

L’ex golpista di 45 anni ha fatto della lotta alla corruzione la sua principale bandiera per la campagna elettorale delle presidenziali. La tattica è stata semplice, in un paese dove la rabbia popolare contro la corruzione diffusa nella società con tassi tra i più alti di tutta l’America latina, si manifesta sempre più evidente nel popolo.
Secondo i dati diffusi dalla stampa, la corruzione costa all’Ecuador circa 2000 milioni di dollari all’anno. Gutierrez ha poi sottolineato che al di là della campagna contro la corruzione, il voto nei suoi confronti ha espresso la netta volontà di cambiamento da parte di una parte di ecuadoriani, stanchi ormai della vecchia classe politica. Lo stesso ha poi chiesto scusa a coloro con i quali durante la campagna elettorale aveva avuto delle discussioni accese, e in particolare al socialista Roldós. La cosa è apparsa come un evidente invito all’alleanza strategica per il ballottaggio.

UE E L’ORGANIZZAZIONE DEGLI STATI AMERICANI invitano a migliorare l’organizzazione per il ballottaggio.

La commissione di osservatori dell’UE e dell’OSA si è raccomandata per un miglioramento dell’organizzazione della macchina elettorale ecuadoriana. In particolare sono state messe in evidenza una serie di falle nei rapporti tra istituzioni provinciali e nazionali.

Nonostante il bilancio finale sullo sviluppo delle votazioni e lo scrutinio si sia rilevato “positivo”, sarebbe bene mettere a punto una serie di interventi per evitare che alcuni problemi non si ripetano durante il ballottaggio del 24 novembre. Hanno aggiunto :”l’Ecuador merita un secondo turno elettorale in un clima di tranquillità e trasparenza”.
Le procedure di voto di domenica scorsa sono state vigilate e controllate da circa 200 osservatori di cinque organizzazioni internazionali, tra cui UE e OSA, che hanno confermato il clima tranquillo e disteso in cui gli ecuadoriani sono andati a votare, nonostante una situazione di continua ebollizione e scontro interno alla società tutta.










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Quadri, dati, storia dell' ECUADOR
by garabombo Monday, Oct. 28, 2002 at 12:38 PM mail: bbb

dati presi da http://www.eurosur.org/GDM2001/

Ecuador Ecuador

Población: 12.411.000 (1999)
Superficie: 283.560 km2
Capital: Quito
Moneda: Sucre ecuatoriano
Idioma: Español y quichua

El Ambiente

El país se divide en tres regiones naturales: la costa, la sierra y el oriente. Más de la mitad de la población vive en la costa, donde predominan los cultivos de exportación: banano, cacao, arroz y café. La sierra, entre dos ramas de la cordillera de los Andes, donde predominan los cultivos de subsistencia. En la región oriental, amazónica, la explotación de yacimientos petrolíferos es generadora de divisas a costa de la destrucción ambiental. Pertenece a Ecuador el archipiélago de Colón o Galápagos. En la región de la costa, 95% de los bosques han sido talados. La degradación de los suelos se ha incrementado en los últimos años. Hay serios problemas de polución debido a las acciones de compañías petroleras.

La Sociedad

Pueblo: los ecuatorianos proceden mayoritariamente del pueblo quechua que formó el reino de Quito. Influyen en su configuración actual, además, el mestizaje con los españoles y el aporte de los esclavos africanos. Existen varias nacionalidades indígenas entre ellos: huaorani, shuar, achar, siona-secoya, cofan, quechua, tsachila y chachi. La quechua del callejón andino comprende a más de 1,5 millones de habitantes.
Religión: mayoritariamente católica.
Idiomas: el español es oficial, aunque 40% de la población habla quechua. Hay más que una docena de otras lenguas indígenas.
Partidos políticos: Partido Social Cristiano, de Jaime Nebot; Partido Unidad Republicana, conservador; Partido Roldosista Ecuatoriano; Izquierda Democrática, socialdemócrata, afiliado a la Internacional Socialista; Partido Conservador; Democracia Popular y Unión Demócrata Cristiana están unidos; Movimiento Unidad Plurinacional Pachakutik-Nuevo País, uno de los primeros partidos en América Latina con discurso y base multicultural e indígena con fuerte importancia en la política institucional del país; Movimiento Popular Democrático; Partido Socialista Ecuatoriano; Concentración de Fuerzas Populares; Partido Liberal Radical; Frente Amplio de la Izquierda; Frente Radical Alfarista; Acción Popular Revolucionaria Ecuatoriana; Partido de Liberación Nacional.
Organizaciones sociales: las centrales sindicales más importantes -Central Ecuatoriana de Organizaciones Clasistas (CEDOC) y Central de Trabajadores Ecuatorianos (CTE)- coordinan sus acciones en el Frente Unido de Trabajadores (FUT). En los últimos tiempos han adquirido importancia la Confederación de Nacionalidades Indígenas de Ecuador (CONAIE); la Federación Nacional de Organizaciones Campesino-Indígenas (FENOC-I) y la Federación Nacional de Pequeños Agricultores (FNPA); Federación de Estudiantes Universitarios del Ecuador (FEUE).

El Estado

Nombre oficial: República del Ecuador.
División administrativa: 21 provincias.
Capital: Quito, 1.500.000 hab. (1995).
Otras ciudades: Guayaquil, 1.877.031 hab.; Cuenca, 239.896 hab. (1995).
Gobierno: Gustavo Noboa Bejarano, presidente desde enero de 2000. Parlamento unicameral: Congreso Nacional, con 82 miembros.
Fiesta nacional: 10 de agosto, aniversario de la Independencia (1809).
Fuerzas armadas: 57.100 efectivos conscriptos. 100.000 reservistas (1996).
Otras: 200 guardacostas y 6 patrullas costeras (1993).




DEMOGRAFIA

Población: 12.411.000 (1999)
Crecimiento anual: 2,5 % (1975/98)
Estimación para el año 2015 (en millones): 15,9 (1998)
Crecimiento anual hacia el 2015: 1,6 % (1998/2015)
Población urbana: 61,1 % (1998)
Crecimiento urbano: 3,9 % (1980/95)
Hijos por mujer: 3,1 (1998)

SALUD

Esperanza de vida al nacer: 70 años (1998)
Hombres: 67 años (1998)
Mujeres: 72 años (1998)
Mortalidad materna: 160 cada 100.000 nacidos vivos (1990/98)
Mortalidad infantil: 30 por 1.000 (1998)
Mortalidad menores de 5 años: 39 por 1.000 (1998)
Consumo de calorías diarias: 2.679 per cápita (1997)
111 médicos cada 100.000 personas (1992/95)
Agua potable: 68 % (1990/98)

EDUCACION

Alfabetismo: 89 % (1995)
Hombres: 92 % (1995)
Mujeres: 87 % (1995)
Tasa de inscripción escolar:
Primaria total: 127 % (1990/96)
Hombres: 134 % (1990/97)
Mujeres: 119 % (1990/97)
Secundaria:
Hombres: 53 % (1990/96)
Mujeres: 55 % (1990/96)
Universidad: 26 % (1996)
Docentes de primaria: uno cada 25 estudiantes (1996)

USO DE LA TIERRA

Deforestación: 1,6 % anual (1990/95)
Irrigada: 34,1 % de la arable (1993)
Forestadas y bosques: 55,0 % del total (1993)
Arable: 5,7 % del total (1993)
Otros: 39,3 % del total (1993)

COMUNICACIONES

70 diarios (1996) , 419 radios (1997) , 293 televisores (1996/98) y 78 líneas telefónicas (1996/98) cada 1.000 habs.

ECONOMIA

GNP per cápita: $ 1.520 (1998)
Crecimiento anual: 4,2 % (1998)
Inflación anual: 32,0 % (1990/98)
Indice de precios al consumidor: 221,1 (1998)
Tipo de cambio: 5.446,6 sucres ecuatorianos = $ 1 (1998)
Cereales importados: 1.000.748 toneladas (1998)
Dependencia de importación de alimentos: 12 % (1997/98)
Uso de fertilizantes: 1.065 kg por há. (1997)
Exportaciones: $ 4.988 millones (1998)
Importaciones: $ 6.311 millones (1998)
Deuda externa: $ 15.140 millones (1998); $ 1.244 per cápita (1998)
Servicio de la deuda: 28,8 % de las exportaciones (1998)
Ayuda recibida: $ 176 millones (1998) ; $ 14,5 per cápita (1998) ; 0,90 % del PNB (1998)

ENERGIA

Consumo: 713,0 Kgs de equivalente petróleo anualmente (1997); -168,0 % importado (1997)
HDI (ranking/valor): 91 /0,722 (1998)

GASTO PUBLICO

Gasto militar como % de salud y educación: 26 % (1990/91)
Gastos en defensa como % del gasto del gobierno central: 20,3 % (1997)

TRABAJADORES

Desempleo: 9,2 % (1997)
Mujeres (como % de la PEA): 27 % (1998)
Hombres (como % de la PEA): 73 % (1998)
Agricultura: 33,3 % (1990)
Industria: 19,1 % (1990)
Servicios: 47,6 % (1990)


Ecuador STORIA

El territorio actualmente conocido como Ecuador ha estado poblado desde al menos el año 2500 AC. La región fue en buena medida una zona de frontera con influencias, entre otras, de las civilizaciones nazca, tiahuanaco-huari, chibcha y también mexica. También se ha sugerido contacto con pueblos del Pacífico, japoneses o polinesios, aunque sobre este aspecto existe todavía mucho debate. Se sabe con certeza que para el siglo XIV de la era cristiana el territorio estuvo dividido entre varios estados guerreros y distintas lenguas. A inicios del siglo XV, la nación cara, dirigida por la dinastía shiri, comenzó a expandirse al norte y centro de la pre-cordillera andina. Los cara se asentaron en el reino de Quito, que era la unidad mayor de una confederación que no ha dejado registros históricos. Por la misma época, tanto la nación Chimú, proveniente de la zona costera norte del Perú, como el imperio inka comenzaron a ejercer presión sobre los cara y demás pueblos asentados en la región.

2 En el año 1478 el inka Topa Yupanqui unificó los pueblos agrícolas ecuatorianos. En pocos años, la región norte del Tahuantisuyu adquirió gran importancia económica y Quito fue su centro comercial. Pero la rivalidad por la sucesión entre el quiteño Atahualpa y el cuzqueño Huáscar (ver historia de Perú) disminuyó el poderío del Imperio.

3 De esta situación sacaron partido los conquistadores españoles, quienes al mando de Sebastián de Benalcázar sometieron al reino de Quito en 1534. Durante la primera época del período colonial, el territorio formó parte del Virreinato del Perú, como Audiencia de Quito.

4 En los llanos costeros los españoles encontraban muy pocos indígenas para realizar los trabajos, y esto, sumado al clima insalubre de la zona, dejó esa zona prácticamente vacía. Algo similar sucedió en las laderas andinas, donde los americanos eran abiertamente hostiles a las autoridades españolas y donde sólo se aventuraron los misioneros. La administración colonial funcionó básicamente sobre pueblos semiautónomos de indígenas o en centros administrativos y religiosos como Quito, Ambato y Cuenca. Los textiles crudos eran por entonces la única industria de la Real Audiencia de Quito.

5 Con el reordenamiento efectuado por los Borbones en 1717, Quito pasó a integrar el Virreinato de Nueva Granada, que comprendía los actuales Ecuador, Colombia, Panamá y Venezuela. En 1809 se efectuó en Quito un levantamiento contra la autoridad de la corona. En 1822, invadiendo desde Colombia, los ejércitos del Simón Bolívar y Antonio José de Sucre apoyaron a los rebeldes patriotas. El 24 de mayo de ese año en Pichincha, cerca de Quito, Sucre venció a los españoles y aseguró la emancipación de Ecuador, que de esta manera se incorporó al proyecto bolivariano de la Gran Colombia.

6 En 1830, la Real Audiencia de Quito se separó de la Gran Colombia y adoptó el nombre de República del Ecuador.

7 En 1895 la Revolución Liberal estatizó los bienes de la Iglesia se estatizaron, pero los latifundios no fueron afectados. Alfaro fue asesinado en 1912 y el país quedó bajó la influencia económica del imperio británico.

8 Un golpe militar liderado por militares jóvenes en 1925 abrió un nuevo período reformista, pero el régimen no sobrevivió a la crisis económica mundial de 1930. Se abrió un período de inestabilidad, con 23 cambios presidenciales entre 1925 y 1948.

9 En 1941, tras una breve guerra con Perú, Ecuador debió renunciar a sus reivindicaciones de soberanía sobre una extensa parte de la Amazonia. El Protocolo de Paz firmado en 1942 en Rio de Janeiro, con Argentina, Brasil, Chile y Estados Unidos como garantes, establece la frontera entre ambos países, pero gran parte de ella quedó sin demarcar en el terreno, en zonas de difícil acceso.

10 En 1944 una insurrección popular derrocó al presidente Carlos Arroyo, para instaurar un gobierno populista encabezado por José María Velazco Ibarra e integrado por conservadores, comunistas y socialistas, bajo el nombre de Alianza Democrática. La guerra fría hizo imposible esa alianza y pronto la izquierda comenzó a ser perseguida. En 1962, bajo la presión de Estados Unidos, el gobierno de Carlos Arosemena rompió relaciones con Cuba.

11 El plátano, el café y el cacao representaban 80% de los ingresos del país a principios de la década de los 70. En 1972 Ecuador comenzó a exportar petróleo y éste se transformó en el primer rubro de la economía. Ese mismo año cambió también la situación política. El anciano líder populista Velasco Ibarra fue depuesto por cuarta vez por las Fuerzas Armadas. Durante el gobierno del general Guillermo Rodríguez Lara el país se incorporó a la OPEP, el Estado adquirió 25% de las acciones de la "Texaco-Gulf" e hizo una intransigente defensa de las 200 millas de mar territorial ante las pretensiones pesqueras norteamericanas, lo que originó la llamada "guerra del atún".

12 En agosto de 1979 asumió la presidencia Jaime Roldós, candidato de la Concentración de Fuerzas Populares y de la Democracia Popular. Ecuador restableció las relaciones diplomáticas con Cuba, China y Albania, y el gobierno trató de aplicar un programa que incluía la integración de poblaciones rurales y urbanas marginadas, pero debió enfrentarse con un parlamento hostil y con la oposición norteamericana a su política de promoción de los derechos humanos y contraria a las dictaduras del Cono Sur del continente.

13 A fines de enero de 1981 estalló la "guerra de los cinco días" entre Ecuador y Perú, con escaramuzas en zonas fronterizas mal delimitadas por el Protocolo de 1942.

14 Ese mismo año, un accidente de aviación nunca aclarado provocó la muerte de Roldós, y asumió el mando el vicepresidente Osvaldo Hurtado. Al año siguiente se produjo la más honda crisis social desde el alejamiento de los militares del poder. En su génesis se detectaron, por un lado, la puesta en práctica de las recetas del FMI, y por otro, una intención cada vez más ostensible de fortalecer el aparato bélico, con el objetivo de equilibrar el poderío de las fuerzas armadas peruanas.

15 Las elecciones de 1984 dieron el triunfo al conservador León Febres Cordero, del Partido Social Cristiano. Febres Cordero cumplió en líneas generales su programa de gobierno: estimular la libre empresa, desarrollar la agricultura y la minería, propiciar la inversión extranjera y entablar relaciones bilaterales con el FMI. El acuerdo con los 400 bancos acreedores suponía destinar 34% de los ingresos por exportaciones al cumplimiento de los nuevos compromisos.

16 En las elecciones de mayo de 1988 venció el socialdemócrata Rodrigo Borja, quien asumió el cargo en agosto de ese año con el apoyo de una coalición integrada por Izquierda Democrática, los democristianos de Osvaldo Hurtado y una decena de partidos de izquierda.

17 Desde el principio el gobierno de Borja sufrió los embates de una inflación abrumadora y una grave situación económica, en la que una deuda externa de 11.000 millones de dólares se sumaba a un déficit fiscal equivalente a 17% del PBI, una reserva monetaria negativa de 330 millones de dólares y un desempleo cercano a 15%.

18 Durante 1990, el aumento de los precios internacionales del petróleo -que constituía 54% de las exportaciones del país- y las medidas económicas adoptadas -reforma fiscal y severa contención del gasto público- contribuyeron a una leve mejoría de la economía. Aumentó el producto bruto en 1,5%; disminuyeron la inflación y el déficit de la balanza de pagos, pero el salario real decreció. El alto peso de la deuda externa presionó negativamente sobre la recuperación económica.

19 En el plano político interno, Borja logró la desactivación de los "Comandos de Taura", que en enero de 1987 secuestraron a Febres Cordero, y la integración a la vida política pacífica del grupo guerrillero "Alfaro Vive", que un año después entregó sus armas a la iglesia católica.

20 En mayo de 1990 los presidentes de Bolivia, Colombia, Ecuador, Perú y Venezuela acordaron iniciar la eliminación de las barreras arancelarias entre sus países a partir del 1º de enero de 1992, con el objetivo de crear un Mercado Común Andino para 1995.

21 Con la toma de la iglesia de Santo Domingo de Quito, el 28 de mayo de 1990, los indígenas de la costa iniciaron un levantamiento nacional, cuya fuerza sorprendió a todo el país. Reclamaban la tenencia de la tierra y el respeto a los derechos humanos. Seguidamente, los aborígenes de la sierra y el oriente cerraron las carreteras. Múltiples ciudades intermedias de la región andina fueron tomadas simbólicamente por decenas de miles de indígenas de las comunidades vecinas. Posteriormente, los indígenas de la Amazonia efectuaron una marcha sobre Quito.

22 Más de mil indígenas fueron encarcelados, pero poco después se inició un diálogo con el gobierno, con la mediación de la iglesia católica y representantes de organismos defensores de los derechos humanos. En mayo de 1991 más de mil indígenas ocuparon pacíficamente el salón principal del Congreso, reclamando amnistía para los procesados por haber participado en el levantamiento de 1990.

23 En la primera instancia de las elecciones generales de abril de 1992, los partidos derechistas Social Cristiano (PSC) y Unidad Republicana (PUR), quedaron en primero y segundo lugar. El ex presidente Febres Cordero fue a su vez elegido alcalde de Guayaquil con 70% de los votos emitidos. En la segunda instancia, realizada el 5 de julio, venció Sixto Durán Ballén. La centro-izquierda y la izquierda contribuyeron al triunfo de Sixto Durán, considerado entonces un "mal menor" frente al autoritarismo de Nebot.

24 El nuevo gobierno definió un programa fundado en la llamada "modernización del estado", un proyecto de privatización de las empresas estatales, y un rígido ajuste estructural. Éste implicaba la eliminación de subsidios, alzas y flotación de los precios de los servicios básicos, incluso de la gasolina y otros derivados de los hidrocarburos, y contención de los ajustes salariales por debajo del índice de inflación acumulada.

25 La oposición parlamentaria, la Confederación de Nacionalidades Indígenas de Ecuador (CONAIE) y el Frente Unitario de los Trabajadores (FUT) cuestionaron esta política, señalando el incremento de la pobreza y del desempleo y la ausencia total de políticas sociales. De hecho, el salario medio 1993 constituía, en 1993, el 21,4% del valor promedio en 1980.

26 El conflicto central se dio en torno a las privatizaciones de la seguridad social, electricidad, telecomunicaciones y petróleo. La oposición se fortaleció con la creación del frente por la Defensa de la Soberanía Nacional, organismo que integró a los sindicatos de las áreas estratégicas, la CONAIE y otras organizaciones sociales.

27 Entretanto, la economía atravesaba una prolongada recesión. Cayeron el PBI y las exportaciones, especialmente las de bananas, debido a las restricciones de la Comunidad Europea. La construcción y la exportación de petróleo fueron las excepciones. El gobierno otorgó nuevas concesiones para la prospección petrolera y planeó la construcción de otro oleoducto.

28 El presidente Durán Ballén eliminó las reformas agrarias de los años 1964 y 1973 en junio de 1994. Estas reformas habían terminado con las grandes haciendas y habían entregado tierras a los indígenas y pequeños campesinos por primera vez. Como respuesta, la CONAIE bloqueó las vías de acceso a varios pueblos y ciudades. Acto seguido, el gobierno declaró el estado de emergencia y envió al ejército a controlar la situación. En Ecuador, el 48% de las tierras rurales estaba en manos de las comunidades campesinas, mayoritariamente indígenas, y el 41% pertenecía a particulares.

29 A comienzos de 1995, se produjeron nuevos enfrentamientos armados con Perú en la cordillera del Cóndor, donde la frontera nunca fue establecida con precisión y se presume la existencia de yacimientos de oro, uranio y petróleo. Durán Ballén declaró nuevamente el estado de emergencia y, pese a la mediación internacional, se produjeron decenas de víctimas, especialmente en el ejército peruano.

30 El populista Abdalá Bucaram triunfó en las elecciones de 1996 con un 54% de los votos sobre su rival del Partido Social Cristiano Jaime Nebot, que obtuvo un 46%. Su primer tarea en el gobierno constituyó en apaciguar los temores de empresarios y financistas, preocupados por el eventual cumplimiento de sus promesas electorales a los sectores más pobres de la población.

31 El ajuste fiscal impuesto por el Ejecutivo complicó la situación de Bucaram. Las fuerzas sindicales convocaron a un paro nacional para el 5 de febrero de 1997 y Bucaram indicó que el gobierno apoyaba la medida por considerarla justa. Esta maniobra política inesperada no detuvo la caída de popularidad del presidente, debida en parte a los fuertes aumentos de precios decretados: 1000% en las tarifas telefónicas, 300% en la electricidad, 245% en el gas de uso doméstico y 60% en el transporte urbano.

32 A través de una acción no prevista en las atribuciones constitucionales del parlamento, la minoría declaró "insano" al presidente y desconoció su autoridad. Después de tres días de incertidumbre, en los que el país llegó a tener tres presidentes, Fabián Alarcón obtuvo el respaldo del parlamento (sin contar a la bancada oficialista) y de las Fuerzas Armadas para ocupar la primera magistratura.

33 A fines de mayo, un plebiscito dio un fuerte respaldo al presidente Alarcón, al confirmar, por 65% contra 28%, la legitimidad de su mandato. Al mismo tiempo, se resolvió convocar a una asamblea nacional electa por voto popular para modificar la Constitución del país.

34 La Corte Suprema de Quito ordenó el arresto de Bucaram, exiliado en Panamá, acusado de corrupción, y en diciembre lo condenó a dos años de prisión por calumnias

35 La Constituyente electa en noviembre de 1997 comenzó la elaboración de una nueva Carta. El opositor Partido Social Cristiano obtuvo la mayoría de las bancas, con un discurso basado en la descentralización, el combate a la corrupción y la necesidad de drásticas reformas económicas. Por su parte, integrantes electos de organizaciones indígenas reclamaron el reconocimiento del carácter pluricultural y pluriétnico del país en la nueva Constitución.

36 Con amplio margen de votos a su favor, en agosto de 1998, Jamil Mahuad, economista formado en Harvard de la Democracia Popular (DP), asumió como presidente. En octubre, Mahuad firmó en Brasilia con Fujimori, el acuerdo que ponía fin al largo conflicto fronterizo peruano-ecuatoriano.

37 Con 63% del respaldo de opinión pública al asumir, Mahuad anunció en octubre una serie de medidas para reducir la inflación, que entonces era del 14%, y el déficit presupuestario. Las medidas, dirigidas a reducir el gasto público y aumentar la recaudación fiscal, provocaron un rechazo generalizado de la población. Los movimientos obreros e indígenas de protesta, en distintas partes del país, se acentuaron a medida que se agravaba la crisis económica.

38 En enero de 1999, Mahuad anunció nuevos recortes de gastos, el congelamiento de sueldos y la postergación de obras públicas consideradas no prioritarias. La inflación anual llegó al 60% y la moneda nacional, el sucre, se devaluó un 200%. A fines de ese año, la oposición política y casi toda la sociedad civil exigían la renuncia del presidente.

39 El 5 de enero de 2000, Mahuad declaró estado de emergencia para enfrentar a la movilización del Frente Unitario de Trabajadores (FUT), que pedía su dimisión en medio de cierres de carreteras y marchas callejeras. Ese día, el sucre cayó al límite inédito de 26.000 por dólar. El domingo siguiente, en medio de manifestaciones en todo el país y la inminente convocatoria de un levantamiento por la CONAIE, el presidente anunció la dolarización de la economía.

40 La decisión precipitó el levantamiento de los indígenas, quienes además de cortar carreteras en todo el país, entraron en Quito, invadieron el Parlamento y la Casa de Gobierno, con la ayuda de los grupos militares destacados para impedirles el acceso. Dando por abandonada la Presidencia, sin disparar un solo tiro, una junta provisoria de gobierno formada por representantes del ejército, el poder judicial, los indígenas y los sindicatos, fue aclamada por la población.

41 Presiones del exterior, en especial de Estados Unidos, determinaron el arresto de los militares insurrectos y la renuncia formal de Mahuad, para ser sustituido por el vicepresidente Gustavo Noboa. Al asumir el cargo, el 22 de enero, Noboa dijo que continuaría con la política económica de su antecesor. Disuelta de hecho la junta provisoria, los grupos indígenas se retiraron de Quito, advirtiendo que mantendrían la vigilancia sobre los actos del nuevo gobierno.

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by garabombo Monday, Oct. 28, 2002 at 1:00 PM mail: bbb

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