effetti collaterali del made in italy
In Afghanistan si trattava di far passare oleodotti, in Iraq di
mettere le
mani sui pozzi di petrolio. La spartizione è iniziata prima
ancora che la guerra cominciasse. È notizia di pochi mesi fa
l'entrata dell'Eni nel
consorzio per l'oleodotto Baku-Tiblisi-Cehyan
[dal
Caspio al Mediterraneo], con una quota del 5 per cento, e diffusi
sono gli investimenti
e gli
interessi Eni in tutta l'Asia centrale.
Pochi giorni prima dell'attentato dirigenti dell' Eni si trovavano a
Nassyria per trattare con il "governatore" americano (Paul Bremer), lo sfuttamento dei
giacimenti di petrolio che si trovano proprio in quella zona. L'Rni
aveva gia' condotto trattative
con il regime di Saddam Hussein.
-La domanda di petrolio
nei prossimi anni crescerà a dismisura. Secondo recenti studi
del Dipartimento dell'energia del governo statunitense, il consumo di
petrolio a livello globale salirà dai 77 milioni di barili al
giorno nel 2000 ai 110 milioni nel 2020 con un aumento del 43 per
cento. Da qui al 2020 il pianeta consumerà circa 670 miliardi di
barili di petrolio equivalenti a circa i due terzi delle
riserve mondiali note. Va ricordato che gli investimenti delle
grandi imprese soprattutto in aree
a rischio sono resi possibili-
L’Italia è la terza forza di occupazione dell'Iraq
dopo Usa e Gran Bretagna. I sodati italiani non si trovavano
casualmente a Nassirya: questa città è situata sopra un
deposito petrolifero con una riserva stimata di due miliardi di barili
al giorno, già promesso all’italiana Eni. A
giugno 2003 la società pubblica di vendita del petrolio
dell'Iraq, Somo, ha assegnato la sua prima offerta di greggio
dopo la guerra, pari a 10 milioni di barili di scorte, a 6 società
petrolifere, tra cui Eni. Oltre alla società
italiana, si sono aggiudicate la commessa le spagnole Repsol e Cepsa, la turca
Tupras, la francese Total e la statunitense ChevronTexaco. Dei 10 milioni
di barili, 4 milioni andranno agli Stati Uniti e 5,5 milioni all'Europa,
mentre la parte restante rimarrà per "tolleranza"ha detto
Mohammed al-Jibouri, direttore generale di Somo.
La
divisione refinery e marketing del gruppo Eni(18:54 12/6/2003-comunicato stampa ) ha reso noto che
si è aggiudicata una
parte del petrolio iracheno, nel corso della prima
asta dalla fine
della guerra, asta condotta dalla società pubblica irachena
Somo, al
fine di smaltire l’accumulo di stoccaggi dovuto al conflitto. Eni ed
altri gruppi petroliferi hanno così vinto la gara per acquisire
barili
di petrolio rimasti invenduti in Iraq. In particolare, gli operatori
del settore sostengono che la società del cane a sei zampe si
sia
aggiudicata 1 milione di barili.
Ovviamente non
solo L'Eni ha interessi in Iraq, la BNL dall' Iraq deve
avere 5000miliardi delle vecchie cosa che raddoppiera' il suo
patrimonio. (Affare
Ricostruzione: "In prima linea
- trapela dal dipartimento retto dal ministero degli Esteri -
dovrebbe attestarsi un gruppo di imprese che sono già raggruppate sotto
l'ombrello di una sigla internazionale, Ames". Le sigle italiane sono diverse:
dalla Vianini spa del gruppo Caltagirone alla Salini Costruttori spa
(entrambe romane), dalla Cogefarimpresit alla Grassetto Costruzioni, dalla
Astaldi International (un tempo nelle grazie dell'ex presidente dell'Iri,
l'andreottiano Franco Nobili) alla SCI spa, bigdel mattone targato
Genova; alle meno 'celebri' Falcione di Campobasso, Vispi Costruzioni di Gubbio,
Giza di Reggio Emilia, Inglen di Firenze, Schiavo Estero spa ubicata in
via del Viminale a Roma. Non mancano all'appello le imprese
partenopee: De Lieto snc, sede in via Cappella Vecchia, Co.ge.it. spa,
uffici in via del Chiostro e Fondedile spa, ubicata in via Verdi. "Quest'ultima -
c'è chi osserva al ministero retto da Frattini - ha comunque anche
un'altra porta d'ingresso, ancora più comoda.Attraverso
l'Inghilterra". Vediamo di capirci. Partenopea a tutti gli effetti, la 'storica'
Fondedile ha partorito, alcuni decenni fa, non poche filiazioni estere. Ad
esempio, la Fondedile Sae a Madrid, la Fondedile Belgium ad Anversa, la
Fondedile Foundation a Londra. Nelle ultime due, la società madre ha
conservato una quota azionaria del 50 per cento. Poi, esattamente dieci anni fa, il
passaggio di Fondedile nell'orbita Icla-Pafi, il tandem che ha spopolato
nel dopo terremoto (vedi inchiesta a pagina 10). "Da allora - commentano
alcuni all'Associazione costruttori edili napoletani - non si è
più saputo se Icla a sua volta ha mantenuto quella metà del capitale
sociale". Ma ottimi rapporti di partnership, sicuramente sì.
da la Voce della Campania di Aprile 2003 articolo "Sciacalli S.P.A. di
Andrea Cinquegrani)
"Contro
«le reazioni faziose e i toni belluini»
attribuiti a chi, dopo la strage di Nassiriya, ribadisce che le truppe
italiane non avrebbero dovuto essere lì e che dovrebbero
immediatamente
rientrare, Giuliano Ferrara sosteneva ieri sul Foglio che, fra l'altro,
«non siamo in Iraq per il petrolio o per gli appalti...».
Ma,
sfortunatamente per lui, proprio ieri, Il Sole-24 Ore pubblicava una
corrispondenza da New York di Claudio Gatti, nella quale si afferma che
colpendo i carabinieri si è voluto mandare, indirettamente, un
messaggio all'Eni. «Da tempo l'azienda petrolifera italiana ha
gli
occhi sui campi petroliferi di Nassiriya. All'Eni quel giacimento da
300mila barili al giorno e con riserve tra i 2 e i 2,6 miliardi di
barili interessa dai tempi del regime di Saddam». E a giugno i
dirigenti dell'Eni sono andati a Baghdad per definire i dettagli
dell'operazione con l'amministrazione provvisoria Usa-irachena.
«Per i
nemici della pacificazione dell'Iraq, riuscire a tener fuori dal paese
tecnici e aziende straniere è addirittura più importante
che cacciare
le truppe occupanti», sostiene un ex-funzionario della Cia.
Conclusione: «Ecco quindi l'interesse degli attentatori a
trasformare
Nassiriya in un inferno in cui sarebbe troppo rischioso
avventurarsi»."
(da
FERRARA, LA
GUERRA E IL PETROLIO)
http://www.liberazione.it/
Le ditte italiane sono entrate"ufficialmente" nel
meccanismo delle gare
per gli
appalti il 13 gennaio 2003, in coincidenza con la visita al
contingente
italiano (nda.link da vomito, ma esplicativo)di stanza a
Nassiriya del governatore Bremer.
Vittorio Mincato direttore generale della "divisione Eni"...
ammette senza
imbarazzo l'interesse del maggiore e
unico gruppo energetico italiano verso la zona di Nassiriyah.
"In che modo l'Eni entrerà in Iraq?
A
suo tempo abbiamo siglato un contratto con il governo iracheno che
riguardava la zona di Nassiriyah, dove operano i soldati italiani.
Non saranno stati spediti a Nassiriyah proprio per proteggere l'Eni?
Glielo
assicuro: è casuale. Comunque i nostri tecnici stanno
monitorando con
molta attenzione quel che accade a Baghdad. Sicuramente il nuovo
governo iracheno aprirà alle compagnie occidentali per
sviluppare le
enormi riserve di quel paese. È un'occasione d'oro anche per
noi."(da un intervista a panorama del 28/10/2003
-il
controllo del capitale dell'ENI(33%) e' nelle mani dello Stato che
appoggia Bush per i "subappalti" della ricostruzione, per l'affare
petrolio.
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