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Donne: Iraq - «Violenze contro le donne»
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girino Wednesday, Feb. 23, 2005 at 9:52 PM |
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ROMA Le donne che vivono in Iraq sono le prime vittime della guerra e della spirale di violenza che attanaglia il paese. Dall'inizio della guerra, nel 2003, sono decine le donne uccise o ferite durante operazioni militari o dei gruppi armati. Un nuovo rapporto di Amnesty international pone l'attenzione sulla condizione delle donne in Iraq, si chiama «Iraq, decenni di sofferenze, ora le donne meritano un destino migliore», e in occasione della sua presentazione, l'organizzazione che si batte per la difesa dei diritti umani nel mondo ha rivolto un appello affinché Giuliana Sgrena e Florence Aubenas siano liberate al più presto. La vicenda di Giuliana e Florence si intreccia a quella delle donne che vivono in Iraq, e che sono le vittime più fragili, insieme ai bambini, della violenza nel paese. Una sofferenza che certamente non inizia con la guerra scoppiata nel 2003, ma che in questi ultimi anni si è arricchita di nuove aberrazioni. Gli stupri da parte delle truppe straniere, gli abusi all'interno delle carceri, e le violenze e le uccisioni perpetrate dai gruppi armati. Tanto che, scrive Amnesty «molte donne cercano di vivere rinchiuse in casa il più possibile. La paura causata dalla violenza che riguarda tutti gli iracheni, ha ristretto la partecipazione delle donne alla società civile, in particolare per quanto concerne l'educazione, il lavoro e la partecipazione politica». Dopo la caduta del regime di Saddam Hussein, scrive Amnesty, aumentarono i casi di stupro e i rapimenti ai danni di donne. Molte donne, inoltre, sono diventate un «target» dei gruppi armati proprio in virtù della loro attività politica e sociale. A ciò si aggiunge il ritorno di un clima politico conservatore: il rapporto fa riferimento a numerosi casi di intimidazioni perpetrate ai danni delle donne che rifiutano di coprire i capelli. Un clima che influenza anche l'atteggiamento tenuto dalle famiglie, che censurano comportamenti che possano significare «disonore» per la famiglia. D'altronde le stesse leggi nazionali riconoscono il «delitto d'onore», di cui, come sempre accade, a fare le spese sono il più delle volte le donne. Un'altra conseguenza del clima conservatore che vige nel paese, riguarda la difficoltà per le famiglie di denunciare eventuali abusi ai danni delle donne, prorpio per non incorrere nella «vergogna». Il rapporto analizza, ovviamente, le violenze inflitte alle donne da parte delle truppe statunitensi e dalla coalizione internazionale. «I racconti circa le torture i trattamenti crudeli, inumani e degradanti dei detenuti nel carcere di Abu Ghraib e altre centri di detenzione statunitensi includono anche gli abusi sessuali sulle donne, ivi compreso, probabilmente, lo stupro», scrive Amnesty nel suo rapporto.
Insomma, la popolazione femminile irachena dopo aver subito sofferenze e discriminazioni negli anni passati si trova a far fornte a un'altra fase difficile e pericolosa. Per questo Amnesty, riferendosi anche alla conferenza tenuta a Baghdad nel 2004 da diverse ong che si occupano dei diritti delle donne, chiede alle autorità irachene e all'Assemblea nazionale di inserire nella costituzione e nella legislazione misure effettive per proteggere le donne dalle violenze e, al contempo, di proibire qualsiasi forma di discriminazione.
CI. GU.
Il Manifesto
www.anarcotico.net/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=2917&mod...
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lo zio di Bush si arricchisce con la guerra [it]
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info Thursday, Feb. 24, 2005 at 6:14 PM |
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Zio di Bush diventa ricco con gli appalti in Iraq
Uno degli zii del presidente Bush, William, consigliere di amministrazione di una società di forniture militari in Iraq, si è arricchito con il conflitto deciso dal nipote. Secondo il Los Angeles Times, la società di William Bush, fratello minore dell’ex presidente e padre dell’attuale, fornisce giubbotti antiproiettile alle truppe Usa in Iraq. William smentisce qualsiasi conflitto di interesse, affermando di non avere nessun contatto con la Casa Bianca o con Washington in generale, ma riconosce che «Preferirei non si facessero affari con l'Iraq. Sfortunatamente, viviamo in un mondo pieno di guai». Fatto sta che il fatturato della sua azienda è cresciuto del 20 per cento in un anno, con ricavi stimati in un miliardo di dollari.
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I bambini pagano il prezzo della "libertà"
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osservatorio iraq Friday, Feb. 25, 2005 at 5:30 PM |
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I bambini pagano il prezzo della "libertà"
Saleh Amer
Islamonline, 22 febbraio 2005
Quasi due anni dopo che le forze guidate dagli Stati Uniti hanno occupato l’Iraq, i bambini della città nord – irachena di Mosul sono accumunati nel dolore e nel bisogno, lavorando tutto il giorno per aiutare quelle che un tempo erano le loro famiglie agiate e che oggi vivono sotto la soglia di povertà.
“Ho lasciato la scuola ed ora vendo i sacchetti di plastica nel mercato della città per sbarcare il lunario” ha detto il 22 febbraio a Islamonline Jamal Mohammad, di otto anni. Il padre di Jamal era un ufficiale dell’esercito, ma non è ritornato a casa dopo l'invasione, poi diventata occupazione, del paese arabo da parte delle coalizione guidata dagli Usa.
“Sono diventato il sostegno della mia famiglia di quattro persone, e devo lavorare sodo per loro. Non c’è tempo di giocare”, aggiunge Jamal, come avendo una fretta teribile.
Hassan Omar, 11 anni, vende, con suo fratello più giovane, il combustibile al doppio del prezzo praticato dalle stazioni di servizio.
“Ogni giorno, mio fratello e io a turno compriamo il combustibile dalle stazioni e lo vendiamo sui marciapiedi", dice Omar, il cui padre e fratello maggiore sono stati arrestati dalle truppe di occupazione degli Stati Uniti sette mesi fa.
Hassan Ali, 10 anni, non sta meglio degli altri. È costretto a lavorare come apprendista meccanico nel distretto industriale di Al-Karama. "Mio padre è stato colpito a morte dalle forze di occupazione degli Stati Uniti un anno fa, e non ho altra alternativa tranne lavorare in questa officina di riparazioni di automobili”, dice Ali a IOL dopo un giorno di lavoro sfibrante di 14 ore.
Il lavoro sfiancante effettivamente ha messo gli anni su Jamal e sui suoi colleghi bambini , che si sono trasformati in un fenomeno nella società irachena post invasione, pagando il costo silenzioso dell'occupazione guidata dagli Stati Uniti. Migliaia di bambini devono lavorare al sorgere dell'alba ogni giorno per provvedere alle loro famiglie indigenti, dice il corrispondente di IOL. I bambini non si possono più divertire, lasciando i campi da gioco e le scuole, per gli ingorghi stradali e le officine come apprendisti.
"Questo lavoro stressante li farà invecchiare prematuramente," dice Mowafak Al-Weisi , professore di sociologia nell'università di Mosul,. “Inoltre prenderanno abitudini disastrose come fumare ed altre dipendenze, per non parlare dei cattivi comportamenti”.
Weisi inoltre dice che quei bambini sono sfruttati dai loro datori di lavoro perché sono mal pagati. "Quando cresceranno, proveranno a scaricare i loro complessi dell'infanzia su altri bambini e saranno preoccupati di una sola cosa; vale a dire, come fare soldi".
Un rapporto della Ong britannica Medact pubblicato a novembre ha evidenziato come gli Iracheni risentiranno dello choc dell'invasione degli Stati Uniti per gli anni a venire e "forse per generazioni" , con "il deterioramento allarmante" del sistema sanitario nel paese devastato dalla guerra. Il Ministero Iracheno della Salute ha avvertito a novembre che la malnutrizione acuta fra i bambini iracheni è quasi raddoppiata da quando gli Stati Uniti hanno invaso il paese nel mese di marzo del 2003. Il Fondo delle Nazioni Unite per l'Infanzia (UNICEF) aveva già avvertito che il numero di bambini che soffrono di diarrea, causa di morte principale per l'infanzia in Iraq, è più che raddoppiato sotto l'occupazione.
http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=743
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