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Diaz- "Blue Sky"
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by
lucignolo Tuesday, Dec. 07, 2004 at 1:13 AM |
mail:
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Chi non ha memoria del passato e' costretto a ripeterlo.
Alla Diaz
quella notte non ci fu alcuna resistenza e
violenza a pubblico
ufficiale, lesioni personali ai danni dei poliziotti ne' detenzione di
oggetti atti a offendere. La «brutale
e gratuita violenza
della polizia» fu del tutto immotivata. Smentita la
versione dei fatti contenuta nei verbali di polizia il giudice
decidera' l'archiviazione
del procedimento contro i 93 no
global che furono arrestati
durante l'irruzione alla scuola la notte del 21 luglio del 2001
durante il G8.
La decisione verra presa dal Gip (giudice per le indagini
preliminari) Anna Ivaldi (maggio 2003) che nel suo provvedimento
scrive:
"La sola
ricostruzione possibile sulla base degli
atti di questo procedimento di quanto accadde alla Diaz nella notte
21-22.7.01 è quella che di fatto esclude che gli indagati
abbiano posto in essere atti di resistenza", perché "quanto
dagli
stessi dichiarato non ha trovato smentita"
«Un'importante conferma della versione degli indagati
proviene proprio dalle dichiarazioni di molti operatori di polizia. A
tale proposito bisogna premettere che esse, pur non consistendo
in vere e proprie ammissioni, hanno però un particolare valore,
in quanto chi le ha rese ha in sostanza smentito la versione dei
fatti contenuta nei verbali; è quindi arduo ipotizzare che la
scelta di rendere tali dichiarazioni sia stata ispirata da altro che
dal rispetto della verità»
"Dei funzionari di polizia sentiti i soli a
riferire di atti di resistenza sono alcuni appartenenti al reparto
mobile ma, a fronte di tali dichiarazioni, vi sono quelle di altri
poliziotti dello stesso reparto che li negano mentre affermano di
avere, invece, constatato che molti di coloro che poi vennero arrestati
presentavano lesioni"
"i funzionari
interrogati hanno reso versioni discordanti circa
l'ingresso
nella scuola, tutti attribuendo ad altri di esservi entrati
per primi"
Il castello di denunce costruito contro i manifestanti, massacrati
di botte ed arrestati nel corso del famigerato
blitz alla Diaz, crolla in
maniera definitiva e si ritorce su una piccola parte dei
poliziotti che nel
luglio 2001 picchiarono, imprigionarono e sottoscrissero verbali
falsi.
( "le firme sono
illeggibili" - "la circostanza
che siano emersi elementi che hanno
indotto il pm a ipotizzare il reato di falso in relazione ai
verbali...esclude
che da tali verbali possa desumersi alcuna certezza circa l'effettivo
svolgimento
dei fatti" )
Il tredici Dicembre 2004 il gup Daniela faraggi deciderà se
accogliere - e in che termini - la richiesta di rinvio a giudizio della
Procura di Genova, che vuole processare 29 tra superpoliziotti,
funzionari e alcuni dirigenti dell'antiterrorismo, imputati per
reati di falso, calunnia e lesioni gravi in concorso.
Preveggenza
Una comunicazione ( Acquisita agli
atti dalla Procura) partita
quella sera dalla questura al servizio di emergenza medica
«118», dimostra la preveggenza della polizia che
prima ancora di sfondare alla Diaz già chiedeva di inviare in
via Cesare Battisti «diverse» ambulanze.
"Blue sky"
I pm l'hanno ribattezzato "Blue sky". E' un filmato (di Primocanale,
una rete televisiva
genovese) che sbugiarda
in maniera clamorosa i vertici della Polizia di Stato e sottolinea un
dato di fatto: il falso e la calunnia, almeno nella redazione del
verbale di arresto dei 93 no-global e di sequestro delle fantomatiche
armi, ci sono stati.
Nel filmato si
vede un capannello di poliziotti : sulla sinistra si riconosce il
braccio destro di La Barbera, Giovanni Luperi
che regge un sacchetto celeste (da cui fu coniato il termine blue sky
per il filmato) che sta parlando con Spartaco Mortola, l’ex capo della
DIGOS genovese.
Qualcuno che regge un casco con l'altra mano apre il sacchetto, i
presenti guardano all'interno. Luperi parla al cellulare, sembra quasi
chiedere consiglio al suo interlocutore.
Luperi risponde
a una telefonata del suo superiore, il prefetto
Arnaldo La Barbera (terza conversazione tra i due dopo quelle delle
00.33
e 00.38), l'unica contestuale a quella effettuata da un altro
funzionario
ripreso dalla telecamera, ore 00.38, durata dieci minuti.
Il telefonista del film e' Giovanni Luperi ex vice Ucigos
poi dirigente della polizia di prevenzione, oggi alla
guida della task-force antiterrorismo dell’Unione europea", da indagato
( interrogatorio
del 12 giugno del
2002) riferisce:
«Ho visto due molotov conservate in un sacchetto di plastica, non
ricordo chi avesse in mano il sacchetto e non so dove le avessero
trovate». Il 25 luglio si avvale della facoltà di non
rispondere.
Il
sacchetto, che contiene le false bottiglie molotov gira di mano in
mano, tra molti dirigenti presenti sul posto. «Io mi
ricordo:vengo chiamato al telefono e mi rimane in mano questo sacchetto
di bottiglie. Sono rimasto abbastanza inopportunamente con il sacchetto
in mano». A chi consegnarle? «Quando ho finito la
telefonata mi sono reso conto che ero rimasto solo con questo
sacchetto, perché il gruppo che era lì si era dissolto e
allora ho cercato qualcuno».
(La persona cui vengono consegnate le molotov è la dottoressa
Mengoni della Digos di Firenze.)
«Stupidamente forse ho voluto verificare questo sacchetto e
me lo sono trovato in mano».
«Voglio fare una premessa: io sono andato lì e non
volevo andarci, solo perché c'è andato il prefetto La
Barbera». «La Barbera sparisce e io rimango senza
macchina. Beh, dico, mi porteranno indietro quelli della Digos, ma
Mortola (l'ex capo della Digos genovese, ndr) sparisce e io rimango
senza macchina, a quel punto senza nemmeno l'ausilio delle Digos».
«Le ho viste, queste due bottiglie molotov, stese su uno
striscione. Ritengo che fosse un qualche suggerimento ad uso stampa.
Qualcuno aveva intenzione di far riprendere le immagini fotografiche
del materiale sequestrato all'interno della Diaz».
«Se ho commesso un errore è di non essermi reso conto di
quello che era successo lì dentro, se ho una cosa di cui mi devo
rammaricare è proprio questa»
«Mi sono assunto alcune responsabilità che a mio
avviso non mi competevano, cercare di dare un minimo di organizzazione
nel bailamme in cui nessuno capiva più nulla; poi ho raggiunto
il mio referente (La Barbera) e da quel momento ho smesso di
interessarmi a tutta la vicenda»
Il pm Zucca suggerisce: «Lei parla degli "equipaggi misti"( per
rastrellare le strade della città), i cosiddetti
pattuglioni». Luperi: «Furono costituiti la sera del
21». Da chi? Luperi: «Gratteri mi disse che si era messo
d'accordo con la Barbera». Zucca: «La Barbera quale ruolo
avrebbe avuto in questo?». Luperi: «Non lo so, così
mi disse Gratteri ».
Francesco Gratteri, allora dirigente Sco, uno dei dirigenti indagati,(
"Secolo XIX"31 settembre) "La cosa che mi stupì- ha riferito ai
pm - fu, a distanza di brevissimo tempo dal mio arrivo, l' arrivo delle
telecamere e dei fotografi. Tant' è che mi arrabbiai con
qualcuno, non tanto per la presenza delle telecamere, quanto per il
fatto che la loro presenza richiamava i ragazzi che stavano sopra, come
se stimolasse, la presenza delle telecamere, quei ragazzi a protestare
vivacemente".
la scena delle false molotov
Così argomenta
Francesco Gratteri, capo dell'Antiterrorismo, uno dei poliziotti
più noti e potenti, l'uomo che ha arrestato le nuove Brigate
Rosse ma anche quello che rappresentava il Ministero dell'Interno nella
notte della Diaz.
Di fronte ai sospetti di essere in qualche modo coinvolto nei falsi, Gratteri
s'infuria ancora: «La persona che ha sfondato il quadro di
Bagarella contro la parete l'ho m andata a casa, dopo che non dormiva
da tre giorni e da tre notti, perciò io non le faccio queste
cose e non le fanno quelli che stanno con me». «Se
delle persone volutamente e secondo un progetto hanno sistemato delle
bottiglie molotov o degli altri strumenti di reato, o strumenti con cui
sono stati commessi reati, sotto i miei occhi questo non è
accaduto. Però condivido: certe cose dovevano essere sicuramente
fatte meglio. Non riesco a controllare tutto contemporaneamente. Non
riesco a controllare quello della squadra mobile, del reparto mobile o
dello Sco che piglia le bottiglie e le porta là, questo è
il problema »
L'attuale numero uno dell'antiterrorismo osserva il filmato che
riprende la scena: «Non ho assolutamente ricordo». Il pm:
«E' il momento più significativo del rinvenimento di
queste bottiglie». Gratteri: «Guardi, io questo non lo
ricordo ». «Io questa scena non la ricordo,
guardi». «Probabilmente sono passate in mano a tutti,
voglio dire che possono essere passate pure in mano a me, dico
io».
Franco Gratteri, uomo di punta della lotta alla mafia e pupillo di De
Gennaro, fa la figura di quello che c'era ma forse dormiva: tutta colpa
dei celerini, dice Gratteri, perdendo tempo solo a spiegare della
squadretta da lui mandata "per errore" al Media center della scuola di
fronte (computer distrutti, hard disk trafugati...) e a correggersi
come può dopo la visione del filmato che lo inquadra a pochi
metri da Gilberto Caldarozzi (suo vice) che confabula con Luperi con la
busta in mano (manifesto del 7
gennaio 2003)
Gratteri non sa indicare chi abbia ritrovato le molotov. Quando
ammette che nessuno ha cercato, in quel frangente, di capirlo. Il
magistrato: «Non è possibile, non è possibile.
Consultati tutti i funzionari, praticamente li abbiamo interrogati
tutti, nessuno è in grado di dirci chi ha trovato e che
cosa». Gratteri: «Posso essere d'accordo sul fatto che
questo non sia decoroso».
«Ricordo che quella sera ho fatto un paio di telefonate a
Manganelli (vicecapo della polizia), una per riferire su quanto stava
accadendo e sulla presenza dei feriti, una per riferire della presenza
delle molotov (...) Troiani l'ho
riconosciuto sul giornale e davo per scontato il ritrovamento durante
la perquisizione (...) (interrog. 30 luglio 2002)
Qualcosa
di anomalo e' successo
....ci sono episodi già denunciati di comportamenti anomali?
«A me personalmente non risulta. E’ ovvio che qualcosa di anomalo
è successo, ma si sta indagando. Da quel che mi hanno detto anche
la resistenza è stata lunga, organizzata e accanita. Non
credo che sia possibile, come dice qualcuno dei ragazzi, che dentro la
scuola dormissero tutti quando è stata fatta l’irruzione. E’
stato tale il frastuono fatto per superare la resistenza fuori, fra
lanci di bottiglie, pietre e cancelli sbarrati, che la gente si
è svegliata anche nei condomini di fronte».
«L’intervento è stato sicuramente troppo energico. E degli
eccessi probabilmente ci sono stati. Qualcuno, a livello singolo,
può aver fatto delle fesserie o essersi abbandonato a episodi di
esagerazione gratuita. Ma di sicuro non si può parlare di
un’azione di massa né si può dire che è stata
richiesta dal vertice».
Notizie
ne' vere ne' false, verosimili...
<>
Verosimilmente gli antefatti dell' irruzione
<
Nell'occasione, il personale notò la presenza di numerose
persone verosimilmente riconducibili ai cosiddetti black bloc.
Rientrato in questura - ed è stato fatto rientrare da me -, il
funzionario mi riferì l'episodio che in quel momento poteva
connotarsi anche per aspetti di ordine pubblico e, nel rispetto delle
competenze che ho già precisato, provvidi ad accompagnare il
dottor Di Bernardini perché riferisse l'episodio al questore di
Genova.
Nella stanza del questore di Genova si trovavano anche altri dirigenti,
tra i quali il prefetto Andreassi, il prefetto La Barbera, il collega
Luperi, il dottor Murgolo ed altri funzionari. Il questore, sentito il
racconto del dottor Di Bernardini, attivò il dirigente della
DIGOS, dottor Mortola, che, a seguito di un suo personale sopralluogo,
appena rientrato in ufficio riferì di avere constatato la
presenza in via Battisti di persone verosimilmente riconducibili ai
cosiddetti black bloc. Lo stesso dottor Mortola in merito riferì
di aver avuto un contatto telefonico con un rappresentante del Genoa
social forum, che permise di acquisire ulteriore contezza che presso la
scuola era possibile una infiltrazione di elementi non conosciuti al
Genoa social forum, anche per la confusione conseguente alla partenza
di migliaia di manifestanti, dopo la conclusione del corteo del
pomeriggio.
Nella circostanza si decise, con il questore e con gli altri dirigenti
citati, di procedere ad una perquisizione a norma dell'articolo 41 del
testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, per la ricerca di armi
che, com'è noto, furono poi rinvenute: mazze di ferro, coltelli,
bottiglie molotov. Si stabilirono pertanto le modalità di
intervento perché all'operazione prendessero parte il reparto
mobile di Roma, il personale della DIGOS e della squadra mobile di
Genova, nonché del reparto prevenzione e crimine dei
carabinieri. Hanno concorso all'atto di polizia giudiziaria anche 60
dei 482 uomini a mia disposizione, dei quali soltanto sette
appartenenti al Servizio centrale operativo, guidati da sei funzionari.
Con il dottor Caldarozzi e una aliquota del personale del Servizio
centrale operativo che ho già detto, sono giunto in via Battisti
quando già i reparti avevano fatto ingresso nella scuola e non
ho pertanto cognizione diretta delle fasi della irruzione. Il personale
del Servizio centrale operativo e delle squadre mobili ha cooperato
all'attività di perquisizione e di individuazione delle persone
presenti. Il verbale di perquisizione e di arresto è stato
quindi trasmesso, con la sottoscrizione degli operanti,
all'autorità giudiziaria di Genova dalla squadra mobile e dalla
DIGOS di quella questura. >>
Per sbaglio, casualmente....
Da diversi rapporti -trasmessi da Canterini-risulta anche che
già alle 21,30 erano stati tutti allertati per un'operazione da
compiere intorno alle 22,45-23. Lei dice che intorno alle 21,30,
casualmente, si è verificato questo fatto che poi ha dato luogo,
al ritorno del dottor Di Bernardini in questura, ad una serie di
riunioni, e così via. Vi è incongruenza tra questi tempi,
perché se il fatto è avvenuto alle 21,30, non è
possibile che alla stessa ora già fosse stato previsto.
Addirittura, i giornalisti affermano di essere stati preavvisati alcune
ore prima che sarebbe successo qualcosa del genere. (componente
commissione parlamentare sul G8)
<
Gratteri ha poi ribadito che la polizia è entrata per sbaglio
nel Media Center del Genoa Social Forum (dentro la scuola Pascoli, di
fronte alla Diaz) … e appena Gratteri saputo dell' irruzione lì,
aveva ordinato ai suoi uomini di ritirarsi. Non ha spiegato,
però, come mai nello 'sbaglio di irruzione' i solerti agenti
hanno provveduto a distruggere gli hard disk dei computer del Genoa
Legal Forum, dove guarda caso cominciavano ad essere registrate le
denuncie e i racconti delle violenze subite dai manifestanti in quei
giorni.
Se dovessi impostare un'indagine su quanto accaduto alla Diaz partirei
dal dato che a provocare il caos dentro la scuola potrebbe essere stato
qualcuno del reparto mobile o di altri reparti, così come
l'episodio dell'accoltellamento simulato (...) Penso anche che
l'episodio delle bottiglie sia stato montato per giustificare quanto
accaduto dentro la
Diaz. (...) sarebbe importante determinare chi abbia comandato a
Troiani di venire alla Diaz».( Gratteri interrog. 30 luglio 2002)
"Oggi forse non ripeterei quello che ora forse ritengo un errore, e
cioè essermi recato là"
Qualcuno ha esagerato
«Io penso che l'episodio dell'accoltellamento simulato sia
stato determinato dal fatto che qualcuno ha esagerato... Che l'episodio
dell'accoltellamento potesse in qualche maniera parare, giustificare,
coprire l'eccesso di violenza usato»
"Ma
chi c'era alla
scuola?" "Chi c'era?",
risponde il poliziotto con un sorriso
ironico, "c'erano Minnie, Pippo e Topolino"
e anche Gilberto Calderozzi, capo e vice capo dello Sco, insieme
con
una dozzina dei loro uomini, si trovavano nel bel mezzo
dell'azione...
"Verso le 22 una macchina della polizia viene bersagliata da un lancio
di oggetti provenienti dalla scuola. Uno degli agenti a bordo chiama
subito un suo amico che si trova in via Trento, la via cioè che
passa
proprio dietro alla sede del Gsf. L'amico in questione è
Gilberto
Caldarozzi che, in quel momento, sta effettuando dei "controlli"
insieme a sette/otto agenti dello Sco. Questo fatto viene confermato da
Lalla. Ma che ci faccia Caldarozzi in via Trento resta ancora un
mistero: lo Sco, secondo il piano di sicurezza, doveva occuparsi della
zona rossa e non del pattugliamento
delle strade" (da il manifesto del 3 agosto 2001)
Mezza
ammissione
"Devo anche ammettere, per onor di verità, una cosa che è
stata detta in quest'aula. Dal momento che allo SCO era stato demandato
di verificare all'interno della zona rossa eventuali disservizi, come
mai lo SCO stava al di fuori di essa? Una delle domande che mi ha fatto
l'ispettore Micalizio è stata la seguente: tu sapevi che lo SCO
stava al di fuori? Io ho risposto di no; egli ha detto che il questore
avrebbe dovuto saperlo ed io ho accettato il rilievo " (Francesco
Colucci questore - Audizione
)
Alle ore 22.20 circa del 21 luglio venivo informato che
Parla
il questore Francesco Colucci
"Alle ore 22.20 circa del 21 luglio venivo informato che, mentre
transitavano in via Cesare Battisti al comando di un funzionario della
squadra mobile di Roma, alcune pattuglie miste della
«mobile» e DIGOS (Divisione investigazioni generali e
operazioni speciali) erano state oggetto di una aggressione con lanci
di pietre e bottiglie nonché a mezzo di calci inferti alle auto,
un'aggressione messa in atto da più di cento persone, molte
delle quali vestite di nero. Nella circostanza nel mio ufficio erano
presenti, tra gli altri, il vicecapo vicario della polizia, prefetto
Andreassi, il direttore centrale della polizia di prevenzione, prefetto
La Barbera, il dirigente superiore Luperi, il dirigente superiore
Gratteri, direttore del servizio centrale operativo.
Il dirigente della DIGOS fece subito presente che in via Cesare
Battisti vi erano degli studi scolastici concessi al Genoa social forum
da comune e provincia per insediarvi il centro stampa: nella
circostanza si ritenne utile incaricarlo di compiere un attento
sopralluogo.(...)
come di consueto, la raccomandazione impartita a pagina 179
"Alle ore 23 circa, all'interno della sala riunioni della questura, si
svolse una riunione operativa cui presenziai insieme al prefetto La
Barbera e nella quale ebbi modo di ribadire a tutti, come di consueto,
la raccomandazione impartita a pagina 179 della mia ordinanza del 12
luglio di improntare l'attività alla massima moderazione,
cautela e prudenza. Preciso di aver lasciato la riunione prima che
fosse terminata la discussione sulle modalità operative
dell'attività. Alle ore 23,30 l'operazione aveva inizio secondo
modalità sulle quali ritengo non poter al momento fornire
valutazione alcuna, trattandosi, come già sostenuto, di materia
oggetto di approfondita indagine giudiziaria. "
Aggiungo che circa un'ora dopo - a fronte delle notizie che si
ricevevano dai funzionari sul posto tramite comunicazioni telefoniche e
che riferivano di una situazione assai delicata per l'ordine e la
sicurezza pubblica all'esterno dell'edificio scolastico - disponevo
l'invio di ulteriori contingenti dell'Arma dei carabinieri, sotto la
direzione del vicequestore vicario dottor Calesini, allo scopo di
fronteggiare eventuali intemperanze verso il personale impegnato
nell'operazione di polizia giudiziaria da parte di una folla di persone
che si andava radunando sulla strada. "
Credo che vi fosse
una linea di comando....
"FRANCESCO COLUCCI, Questore. Si sono recati diversi funzionari alla
scuola Diaz, circa venti, venticinque. Io sto parlando dei due
funzionari della questura di Genova, il dirigente della squadra mobile
ed il dirigente della DIGOS. Per quanto riguarda la squadra mobile sono
andati il dottor Gratteri, direttore dello SCO, il dottor Caldarozzi ed
altri funzionari che erano a Genova aggregati alla squadra mobile. Io
volevo mandare anche il dottor Lapi come funzionario mio referente
diretto, ma in quella riunione mi venne ricordato che il dottor Lapi
era stato ferito durante la manifestazione; va a suo merito che egli,
nonostante fosse ferito, sia tornato nuovamente in servizio. È
stato allora inviato il dottor Murgolo - ciò risulta anche nella
mia ordinanza - che mi doveva affiancare per tutto quanto riguardava
l'ordine pubblico. Lui si è offerto, e si è recato sul
posto. A questo punto vi erano sia la linea di comando sia
l'organizzazione. Successivamente si sono recati sul posto altri due
funzionari che dirigevano i
due reparti della polizia e dei carabinieri e che dovevano essere di
riserva in questura; li ho mandati lì per fronteggiare una
minaccia all'ordine pubblico.
Io non sto dicendo la mia verità ma la verità oggettiva,
con la coscienza tranquilla e serena. Ripeto che questo servizio
è stato condiviso da me per primo, non mi sto tirando fuori.
Credo che vi fosse una linea di comando anche se poi, durante
l'esecuzione, quella confusione per la quale il magistrato sta
svolgendo la sua attività giudiziaria; vi è stata ben
venga quest'ultima se ciò servirà a fare maggiore
chiarezza. D'altra parte anche alcuni funzionari, come il dirigente
della DIGOS ed il dirigente della squadra mobile, trovandosi alla
presenza di altri referenti ministeriali, chiaramente hanno avuto un
minimo di perplessità su come si doveva svolgere l'intera
operazione.
Una decisione contestuale
"Con riferimento alla perquisizione della Diaz in base all'articolo 4
del Testo unico, ricordo che l'attività prevista da tale
articolo è di polizia giudiziaria. Con riferimento alla firma
degli atti, ricordo altresì che sono stati firmati dal dirigente
della mobile e dal dirigente della DIGOS di Genova. Ripeto ancora che
si è trattato di una decisione contestuale, condivisa da tutti.
(Commenti del senatore Bobbio), anche da ufficiali di polizia
giudiziaria dello SCO presenti. "
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Ho affermato nella mia relazione che nel
mio ufficio la sera famosa perquisizione erano presenti oltre al
questore - il dirigente della DIGOS mi fa un appunto -il vicecapo
vicario della Polizia, prefetto Andreassi, e il suo segretario dottor
Costantino, il direttore della direzione centrale polizia di
prevenzione, il prefetto La Barbera, il primo dirigente Giovanni
Fiorentino, il dirigente superiore Giovanni Luperi, il dottor Gratteri,
direttore dello SCO, il dottor Gilberto Caldarozzi, dirigente dello
SCO, il dottor di Bernardini e il dottor Murgolo, vicequestore vicario
di Bologna. Il dottor di Bernardini è il funzionario che ha
subito un'aggressione. Quando il dottor di Bernardino e il dottor
Caldarozzi ci raccontano dell'aggressione subita, dopo esserci tutti
consultati, si decide di procedere all'intervento ai sensi
dell'articolo 41. Dico «si decide» perché sarebbe
stato minimale affermare che l'intervento era stato deciso dal
questore, vista la presenza nella stanza di altri esponenti qualificati
del dipartimento."
E' stata un' idea condivisa....
"È stata una idea condivisa. Ripeto pertanto che si è
trattato di un'idea condivisa da tutti, me compreso. Devo inoltre dire
- la mia coscienza mi impone di farlo - che il prefetto La Barbera mi
ha sollecitato - io non vi avevo nemmeno pensato, data la situazione di
grande stanchezza - per fare intervenire sia l'elicottero sia i Vigili
del fuoco con le fotocellule ed il gruppo elettrogeno.
Con questo voglio dire che mi assumo le mie responsabilità
decisionali e non mi nascondo dietro un dito: la linea è stata
condivisa. Non ricordo che ci sia stata qualche indicazione diversa, ma
se il prefetto La Barbera, il direttore dello SCO o il vicecapo della
Polizia mi avessero chiesto cosa fare avremmo riflettuto ancora di
più.
Per quanto riguarda le scuole Pertini-Diaz lei parla di scelte
operative. È vero: ho assistito, nella sala delle riunioni, al
briefing tenutosi sul modo in cui intervenire, dato che il luogo non
era facilmente raggiungibile. Dopo essermi preoccupato di fornire il
supporto di un reparto inquadrato e di ribadire, così come ho
detto nella mia relazione, la necessità di procedere con massima
cautela e prudenza (e mentre dicevo questo era vicino a me - e l'ha
sentito benissimo - anche il prefetto La Barbera), ho lasciato la
riunione (anzi, se vogliamo essere più precisi, sono sceso
giù per vedere il momento della partenza). Del resto, essendo
questore di Genova, ho anche altri compiti ed altri incarichi.
Dal momento che si trattava esclusivamente di un'azione di polizia
giudiziaria, una volta curato un certo aspetto con i miei referenti sul
posto qualunque altra mia parola sarebbe stata di confusione in quel
contesto.
Infine, non è esatto - mi consenta - quello che lei ha detto in
riferimento al cancello, che è stato aperto con un mezzo nostro
e non con quello di un privato (Commenti del senatore Tomassini)... Non
è vero, è stato un mezzo del reparto mobile a sfondare il
cancello.
FRANCESCO COLUCCI, Questore. Occorrerebbe fare una disquisizione
giuridica in merito ai poteri del capo della Polizia sul questore di
Genova: la legge parla chiaro e si riferisce all'autorità
nazionale di pubblica sicurezza, che è il ministro, il quale
dà gli input politici al prefetto ed altri input tecnici al
direttore generale del dipartimento, il quale li trasferisce in capo al
questore. Forse, ci si dimentica che il direttore generale del
dipartimento è anche capo della Polizia. Quindi c'è una
sorta di rapporto gerarchico tra capo della Polizia e questore.
È un discorso un po' complesso che andrebbe, a mio giudizio,
approfondito in altra sede; qui io mi permetto solamente di socchiudere
una finestra. Non sta a me dare altri giudizi ed altre giustificazioni.
Il capo della Polizia mi è sempre stato molto vicino per quanto
riguarda questa attività. Non poteva fare altrimenti, è
giusto così e lo ringrazio anche per questo. Sarebbe da sciocchi
pensare che un evento straordinario possa essere delegato al questore
senza alcuna preoccupazione: oltre al supporto logistico, materiale,
affettuoso ed umano, vi è qualcosa di più. Ecco
perché ribadisco il mio ringraziamento al capo della Polizia ed
al dipartimento, perché mi sono stati veramente molto vicini. "
si pente il prefetto
Arnaldo La Barbera, l'uomo della stagione d'oro dell'antimafia, il
poliziotto tutto d'un pezzo caduto in disgrazia dopo il G8 di Genova
muore a Verona dopo una lunga malattia ( il 12 settembre
2002). Allora
capo dell'antiterrorismo (Ucigos), quando viene sentito
dai magistrati nel giugno del 2002 dichiara:
"L'errore che è stato fatto è stato quello di passare
là...come versare benzina sul fuoco"
Ma quel sabato 21 luglio 2001 il Di Bernardini riparla con
Gratteri e Caldarozzi dei fatti (la finta sassaiola di via Battisti) e
quindi c'è la prima riunione, poco dopo le 22, nell'ufficio del
Questore a cui partecipano anche il prefetto Ansoino Andreassi allora
numero due della polizia, il prefetto La Barbera, Gratteri, Caldarozzi,
Nando Dominici (ex capo della Mobile di Genova), Spartaco Mortola (ex
capo della Digos di Genova) insomma i vertici della polizia italiana
presenti a Genova. Nasce l'operazione Diaz in base all'articolo 41 del
Tulps (la ricerca di armi):
"L'idea forse partì da La Barbera, ma tutti furono d'accordo,
senza eccezione", dice Lorenzo Murgolo, vice questore vicario della
Questura di Bologna, il 22 giugno dell'anno scorso in Procura.
Qualche forzatura giuridica
Spartaco Mortola, ex capo della Digos di Genova, oggi
responsabile dell’ufficio tecnico-logistico della questura di genova,
al terzo interrogatorio, il primo da indagato, riferisce: «Ho
visto per la prima volta le bottiglie dentro la scuola, a piano terra,
dove mi trovavo (...) Ho dato disposizione di metterle con gli altri
reperti sul telone»
Sulle modalità del ritrovamento Mortola dice :
«Effettivamente ho fatto un po' di confusione, sono emotivamente
scosso (...) Prendo atto che gli elementi evidenziati nell'arresto e
perquisizione non sono stati sufficienti per attribuire i reati ai
singoli arrestati (...) A posteriori posso dire che c'è stata
qualche forzatura giuridica, ma abbiamo pensato che contestando il
reato associativo fosse superabile il problema dell'attribuzione dei
singoli fatti (...)». Il 30
luglio(2002) ancora Mortola: «Ricordo che le bottiglie mi vennero
portate in sacchetto chiaro, sgualcito, all'interno della scuola, da
due agenti del reparto mobile».
Spartaco Mortola riconosce che quella notte arrestare i manifestanti fu
probabilmente "una forzatura giuridica".
Il sopralluogo
Mortola, il capo della Digos genovese, viene mandato a fare un
sopralluogo in piazza Merani, sopra la Diaz.
Al termine della ricognizione che precede l'assalto - dopo che
quattro auto, dichiara il vicequestore Di Bernardini sono state prese a
pietrate - «A seguito dell'episodio,ipotizzando la presenza dei
responsabili degli incidenti di piazza, lo scrivente si recava sul
luogo al fine di svolgere una opportuna ricognizione. Giunto in piazza
Merani avevo modo di accertare che sulla stessa, con funzioni di
;vedette', intenti a bere birra sostavano alcuni giovani. La stessa
situazione veniva rilevata nelle strade circostanti l'edificio
scolastico Diaz. Davanti a questo, inoltre, sostavano circa 150
persone, nella quasi totalità vestite di nero, che erano in
possesso di un consistente numero di bottiglie di vetro contenente
birra».
Mortola poi telefona a un referente del Gsf , Stefano Kovac, che
lo avrebbe informato che la situazione non era del tutto sotto
controllo. Secondo Mortola avrebbe anche detto che potevano esserci
soggetti non graditi, degli
infiltrati, probabilmenteanche dei black bloc, ma
Stefano Kovac, responsabile logistica del Genoa Social Forum durante i
giorni del G8, sentito come teste dal pm Enrico Zucca, smentisce
tutto e ribadisce che il giorno del blitz notturno della polizia alla
scuola Diaz, aveva pregato Spartaco Mortola, dirigente della Digos, di
non alzare la tensione perchè la situazione era sotto controllo.
Mortola aveva avvistato «un centinaio di tute nere».
Nessuno dei tanti capi, critica Micalizio (superispettore del governo),
«ebbe dubbi su quella segnalazione».
Mortola il 27 ottobre 2001, ‘’Era comunque stato previste e altamente
probabile che ci sarebbe stata una reazione di resistenza da parte
degli occupanti dell’edificio scolastico, come era desumibile dagli
episodi ai danni delle pattuglie’’.
Belinate
Nell' interrogatorio di fronte al pm Enrico Zucca il 23 luglio
2002 l'ex capo della
digos di
Genova dichiara a
proposito delle false Molotov, che un altro poliziotto, il capo della
Mobile di La Spezia, Filippo Ferri, non sapendo dove
«collocarle», avrebbe chiesto consigli al pm di turno:
Pinto. E Pinto, avrebbe consigliato di collocarle nell'atrio: un luogo
accessibile a tutti e tale da permettere di accollare il possesso dei
due ordigni a tutti e 93 gli ospiti della Diaz.
Mortola incalzato da Zucca smentisce poco
dopo le sue affermazioni che in seguito liquiderà come
«belinate»; Ferri, interrogato sull'argomento, ha
smentito di avere mai parlato con Pinto la notte del blitz.
«La
Diaz è ancora una pagina oscura di questa seconda Repubblica -
ha dichiarato Pinto - in cui sono rimasto coinvolto in maniera
oggettiva. La stranezza è che io risulto coinvolto da parte di
soggetti che si dicono all'oscuro di tutto».
Turlupinato
Gli avvocati di Mortola insistono: «II nostro cliente ribadisce
con veemenza, nel caso in cui qualche falsità sia stata
perpetrata, di essere stato turlupinato». Spartaco Mortola le
molotov: le vede per la prima volta al piano terra della scuola, gliele
mostrano due agenti del reparto mobile ("Guardate cosa abbiamo
trovato"). Con lui ci sono due colleghi che non ricorda bene: forse La
Barbera, Gratteri. Dice di aver visto dentro la Diaz "circa 50 persone
a piano terra, tranquille e apparentemente non ferite", spiega gli
errori nell'attribuzione delle prove a carico dei manifestanti
sostenendo che "si era creata confusione". E quando gli si chiede del
perché dell'arresto dei 93, risponde: "Posso solo dire, a
posteriori, che c'è stata
Piu' o meno verso le 23.00 o giu' di li'...
Sono più o meno le 23.00 e dalla questura partono due colonne di
mezzi capeggiate da Spartaco Mortola che arrivano alla scuola,
trovano il cancello chiuso, lo sfondano con una camionetta ed entrano.
Silvio Romanelli, legale del capo del reparto mobile di Roma
Vincenzo Canterini, ha presentato al procuratore aggiunto Francesco
Lalla, coordinatore del pool di pm che conducono le inchieste sui fatti
del G8, una memoria in cui si riassumono i compiti e le
responsabilità di un dirigente come Canterini.In sostanza,
secondo il documento, il capo di un reparto mobile mette a disposizione
i suoi uomini per i diversi servizi in vari posti. Ma gli
agenti sono sotto la direzione dei comandi provinciali, quindi della
questura e dei funzionari della questura stessa. Secondo Romanelli,
durante la perquisizione alla scuola Diaz c'erano due battaglioni di 40
uomini l'uno, uno dei quali era sotto la dirigenza della questura e
l'altro delcapo della Digos Spartaco Mortola. Canterini, sempre secondo
l'avvocato, era stato convocato in questura a Genova alle 22:30 dove
gli era stato detto che i suoi uomini sarebbero
dovuti intervenire alla scuola Diaz alle 23:30. All'istituto
scolastico, Canterini è stato presente in quanto c'erano i suoi
uomini ma non in veste di dirigente.
Per sentito dire
Massimiliano Di Bernardini uomini della Digos di Genova,
del reparto prevenzione crimine e del reparto mobile sono in azione di
perlustrazione. «Alle ore 22,30 circa - relaziona Di Bernardini
-, con l’unità operativa mi avvicinavo in via Trento transitando
per via Battisti, ove nei pressi dell’Istituto scolastico "Diaz"
eravamo costretti a rallentare notevolmente la marcia poiché la
strada era impegnata da diverse autovetture che procedevano a passo
d’uomo. Nella circostanza notavo che l’Istituto e i marciapiedi
adiacenti erano occupati da un nutrito gruppo, circa 200 persone, molti
dei quali indossanti capi di abbigliamento di color nero, simile a
quello tipicamente usato dai gruppi definiti "Black bloc"».
Sempre secondo Di Bernardini: «A causa della ridotta ampiezza
della carreggiata, le quattro vetture in dotazione, di cui le ultime
due recanti i colori d’Istituto, si trovavano a stretto contatto con
gli astanti che, accortisi del ridotto numero dei mezzi, iniziavano un
folto lancio di oggetti e pietre contro il contingente, cercando di
assaltare le autovetture. Nella circostanza si udiva chiaramente
gridare: "Sono solo quattro, sono solo quattro". A tal punto, per altro
inseguiti dalla folla, riuscivamo, azionando anche i segnali di
emergenza, a guadagnare una via di fuga, sempre sotto il tiro di
oggetti contundenti». (la Stampa, 30
luglio 2001)
«Nel corso delle indagini, ha spiegato il magistrato(Zucca)
- e` emerso che nessun poliziotto ha scritto esattamente cosa era
successo davanti alla Diaz, anzi tutti hanno dato versioni contrapposte
o per sentito dire».
Questo
episodio pero` non risulta dai verbali dei superiori, tra cui il
funzionario romano Massimiliano Di Bernardini, che scrisse solo di una
fitta sassaiola, specificando in seguito, davanti ai pm, che gli era
stata riferita, come anche il lancio di un bullone. Di Bernardini
scrisse pero` di aver visto di persona lanciare una bottiglia di birra
sopra una delle quattro auto civetta della polizia e un manifestante
che si aggrappava allo specchietto retrovisore di una vettura.
Di Bernardini poi sosterra' di aver riportato «fatti riferiti da
altri».
"Eravamo in grande tensione per il pericolo scampato", dirà Di
Bernardini ai pm del suo arrivo al bar, "Circa il lancio di oggetti che
io non posso testimoniare direttamente, ho sentito che un agente del
Reparto Mobile di Roma che era a bordo del Magnum che chiudeva la fila
della nostra pattuglia, appena sceso dalla vettura mi ha detto le
testuali parole : "dottore, ci hanno tirato addosso di tutto,
bottiglie, pietre". E' l'unica fonte da cui ho tratto l'informazione su
quanto è successo." (17 giugno 2002).
Il pm Zucca rivela che tre nuovi agenti sono stati indagati
perche', in una relazione tardiva, hanno riferito di un grosso sasso
che aveva sfondato un vetro blindato del loro furgone, tanto che il
mezzo venne poi portato in una officina della polizia.
Il difensore di Di Bernardini, Massimo Lauro, ha commentato: «Il
mio assistito riferi` ai magistrati di aver saputo da un agente del
reparto mobile di un sasso che aveva sfondato la camionetta. Mi pare
dunque che non ci sia niente di nuovo sotto il sole».
(La
Repubblica maggio 2003)
Un folto lancio di oggetti e colleghi scomparsi
«Alle ore 2 Iniziava un folto lancio di oggetti e pietre
contro il contingente. Gridavano: "Sono solo quattro". Inseguiti dalla
folla, azionando i segnali di emergenza, guadagnavamo la via di
fuga». Secondo il verbale sono le 22.30. Un’ora dopo inizia la
perquisizione alla Diaz.
L’ispettore Massimiliano Di Bernardini stende in prima persona il
rapporto sulla fitta sassaiola, poi ammette di non essere stato
presente e di aver raccolto testimonianze di colleghi. Colleghi
non si riescono a individuare, né si trova traccia di auto
danneggiate.
E' vero ma io non c'entro
Il commissario Massimiliano Di Bernardini, disse di avere
visto Piero Troiani alla Diaz con le due bottiglie molotov in mano
mentre si dirigeva verso il vice capo del Servizio centrale operativo,
Gilberto Caldarozzi
I pm gli contestano i ricordi di almeno due funzionari presenti
quella notte in via Battisti: "Le due molotov erano nelle mani del
vicequestore che per primo aveva segnalato la sassaiola alla Diaz, Di
Bernardini".
Se dunque lui conferma, il cerchio è chiuso. Ma Di Bernardini fa
qualcosa di diverso, che reingarbuglia la matassa: "E' vero - dice - le
molotov le avevo in mano io, ma mi vennero consegnate da Troiani".
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by
lucignolo Tuesday, Dec. 07, 2004 at 1:24 AM |
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"Una leggerezza", ammette il vice-questore Pasquale Troiani. Fu
una "leggerezza" portare nella scuola Diaz le due molotov per
incastrare i 93 no-global ospiti dell'istituto.
In alcuni videogrammi Pietro Troiani
non ha i gradi sulla divisa. Qualche minuto dopo ricompare,
sfilando con il reparto mobile di Roma alla fine della turbolenta
perquisizione, con i gradi.
Ascoltato come teste il primo luglio del 2002 Troiani dichiara:
«Il mio autista Michele Burgio mi si avvicina e mi dice che in
macchina o nelle immediate vicinanze o per terra vicino alle macchine,
sono state trovate due
molotov (...) Ho portato le bottiglie al dottor Massimiliano Di
Bernardini e me ne sono andato via».
Nel verbale d' interrogatorio 9 luglio 2002, Troiani
dichiara:«Prendo atto che Burgio avrebbe dichiarato
all'Autorità giudiziaria di aver ricevuto una mia telefonata con
la quale gli avrei chiesto testualmente di "portare quelle cose". Nego
la circostanza di aver riferito a Burgio questo invito».
«Confermo di aver detto a Burgio di portarmi le
bottiglie». «Credo che sia possibile che qualcuno mi
abbia detto della presenza delle molotov prima di partire per la Diaz,
sotto la Questura...io dissi a Di Bernardini che sul mezzo c'erano
queste bottiglie...e Di Bernardini mi disse di portargliele, credo ci
fosse anche Caldarozzi davanti. Quando le ho portate mi ha chiesto dove
fossero state trovate ho detto che erano state trovate nel cortile o
nell'immediatezza delle scale d'ingresso. Questa è stata la mia
leggerezza e me ne rendo conto, che per volermene sbarazzare e non fare
un verbale di sequestro...».
"dissi
a Burgio di portarmi le bottiglie"
Nel pomeriggio aveva parlato di quelle molotov al generale Valerio
Donnini, responsabile dei Reparti mobili italiani che viaggiava sul
furgone da lui guidato. "Quando è arrivato il dottor Donnini gli
ho fatto presente che c'erano le bottiglie (chiedendo se non era il
caso di portarle in questura, spiega in un altro passaggio) e lui si
è rivolto a me in modo alterato, come se avessi fatto una
domanda stupida o che comunque non dovevo fare". La sera, davanti alla
Diaz, "ho ricevuto una telefonata del dottor Troiani che mi ha detto di
portare le cose che avevamo sul mezzo".
Ed e' squillato il telefono
E' diventato
"famoso" per una telefonata di 22 secondi, quella che a mezzanotte e 34
di quel sabato notte le fece il suo superiore, il vicequestore Pietro
Troiani che le chiedeva di portare nella scuola "il sacchetto".
«Stavo mangiando alla Fiera e il mio capo dice di mettermi al
volante. Quando usciamo quasi ci scontriamo con una camionetta del
Nucleo antisommossa, quelli di Canterini. Poi ero là fuori,
vicino al mezzo parcheggiato in cima a via Battisti. Avevo appena
rovesciato dell´acqua sulla testa di un ragazzo ferito e litigato
con la centrale operativa perché non si riusciva ad avere
un´ambulanza. Ed è squillato il telefono. Era il mio
superiore che mi dava un ordine».
Quell´ordine, lei si è reso conto che conteneva il
principio di un reato? «Guardi, l´ordinamento prevede che a
un comando di un certo genere si possa disobbedire. Ma quello era il
mio superiore, io in polizia ci vivevo e non
pensavo ancora ad andarmene». Con il sacchetto preso dal furgone
ha raggiunto la Diaz. «Sì, ma non sono entrato
nell´edificio. Troiani era nel cortile e lì mi sono
fermato. Ho dato un´occhiata dentro e ho visto una situazione che
non mi piaceva». ( repubblica 23 ottobre-2002)
Interrogato il 4 luglio del 2002, Michele Burgio confessa:«le
bottiglie molotov le ho trovate sul mezzo che guidavo,
un magnum blindato in dotazione al reparto mobile di Napoli...mi sono
accorto per la prima volte delle bottiglie perché ho sentito
puzza di benzina, ero già sotto la Questura dove avevo credo
riportato il dott. Donnini o forse ero andato a prenderlo lì
perché è possibile che si fosse allontanato da corso
Italia con un altro mezzo. Mentre aspettavo fuori dalla questura ho
appunto sentito questa puzza, mi sono girato e lì ho visto un
sacchetto in plastica verde, l'ho preso in mano per sentire le
bottiglie e le ho annusate».
Il pm Zucca allora gli chiede se non fosse stato opportuno consigliare
al dott. Donnini di «depositare le bottiglie in questura».
Sì, risponde Burgio, «l'ho detto ma forse per questo mi ha
risposto in malo modo».
«Mi aveva chiamato il dott. Troiani per fare un servizio in cui
era prevista la presenza di cinque Magnum per formare una
pattuglia...dovevamo fare un giro di controllo per scovare gli
anarchici..di lì a poco siamo stati raggiunti da un'altra
pattuglia ed ho sentito che era stato tirato un sasso da una macchina
della polizia. Abbiamo avuto quindi l' ordine di riportarci in
questura».
Burgio racconta:«c'era molta confusione davanti alla
scuola...dopo un po' ho ricevuto una telefonata dal dott.
Troiani che mi ha detto di portare le cose che avevamo sul mezzo,
riferendosi alle bottiglie. Io ho preso il sacchetto e mi sono fatto
largo tra la folla...ho riconosciuto l'ispettor Tucci, che è
stato il mio caposquadra e gli ho chiesto dove fosse Troiani che lui mi
ha indicato; ricordo che stava parlando con due
funzionari...effettivamente - aggiunge l'
autista - può darsi che un primo funzionario a cui si era
rivolto Troiani mostrando il sacchetto, fosse andato a parlare con
altri funzionari portandole con sé..».
Il primo a trovare le famose molotov fu il 21 luglio il vicequestore
Pasquale Guaglione in corso Italia. «...fu proprio lì che
in un cespuglio trovai le due bottiglie nel sacchetto...rimasi con il
sacchetto in mano e cercai di individuare dove metterle e in quel
momento incrociai il dott. Donnini (Valerio Donnini al G8 era
responsabile del coordinamento operativo e logistico dei contingenti
dei reparti mobili, dei reparti volo, delle squadre nautiche e delle
unità speciali) e mi avvicinai a lui mostrandogli il reperto.
Donnini le vide e mi disse “queste le prendo io” e le depositò
nel suo mezzo...Confermo anche che il dott. Donnini nel prendere le
bottiglie commentò sulla loro importanza come reperto». E
in effetti proprio quest’ultimo ammise poi di averle messe sulla sua
jeep. Quella guidata dall’autista Michele Burgio che il giorno
trasporta Donnini e la sera condurrà Pietro Troiani alla Diaz.
Noti vini
Il pomeriggio del 21 luglio, poche ore prima del blitz, una pattuglia
della polizia guidata da un vicequestore in servizio a Gravina di
Puglia (Bari), Pasquale Guaglione, aveva trovato due molotov dentro un
sacchetto di plastica nascosto in un' aiuola di corso Italia, lungo il
percorso del corteo.Il funzionario aveva parlato del ritrovamento delle
bottiglie incendiarie nella sua relazione di servizio. Tuttavia non era
stato redatto il verbale di sequestro delle due bottiglie, considerate
armi da guerra. L' assenza di questo verbale ha insospettito i pm
Francesco Pinto ed Enrico Zucca. Questi hanno fatto interrogare
Guaglione per rogatoria dalla procura di Bari, utilizzando un trucco
investigativo. Al funzionario sono state mostrate le bottiglie
incendiarie sequestrate alla Diaz, senza dirgli che erano quelle della
scuola, e chiedendogli invece se erano quelle che aveva trovato in
corso Italia. Guaglione le ha riconosciute subito come quelle scoperte
dalla sua pattuglia, perche' distinguibili dalle etichette di noti vini.
Secondo la procura, l' assenza del verbali di sequestro degli ordigni
di corso Italia ha permesso di ''riciclarli'' alla Diaz.
Tucci & Lucaroni
Due
capisquadra, Carlo Lucaroni e Ciro Tucci, devono rispondere, insieme
con altri funzionari e dirigenti di polizia, di lesioni gravi - che
avrebbero procurato direttamente o non avrebbero impedito - ai
manifestanti che erano nella scuola.
Carlo Lucaroni il 27 luglio, consegna al suo dirigente una
relazione di servizio dove racconta la notte del blitz alla "Diaz":
«Il personale era pronto a muoversi per le 22 e 45 perché
era imminente un'operazione presso un edifico pubblico occupato
abusivamente da pericolosi sovversivi». I
«sovversivi»,sono quelli «che si sarebbero resi
responsabili delle violenze del 20 e del 21 luglio», nei due
cortei del venerdì e del pomeriggio del sabato. Loro ricevono
l'ordine di mettersi in movimento alle 23. Le colonne che si avvicinano
alla "Diaz" sono due, la prima con tre squadre, la seconda con quattro.
Il comandante Canterini resta all'esterno dell'edificio, loro passano
agli ordini dei dirigenti della Questura di Genova, primi responsabili
dell'ordine pubblico secondo una legge del 1992, spiegherà poi
Tucci. E Lucaroni nel suo primo rapporto conferma: «ci siamo
divisi in due gruppi agli ordini di un funzionario della Digos o
dell'Ucigos». Sul posto c'è una «massiccia presenza
di personale in tuta atlantica e in abiti civili», vale a dire
agenti di polizia di altri reparti. In totale nelle due colonne ci sono
130 agenti, settanta sono del Nucleo anti sommossa. Devono forzare il
cancello davanti alla scuola, poi entrano. Ma, secondo un video a
disposizione della difesa, che contrasta con altri, quando loro fanno
irruzione dentro c'è già altra gente, altri agenti, forse
infiltrati. (la Repubblica,
20 settembre 2001 )
L' ispettore Ciro Tucci già interrogato dai
magistrati, avrebbe raccontato di agenti che picchiavano
impugnando gli sfollagente alla rovescia e di poliziotti in
tenuta atlantica che prendevano a calci in testa ragazzi già a
terra. Questo il racconto degli uomini del reparto mobile. Tucci
avrebbe detto che gli agenti in fratino e
uniforme atlantica avrebbero spinto e sarebbero entrati per
primi: ma bastano pochi secondi di anticipo per picchiare e
ferire 63 persone? Nessuno sa dire o ricorda chi diede l'ordine
di sfondare le porte. Nessuno sa chi comandasse. Tutti sono
concordi nell'affermare di aver saputo della perquisizione
intorno alle 22.
(da "il manifesto" del 22
Settembre 2001)
Il vice di
Canterini
Dal rapporto di Fournier risulterebbe che il funzionario venne
raggiunto da una telefonata alle 21.45, mentre stava mangiando, con la
qualo lo si avvertiva di radunare gli uomini per le 22.45 per
un'operazione di polizia giudiziaria finalizzata all'arresto di black
bloc che si erano rifugiati in un edificio occupato abusivamente. Il
via libera sarebbe stato dato da un poliziotto infiltrato. Nei fatti le
squadre del reparto mobile non sono pronte che intorno alle 23: si
dirigono verso la questura, dove vengono divise in due colonne e messe
a disposizione di due funzionari della Digos chiamati Delta 2 e Delta
4. Per vie diverse le colonne vanno verso la Diaz. Nella relazione,
sembra che Fournier abbia ribadito che al suo arrivo nella scuola
c'erano già altri agenti in uniforme atlantica e in fratina con
la scritta "Polizia". Tutti con il volto travisato. E a questo punto,
Fournier si lamenterebbe del fatto che fosse impossibile capire chi
comandasse sul campo nonostante la presenza massiccia di dirigenti
superiori. Un automezzo butta giù il cancello della Pertini, poi
arriva l'ordine di fare irruzione dai portoncini laterali. Chi ha
gridato l'ordine? Non si sa, ma i poliziotti obbediscono. Quindi
Fournier descriverebbe l'irruzione nei locali della scuola: nella
relazione avrebbe detto di essersi trovato di fronte a ragazzi
impauriti e in pessime condizioni fisiche tra cui una ragazza mezza
morta in una pozza di sangue e di avere subito ordinato via radio ai
suoi di mettere via il manganello e di chiamare le ambulanze. ( "il
manifesto" del 22 Settembre 2001)
Un ' azione da Macellai
Michelangelo
Fournier nella
scuola
ricorda ragazzi pacifici "con evidenti segni di
pestaggio", e di aver gridato agli agenti "Basta, basta!": "era uno
sfogo istintivo e rabbioso davanti a quanto avevo visto in quei locali".
Sempre lo stesso Michelangelo Fournier, vice di Canterini, ha negato
anche la circostanza riferita da tutti i pestati, che l'hanno indicato
come il funzionario che disse «basta» agl altri. (Manifesto
1TPL_LOCAL_ARTICLE6\2002)
Gli agenti antisommossa
i Canterini boys
tutti a volto coperto e perciò di difficile individuazione
<
infierendo più volte sulle stesse già a terra
Fabrizio Basili, Ciro Tucci, Carlo Lucaroni, Emiliano Zaccaria, Angelo
Cenni, Fabrizio Ledoti, Pietro Stranieri e Vincenzo Compagnone,
scrivono i pm che costoro, «in concorso con altri ufficiali ed
agenti, cagionavano lesioni personali varie, anche gravi, alle persone
presenti all'interno dell'edificio, colpite con lo sfollagente in
dotazione o con altri atti di violenza, commettendo il fatto o comunque
agevolando o non impedendo ad altri tale condotta, dolosamente
eccedente il limite del legittimo uso di mezzi di coazione fisica
(...), colpendo con violenza le persone predette, tutte in palese
atteggiamento di non offensività e di resa, in talune occasioni
infierendo più volte sulle stesse già a terra».
A volto coperto
Si salvano i settanta della «truppa», che erano a volto
coperto. Del resto picchiano anche molti altri, in borghese o in divisa
ma mai identificati. Secondo la procura, intervennero «oltre
duecento» operatori di ps, ma una lista così lunga ai pm
non è mai arrivata.
I primi ad entrare
Il primo a entrare nella sede del Genoa Social Forum è un
uomo del Nucleo sperimentale antisommossa. Anche il secondo, il terzo,
il quarto e almeno i trenta successivi indossano i caschi e le tute
scure del gruppo di élite del ministero dell’Interno. Quella
è proprio la squadra comandata da Vincenzo Canterini, il
dirigente del Reparto mobile di Roma.(...)
Non è molto che i poliziotti sono entrati nel giardino della
scuola. Dallo sfondamento del cancello all’apertura del portone in
legno della palazzina passano 45 secondi.
(...)Non avanzano subito: il passaggio è ostacolato da una panca
e forse da una scrivania. Dopo 13 secondi dall’apertura del portone, un
poliziotto ci salta sopra per scavalcarle e il bagliore che arriva
dall’interno mette in evidenza tutta la sua uniforme. Il modello del
casco è tra i più recenti, con la robusta protezione
sulla nuca
(...)È proprio l’uniforme del Nucleo sperimentale antisommossa
creato all’interno del Reparto mobile di Roma, la vecchia Celere. Il
primo poliziotto è ormai dentro. Lo seguono gli altri.
L’operazione è cominciata da appena 58 secondi e non c’è
un filo di resistenza da parte degli ospiti del Gsf. ADDESTRATI - I 70
agenti antisommossa quella sera non sono affatto stanchi. (...)
L’irruzione è completata in un minuto e 47 secondi. Quello che
accade dopo, là dentro, non è più visibile.
(Corriere
della Sera, 6 agosto 2001)
Giuda alla Diaz
"L'interrogatorio di sabato in Procura è andato benissimo.
Finalmente, dopo 14 mesi, si scopre che il 'cattivo' non è
Vincenzo Canterini. Che gli 'uomini neri' non sono i suoi ragazzi".
E chi è il cattivo?
"Il Giuda che ha messo le due molotov nel cortile della scuola. Il
Giuda che quella notte ha tradito la fiducia di noi tutti, suoi
colleghi. E dei cittadini".
Dunque è d'accordo con il questore di Genova, che ha rilegato il
suo ultimo rapporto sulla notte della Diaz con una riproduzione del
'bacio di Giuda di Giotto'".
"Di Giotto e del rapporto del Questore non so niente, perché
quelle carte non le conosco. Ma che ci sia stato un Giuda, a questo
punto, mi sembra fuori di dubbio".
Magari si è fatto un' idea su una faccia, un nome.
"Con le mie idee non si va da nessuna parte. Contano i fatti. E dunque
quel che penso me lo tengo per me. Aspettiamo invece che la
magistratura, come sta facendo da più di un anno, arrivi ad una
conclusione definitiva. Del resto mi pare di essere già stato
molto chiaro, o no?".
A stare alla magistratura, l'uomo che, su indicazione del vicequestore
Pietro Troiani, tira fuori le molotov dal furgone della celere e le
colloca nel cortile della Diaz è tal A.B., del suo reparto
celere.
"Alt".
A.B. non è del suo reparto?
"A.B. è un ragazzo che solo formalmente apparteneva al mio
reparto. Era stato distaccato a Genova per problemi familiari da molto
tempo. E comunque ben prima del G8".
Dicono che il trasferimento da Roma a Genova di A.B. sarebbe in
realtà più recente perché la sua deposizione in
Procura avrebbe reso insostenibile il rapporto con i suoi uomini.
"Non è vero. Ripeto: quel ragazzo era stato trasferito a Genova
da tempo e poi nel mio reparto nessuno intimidisce nessuno. Anche
perché non c'entriamo nulla con quelle molotov. Dunque, non si
vede perché dovremmo intimidire qualcuno".
Anche il vicequestore Troiani è un ex del suo reparto.
"Ben detto: è un ex. Sono anni che Troiani se ne è
andato. A Genova era stato aggregato al comando logistico e soltanto in
questa veste era entrato in contatto con i reparti".
Torniamo nel cortile della Diaz.
"Torniamoci".
Lei sostiene di non aver visto nessuna molotov, quella notte. Ebbene,
le viene contestata un'immagine scattata nel cortile della scuola in
cui lei, insieme ad altri funzionari di polizia, discute proprio
accanto alle due molotov.
"Ricordo perfettamente quel momento. E ricordo anche di che discutevamo
con i colleghi. Bisognava evacuare i feriti dalla scuola e creare una
cintura di sicurezza intorno alla Diaz, dal momento che continuava ad
affluire gente e il clima era tesissimo. Di questo discutevamo. Avevo
cose più importanti cui pensare che non guardare in terra per
controllare cosa c'era e accorgermi di quelle due molotov. Potrà
piacere o meno. Ma è la verità. Ho sempre avuto fiducia
che prima o poi sarebbe venuta fuori. Il tempo mi sta dando ragione".
Il problema allora resta Giuda?
"Sì, il Giuda di noi tutti".
(la repubblica (23 settembre 2002)
Il bacio di Giuda
La reazione alle rivelazioni sulle resposabilità di Troiani del
comandante del reparto mobile di Roma, Vincenzo Canterini, uno degli
indagati eccellenti per i pestaggi in quella scuola, confermano la
drammaticità del momento: «Il dottor Pietro Troiani
all´epoca del G8 non era più, da alcuni mesi, in servizio
nel reparto mobile di Roma e nulla aveva a che fare con il
reparto». La presa di distanza netta di Canterini da Troiani
sembra un tentativo disperato di autodifesa, di difesa
dell´azione dei suoi uomini quella notte a Genova.
( LA STAMPA 29 luglio 2002)
«Nella confusione e nella calca sono entrato qualche minuto dopo
i miei. Non solo: il mio reparto è stato travolto da
quelli della squadra mobile e della Digos»
Un celerino apolitico
Nel frattempo è diventato un dirigente del sindacato di polizia
CONSAP, area di centrodestra, e in questa veste sta partecipando ad
assemblee con i celerini in giro per l’Italia. Oggi parla come
sindacalista perché non potrebbe rilasciare interviste.
Canterini, nessun imbarazzo a incontrare Agnoletto, Casarini e gli
altri? «Assolutamente no. Sono qui che svolgo serenamente il mio
lavoro. Così il mio vice, Fournier, e i ragazzi. Io credo che a
Genova sia caduto un velo: noi dei reparti mobili facciamo il lavoro
più duro, quello più pesante, e lo dimostrano i feriti
che contiamo ogni domenica.
«Con lo
spirito di sempre. Il nostro reparto, posso garantirlo, è del
tutto apolitico. E’ vero, i fatti di Genova ci hanno ferito
perché ci siamo sentiti ingiustamente sotto accusa. Però
andremo a governare l’ordine pubblico con la massima
serenità».( Novembre 2001 La
stampa)
E la Diaz? Le
foto, i filmati, le testimonianze, le
false molotov, le false coltellate? Anche qui, animo sereno e gambe in
spalla. Eppoi lo dichiarò già molto tempo fa, e non
cambia versione,
Canterini: c'era un "giuda" quella sera alla Diaz, che tradì la
fiducia
dei colleghi : «Ribadisco quanto già ripetuto ogni volta
che mi hanno
interrogato. Arrivammo alle dieci e mezzo di sera, a decisioni
già
prese. Ho ricevuto degli ordini e li ho eseguiti. Non potevo fare
altro; ed è amaro fare questa constatazione, visto che la
vicenda mi è
costata parecchio in termini di carriera e continua a pesarmi. Oggi,
solo uno sprovveduto può pensare a un bieco Canterini in azione
alla
'Diaz". Quello che è vero è che per un difetto di
intelligence, chi ha
organizzato la "Diaz" ha avuto informazioni sbagliate. Chi entrò
lì, vi
trovò personaggi diversi da quelli che pensava di avere
davanti». (L'
Unita'13.07.2003)
(...)Dirigente del I reparto mobile di Roma. La ringrazio, presidente
Mancuso. Ho qui con me l'informazione di garanzia che mi è
giunta dalla procura della Repubblica di Genova, da cui leggo:
«L'ufficio sta procedendo ad indagini preliminari in ordine alle
seguenti ipotesi di reato: delitti di cui agli articoli 110, 582, 585,
583, 40, 81 capoverso, 61 numero 9, codice penale perché, in
qualità di comandante
Pag. 177, in concorso con alti dirigenti, agenti e ufficiali
appartenenti alla Polizia dello Stato, nel corso di una perquisizione
ex articolo 41 del testo unico di pubblica sicurezza all'interno
dell'edificio scolastico Armando Diaz, alla cui organizzazione ed
esecuzione partecipava, con più azioni esecutive di un medesimo
disegno criminoso, cagionava lesioni personali varie, anche gravi, a
persone presenti all'interno del predetto edificio colpite con
sfollagente in dotazione o con atti di violenza direttamente o comunque
agevolando e non impedendo ad altri tale condotta, così abusando
della qualifica di pubblico ufficiale ed eccedendo i limiti del
legittimo uso dei mezzi di coazione fisica nell'occasione eventualmente
occorrenti». Questa è l'imputazione che ho ricevuto.
Per quanto riguarda l'altra domanda, non sono sottoposto ad alcun
procedimento disciplinare e, per ora, la mia amministrazione non mi ha
comunicato alcunché. (...)
Dirigente del I reparto mobile di Roma. È vero, sul posto non ho
individuato un funzionario che dirigesse tutta l'operazione. In ogni
caso, le ricordo che nella mia relazione ho affermato che il nucleo fu
diviso in due colonne, a capo delle quali erano due funzionari della
DIGOS; quindi, per ciò che mi concerne, i miei uomini erano a
disposizione del dottor Mortola e del suo collega.
(COMITATO PARITETICO
INDAGINE CONOSCITIVA
Seduta di martedì 4 settembre 2001-audizione di V.Canterini)
Lo sanno pure i sassi
“Ancora oggi non so chi comandava l’irruzione alla scuola Diaz”, spiega
comandante del Reparto Mobile di Roma, Vincenzo Canterini, e smentisce
quanto precedentemente riferito al comitato d’indagine dall’ex capo
dell’antiterrorismo, Arnaldo La Barbera. “Non e’ vero - ha infatti
detto Canterini - che mi sconsiglio’ il blitz”.
«Lo sanno pure i sassi. I miei uomini non sono entrati per
primi nella Diaz. Ci sono stati degli errori, ma sono stati commessi a
livello dirigenziale: quella sera c’è stata molta confusione...
Noi non abbiamo violato la legge»
dal Corriere - 23 maggio 2002
Indossava
una maglia scura in una stanza buia
“Dopo aver sfondato la porta al grido di “FERMI POLIZIA!” unitamente
all’Ispettore Capo PANZIERI, entravo per primo di slancio nella stanza
buia e mi trovavo improvvisamente di fronte ad un giovane dell’altezza
di circa m. 1,70, del quale posso riferire solo che indossava una
maglia scura, il quale con urla indistinte mi affrontava impugnando un
coltello con la mano destra puntandomelo con il braccio teso verso la
gola.
Servendomi
dello sfollagente in dotazione riuscivo ad
allontanare l’aggressore, colpendolo al torace con la punta dello
stesso, ed a farlo indietreggiare. QUEST’ULTIMO TUTTAVIA, CON UNA MOSSA
FULMINEA, MI COLPIVA VIGOROSAMENTE AL TORACE FACENDO AL CONTEMPO UN
RAPIDO SALTO ALL’INDIETRO.
I colleghi
che mi seguivano dappresso,
tra cui lo stesso Ispettore PANZIERI, intervenivano in mio ausilio e
bloccavano lo sconosciuto dopo averlo atterrato. Il medesimo veniva
quindi immediatamente preso dagli altri colleghi e portato al piano
terra nel punto di raccolta.
Immediatamente dopo che la persona
era stata accompagnata fuori, grazie al riflesso della luce proveniente
dal corridoio mi avvedevo, prima di uscire dalla stanza, che sul
pavimento in corrispondenza del punto dove si sono
svolti i
fatti
sopra narrati, era presente il coltello impugnato dalla persona che mi
aveva affrontato, e pertanto lo raccoglievo."
Rinfoderando lo sfollaggente
"Dopo aver dato uno sguardo anche al locale dei bagni riscendevo verso
il pian terreno ma, giunto all’altezza del primo piano, rinfoderando
alla cintura lo sfollagente in
dotazione notavo, all’altezza del
punto dove ero stato precedentemente colpito, un evidente taglio sulla
giubba della mia divisa.
Infilavo
quindi immediatamente la mano
sinistra all’interno della giubba in corrispondenza del taglio ed
avvertivo nettamente al tatto un solco anche sul corpetto interno di
protezione in materiale plastico. Mi aprivo pertanto la
predetta
giubba e constatavo sul corpetto due incisioni, una della lunghezza di
circa 7 – 8 cm. e l’altra, molto più piccola, di circa 1 cm.
Ricollegandomi a quanto avvenuto in precedenza, mi rendevo conto solo
in quell’istante di essere stato colpito con la punta del coltello con
il quale ero stato minacciato e che poi avevo rinvenuto sul pavimento.
…”
L'agente Massimo Nucera
fu accoltellato o no durante l'irruzione alla scuola Diaz? Secondo il
professor Carlo Torre sì, i segni sugli indumenti del poliziotto
del
reparto Mobile di Roma sono compatibili con il suo racconto. E' tutto
scritto nella perizia che il Gip Lucia Vignale aveva affidato a Torre
su richiesta dei pm Francesco Albini Cardona ed Enrico Zucca come
incidente probatorio e che l'anatomopatologo torinese ha consegnato in
tribunale ieri mattina. Una perizia che è stata subito blindata
dal
magistrato ma che si potrà conoscere nei particolari il 16
aprile,
quando si farà l'incidente probatorio.
(...)però, il pubblico ministero Enrico Zucca decide, a
sorpresa, di far effettuare una perizia. E l'affida ai carabinieri del
Reparto investigazioni scientifiche di Parma. E sul fascicolo firmato
dal colonnello Luciano Garofano c'è scritto che gli esami hanno
dato
esito negativo: i segni non sono compatibili con il racconto del
poliziotto. Dunque si tratta di tagli fatti a posteriori, di una
messinscena (da "il
manifesto" del 10 Aprile 2003)
Il ferito immaginario
Il 28 luglio l’agente Massimo Nucera interviene a Padova a una
conferenza stampa organizzata da Alleanza nazionale, per presentare una
manifestazione di solidarietà alle forze dell’ordine dopo i
fatti di Genova. Presiede l’onorevole Filippo Ascierto, maresciallo dei
carabinieri e responsabile del settore sicurezza del partito. Il
Mattino di Padova descrive Nucera come «un ragazzo alto, bruno,
molto serio, leggermente imbarazzato dal turbine retorico
dell’onorevole». L’agente spiega: «Non mi sento un eroe, ho
fatto quello che mi è stato ordinato… Vorrei spiegare che ho
accettato l’invito di Ascierto e di An perché la loro
solidarietà mi ha aiutato a sopportare il linciaggio morale a
cui siamo stati sottoposti». Poi parla della famosa irruzione:
«Il nostro compito era di sfondare e uscire, e così
è stato… Nessuno ha perso la testa, neanche dopo il mio
accoltellamento. Chi afferma il contrario cerca solo di montare i fatti
a proprio favore». «Montare i fatti», tenetelo a
mente. (Diario del
28 giugno 2002 Il ferito immaginario)
I superiori
Maurizio
Panzieri e gli altri funzionari di polizia sottoscrittori del
verbale tra cui Filippo Ferri, Fabrizio Ciccimarra e Spartaco Mortola, superiori
dell’ agente Nucera confermarono la versione dell'
accoltellamento immaginario .
Accoltellamento
avvenuto con "un'arma da taglio, un coltello a serramanico,
marca Quittin Horse Smith & Wesson, come si legge nella relazione
dell'ispettore capo di PS Maurizio Panzieri"
''Non voglio entrare nel merito delle imputazioni, ma ringrazio
tutti gli amici della polizia che mi sono stati vicini''. Sono queste
le prime parole di Fabio Ciccimarra , uno dei due funzionari agli
arresti domiciliari, indagati nell'inchiesta sui maltrattamenti
alla caserma 'Virgilio Raniero'(Napoli-marzo 2001). ''Ero tranquillo,
ero sereno e convinto della mia estraneità alle accuse -
continua Ciccimarra - ed ero convinto che la decisione del Riesame
sarebbe stata favorevole non solo a me ma anche agli altri colleghi''.
Quel giorno, il 17 marzo del 2001, accadde di tutto. In piazza, e non
solo. Le testimonianze dei ragazzi e dei manifestanti rappresentano la
parte più corposa dell'ordinanza. Si parla di calci, pugni,
vessazioni, perquisizioni anali e vaginali. Per questo il Gip contesta
ai due funzionari Carlo Solimene e Fabio Ciccimarra le aggravanti "per
non aver impedito che venissero colpite le persone, di aver fomentato i
pestaggi e di aver negato l'evidenza nelle relazioni redatte". I
poliziotti, sono quindi, accusati di "aver agito per motivi abietti,
approfittando della condizione di minorata difesa in cui versavano le
persone offese". Per il magistrato la pericolosità sociale degli
agenti è dimostrata non solo da quanto avvenne in caserma,
ma dalla stessa "personalità degli indagati che hanno dimostrato
la tendenza ad abusare della loro qualità di pubblici ufficiali".
"Secondo le dichiarazioni accusatorie - dice il comunicato della
Procura - tutti i giovani che a seguito degli scontri con le forze
dell'ordine di quel giorno, o per ragioni indipendenti dalla
manifestazione, si erano recati negli ospedali cittadini per farsi
medicare, furono prelevati con forza, condotti presso la caserma
Raniero senza alcuna valida giustificazione e lì sottoposti a
gravi forme di maltrattamenti, ingiustificate perquisizioni personali e
a gratuite mortificazioni".
Ciccimarra, come ha spiegato il legale, aveva il compito di
dirigere l’attività di polizia che veniva svolta nella caserma,
con la redazione dei verbali relativi ai giovani fermati, al sequestro
delle cosiddette armi improprie e le altre attività di polizia
giudiziaria.
Da Napoli a
Genova
Parola di Fabio Ciccimarra
"nessuno fu costretto a mettersi in ginocchiuo e le ferite se l'erano
procurate in piazza".
"Non ho sento urla, ne'visto violenza: altrimenti avrei lasciato la
polizia".
Verbale madre e alcuni firmatari
Filippo Ferri capo della squadra mobile scrisse e firmò, insieme
ad altri colleghi, il verbale d'arresto per i 93
giovani che si trovavano all'interno dell'istituto scolastico e che
furono accusati di resistenza e lesioni con l'aggravante di far parte
di un'associazione a delinquere. «Un verbale che è stato
trasmesso dalla stessa
Procura ai giudici per le indagini preliminari perché lo
convalidassero», ha precisato Corini, facendo intendere che anche
i magistrati erano d'accordo sul quel documento, poi sostanzialmente
bocciato dai GIP. L'impressione è
che in Procura la pensino diversamente: i pm si fidarono
comprensibilmente dei rapporti della polizia, salvo poi scoprire che le
cose non erano esattamente andate nel modo descritto. Uscendo intorno
alle 20 dopo una
chiacchierata durata quasi sette ore, Ferri non ha voluto commentare.
Soddisfatti sono invece apparsi i suoi legali: «Pare che i PM
vogliano sapere cosa sia accaduto all'interno della scuola
Diaz-Pertini, prima di attribuire singole responsabilità:
Filippo Ferri ha risposto a tutte le domande e non gli è stata
rivolta alcuna accusa specifica». Nel corso dell'interrogatorio
sarebbero tuttavia emerse alcune discrepanze rispetto alla relazione
sottoscritta cinque mesi fa. (La repubblica 2001-12-19)
Il
verbale della perquisizione e degli arresti della Diaz mette nei guai
due nuovi funzionari della polizia di Genova. Due persone - come ha
anticipato il Secolo XIX( 2002-10-10)- di rilievo
nella "geografia del quadro comando attivo"nella città durante
il G8. Gli avvisi di garanzia per falso e calunnia sono infatti
arrivati a Nando Dominici, ex capo della Mobile di Genova (oggi
vicequestore vicario di Brescia) e Carlo Di Sarro ex numero tre della
Digos, (dirigente in carica del commissariato di Rapallo).
Le accuse
si riferiscono alla redazione e quindi alla firma del verbale madre,
quello scritto in questura nella notte dei pestaggi a spese di quanti e
quante dormivano nella scuola. Il verbale - secondo l'accusa - è
stato
fatto
firmare, anche a persone che non erano presenti al blitz che
portò al
fermo di 93
persone di cui 62 ferite.
Falso e calunnia
Falso e
calunnia sono tra di loro collegati perché, secondo la tesi
dell'accusa, tutti i firmatari - 25 nomi, ormai tutti decifrati -
certificarono una dinamica dei fatti diversa da quella che si è
realmente consumata.
Attestando sia il falso ferimento di un agente: aggredito e
accoltellato, sia il falso rinvenimento delle molotov (messe lì
invece per giustificare l'irruzione-massacro, gli arresti e le accuse
di associazioni a delinquere).
Il
verbale d'arresto, secondo i pm, lo scrissero Ciccimarra, Ferri e Di
Bernardini. Perquisizione e sequestro furono invece verbalizzati da
Mazzoni, che dipendeva direttamente da Gratteri.
I tre funzionari che estesero la perquisizione all'istituto di fronte
alla Diaz, la Pascoli: sono Salvatore Gava, capo della mobile di Nuoro,
il napoletano Alfredo Fabbroncini e il «mobiliere» romano
Luigi Fazio, quest'ultimo accusato anche di percosse a un giovane
tedesco.
(accoltellamento)
i
funzionari che hanno avallato il racconto di Nucera dell'
accoltellamento: Maurizio Panzieri, Spartaco Mortola, ex capo della
Digos di Genova, Nando Dominici, Carlo Di Sarro, Filippo Ferri, Fabio
Ciccimarra e Salvatore Gava.
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