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G8, la polizia mentì: tutti prosciolti i 93 arrestati della Diaz
by dall'unità Tuesday, May. 13, 2003 at 10:02 AM mail:

G8, la polizia mentì: tutti prosciolti i 93 arrestati della Diaz.


Ora non si tratta più di un «teorema della sinistra», per usare la terminologia così cara al centro-destra. Adesso c'è anche un giudice - il gip di Genova Anna Ivaldi - a sostenere che la notte del 21 luglio del 2001, al termine del G8, i ragazzi pestati a sangue nella scuola Diaz non avevano fatto nulla. Né resistenza, né altro. Nulla. Furono picchiati selvaggiamente, spediti all'ospedale con le ossa rotte e i volti tumefatti , perché qualcuno aveva deciso di vendicarsi, di rovinarli, magari obbedendo all'ordine di chi voleva dimostrare una (inesistente) continuità tra movimento no-global, terroristi e chissà altro. Così, ieri, il gip ha deciso di archiviare il procedimento contro i 93 ragazzi indagati, sostenendo, appunto, che non avevano attaccato i poliziotti ma, al massimo, si erano limitati a cercare di proteggere il volto dai colpi, come dimostrano le moltissime braccia fratturate. Così, il gip si è spinto oltre la richiesta dello stesso pubblico ministero, il quale aveva chiesto l'archiviazione, motivata anche dal fatto che sarebbe stato impossibile individuare chi, tra i ragazzi, si fosse ribellato alla polizia.

Resta, a questo punto, aperto il filone più oscuro e importante della vicenda: chi e perché organizzò il blitz; chi e perché cercò di costruire prove false per incastrare i no-global; chi è il mandante e l'esecutore delle violenze. Le indagini vanno avanti. Lentamente ma vanno avanti. E sono davvero in tanti ad attendere una risposta a questi interrogativi. Perché, a dire il vero, il vero nocciolo delle inchieste sulle violenze del G8 di Genova ruota intorno a questi interrogativi. Che poi - inutile far finta di nulla - rimandano direttamente alle chiarissime responsabilità politiche di chi, per calcolo o incapacità, ordinò la mano pesante.

Ma cosa ha detto il gip Anna Ivaldi? La giudice per le indagini preliminari si è convinta che la versione data dai no-global fosse del tutto attendibile. I ragazzi, infatti, dichiararono che i poliziotti fecero irruzione dopo aver sfondato una porta e pestarono chi si trovava all'interno della scuola, nonostante nessuno avesse cercato di reagire e, al contrario, molti tenessero le braccia alzate. Una versione che, per il Gip, ha trovato riscontro nella concordanza delle dichiarazioni: «In particolare di quelle rese in sede di convalida d'arresto, a proposito sottolineandosi il fatto che i 78 stranieri arrestati vennero condotti in quattro diverse carceri (Pavia, Voghera, Vercelli, Genova Marassi), mentre alcuni di essi vennero interrogati mentre erano ricoverati presso gli ospedali civili di Genova. La circostanza rende del tutto improbabile l'eventualità che gli stessi abbiano potuto concordare tra loro le versioni e attribuisce quindi particolare valore al fatto che i racconti coincidano anche su punti specifici». Per il gip, altri riscontri si trovano anche nelle dichiarazioni di molti operatori di polizia: «Circa tali dichiarazioni deve premettersi che esse pur non consistendo in vere e proprie ammissioni hanno però un particolare valore in quanto chi le ha rese ha nella sostanza smentito la versione dei fatti contenuta nei verbali».

Il magistrato ha infine sottolineato una circostanza che potrebbe rivelarsi fondamentale per fare luce anche sull'altro filone, ossia sui mandanti istituzionali del blitz: tutti i poliziotti ascoltati hanno attribuito «ad altri di esservi entrati (nella scuola) per primi e ostacolando così l'identificazione degli operatori che dopo lo sfondamento delle porte entravano per primi». Ed è - paradossalmente - proprio questo atteggiamento che potrebbe favorire l'altra metà dell'inchiesta. Semplici i motivi: un po' di tempo fa - soprattutto quando emerse il disdicevole episodio della molotov portata nella scuola direttamente dai poliziotti - qualcuno pensò che ci si sarebbe potuti salvare la faccia dando in pasto alla magistratura e all'opinione pubblica il volto e il nome del traditore - il "Giuda", venne chiamato - il quale agendo di testa sua e senza aver ricevuto un solo ordine avrebbe cercato di incastrare i no-global, infangando così con la sua azione decine di funzionari e agenti estranei e "immacolati".

Peccato solo che nessuno dei poliziotti interrogati dalla procura di Genova ha accettato di vestire i panni del traditore. Ognuno rimanda ad altri; ognuno cerca di alleggerire la sua posizione, magari raccontando uno spicchio di verità. Così diventano sempre più consistenti le possibilità di accertare se alla scuola Diaz ci fu una provocazione organizzata a tavolino. Fino ad ora, dalle deposizioni emerge che le molotov furono trovate dal vice-questore Pasquale Guaglione, che ha raccontato di averle consegnate a Valerio Donnini, il dirigente superiore di polizia che durante il G8 aveva il «coordinamento operativo e logistico dei contingenti dei reparti mobili, dei reparti volo, delle squadre nautiche e delle unità speciali». Donnini mise le molotov nella jeep guidata dall'autista Bugio il quale, a sua volta, le mise nel portabagagli della macchina. La sera stessa, Bugio accompagnò con la medesima jeep il vice-questore Pietro Troiani alla scuola Diaz, che a sua volta ha preso la busta con le due molotov e le ha consegnate al suo collega Massimiliano Di Bernardini. Poi le molotov sono comparse tra i reperti sequestrati e mostrate come prova del fatto che la Diaz era stata trasformata nel "covo" dei sovversivi. Non è ancora chiaro chi decise di inserire le molotov nell'elenco degli oggetti sequestrati. Ma è chiaro che la storia del "Giuda" non regge. Tanto più adesso, dopo che il Gip ha stabilito che nella scuola Diaz i ragazzi furono pestati in maniera tanto barbara, quanto gratuita. Ora bisogna identificare i responsabili. E i mandanti.

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E ora la verità su chi diede l'ordine di pestare i No Global
by dall'unità Tuesday, May. 13, 2003 at 10:04 AM mail:


E ora si faccia luce sino in fondo. Questo hanno chiesto ieri i rappresentanti del movimento no global dopo l’archiviazione dell’inchiesta a carico delle 93 persone che vennero arrestate e denunciate dopo l’irruzione nella scuola Diaz di Genova al termine del G8. «Una decisione attesa e assolutamente doverosa - ha commentato Vittorio Agnoletto - una decisione che rende urgente e necessario che si arrivi al rinvio a giudizio dei responsabili materiali e dei mandanti, ossia dei vertici della Polizia. Sotto denuncia - ha concluso - erano finite le vittime di un assalto squadrista realizzato dalle forze dell’ordine». Soddisfatto anche Anubi Davossa Lussurgiu, uno dei portavoce del movimento, secondo cui l’archiviazione stabilita ieri dal gip di Genova «è un atto dovuto», vista la «montatura architettata dalle forze dell’ordine». «L’archiviazione è un atto dovuto e di segno opposto rispetto a quella nei confronti di Placanica - ha spiegato - Ma non c’è alcuna ipotesi di scambio sui fatti di Genova: nella vita concreta dei cittadini rimane l’enorme sopruso subito prima nella Diaz, poi a Bolzaneto e infine con le incriminazioni, rimane la ferita per i provvedimenti per quanto avvenuto in strada e, soprattutto, rimane un ragazzo ucciso dallo Stato».

Molteplici, ovviamente, anche le reazioni filtrate dagli ambienti parlamentari dove si è levata più di una voce a riproporre quell’idea della commissione d’inchiesta parlamentare, per accertare le responsabilità politiche della vicenda, che il centro destra ha sempre respinto con fermezza. Una commissione oggi più che mai necessaria, ha spiegato il verde Paolo Cento, «perchè non ci accontentiamo della condanna penale dei singoli responsabili, ma vogliamo sapere chi ha dato la copertura politica allo scandalo della Diaz». A fargli eco anche il collega di partito Ermete Realacci secondo cui «ora è indispensabile che i veleni e le menzogne prodotti dall’irruzione alla Diaz vengano chiariti e dissipati. Alla luce della decisione del gip sorgono spontanei inquietanti interrogativi - ha dichiarato il leader dei Legambiente -. Perchè su quei fatti l'allora ministro dell’Interno (Claudio Scajola n.d.r.) mentì in Parlamento? Era stato male informato? E da chi? E soprattutto viene da chiedersi se l’irruzione alla Diaz non fosse servita per giustificare le violenze del giorno precedente».

Ora che le accuse a carico dei manifestanti arrestati alla Diaz, ha proseguito il vicepresidente del gruppo di Rifondazione Comunista alla Camera Graziella Mascia, «diviene quanto mai necessario far chiarezza su quanto accaduto a Genova, dai pestaggi, all’irruzione alla Diaz, fino all’uccisione di Carlo Giuliani, seppur già archiviata. Per questi motivi - ha concluso Mascia - ho proposto in Commissione Affari Costituzionali che venisse messa all’ordine del giorno la discussione della proposta di legge per l’istituzione di una commissione d’inchiesta sui fatti di Genova». Dello stesso tono anche il commento del comitato «Verita e Giustiza» per il quale «il proscioglimento è un primo passo verso la ricostruzione dei fatti del luglio 2001 a Genova. Non siamo sedotti dalla volontà di rivalsa e di vendetta - ha dichiarato il comitato il cui presidente onorario è Giulietto Chiesa - non siamo ansiosi di vedere in prigione chi ha costruito prove false, ma ci auguriamo che si arrivi finalmente a capire perché sia stata perpetrata una gravissima violazione dello stato di diritto». E del comitato fa parte anche Lorenzo Guadagnucci, giornalista che nella notte del 21 luglio venne barbaramente picchiato e poi arrestato alla scuola Diaz. «Ora qualcuno avrà il coraggio di vergognarsi e chiedere scusa? Qualcuno avrà il coraggio di pretendere giustizia? O ai vertici della polizia, agli uomini dello Stato, non basterà neanche questa archiviazione? - ha chiesto - Siamo stati picchiati selvaggiamente e arrestati sulla base di prove costruite poi ci hanno anche accusati di avere aggredito gli agenti».

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Noi che abbiam visto Genova
by dall'unità Tuesday, May. 13, 2003 at 10:06 AM mail:

Dopo quasi due anni un magistrato di Genova, il giudice per le indagini preliminari Anna Ivaldi, è giunto alla stessa idea che s’erano fatti i testimoni oculari della notte di fuoco, cittadini genovesi, i visitatori della mattina dopo, tra i quali molti giornalisti, e naturalmente, in primo luogo e in presa diretta, le vittime della bastonatura: i ragazzi che dormivano sul parquet della palestra e lungo i corridoi della scuola Diaz non erano gli aggressori, erano solo gli aggrediti.

Gli aggressori stavano dall’altra parte, erano quelli che sfondavano pesanti cancelli di ferro con i loro gipponi, che menavano botte con i loro manganelli e che poi raccoglievano prove dell’assalto subito, senza stare troppo a guardare. Ricordo una prova: il fondo di una bottiglia di plastica tagliata a metà e colma di chiodi da carpentiere. Fu esibita quella misera bottiglia come un trofeo di guerra, un caricatore di proiettili che chissà quale arma avrebbe dovuto sparare. La scuola Diaz era per metà in ristrutturazione, era un cantiere dove carpentieri e muratori lavoravano davvero, con quei chiodi, con le assi di legno e con i martelli e con le mazzette (altre armi improprie, insieme con le magliette di Che Guevara).

Era la notte caldissima del 21 luglio, il povero Carletto Giuliani era morto in piazza Alimonda, migliaia avevano cercato di manifestare in pace, i “neri” avevano disputato le loro battaglie, la scuola Diaz, che era diventata un dormitorio, e la Pertini davanti (dove si nascondeva un pericoloso centrostampa) vennero prese d’assalto, come un avamposto di criminalità internazionale, dalle truppe dei carabinieri in tenuta antiosommossa. Le solerti forze dell’ordine presero a calci un po’ di computer (del centro stampa) e un po’ di teste, con la scusa di una rapida perquisizione notturna, naturalmente senza l’ombra di un mandato. Ricordo alla luce del primo sole il pavimento della palestra, un tappeto di biancheria, di magliette, di felpe, gli spazzolini da denti, tra le fette biscottate, il tubo di dentifricio, l’avanzo di marmellata, la merendina schiacciata, le forcine per i capelli delle ragazze, i nastri e i nastrini colorati, un rossetto, un paio di libri, le borse, le creme per il sole, gli zainetti e altre cose del genere: un piccola umanità quotidiana rovesciata a terra con violenza, calpestata, offesa, che chiunque poteva osservare con orrore e con dolore, come i resti di una deportazione improvvisa e di massa. Erano chiari anche i segni della “resistenza”: il sangue per terra e soprattutto il sangue sulle canne dei caloriferi, il sangue di una testa sbattuta contro.

Seguendo le macchie rosse, ormai rapprese, percorsi il corridoio e salii le scale bianche. Ricordo un bagno: qualcuno s’era rifugiato la dentro, qualcun altro aveva sfondato a calci la porta. Nel giro di un pianerottolo una ciocca di capelli e poi un’altra e poi un’altra ancora: qualcuno aveva trascinato lungo le scale qualcun altro. Probabilmente una ragazza dalle trecce invitanti. Bisogna ripetere “qualcuno” che è generico, niente altro: si sa che i novanta non global, accusati di resistenza aggravata, furto aggravato e porto di oggetti atti ad offendere, non furono colpevoli di nulla, non si sa chi siano stati i veri colpevoli, soprattutto i loro mandanti. La verità è mezza vuota e probabilmente non si arriverà mai a scriverla per intero.

La storia di Genova, la storia del suo G8 (primo atto di presentazione internazionale del governo di centro destra) è destinata a rimanere incompleta, coperta da uno spesso telone, come quello che il nostro Berlusconi fece tirare sulla facciata di un edificio che non gli piaceva alla vista di Palazzo Ducale (lo facevano anche i podestà fascisti, quando ricevevano in visita Mussolini). Naturalmente la verità ufficiale, quella giudiziaria. Chi ha visto (e magari anche partecipato) sa benissimo come andarono le cose: i famigerati black blok che si muovevano in libertà, i drappelli di polizia, carabinieri, finanzieri che sembravano guidati a colpire i più pacifici tra i manifestanti, a spezzare cortei, a rinchiuderli, ad aggredirli con i lacrimogeni, a picchiare isolati cittadini che non avrebbero potuto nuocere a nessuno.

Ricordo il finanziere agghindato come robocoop fuori ordinanza con le scarpette nike; il carabiniere che si sporgeva dal furgone, sollecitando l’incitamento all’assalto dei colleghi schierati; ricordo l’assurda carica al corteo lungo il mare dopo aver lasciato una ventina di teppisti scorazzare attorno a piazzale Rossetti, incendiando auto, fracassando vetrine. Ricordo un anziano poliziotto romano, vicino alla pensione, che mi confidò riferendosi ai suoi giovani colleghi: «Questi hanno perso la testa». Ricordo anche il giovane agente, che mi stava accanto in un momento di riposo, che urlava: «Lasciate fare a me, li spacco tutti».

Di tutto questo, di una violenza insensata, di una regia colpevole, di una inusitata e ingiustificata carica aggressiva tra le forze dell’ordine, del fumo urticante dei lacrimogeni, dei manganelli di ogni ordine, dei bastoni, dei tondini di ferro (del diametro di due centimetri) in mano agli agenti in borghese, delle assi di legno usate come clave, dei coretti fascisti, in una città in stato d’assedio, di Carletto Giuliani e di piazza Alimonda abbiamo visto molto o quasi tutto, abbiamo riconosciuto il ministro Scajola e il suo capo, altri ministri e sottosegretari. La verità un po’ l’abbiamo vissuta e raccontata. Vorremmo che venisse scritta anche nei registri giudiziari, senza dimenticare i nomi giusti, quelli degli inventori politici e degli esecutori manuali di quell’infernale fine settimana. Chissà che cosa cercavano.

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firme
by --> Tuesday, May. 13, 2003 at 10:16 AM mail:


gli autori dei tre pezzi.

1 gianni cipriani
2 massimo solani
3 oreste pivetta

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perchè?
by lisa Tuesday, May. 13, 2003 at 10:25 AM mail:

a me resta sempre una domanda, che mai ha avuto risposta:
perchè nessuno, dico nessuno, della procura di genova, per quanto avvertita e sollecitata, si è recato alla diaz quella sera?

non alla diaz, non, dopo, a bolzaneto o negli altri luoghi di traduzione dei fermati, o negli ospedali.
a bolzaneto ci sono andati giorni dopo. alla diaz dopo 48 ore e numerose insistenze di legali e giornalisti.

PERCHE'?



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Perchè.....
by risposta Tuesday, May. 13, 2003 at 10:42 AM mail:

Perchè gli è stato fatto capire chiaramente che non dovevano intromettersi.
Del resto il Procuratore Meloni è uno dei massimi responsabili delle violenze a Bolzaneto.
Con il suo provvedimento che differiva il primo colloquio degli arrestati con i propri avvocati ha di fatto lasciato in balia di PS, CC e compagnia infame gli sventurati fermati in quei giorni.
C'è gente che è sparita per più di 48 ore!

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