Dopo la pubblicazione degli atti della Diaz, il capo della Celere attacca Gratteri: «Inchiesta parlamentare subito»
Vincenzo Canterini ha perso la pazienza, faticano a trattenerlo: il comandante del reparto mobile (ex celere) di Roma vuole la commissione parlamentare d'inchiesta sul G8, chiede di istituirla al più presto. Canterini punta il dito contro «la catena di comando che ha progettato e fatto eseguire la perquisizione alla scuola Diaz», per la quale è indagato per lesioni, falso e calunnia. Dice che a Genova «l'intelligence ha sbagliato tutto, prevedendo i soliti scontri con i centri sociali e sottovalutando, invece, la guerriglia dei black bloc, che ora si chiamano black bloc ma all'epoca - ricorda - li chiamavano anarchici insurrezionalisti». Canterini parla come membro della segreteria del Consap, accompagnato per l'occasione da Filippo Bertolami dell'Associazione funzionari di polizia (Anfp). E del resto la commissione d'inchiesta la chiede già l'Usp di Gian Paolo Tronci, altro sindacato di ps tutt'altro che di sinistra. Bertolami e Canterini hanno incontrato ieri i giornalisti a una settimana dalla pubblicazione su manifesto, Repubblica e Secolo XIX dei primi stralci dei verbali dell'inchiesta Diaz (7 gennaio). Volevano rispondere a Francesco Gratteri, il direttore del Servizio centrale operativo legato a doppio filo al capo della polizia, Gianni De Gennaro. Perché Gratteri, anch'egli indagato, ha consegnato ai pm genovesi una ricostruzione inaccettabile: sarebbe tutta colpa del reparto romano, non solo per il pestaggio ma anche per «l'accoltellamento simulato» (denunciato da un agente di Canterini, Massimo Nucera) e per le due famigerate molotov (portate dal vicequestore aggiunto Pietro Troiani, in passato in forza al reparto romano, ma poi finite a due alti funzionari come Gilberto Calderozzi, vice di Gratteri allo Sco, e Gianni Luperi, numero due dell'antiterrorismo). Ai pm Gratteri ha detto: «A determinare il caos nella scuola potrebbe essere stato qualcuno del reparto mobile o di altri reparti, così come l'episodio dell'accoltellamento simulato può essere servito a parare l'eccesso di violenza usato nei confronti di alcuni degli occupanti; penso che anche l'episodio delle bottiglie sia stato montato per giustificare quanto accaduto. Sarebbe importante determinare chi abbia comandato Troiani di venire alla Diaz, può essere che si sia mischiato con gli altri e che abbia fatto quello che hanno fatto gli altri del reparto mobile e che abbia pensato di coprire l'accaduto. Molti potrebbero essere i moventi da parte di una componente della polizia che non ritengo rappresentativa», ha concluso il capo dello Sco, che il 30 luglio scorso era costretto a giustificarsi dinanzi al filmato che ritrae i big della ps attorno al sacchetto azzurro delle molotov. A pochi metri c'era anche Gratteri. E Canterini.
A parte il prefetto Arnaldo La Barbera, scomparso di recente, Gratteri era il più alto in grado alla Diaz. Se uno come lui accusa una specifica «componente della polizia» dovrebbe essere più preciso. Osservano Bertolami e Canterini: «Riferendoci al ministro dell'interno Pisanu, il quale, riconfermando che non coprirà eventuali responsabili, ha parlato delle forze dell'ordine come di un corpo sano e di sicura fede democratica in grado di riconoscere se al proprio interno sono stati commessi degli errori e di porvi rimedio, dobbiamo registrare il fondato timore che in un clima di sospetto diffuso possano volare gli stracci, finendo con il rompere il classico vaso debole, che per ragioni di opportunità, fosse individuato». In realtà gli stracci volano da un pezzo. E l'anello debole è la «celere», o magari quella «componente della ps» che non piace a Gratteri. «A cosa si riferisce? Quale `componente'?», chiede il capo del reparto romano. «A maggior ragione oggi - aggiungono Bertolami e Canterini - con l'Italia condannata dall'Europa, vogliamo un'inchiesta parlamentare perché quella penale non basta, nonostante sia condotta in modo eccellente e tra mille difficoltà. Bisogna accertare cosa non ha funzionato, le ragioni della mancanza di coordinamento che è sempre alla base dell'uso indiscriminato della forza, la confusione nella linea di comando, la presenza di esponenti politici in una sala operativa e non nell'altra» (Gianfranco Fini e altri di An erano ospiti dei carabinieri, ndr).
Il reparto di Canterini al massacro ha partecipato, ma c'erano anche altri. «Non lo dico solo io, lo dice il vostro collega del Carlino Lorenzo Guadagnucci, pestato da un poliziotto in camicia bianca - s'infiamma Canterini - E quelli non eravano noi». Quelli dipendevano da una linea di comando che - secondo gli atti - era tutt'altro che «confusa». Contano i gradi, in polizia, e alla Diaz c'erano pezzi da novanta, tutti o quasi provenienti dal mondo delle squadre mobili, dal mondo di De Gennaro, specializzati cioè nella lotta al crimine ma digiuni di politica ed eversione. E i capi si mantenevano in contatto con Roma, prima durante e dopo.
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