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Gli attentati dell'11 settembre furono un colpo di Stato?
by Algiz Tuesday January 06, 2004 at 12:34 PM mail:  

Ipotesi e confronti

Gli attentati dell'11 settembre 2001 furono un colpo di Stato?


«Si può perfettamente concepire un mondo dominato da una dittatura invisibile nel
quale tuttavia siano state mantenute le forme esteriori del governo democratico.
»

Kenneth Bouldin



L'11 settembre 2001, mentre dalle macerie del World Trade Center di New York si levavano ancora dense colonne di fumo, i media di tutto il mondo diffusero quella che rimane ancora oggi la versione ufficiale riguardo a quegli eventi. Come responsabile del più devastante attentato della storia, contraddistinto da un bilancio di circa 2.800 morti, venne indicata la rete terroristica islamica chiamata al-Qaeda, capeggiata dallo sceicco e milionario (in dollari) saudita Usama bin Laden. Si tratterebbe quindi di un attacco proveniente dall'esterno, sferrato per la prima volta nella storia moderna direttamente sul territorio degli Stati Uniti e consistente nel dirottamento in simultanea di quattro aerei di linea, fatti poi schiantare contro i simboli ed i centri del potere economico e militare statunitense: il World Trade Center ed il Pentagono. Riepiloghiamo brevemente nei dettagli la sequenza degli eventi:

ore 08.45: il volo American Airlines 11, decollato da Boston alle 07.59 destinazione Los Angeles, si schianta contro la torre nord del World Trade Center.
ore 09.03: il volo United Airlines 175, decollato da Boston alle 07.58 destinazione Los Angeles, si schianta contro la torre sud del WTC.
ore 09.40: il volo American Airlines 77, decollato da Dulles alle 08.10 destinazione Los Angeles, colpisce il Pentagono.
ore 09.50: crollo della torre sud.
ore 10.10: il volo United Airlines 93, decollato da Newark alle 08.01 destinazione San Francisco, precipita al suolo a Shanksville, Pennsylvania.
ore 10.29: crollo della torre nord.

Tuttavia vi fu chi, fin dal primo momento, dubitò della versione ufficiale data dell'attentato; operazione troppo complessa per poter venir realizzata con successo anche da una potente organizzazione terroristica fornita di ingenti mezzi finanziari e di numerosi aderenti sparsi in tutto il mondo. Qualcosa non quadrava nella spiegazione fornita dalle autorità americane, una spiegazione troppo semplice che non riusciva a dare risposta a tutta una serie di interrogativi. Una spiegazione inoltre troppo somigliante alla trama di un film di James Bond, con un miliardario pazzo che dal suo rifugio segreto ed inaccessibile situato in una grotta delle montagne dell'Afghanistan, sferra un attacco senza precedenti alla superpotenza americana. Giulietto Chiesa in un articolo pubblicato sulla rivista italiana di geopolitica Limes afferma che «non è una rete quella che può realizzare ed eseguire un compito operativo di questa entità, un'operazione terroristica di così vasta portata, e implicazioni tecniche, politiche, economiche, da essere stata - giustamente - paragonata ad un'azione di guerra». (1) La rete terroristica ha certamente avuto la funzione di compiere materialmente l'attentato, ma «un livello superiore dev'essere pensato per risalire ai veri organizzatori e strateghi». (2) Anche Andreas Von Bülow, ex ministro della Ricerca e della tecnologia della Repubblica Federale Tedesca, nutre seri dubbi sulla veridicità della versione ufficiale. In una intervista del 13 gennaio 2002 rilasciata al giornale tedesco Tagesspiegel, Von Bülow afferma: «Posso dire che la pianificazione degli attacchi è stata magistrale dal punto di vista tecnico e organizzativo. Dirottare quattro enormi aerei in pochi minuti e portarli con manovre aeree complesse nell’arco di un’ora sugli obiettivi! È impensabile senza l’appoggio, e per anni, degli apparati segreti dello Stato e dell’industria». (3) Gli interrogativi ed i punti oscuri sono dunque molti, come documentato dal libro di Nafeez M. Ahmed, Guerra alla libertà. (4)

Infatti:
1. Un attentato terroristico di tale portata, nel corso del quale sono stati dirottati contemporaneamente quattro aerei di linea, ha richiesto il coinvolgimento, a vari livelli operativi, di decine se non di qualche centinaio di persone, per un periodo di tempo di mesi se non addirittura di anni. Inoltre la preparazione dell'operazione terroristica deve necessariamente essere stata messa a punto anche internamente al territorio degli Stati Uniti. Se è vero che l'attentato è giunto del tutto inaspettato ed ha colto di sorpresa i servizi segreti statunitensi, come è stato possibile mantenere così a lungo e nei confronti di un numero così elevato di persone il più impenetrabile segreto, senza che nulla filtrasse all'esterno?
2. A sole 48 ore dall'attentato l'FBI emanò la lista dei 19 attentatori suicidi che avevano dirottato gli aerei (dieci giorni dopo si scoprì che 7 di loro erano vivi e vegeti). Come è stato possibile risalire a l'identità dei responsabili in così breve tempo, dal momento che ufficialmente l'intera operazione terroristica è rimasta segreta per un lunghissimo periodo ed ha colto le autorità di sorpresa?
3. In realtà alcuni agenti dell'FBI vennero a conoscenza dell'imminenza dell'attentato terroristico ed informarono i superiori. Tuttavia il comando dell'FBI bloccò ogni ulteriore indagine. Perché?
4. Dove sono stati addestrati i piloti suicidi, per essere in grado di compiere una manovra così perfetta dal punto di vista tecnico? E da chi?
5. Negli Stati Uniti nel caso di qualunque emergenza aerea esistono delle procedure che vengono messe in atto automaticamente e che non necessitano di autorizzazioni particolari. Per quanto riguarda l'eventualità che un aereo vada fuori rotta, o venga dirottato, esse prevedono che venga intercettato da aerei militari. Perché l'11 settembre le procedure operative standard per le emergenze aeree, inclusi i dirottamenti, non sono state applicate? Perché, in altri termini, nessun aereo militare è decollato per intercettare i quattro voli di linea dirottati simultaneamente e la risposta dell'Air Force è mancata sistematicamente? (5) Eppure una lunga sequenza di attentati - islamici e non - diretti contro obiettivi americani, avrebbe dovuto tenere alto l'allarme negli apparati della sicurezza statunitensi. Ricordiamo: World Trade Center, 26 febbraio 1993; Oklahoma City, 19 aprile 1995; Ryad, 16 novembre 1995; al-Khobar Towers (Arabia Saudita), 25 giugno 1996; Nairobi e Dar es Salaam, 7 agosto 1998; ed infine la nave da guerra Cole, Aden, 12 ottobre 2000.
6. Che cosa è successo veramente al volo 93 della United Airlines precipitato al suolo, per cause non del tutto chiare, in Pennsylvania? Quale era il suo obiettivo? E per quale motivo lo ha mancato?
7. Il volo American Airlines 77 si è veramente abbattuto sul Pentagono? Oppure, come sostiene Thierry Meyssan, l'edificio è stato colpito da qualcos'altro? Lo stesso Donald Rumsfeld nel corso di un'intervista rilasciata il 12 ottobre 2001, fece riferimento ad un «missile» non meglio precisato: «Here we're talking about plastic knives and using an American Airlines flight filed with our citizens, and the missile to damage this building and similar (inaudible) that damaged the World Trade Center». (6)
8. Che significato hanno le operazioni di insider trading consistenti in massicci acquisti di opzioni put della American Airlines e della United Airlines nei giorni immediatamente precedenti l'11 settembre? Gli anonimi investitori sapevano in anticipo che si sarebbero verificati degli attentati terroristici che avrebbero coinvolto tali compagnie aeree? (7)
9. Perché il capo dell'ISI pakistana, il generale Mahmoud Ahmad, fece pervenire 100.000 dollari a Mohammed Atta, ritenuto il capo degli attentatori che hanno abbattuto il WTC? E che scopo aveva la permanenza a Washington del capo dell'ISI dal 4 all'11 settembre compreso, periodo nel quale ebbe contatti ad altissimo livello al Pentagono ed al Consiglio per la Sicurezza Nazionale?
10. Perché con l'insediamento di George W. Bush alla Casa Bianca le indagini dell'FBI sulla famiglia Bin Laden sono state bloccate?
11. Per quale motivo nei giorni immediatamente seguenti agli attentati, l'FBI procedette all'arresto in tutto il territorio degli Stati Uniti di decine di cittadini israeliani?

Lyndon LaRouche, in una intervista del 12 settembre 2001 rilasciata alla radio WGIR-AM del New Hampishire, e condotta dal giornalista Woody Woodland, per primo avanza un'ipotesi diversa da quella ufficiale dell'attentato terroristico di matrice islamica: «Voglio precisare che questa non è una operazione terroristica, ma si tratta piuttosto di una speciale operazione strategica coperta che presenta delle somiglianze con l'operazione della milizia contro il centro di Oklahoma City alcuni anni fa». (8) Tesi che ribadì in una intervista concessa a Radio Radicale il 20 settembre 2001. (9)
In un altro suo scritto del 23 dicembre 2001 dal titolo Zbigniew Brzezinski e l'11 settembre, LaRouche formula esplicitamente l'ipotesi del colpo di Stato quale spiegazione degli attacchi dell'11 settembre: «Per quanto mi riguarda, conoscendo molto a fondo gli aspetti della crisi strategica in cui si svolsero quei fatti, non avrei potuto accettare altra conclusione, se non quella di trovarmi di fronte ad un tentativo di colpo di Stato, il cui scopo strategico globale prospettava le peggiori implicazioni immaginabili. [...] L’indagine deve pertanto cercare le prove movendosi su un fianco che dovrebbe essere ovvio. Si tratta cioè di partire dal presupposto elementare che un tentativo di golpe del genere non ha alcun senso se non quello di perseguire un’intenzione plausibile, che si colloca al di fuori ed oltre lo scopo del tentativo di golpe in quanto tale. Un tentativo di golpe del genere può verificarsi soltanto in funzione di una serie di conseguenze già previste, come il dar luogo ad una azione continuata già in preparazione. [...] L’indagine deve riconoscere che il complotto dietro l’11 settembre fu un mezzo con cui pervenire ad un fine». (10)
Tutte queste ipotesi ruotano attorno ad una considerazione fondamentale riguardante il tracollo delle procedure di sicurezza; un fattore questo decisivo per comprendere gli eventi di quel giorno. La mancata messa in atto delle procedure di sicurezza non può essere imputata a semplice negligenza, inefficienza o errore; in altri termini essa non può che essere intenzionale. Infatti diventa probabile «che qualche alto funzionario militare, situato "nella stanza dei bottoni", abbia disinnescato deliberatamente alcune delle misure che avrebbero dovuto scattare automaticamente, misure che avrebbero come minimo potuto prevenire l’attacco al Pentagono». (11) Ricordiamo a questo proposito che in quel giorno i caccia si levarono in volo ben 75 minuti dopo l'allarme.
A questo punto vanno innanzitutto chiariti tre elementi che risultano fondamentali nell'analisi strategica di LaRouche. Il primo consiste nella tipologia del golpe messo in atto, secondo LaRouche, con gli attacchi al World Trade Center ed al Pentagono. Il secondo si identifica con gli ambienti intellettuali, politici e militari che si trovano dietro a tali avvenimenti e che, in un modo o nell'altro, ne hanno determinato la realizzazione. Il terzo invece consiste nel fine effettivo del colpo di Stato che, non dimentichiamolo, si configura come un mezzo.

Che con gli attentati dell'11 settembre sia stato compiuto negli USA un colpo di Stato, può sembrare, ad un primo esame, un'ipotesi alquanto bizzarra se non addirittura assurda. Quando si pensa ad un colpo di Stato viene subito in mente il colpo di Stato militare; ed il ricordo degli avvenimenti del Cile, dell'Argentina, della Grecia, della Turchia, con l'esercito nelle strade, ondate di arresti tra gli oppositori, coprifuoco, scioglimento del parlamento ecc. Questa rimane indubbiamente la tipologia che potremo definire classica del golpe militare, ed è sicuramente quella più diffusa nella seconda metà del XX secolo. È anche ovvio che in senso stretto nulla del genere è accaduto negli Stati Uniti con l'11 settembre: nessuna junta di tipo militare si è sostituita al presidente George W. Bush ed allo staff della sua Amministrazione, né la Camera dei Rappresentanti ed il Senato sono stati sciolti.
Per chiarire in che senso si può parlare di colpo di Stato riguardo l'11 settembre, dobbiamo prendere in esame un vecchio libro dell'esperto di strategia Edward Luttwak pubblicato per la prima volta nel 1968. Il libro ha per titolo Coup d'Ètat. A practical handbook, e nel 1983 venne pubblicato in Italia con il titolo Strategia del colpo di Stato. (12) In quest'opera, dedicata all'analisi delle varie tipologie e strategie del colpo di Stato, Luttwak ad un certo punto prende in esame una possibilità del tutto particolare di conquista del potere. Scrive infatti Luttwak: «A coup d'état involves some elements of all these different methods by which power ca be seized but, unlike most of them, the coup is not necessarily assisted by either the intervention of the masses, or, to any significant degree, by military-type force. [...] If a coup does not make use of the masses, or of warfare, what instrument of power will enable it to seize control of the state? The short answer is that the power will come from the state itself. The long answer makes up the bulk of this book. The following is our formal and functional definition: A coup consists of the infiltration of a small but critical segment of the state apparatus, which is then used to displace the government from its control of the remainder». (13) Il concetto è chiaro: per la presa del potere non sono necessari né l'appoggio delle masse né l'utilizzo dell'esercito, e la forza necessaria all'ottenimento del controllo della macchina statale verrà dallo Stato stesso, ossia dai suoi stessi legittimi apparati; il colpo di Stato consiste infatti nell'infiltrare un piccolo ma cruciale segmento dell'apparato statale che verrà poi utilizzato per sottrarre al controllo del governo tutto il resto. Essendo lo Stato concepito come una sorta di macchina che si comporta in modo prevedibile, se ne può assumere il controllo afferrandone le leve basilari. Un elemento importante sarà l'apatia di una popolazione scarsamente politicizzata che rimarrà sostanzialmente indifferente nei confronti di un cambio al vertice del potere statale operato dall'interno del sistema vigente e senza distruggerlo. Secondo Luttwak, degli ipotetici cospiratori che volessero prendere il potere nel modo descritto ragionerebbero così: «If we were revolutionaries, wanting to change the structure of society, our aim would be to destroy the power of some of the political forces, and the long and often bloody process of revolutionary attrition can achieve this. Our purpose is, however, quite different: we want to seize power within the present system, and we shall only stay in power if we embody some new status quo supported by those very forces which a revolution may seek to destroy. Should we want to achieve fundamental social change we can do so after we have become the government. This is perhaps a more efficient method (and certainly a less painful one) than that of classic revolution». (14) Essenziale, in questo quadro, il controllo monopolistico dei mezzi di informazione; il cui scopo, in tale situazione, non è quello di fornire informazioni sullo svolgersi degli eventi bensì quello di controllarne gli sviluppi: «Our second and far more flexible instrument will be our control over the means of mass communications; [...] In broadcasting over the radio and television services our purpose is not to provide information about the situation but rather to affect its development by exploiting our monopoly of these media». (15) Luttwak in sostanza descrive una modalità di colpo di Stato molto differente dall'immagine abituale; un golpe che si svolge in maniera silenziosa, strisciante, senza radicali rivolgimenti politico-istituzionali; una faccenda interna ai palazzi del potere della quale la popolazione rimane all'oscuro. Secondo lo studio di Luttwak l'attuazione di questo tipo di colpo di Stato è una possibilità reale e non una mera ipotesi accademica. E la storia degli Stati Uniti d'America presenta forse un esempio concreto di quanto affermato.

Si tratta dell'assassinio del presidente John F. Kennedy avvenuto a Dallas il 22 novembre 1963. C'è chi ritiene che l'omicidio del presidente americano sia stato il momento principale di un colpo di Stato. A sostenere questa tesi è Jim Garrison, il procuratore distrettuale di New Orleans che indagò sulla vicenda, ed il cui libro ispirò il film del regista americano Oliver Stone. Garrison è esplicito, e vale la pena citare le sue conclusioni per intero: «Credo che quello che è successo nella Dealey Plaza di Dallas il 22 novembre 1963 sia stato un colpo di stato. Ritengo che sia stato proposto e programmato con notevole anticipo da fanatici anticomunisti membri della intelligence degli Stati Uniti; che sia stato realizzato, molto probabilmente senza un'approvazione ufficiale, da individui della CIA appartenenti agli apparati delle operazioni segrete e da altri collaboratori esterni, non appartenenti direttamente alle agenzie governative, e mascherato da gente con le stesse opinioni politiche dell'FBI, del Secret Service, del dipartimento di polizia di Dallas e degli ambienti militari; e penso infine che il loro scopo sia stato quello di impedire a Kennedy di portare a termine la sua politica di distensione con l'Unione Sovietica e con Cuba, di mettere fine alla Guerra Fredda». (16) Poi Garrison passa ad alcune considerazioni di carattere strategico: «Un colpo di stato per avere successo richiede un certo numero di elementi: un'ampia programmazione e una preparazione adeguata da parte dei sostenitori (coloro che sono responsabili del colpo di stato); la collaborazione della guardia pretoriana (il cui compito è quello di proteggere il governo, compreso il presidente); una seguente operazione di diversione e di mascheramento; la ratifica dell'assassinio da parte dei nuovi poteri governativi subentrati; la diffusione di elementi di disinformazione attraverso i media. Se il concorso di tutti questi elementi ci suona abbastanza familiare, è perché è esattamente quello che è successo quando John Kennedy venne assassinato». (17)
Se le conclusioni di Jim Garrison sono giuste, nel 1963 venne compiuto negli Stati Uniti un colpo di Stato che non necessitò né dell'appoggio delle masse né dell'utilizzo dell'esercito, e del quale la popolazione non si rese nemmeno conto. Eccettuato l'assassinio spettacolare del presidente, si trattò di un cambio al vertice dello Stato che fu silenzioso, eseguito da una minoranza appartenente agli apparati della sicurezza e dell'intelligence, con l'apporto di esponenti di quel complesso militare-industriale sul cui enorme potere già il presidente Eisenhower aveva messo in guardia. Come si può notare, la tesi di Garrison sull'omicidio di John Kennedy - come colpo di Stato compiuto dall'interno del sistema e senza distruggerne la fisionomia politico-istituzionale - conferma le intuizioni e le analisi di Luttwak. Jim Garrison morì nel 1992, ma se avesse assistito agli attentati del World Trade Center e del Pentagono, molto probabilmente, ritornando con la mente agli eventi del lontano 1963, avrebbe pensato ad un colpo di Stato.

A questo punto diventano evidenti le analogie che gli avvenimenti dell'11 settembre 2001 presentano con quelli del 1963. L'omicidio del presidente Kennedy fu il risultato di un'operazione sofisticata, orchestrata con estrema precisione; tuttavia le dichiarazioni ufficiali indicarono immediatamente in Lee Harvey Oswald - che venne arrestato con sorprendente rapidità - l'unico colpevole. La solita storia del pazzo solitario. Ma Kennedy, come risultò in seguito, venne colpito da differenti direzioni. Quindi Oswald, posto che avesse veramente sparato, non poteva essere il solo ad averlo fatto, ma doveva far parte di una organizzazione; o esserne utilizzato a sua insaputa o suo malgrado. Anche nel caso dell'attentato del 2001, al-Qaeda ed Usama bin Laden furono indicati da subito come gli unici responsabili. Ma se è plausibile che gli esecutori materiali delle azioni terroristiche possano essere identificati in membri di tale rete terroristica, essi non possono aver agito, data la complessità dell'operazione, senza l'appoggio continuativo ed intenzionale di settori, che potremmo definire deviati, di qualche apparato di intelligence, statunitense e non solo. (18) Tutto questo non dovrebbe stupire; in Italia i concetti di «servizi segreti deviati» e di «strage di Stato» sono purtroppo familiari, e forse trovano un senso anche nella società americana.

Ripensando alle considerazioni di Lyndon LaRouche sopra riportate risulta chiara la funzione degli attentati dell'11 settembre: creare una situazione di enorme crisi per giustificare la proclamazione di uno stato di emergenza di stampo golpista ed una svolta autoritaria; che è quanto puntualmente avvenuto con la promulgazione dell'USA Patriot Act che ha dotato di nuovi e forti poteri sia le forze di sicurezza che agiscono all'interno degli Stati Uniti - aprendo la strada a limitazioni ed anche a violazioni delle libertà civili - sia le agenzie di intelligence che operano al di fuori del paese. La presa del potere all'interno del paese a sua volta rappresenta la condizione indispensabile per la realizzazione di una nuova strategia internazionale altrimenti irrealizzabile.
Questa tecnica, consistente nel creare appositamente una situazione di crisi per poi intervenire a "risolverla", non è nuova. All'inizio del 1962, durante la presidenza Kennedy, il generale Lyman Lemnitzer ideò un piano che prevedeva l'esecuzione di svariati attentati sull'intero territorio degli Stati Uniti. Il piano prese il nome in codice di Operazione Northwoods. Le azioni terroristiche, che prevedevano anche il dirottamento e l'abbattimento di un aereo civile, dovevano avere come obiettivi cittadini americani ed esuli cubani anticastristi. La responsabilità delle azioni terroristiche sarebbe stata poi addossata al governo di Fidel Castro, allo scopo di giustificare un'azione militare americana di rappresaglia contro Cuba. Kennedy però blocco il progetto. (19)

L'idea di una grande crisi - Temuta? Auspicata? - era già nell'aria molto prima dell'11 settembre 2001. Non sono gli eventi dell'11 settembre a far parlare per la prima volta di crisi globale. Prendiamo ad esempio le parole pronunciate da David Rockefeller nel 1994: «We are on the verge of global transformation. All we need is the right major crisis and the nations will accept the New World Order». (20) Le parole di David Rockefeller vanno attentamente analizzate. Nel brano in questione si comincia con la constatazione che ci troviamo sulla soglia di una trasformazione globale, una trasformazione che quindi riguarda tutti, l'intera umanità. La seconda frase afferma che «tutto ciò di cui abbiamo bisogno è di una grande crisi»; a chi si riferisce Rockefeller? Chi è ad avere la necessità di una «grande crisi» e a quale scopo? Evidentemente Rockefeller si riferisce a se stesso ed a tutto un gruppo del quale fa parte. È questo gruppo che ha bisogno di una crisi. Bisogno di una crisi in vista di che cosa? La risposta è: per far sì che le nazioni accettino un nuovo ordine globale. Possiamo perciò arrivare alle seguenti conclusioni: in primo luogo, questo gruppo è un gruppo ristretto, una élite che si distingue dalle «nazioni», che non si caratterizza per l'appartenenza ad una comunità nazionale, transnazionale quindi. In secondo luogo tale oligarchia ha per obiettivo, per fine l'instaurazione di un nuovo ordine internazionale consono alle sue idee ed ai suoi interessi; un ordine internazionale che evidentemente gli Stati nazionali fanno fatica ad accettare, se per far questo c'è bisogno dello strumento di una grande crisi. Per quale motivo le «nazioni» accetteranno il «Nuovo Ordine Mondiale» solo grazie ad una «grande crisi»? Perché la crisi assumerà l'aspetto di una minaccia globale - alla sicurezza politica, sociale ed economica - che gli Stati nazionali non saranno in grado singolarmente di affrontare, ma che solo la comparsa e l'instaurazione di un nuovo potere globale potrà scongiurare. Solo un potere globale potrà perciò risolvere una crisi globale.

Il nuovo potere globale è quello degli Stati Uniti (forse si potrebbe affermare che il «Nuovo Ordine Mondiale» per imporsi si serve del potenziale economico e militare degli USA). Infatti dopo il 1989, con il crollo del muro di Berlino e la fine dell'URSS, gli Stati Uniti rimangono l'unica superpotenza globale sulla scena mondiale, l'unico paese al mondo in grado di proiettare il proprio potere su qualunque teatro strategico del pianeta. È Zbigniew Brzezinski a delineare gli scenari geostrategici e geopolitici del futuro, del XXI secolo. La sua analisi geopolitica, elaborata nel libro La Grande Scacchiera (21), si snoda attraverso alcune linee fondamentali:
1) Dopo la fine della potenza comunista rappresentata soprattutto dall'URSS e dai paesi dell'Europa orientale, gli USA rimangono l'unica superpotenza, dal punto di vista politico, militare, economico e tecnologico, con interessi vitali in ogni parte del mondo.
2) È essenziale che nel XXI secolo gli Stati Uniti conservino la loro supremazia mondiale allargando la loro area di influenza ed esportando il loro sistema politico-sociale ed i loro valori.
3) L'elemento fondamentale per la conservazione della leadership mondiale è rappresentato dal controllo dello spazio geopolitico dell'Eurasia. In altri termini, chi controlla l'Eurasia, e le sue risorse, controlla il mondo. Dal momento che: «fin da quando i continenti hanno cominciato ad interagire politicamente, circa cinque secoli fa, l'Eurasia è stata il centro del potere mondiale», (22) diventa «assolutamente indispensabile che non emerga alcuna potenza capace d'instaurare il proprio dominio sull'Eurasia e di sfidare per ciò stesso l'America». (23) La zona chiave del continente eurasiatico, dal punto di vista geopolitico e geostrategico, è quell'area definita come i «Balcani dell'Eurasia». Con questo termine Brzezinski indica una vasta area comprendente Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan, Turkmenistan, Azerbaigian, Armenia, Georgia, Afghanistan e parte dell'Iran e della Turchia.(24)
4) A questo scopo risulta necessario scongiurare l'affacciarsi sulla scena mondiale di una o più potenze globali eurasiatiche, come l'Europa e la Cina, ed anche di potenze «regionali» come l'India e l'Iran, nonché dissuadere la Russia dal tentativo di ritornare ad essere una potenza globale come fu l'URSS.
5) Sul piano interno invece, si tratta di creare, in seno alle masse abituate ai valori ed ai metodi democratici, un consenso intorno alla nuova politica di potenza, in quanto «la democrazia è nemica della mobilitazione imperiale». (25)
È presente nel discorso di Brzezinski un tema analogo a quello riscontrato nelle affermazioni di Rockefeller. Per ottenere il consenso dell'opinione pubblica americana nei confronti della «mobilitazione imperiale» e l'accettazione degli inevitabili sacrifici per la popolazione che essa comporta, è necessaria una minaccia estrema e globale. Solo un pericolo diretto e generalizzato può far sì che la popolazione americana si raccolga attorno al nuovo corso politico di tipo imperiale. Senza tale minaccia il carattere democratico ed in certi casi isolazionista dell'opinione pubblica avrebbe il sopravvento. Scrive Brzezinski: «Ma la ricerca della potenza non è obiettivo da suscitare passioni popolari, se non in presenza di una minaccia o di una sfida improvvisa a quello che l'opinione pubblica considera il proprio benessere». (26) Infatti, per fare un esempio storico, «la partecipazione alla seconda guerra mondiale trovò consensi soprattutto in seguito allo shock dell'attacco giapponese contro Pearl Harbor». (27)
La conclusione non potrebbe essere più chiara: «Non solo, ma quanto più l'America diventerà una società sempre più multiculturale, sarà meno facile che si crei un consenso su questioni di politica estera, salvo di fronte a una minaccia esterna diretta ampiamente percepita come tale. [...] In assenza di una minaccia esterna comparabile, sarà molto più difficile che la società americana dia il suo consenso a scelte di politica estera che non rispecchino i suoi valori fondamentali e le sue simpatie etno-culturali ed esigano invece sforzi prolungati e talvolta costosi per affermare una supremazia imperiale». (28)

Il tema della supremazia mondiale statunitense nel XXI secolo è anche il tema principale delle analisi dei cosiddetti neoconservatives americani. (29) Secondo i neoconservatori gli Stati Uniti hanno il diritto-dovere di portare a compimento una missione civilizzatrice nei confronti del mondo, esportando ed espandendo, se necessario con l'uso della forza militare, il dominio dei «valori americani», e al contempo cercando di prevenire qualunque minaccia alla sicurezza americana da parte di quegli Stati, i cosiddetti «rogue states», che fondandosi su regimi politici oppressivi, non possono non sentirsi minacciati nella loro legittimità dai princìpi e dai valori «americani» di libertà individuale e democrazia.
L'attuale congiuntura internazionale che vede gli USA l'unica superpotenza rimasta sul campo, - il cosiddetto «momento unipolare» - è un momento eccezionalmente favorevole alla realizzazione di quella egemonia globale che, come abbiamo visto, costituisce secondo i neocons (30) il «manifest destiny» dell'America.
Secondo gli esponenti neoconservatori, per essere all'altezza delle sfide, anche militari, che il progetto di supremazia globale nel XXI secolo impone agli Stati Uniti, è indispensabile una profonda trasformazione della politica di difesa, aumentando la spesa militare ed aggiornando i sistemi d'arma con le più sofisticate tecnologie disponibili. Il testo fondamentale che analizza ed approfondisce questo progetto di riforma della difesa ha per titolo Rebuilding America's Defenses: Strategy, Forces and Resources for a New Century. Scritto da Thomas Donnelly con la collaborazione di Donald Kagan e Gary Schmitt, fu pubblicato nel settembre 2000 a cura del Project for a New American Century (PNAC). (31) È un vero e proprio manifesto programmatico del PNAC, molti dei firmatari del quale ricoprono oggi alte cariche in seno all'amministrazione Bush.
Nel testo in questione, a proposito del processo di trasformazione della difesa americana, troviamo una precisazione cruciale: «Further, the process of transformation, even if it brings revolutionary change, is likely to be a long one, absent some catastrophic and catalyzing event - like a new Pearl Harbor». (32) In altre parole, solo un evento «catastrofico» può far sì che la «ricostruzione» delle forze armate americane possa avvenire in tempi brevi, condizione questa necessaria affinché il «Progetto per un Nuovo Secolo Americano» abbia successo. Ritorna dunque in modo ancora più esplicito la teoria della minaccia globale, dell'evento catastrofico quale catalizzatore capace di accelerare la realizzazione all'interno del paese di un cambio al vertice del potere effettivo, in modo tale da portare a compimento, all'esterno, un progetto geopolitico consistente nella creazione di un nuovo ordine internazionale a guida USA. Franco Cardini giustamente osserva che «rilette a un anno di distanza da quando vennero pubblicate, cioè immediatamente dopo l'11 settembre 2001, queste parole sono agghiaccianti». (33) Non basta, come riportato da Sbancor, la mattina dell'11 settembre 2001 sul sito web della Morgan Stanley comparve una strana previsione che citiamo per intero: «Report caricato sul sito internet di Morgan Stanley, martedì 11 settembre, 7.30.-8.00 [ora di New York] Che cosa può ridurre drasticamente il deficit delle partite correnti americane, e per questa via eliminare i rischi più significativi per l'economia degli Stati Uniti e per il dollaro? La risposta è: un atto di guerra. L'ultima volta che gli USA hanno registrato un surplus delle partite correnti è stato nel 1991, quando il concorso dei Paesi esteri ai costi sostenuti dall'America per la guerra del golfo ha contribuito a generare un avanzo di 3,7 milioni di dollari». (34) Solo con un atto di guerra sarà dunque possibile rilanciare l'economia.

La mattina dell'11 settembre qualcuno, rimasto finora sconosciuto, ha fatto avverare le singolari previsioni di Rockefeller, di Brzezinski e di Donnelly con il gruppo del PNAC. Come abbiamo già affermato sono stati colpiti i simboli ed i centri del potere economico e militare USA; non solo, ma gli attentati hanno anche colpito - con il loro colossale e voluto effetto mediatico live reso possibile dalle moderne tecnologie di comunicazione - l'immaginario collettivo degli americani e degli occidentali, i cui peggiori incubi, che per anni hanno trovato espressione nella cinematografia (35), si sono improvvisamente materializzati nel crollo delle Twin Towers. Evidentemente chi ha ideato gli attacchi terroristici ha tenuto conto anche di questi fattori, essendo evidentemente un profondo conoscitore della psicologia collettiva occidentale. E così nel 2001 - nel primo anno del XXI secolo, il «nuovo secolo americano» - la «grande crisi» che farà accettare alle «nazioni» il «Nuovo Ordine Mondiale» a guida USA è puntualmente arrivata; la «minaccia esterna diretta ampiamente percepita come tale» è stata attuata contro il World Trade Center ed il Pentagono; la «nuova Pearl Harbor» quale «evento catastrofico e catalizzatore», ha reso possibile il rapido inizio del processo di «rebuilding» delle forze armate USA, ha spinto la «junta petroliera Cheney-Bush» alla guerra contro il «terrorismo internazionale» in Afghanistan e Iraq, ed alla promulgazione dell'USA Patriot Act a restrizione delle libertà e delle garanzie democratiche dei cittadini americani. (36) Ecco che allora la tragedia dell'11 settembre assume l'aspetto di un terrificante casus belli, finalizzato da un lato a favorire una svolta autoritaria di stampo golpista all'interno degli Stati Uniti, e dall'altro a promuovere in campo internazionale quella «mobilitazione imperiale» che nel XXI secolo assicurerà l'egemonia globale a coloro che ormai si sono impadroniti degli USA.



Note

(1) Giulietto Chiesa, Cerchiamo la Cupola non la rete islamica, in La guerra del terrore, I Quaderni speciali di Limes, supplemento al n° 4/2001, pag. 88.

(2) Ibidem, pag. 90.

(3) Tagesspiegel, 13 gennaio 2002 ( http://i-p-o.org/von_Buelow-tagesspiegel-online.htm e http://www.pasti.org/vonbulow2.htm ). Nell'intervista si fa anche cenno alla possibilità che gli aerei dirottati fossero stati pilotati sugli obiettivi da «remoto», utilizzando la tecnologia «global hawk». Per informazioni su tale tecnologia: http://www.af.mil/news/airman/1101/hawk.html e http://www.airforce-technology.com/projects/global.

(4) Nafeez M. Ahmed, Guerra alla libertà, Fazi, Roma, 2002.

(5) Il regolamento della Federal Aviation Administration (FAA) si trova all'indirizzo: http://www1.faa.gov/ATpubs.

(6) Secretary Rumsfeld Interview with Parade Magazine, Friday, Oct. 12, 2001, http://www.defenselink.mil/news/Nov2001/t11182001_t1012pm.html. Sull'attentato al Pentagono si veda: Thierry Meyssan, L'incredibile menzogna, Fandango, Roma, 2002 e Il Pentagate, Fandango, Roma, 2003.

(7) Sulle operazioni di insider trading si veda: Sbancor, American Nightmare - Incubo americano, Nuovi Mondi Media, Bologna, 2003, pag. 52-58.

(8) http://www.movisol.org/usa4.htm e http://larouchein2004.net/pages/interviews/2001/lhl_covert_op_0912.htm

(9) http://www.movisol.org/larouche.mp3

(10) http://www.movisol.org/11sette.htm

(11) Ibidem.

(12) Edward Luttwak, Coup d'Ètat. A practical handbook, Harvard University Press, Cambridge, 1979.

(13) Ibidem pag. 26-27.

(14) Ibidem pag. 58.

(15) Ibidem pag. 168. Per un commento alle tesi di Luttwak si veda: Maurizio Blondet, Chi comanda in America Effedieffe, Milano, 2002, cap. 20, pag. 137.

(16) Jim Garrison, JFK. Sulle tracce degli assassini, Sperling & Kupfer, Milano, 2003, cap. 20, pag. 334.

(17) Ibidem pag. 334-335.

(18) Negli anni '80, per contrastare la presenza sovietica in Afghanistan, la CIA diede il proprio sostegno a gruppi combattenti di estremisti islamici. Oltre alla CIA, anche i servizi segreti di Gran Bretagna, Pakistan, Egitto, Arabia Saudita, Cina e perfino di Israele diedero il loro appoggio, nello stesso periodo, alla jihad afgana. Su questo argomento è fondamentale l'opera di John K. Cooley, Una guerra empia, Elèuthera, Milano, 2000.

(19) Sull'Operazione Northwoods si veda: Nafeez M. Ahmed, Guerra alla libertà, Appendice C e D, pag. 283-289; Maurizio Blondet, 11 settembre: colpo di Stato in USA, Effedieffe, Milano, 2003, cap. 19, pag. 114.

(20) Dichiarazione all'United Nations Business Council, 1994.

(21) Zbigniew Brzezinski, La Grande Scacchiera, Longanesi, Milano, 1998. Questo studio venne pubblicato per la prima volta nel 1997 dal Council on Foreign Relations ( http://www.cfr.org ) con il titolo The Grand Chessboard. Il CFR, fondato nel 1921, è un think tank, un'associazione privata che si occupa di geopolitica e di problemi di politica internazionale. William C. Skousen considerò il CFR come il «motore» effettivo e segreto della politica estera americana. Ricordiamo inoltre che nel 1973 Brzezinski fu il fondatore di un altro importante think tank, la Trilateral Commission ( http://www.trilateral.org ).

(22) Ibidem, pag. 7.

(23) Ibidem, pag. 9.

(24) Ibidem, cap. 5, pag. 167-202.

(25) Ibidem, pag. 52.

(26) Ibidem, pag. 51.

(27) Ibidem, pag. 37 (sull'attacco alla base americana di Pearl Harbor come «disastro da non evitare» si veda il libro di Robert B. Stinnett, Il giorno dell'inganno, il Saggiatore, Milano, 2001).

(28) Ibidem, pag. 279.

(29) Per una presentazione del pensiero ed una antologia degli scritti dei neoconservatori: I nuovi rivoluzionari. Il pensiero dei neoconservatori americani, a cura di Jim Lobe e Adele Oliveri, Feltrinelli, Milano, 2003; ed inoltre: Franco Cardini, Astrea e i Titani, Laterza, Bari, 2003.

(30) Nella lingua francese il termine «neocon» si presta ad un gioco di parole: «con» infatti significa fesso.

(31) Rebuilding America's Defenses: Strategy, Forces and Resources for a New Century. Il testo è disponibile in internet all'indirizzo: http://www.newamericancentury.org/RebuildingAmericasDefenses.pdf.

(32) Ibidem, V, pag. 51; ed anche: Thomas Donnelly, La riforma della difesa nel mondo unipolare, in I nuovi rivoluzionari. Il pensiero dei neoconservatori americani, pag. 75.

(33) Astrea e i Titani, nota 1, pag. 171.

(34) American Nightmare - Incubo americano, pag. 55.

(35) Va segnalato a questo proposito, per il suo contenuto ideologico-propagandistico, un film di fantascienza del 1996, Independence day del regista Roland Emmerich. In una scena, un edificio molto alto somigliante all'Empire State Building viene colpito alla sommità e subisce un collasso strutturale simile a quello reale del WTC. Alla fine gli USA, alla guida di una sorta di coalizione internazionale e grazie alla intuizione di uno scienziato ebreo, sconfiggono la minaccia globale aliena salvando il mondo.

(36) In merito alle operazioni militari statunitensi in Afghanistan ed ai progetti di invasione dell'Iraq come conseguenza dell'11 settembre si veda: Gore Vidal, Le menzogne dell'Impero e altre tristi verità, Fazi, Roma, 2002.



Elenco dei libri citati

- Ahmed Nafeez M., Guerra alla libertà, Fazi, Roma, 2002.

- Blondet Maurizio, 11 settembre: colpo di Stato in USA, Effedieffe, Milano, 2003.

- Blondet Maurizio, Chi comanda in America, Effedieffe, Milano, 2002.

- Brzezinski Zbigniew, La Grande Scacchiera, Longanesi, Milano, 1998.

- Cardini Franco, Astrea e i Titani, Laterza, Bari, 2003.

- Chiesa Giulietto, Cerchiamo la Cupola non la rete islamica, in La guerra del terrore, I Quaderni speciali di Limes, supplemento al n° 4/2001.

- Cooley John K., Una guerra empia, Elèuthera, Milano, 2000.

- Garrison Jim, JFK. Sulle tracce degli assassini, Sperling & Kupfer, Milano, 2003.

- Lobe Jim e Oliveri Adele (a cura di), I nuovi rivoluzionari. Il pensiero dei neoconservatori americani, Feltrinelli, Milano, 2003.

- Luttwak Edward, Coup d'Ètat. A practical handbook, Harvard University Press, Cambridge, 1979 (trad. it., Strategia del colpo di Stato, Rizzoli, Milano, 1983).

- Meyssan Thierry, L'incredibile menzogna, Fandango, Roma, 2002.

- Meyssan Thierry, Il Pentagate, Fandango, Roma, 2003.

- Sbancor, American Nightmare - Incubo americano, Nuovi Mondi Media, Bologna, 2003.

- Stinnett Robert B., Il giorno dell'inganno, il Saggiatore, Milano, 2001.

- Vidal Gore, Le menzogne dell'Impero e altre tristi verità, Fazi, Roma, 2002.

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ben fatto
by x admn Tuesday January 06, 2004 at 12:56 PM mail:  

queste sono cose da colonna centrale, in evidenza. basta un copia incolla, la pappa è pronta.

questa è INFORMAZIONE.


un altro da colonna centrale è freebboter.



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No
by Luca Tuesday January 06, 2004 at 05:24 PM mail:  

Nessun colpo di stato,
piu' banalmente,
furono gli attentati terroristici piu' devastanti della storia.

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x Luca
by LHR Tuesday January 06, 2004 at 08:21 PM mail:  

Sì come l'incendio del Reichstag Vediti un po' le rotte degli aerei e poi dimmi se non è stato un atto voluto se non pianificato e realizzato dalla direzione USA http://www.misteriditalia.com/terrorismo-internazionale/islamico/al-qaida/attacco-america/

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dfd
by what? Tuesday January 06, 2004 at 10:13 PM mail:  

Algiz????
Quello che sostiene che dietro i no-global c'è la massoneria!?
Proprio quello?

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Complotto? E perchè?
by GAP Wednesday February 25, 2004 at 06:10 PM mail:  

Ci sarebbe da stupirsi se:
1)gli USA volessero controllare l'Eurasia come bottino/problema del dopo guerra fredda o avessero per loro natura stretto e costante bisogno di un qualsiasi nemico?
2)la politica formale è un "contentino televisivo" per le masse ma le attività da "doppio stato" non possono certo esser condivise per difficoltà e complicatezza e rischio con menti poco raffinate o non emotivamente troppo coinvolte?
3)il capitalismo di mercato ha subito i contraccolpi di un'enorme bolla di speculazione dovuta alla mancanza temporanea o definitiva di modelli innovativi, e perciò d'espansione, e si punti sull'economia di guerra e le commesse statali per la ripresa?
4)se l'evoluzione geometrica della democrazia "occidentale" e le annesse libertà non fossero più tollerabili o inconciliabili con le attuali esigenze di organizzazione-sicurezza-benessere-libertà-opinione?
Forse siamo troppi?
Comunque mi farò risentire...

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