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INTERNAZIONALISMO O INTER-NAZIONALISMO?
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a-cratico Friday July 25, 2003 at 10:55 AM |
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Trasmetto un interessante articolo che fa luce su ciò che differenzia il genuino internazionalismo dalla pseudo-solidarietà di fascisti, stalinisti e terzomondisti vari alle "nazioni" oppresse.
http://freewebhosting.hostdepartment.com/b/battagliacomunista/bc10-99/neroerosso.htm
Quando il nero si traveste di rosso Ovvero quando la reazione incrocia il riformismo
Il sentimento patriottico è un’arma formidabile nelle mani dei padroni per controllare ideologicamente la classe lavoratrice e tenerla soggiogata alla politica borghese. Passeggiando per il centro di Bologna può capitare d imbattersi in una curiosa libreria in cui, accanto a un vasto reparto dedicato completamente a temi "new age", all’astrologia e all’esoterismo di tutte le specie, sono esposti numerosi titoli di case editrici minori e alternative, alcune apertamente schierate a sinistra. Ma molto più numerosi e in bella mostra risultano essere altri libri, come quelli editi da Arianna editrice, promotrice del localismo, del bioregionalismo, del comunitarismo anti-utilitarista e di altre idiozie anti-industriali, anti-moderne, in sostanza anti-storiche e conservatrici. C’è però di peggio: ovunque compaiono libri della Società Editrice Barbarossa, neofascista "di sinistra", più esattamente di quell’area che si autodefinisce "nazional- rivoluzionaria" o addirittura nazional-bolscevica(!) e tante altre chicche reazionarie, abbondantemente offerteci da una società borghese ormai da tempo caduta in decadenza irreversibile che sputa fuori spazzatura per tutti i gusti. Se poi ti accorgi che uno di coloro che lavorano nella libreria è lo stesso che gestiva il banchetto di libri al ciclo di conferenze tenutosi a Bologna nel dicembre ’98 dal titolo Fascio e martello – "comunisti" in camicia nera (Nicola Bombacci, Ugo Spirito, ecc.) allora i conti iniziano a tornarti. Un altro tassello lo trovi quando nell’angolo delle riviste scopri decine di copie di un giornale dal titolo che è tutto un programma: Rosso è Nero – periodico del Fronte Nazionale di Liberazione – linea comunitarista; questi di Rosso è Nero sono dunque la corrente "di sinistra" del Fronte Nazionale (FN) organizzazione neofascista sorta nel 1997 da una scissione di Fiamma Tricolore. Mentre le parole d’ordine del FN sono quelle tipiche del nazionalismo demagogico e anti-americano (piena occupazione, stato sociale, preferenza italiana nelle assunzioni, stabilimento di quote di immigrati, rimpatrio dei clandestini, ecc.) su Rosso è Nero dove alcuni articolisti amano firmarsi Rosso, Pisacane, Cafiero (sic) ci si spinge oltre. Ecco cosa arrivano a dire in un articolo: "Più che mai massima è l’esigenza che il FN sia la sintesi della rivoluzione nazionale e sociale! Che possa divenire punto di riferimento dei lavoratori, degli operai, di tutti i salariati e i nulla tenenti (…) Bisogna scartare le mezze misure (…) come corporativismo e collaborazionismo interclassista che servono solo a tenere in vita il capitale e il suo sistema! L’unica via necessaria è la socializzazione totale! (…) E questo vuol dire non certo il contentino corporativo della partecipazione agli utili dei lavoratori. Ma la loro diretta gestione attraverso gli organismi di partecipazione, quali i ‘consigli nazionali del lavoro’, forza di base del nuovo stato nazionale operaio sulla strada del socialismo nazionale" e via di seguito. Leggiamo poi un passo significativo dell’articolo "Crisi degli anni novanta e xenofobia operaia": "Solo quando immigrati e ‘nativi’ insieme troveranno la forza dell’unità per imporre una nuova civiltà del lavoro il circolo vizioso diventerà un circolo virtuoso. Ma sarà unità di interessi materiali, non altruismo del ‘nativo’ verso l’immigrato. Sarà solidarietà dei lavoratori, non carità cristiana. Sarà politica militante, non comunità d’accoglienza controllata da ‘agenzie no profit’ ". Sembra proprio che, purtroppo, questi strani pesci non siano affatto stupidi e non siano nemmeno pochissimi. Tra l’altro, non sono affatto l’unico raggruppamento socialista-nazionale italiano; insomma, l’anima socialpatriota della reazione antiproletaria è più viva che mai e, seppure oggi non rappresenti un pericolo, data la totale assenza di un movimento operaio da reprimere o da recuperare, un domani potrebbe risultare pericolosa. Fermo restando che il nemico principale della rivoluzione proletaria rimane comunque la socialdemocrazia che, spargendo il suo fango riformista, segue i lavoratori passo passo con l’obiettivo di impantanarli non appena dovessero imboccare la via del comunismo rivoluzionario. Un discorso a parte meritano quelli di Indipendenza, sulla quale scrive anche un ex-"compagno" come Costanzo Preve. La rivista si definisce nazionalitaria (leggi nazionalismo-che-si-vergogna) nel senso che del nazionalismo rifiuta i corollari razzisti, colonialisti, imperialisti e anti-democartici, ma il succo è quello del nazionalismo di sempre, secondo cui esistono interessi nazionali comuni che si contrappongono a quelli dello straniero (in questo caso gli USA) e secondo cui la nazione rappresenta il vero argine e il vero nemico dell’imperialismo e del capitalismo multinazionale (il capitalismo in piccola scala, invece, va bene). Secondo questi tizi bisogna quindi "porre in evidenza la contraddizione fondamentale tra interesse popolare/nazionale ed interesse imperial/capitalista (…) e liberare le forze popolari potenzialmente disponibili al conseguimento di radicali trasformazioni politiche sociali, prima fra tutte la riconquista dell’indipendenza nazionale, ineliminabile precondizione necessaria allo sviluppo di un processo di democrazia popolare e socialismo in senso ampio". E’ chiaro che con democrazia popolare e socialismo in senso ampio non dicono assolutamente nulla, se non che a loro della lotta… sociale (di classe è troppo) non gli frega molto e che comunque non sanno bene quale dovrebbe essere l’alternativa al capitalismo, se non un capitalismo nazionalitario ottocentesco, che si è appunto trasformato nel capitalismo imperialista odierno. Non a caso, diremmo, ma che importa? Si stava meglio quando si stava peggio, o qualcosa del genere. L’intellettualissimo Costanzo Preve, dunque, ha fatto la sua giusta fine, unendosi a questa gente e arrivando una buona volta a dire che la dicotomia borghesia/ proletariato è ormai obsoleta, il comunismo fallito e superato, ma – secondo la consuetudine di molti intellettualissimi di sinistra – il marxismo è invece ancora utilizzabile, opportunamente integrato, riletto ed epurato, s’intende, fino a farlo diventare tutto fuorché marxismo. Adesso per questo signore il problema vero è la "paurosa mancanza di coscienza nazionale" perché "la nazione italiana è una buona cosa, è una comunità legittima, difenderla è una causa giusta". Un generale non avrebbe saputo parlare meglio. E’ interessante notare come questi nazionalitari si ritrovino insieme a tanti rifondaioli, a molti antagonisti presenti nei centri sociali e nel sindacalismo di base, come anche insieme a tanti gruppi pseudo-leninisti, nell’appoggiare tutte le lotte di liberazione nazionale sparse per il mondo. Non solo, ma sono accomunati anche da un selvaggio furore antiamericano, per cui chiunque si batta per qualche motivo contro gli USA deve essere sostenuto o per lo meno ritenuto degno di un biasimo minore rispetto al gendarme del mondo che è in ogni caso il nemico imperialista n°1. Fatto sta che questo particolare odio verso gli USA – non verso la borghesia americana, ma genericamente contro la nazione americana – è lo stesso che caratterizza l’estrema destra. Si parte da premesse differenti, si arriva alla medesima conclusione: il nemico è lo zio Sam, tutto il resto è relativo. Molti sedicenti internazionalisti che difendono a spada tratta le nazioni oppresse avrebbero da imparare dai nazionalitari e definirsi come loro inter-nazionalisti: quel trattino significa infatti l’appoggio a tutti i nazionalismi possibili e il rifiuto invece dell’internazionalismo storicamente inteso, cioè l’internazionalismo proletario (il nostro) secondo cui gli interessi di classe non hanno nazione, come non ha nazione il proletariato, e secondo cui obiettivo dei proletari deve essere quello di abbattere tutte le frontiere nazionali, non crearne di nuove, anche perché il sentimento patriottico – non di meno nella sua versione regionalista e campanilista – è un’arma formidabile nelle mani dei padroni, forse la migliore, per controllare ideologicamente la classe lavoratrice e tenerla soggiogata alla politica borghese. jack
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verissimo
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nembo kid Friday July 25, 2003 at 01:35 PM |
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E' vero. Senza nulla togliere alla buona fede di tanti compagni o addirittura di persone che, partendo da posizioni smaccatamente fasciste, dicono e pensano di aver compiuto un percorso di allontanamento dalle aberranti ideologie che precedentemente condividevano. In realtà essere internazionalisti significa in primo luogo criticare l'idea che per il proletariato sottomettersi alle borghesie locali sia da preferirsi all'imperialismo nudo e crudo. Poveri ingenui: sempre pronti ad appoggiare tiranni locali quando sono contro "gli americani" e a contrastarli quando sono da questi protetti. Quale diabolica astuzia!!!
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non confondere
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xxx Friday July 25, 2003 at 01:40 PM |
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Non mi pare così difficile non confondere quello che nell'articolo si definisce inter-nazionalismo con il sacrosanto internazionalismo.
Senza addentrarsi troppo in una materia sulla quale esistono pubblicazioni a bizzeffe e di ogni specie, credo ci si possa attenere, per cominciare, ai seguenti elementi:
1) Che tipo di progetto di società sta dietro ad una lotta di liberazione nazionale?
2) Ci si trova davanti ad una effettiva lotta di liberazione o ad un movimento che rivendica volgari privilegi, magari in base ad invenzioni identitarie senza capo né coda (vedi Lega, ad esempio)?
3) I rapporti internazionali intrattenuti dai movimenti di liberazione, spesso sono un buon indice del tipo di interessi che questi servono.
Senza dimenticare che il fatto che formazioni di destra più o meno estrema, più o meno mascherata, tentino di farsi alfieri di alcune lotte non ne cambia la natura: se i fascisti (se ne parlò poco tempo fa anche su Indy, se non ricordo male) vogliono fare di Bobby Sands una loro icona, non è certo colpa del Movimento di Liberazione irlandese; se un individuo come Cossiga si dice solidale con la causa basca, non è che gli indipendentisti baschi si ritrovano arruolati d'ufficio in Gladio; se dei criminali estremisti islamici appoggiano la causa palestinese, non vuol dire che l'occupazione israeliana è giusta.
Il diritto dei popoli all'autodeterminazione è, in ogni caso, un diritto umano sancito anche nei documenti fondamentali dell'ONU e la sua difesa dovrebbe essere patrimonio irrinunciabile della sinistra che, in parecchi casi, farebbe bene a non lasciare campo libero ad altri su questo terreno.
Come diceva il Comandante Guevara: "ogni popolo che si libera è un passo avanti nella lotta per la liberazione della nostra gente..." (riporto a memoria, ma le parole devono essere queste).
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Liberazione nazionale?
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a-cratico Friday July 25, 2003 at 02:15 PM |
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"Liberazione nazionale" mi sembra un ossimoro. Un grosso limite è proprio quello di ragionare nei termini di una impossibile riscossa dei popoli in chiave nazionale. E che cos'è la nazione? Sangue e suolo? Tradizioni da salvaguardare (come l'infibulazione o il caciocavallo). Portati alle estreme conseguenze certi discorsi tardo-marxisti-leninisti mostrano grandi limiti, al di là della generosità da cui sono mossi. Per me, e spero per tanti compagni, liberazione significa autogestione, democrazia diretta, libertà sessuale... Non mi sembra un progresso passare dalla padella dei McDonald, alla brace di tanti tirannelli o pretaglie oscurantiste. Nostra patria è il mondo intero!
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bordighisti ridicoli pagliacci
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antimperialista Friday July 25, 2003 at 02:44 PM |
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Ma io dico, massa di idioti incartapecoriti, zombie putrefatti del XX secolo, lo volete capire o no che l'internazionalismo proletario astratto con cui vi fate le seghe è una pura chimera? Voi bordighisti siete sempre i più fessi e i più rigidamente dottrinari di tutti. Il vostro livore e il vostro risentimento bavoso contro Preve fa veramente schifo, ma in fondo siete semplicemente penosi, una sorta di specie intellettual-politica in via di estinzione. Continuate pure a trastullarvi con la teoria del valore-lavoro, a infamare, a calunniare, a non studiare e tuttavia sentenziare. Siete un ghetto senza speranza.
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per a- critico
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xxx Friday July 25, 2003 at 03:02 PM |
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Nessun ossimoro. Di liberazione nazionale si parla almeno dal tempo delle lotte anticoloniali.
Liberazione nazionale è anche quella degli indigeni che vogliono salvaguardare i loro modi di vita, la loro cultura, la loro lingua che per noi possono anche essere discutibilissimi, arretrati e persino disgustosi (lascia stare l'infibulazione che è una bastardata che meriterebbe un capitolo di discussione apposito) ma spero che tu non ti senta in diritto di imporre a gente con culture millenarie i tuoi concetti di " autogestione, democrazia diretta, libertà sessuale...".
Liberazione nazionale è quella di chi si vede imposte tradizioni, nazionalità e cultura non sue, a discapito di quelle che, invece, gli appartengono.
E non sempre, si tratta di roba da preti oscurantisti, tutt'altro!
Possono esserti simpatici o meno (a me qualche volta Marcos fa perdere le staffe -altre lo abbraccerei-), ma non è un caso che si siano chiamati Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale: questa scelta dice moltissime cose.
Non semplificare e, lo dico senza arroganza, credimi, impara a rispettare davvero le differenze e le lotte che ti sembrano difficili da capire: ne guadagnerai moltissimo.
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x il presuntuosetto "antimperialista"
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a-cratico Friday July 25, 2003 at 03:07 PM |
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Se ce l'hai con me sbagli di grosso. Non sono bordighista, pur apprezzando l'esemplare figura di Bordiga e il suo sforzo di analisi (che non sempre condivido). Dovessi giudicare da come ti esprimi direi che sei proprio tu quello che non studia...Uso il condizionale, beninteso. Se proprio vuoi saperlo, qui nessuno si trastulla. Nessuno di noi compagni, anarchici, comunisti e internazionalisti, si è mai tirato indietro quando si è trattato di appoggiare, coi fatti, gli oppressi di tutte le nazioni. Ma, proprio perchè odiamo l'oppressione in tutte le sue varianti, mai e poi mai ci faremo arruolare in qualsiasi "esercito" di liberazione "nazionale". Ragionare diversamente significa avere la vocazione de servo.
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per xxx
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a-cratico Friday July 25, 2003 at 03:38 PM |
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Vedi xxx, forse è meglio fare un esempio. Non mi sognerei mai di imporre il nudismo a donne che, per compiacere le proprie tradizioni, si fanno il bagno completamente vestite. Ma non mi sentirei comunque di appoggiare presunti percorsi di liberazione che non prevedano la libertà immediata di discutere qualsiasi aspetto della vita quotidiana. Se detesto i fascisti, con la loro orripilante paccottiglia nazionalista e col loro culto del sangue e del suolo, non vedo perchè dovrei provare simpatia per "tradizioni" che mettono la gerarchia,la sottomissione al potere, la sessuofobia come valori fondanti. Dalle sconfitte del secolo scorso (guerra partigiana compresa), dovremmo imparare che, forse, reclamare TUTTO è l'atteggiamento più realista. Percorsi graduali, conquiste democratiche, liberazioni "nazionali" ecc. sono grosse mistificazioni se non preludono a radicali trasformazioni sociali in senso libertario. Cercare di comprendere non significa condividere.
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MAI
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CCCP CARC Saturday July 26, 2003 at 08:39 AM |
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A MORTE I COMUNITARISSSTI, FALSI COMNUISTI IN REALTA FASCISTI
A MORTE GLI INTERNAZIONALISTI SCHIAVI EDELLA BORGESIA MONDIALE
A MORTE I TERZOMONDISTI, FALSI COMUNISTI SABOTATORI DALL'INTERNO DELLA RIVOLUZIONE COMUNISTA MONDIALE.
W KIM SUNG IL
W HU
W DENG XIAO PING
W STALIN
W MAO
MORTE AI : BORGHESI FASCISTI FALSI COMINISTI PRETI REFRATTARI DELLO STATO
A FIDEL E AI CUBANI TRADITORI E VENDUTI AGLI USA
AI SUD COREANI FALSI COMUNISTI E COREANI
W I TESTAMENT
W I NUCLEAR ASSAULT
W IL DEATH METAL
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bau!bau!bau!
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Fabio Mosca Wednesday July 30, 2003 at 08:01 AM |
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il baubau è per il cretino qui sopra.
Invece per gli altri trovo interessanti tutte le osservazioni.
Nazione: da "nascere". Luogo dove si è nati. Fatto "anagrafico" che comporta gran parte della propria personalità: la lingua materna ( che può essere minoritaria) è l'eredità maggiore della nazionalità. La Hannah Arendt ha scritto un libretto sulla lingua materna, oltre al resto. La sua era il tedesco. Lei ha riflettuto tutta la sua vita su quante implicazioni comporta la lingua.
Ma dal riconoscimento dell'identità linguistica alla "Liberazione Nazionale" il passo non è obbligatorio. C'è di mezzo il Romanticismo ed il Nazionalismo suo figlio. Quanto male abbia fatto questo "passo"a noi ed a tutta l'Europa dell'Ottocento, e quanto male sta facendo adesso nel resto del mondo è cronaca quotidiana.
Liberarsi dalla "liberazione nazionale". Come?
Si pensi alla Svizzera. Lì la "liberazione nazionale" è un concetto incomprensibile. Non si pone il problema perchè nessuna nazione opprime l'altra. L'eguaglianza è la soluzione, e l'"orgoglio nazionale" è senza riflessi nazionalistici. Si limita alla lingua, alla cucina ecc..
Perchè non la si prende ad esempio?
La "liberazione nazionale" fu l'ideologia del romanticismo ottocentesco che portò alla creazione anche dell'Italia. L'Italia però non era una "nazione oppressa". Ne l'Austria, ne prima la Francia e la Spagna avevano mai impedita la lingua e gli usi locali. Il 1848, le rivoluzioni popolari contro l'oppressione fiscale e clericale della Santa Alleanza, unendo popolo e borghesia, ha generato da un lato il Socialismo Internazionalista, e dall'altro il Liberalismo nazionalista.
La Liberazione nazionale del Liberalismo Nazionalista ha prevalso, anche perchè quell'oscuro regno dei Savoia, grazie al genio di cavour, ha saputo cavalcare bene quella rivoluzione.
Iniziava la rapida realizzazione dell'Italia sabauda.
Ebbene, è stato un passo avanti?
Rispetto all'Impero Asburgico il Lombardo Veneto arretrò. Cattaneo l'aveva previsto, ed era contrario a quell'Italia che si andava profilando. C'è in proposito un opuscolo di Camillo Berneri che consiglio vivamente, "Cattaneo federalista".
Il modello svizzero del federalismo era da lui indicato come mezzo per "unificare l'Italia, l'Europa ed il mondo intero. Sulla base dell'eguaglianza e del cantonalismo, nel rispetto delle lingue materne e dei costumi locali.
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per Fabio Mosca
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xxx Wednesday July 30, 2003 at 10:05 AM |
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Giuste le tue osservazioni sulla nascita dell'Italia, probabilmente gli occupanti non impedivano l'uso della lingua o il rispetto delle tradizioni, anche se credo che, pur fomentato dai giochi fra potenze straniere dell'epoca, il cosiddetto risorgimento abbia avuto anche altre ragioni; non parliamo, poi, della Svizzera che costituisce un caso veramente unico da innumerevoli punti di vista.
Ci sono però situazioni nelle quali la lotta di liberazione nazionale è condizione essenziale per la sopravvivenza: pensiamo solo al Kurdistan...
Altre, come l'Irlanda del Nord, dove dall'occupazione straniera derivano questioni sociali gravissime.
Vi sono anche situazioni che, per svariate ragioni, a prima vista, sembrano meno comprensibili, nelle quali pur in presenza di un relativo benessere sociale e di istituzioni apparentemente democratiche
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per Fabio Mosca completo
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xxx al quale è partito un clic Wednesday July 30, 2003 at 10:10 AM |
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Giuste le tue osservazioni sulla nascita dell'Italia, probabilmente gli occupanti non impedivano l'uso della lingua o il rispetto delle tradizioni, anche se credo che, pur fomentato dai giochi fra potenze straniere dell'epoca, il cosiddetto risorgimento abbia avuto anche altre ragioni; non parliamo, poi, della Svizzera che costituisce un caso veramente unico da innumerevoli punti di vista.
Ci sono però situazioni nelle quali la lotta di liberazione nazionale è condizione essenziale per la sopravvivenza: pensiamo solo al Kurdistan...
Altre, come l'Irlanda del Nord, dove dall'occupazione straniera derivano questioni sociali gravissime.
Vi sono anche situazioni che, per svariate ragioni, a prima vista, sembrano meno comprensibili, nelle quali pur in presenza di un relativo benessere sociale e di istituzioni apparentemente democratiche, l'aspirazione all'indipendenza nazionale è fortissima, come nel caso del Paese Basco o della Corsica; è ovvio che ogni caso presenta caratteristiche specifiche, ma basta informarsi e si ottengono molte risposte.
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