Il ministro della difesa dice che il governo italiano non sapeva nulla delle torture in Iraq. Ma Amnesty International ricorda tutto: Farnesina (Boniver e Frattini) e Palazzo Chigi (Castellaneta e Scarante) erano stati avvisati.
Khreisan Aballey, iracheno di 39 anni, è stato arrestato per errore il 30 aprile 2003 dai soldati americani e condotto ad Abu Ghraib. Durante gli interrogatori è stato tenuto per quasi otto giorni in piedi o in ginocchio e faccia al muro, incappucciato e ammanettato. «Per tutta la durata della sua detenzione, le luci sono state sempre accese e una musica distorta ad altissimo volume scuoteva la cella. Non ha mai dormito (a parte brevi periodi di incoscienza) e i soldati americani lo hanno preso a calci in faccia e sui piedi fino a fargli saltare le unghie». Quando è uscito dall'inferno di Abu Ghraib, dopo nove giorni, i suoi piedi erano come «palloni da football e le ginocchia un brandello macilento». E' solo una delle tante storie di tortura raccolte da Amnesty International e scodellata sui tavoli del governo almeno dall'estate scorsa. Uomini tenuti in piedi per ore, privati del sonno e dell'acqua, detenuti senza incriminazione formale né difesa legale, in condizioni degradanti, casi di desaparecidos, una giustizia a doppio binario per criminali comuni e «sospetti terroristi». «Il punto non è se il governo sapeva o non sapeva», dice il presidente di Amnesty Italia Marco Bertotto. «Il problema è che sulla base degli elementi di cui era in possesso non ha fatto nulla. Non gli ha dato la giusta importanza, tutte le informazioni sono state ignorate». La litania di «non so, non sapevamo, nessuno ci ha detto niente» ripetuta dal ministro della Difesa Martino non convince affatto Amnesty, che ieri ha diffuso un lungo elenco di incontri e occasioni in cui informò il governo italiano sulla drammatica situazione in Iraq.
Andiamo con ordine. Il 24 marzo 2003, quattro giorni dopo l'inizio del conflitto, Amnesty invia una lettera a Berlusconi e al ministro degli esteri Frattini con dieci domande precise sull'atteggiamento dell'Italia per il rispetto del diritto umanitario nella guerra. Il nostro paese, del resto, avrebbe assunto pochi mesi dopo la presidenza europea. Palazzo Chigi non rispose, mentre Frattini accettò di incontrare una delegazione di Amnesty il 4 aprile. In quell'occasione, l'Ong invitò la Farnesina «a verificare che il futuro governo iracheno garantisse il rispetto dei diritti umani e che gli autori degli abusi commessi prima, durante e dopo il conflitto venissero sottoposti alla giustizia». Frattini rispose ricordando il «tradizionale impegno dell'Italia per il pieno rispetto delle convenzioni di Ginevra».
Il 1 maggio Bush scandisce «missione compiuta», il 29 l'Italia entra in guerra con l'operazione «Antica Babilonia» e poco dopo Berlusconi inizia il semestre di presidenza europea urlando «kapò» nell'aula di Strasburgo. Il 18 giugno Amnesty torna alla carica e in un incontro con il vice consigliere diplomatico di Palazzo Chigi Scarante, solleva apertamente il problema della tortura e dei diritti umani in Iraq. Poche settimane dopo, il 3 luglio, arriva la «famosa» interrogazione parlamentare della Margherita sulle torture a Camp Cropper e Abu Ghraib. Il sottosegretario Boniver prese atto delle denunce e salutò con favore le ispezioni della Croce rossa internazionale (Cicr) in molte carceri irachene.
E' credibile che il governo non abbia più saputo nulla delle «torture ripugnanti» denunciate dalla Cicr dopo quelle visite? Il 16 luglio la Boniver rassicura di nuovo Amnesty sull'argomento. Quello stesso giorno, l'Ong invia l'ennesima lettera (inascoltata) a quasi tutti i ministri italiani. Ad agosto altre due «smoking gun»: Amnesty consegna alla Farnesina e al consigliere diplomatico di Berlusconi Castellaneta un memorandum del 23 luglio con tutti i racconti di tortura (tra cui il caso Aballey). Bisogna ricordare che ad Amnesty, a differenza della Croce rossa, è proibito l'accesso a molte prigioni: le denunce si basano sui racconti delle persone rilasciate.
Risultato? Ieri Martino ha detto in aula: «Le Ong non ci hanno mai fornito informazioni su episodi di tortura».
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