volantino del collettivo Lorena Bobbit
A grande richiesta, per festeggiare il primo meseversario del topic Sessismo in Riot Zone e per fornire materiale per la discussione su sessismo/revisionismo qui di seguito il volantino del collettivo Lorena Bobbit parzialmente riprodotto in Rudy M. Leonelli e Vincenza Perilli, Nuovo? No, lavato con Perlana. delle procedure di riciclaggio nel paese del trasversalismo reale, Invarianti, n.35, 2001.
“Per una ricostruzione delle “provocazioni” transmaniache nel contesto alternativo bolognese, riproduciamo ampi stralci dal volantone Diamoci un taglio, diffuso a Bologna nel marzo 1997 da un ironico “Centro studi femministi Lorena Bobbit”, un testo che ricompone diversi frammenti critici circolati in numerosi scritti e volantini negli anni precdenti:
(…) Nel 92 i Lion Horse Posse (LHP) - un gruppo rap italiano già attaccato da femministe a Roma e Milano per i testi sessisti - vengono pesantemente contestati da alcune compagne a Bologna durante un concerto sulla questione del carcerario per la liberazione dei detenuti politici comunisti. Durante lo scontro (verbale e non) che ne segue, le compagnee femministe vengono accusate di avere un atteggiamento “non politico”, di porre questioni moralistiche su problemi in quel contesto meno importanti e, naturalmente, di essere portatrici di un atteggiamento “censorio” (…) In seguito alla contestazione bolognese degli LHP, alcune compagne tedesche, informate dell'accaduto, bloccano una serie di concerti del gruppo in Germania. Dall'ambiente rap bolognese dominato da uno spirito di solidarietà di corpo e di corporazione con i compari LHP nel febbraio 93 parte una provocazione contro alcune compagne femministe e lesbiche (coll. Artemide e le Furie) che si riunivano in una sede “separata” nelle case occupate di via del Pratello. Un componente dell'Isola Gay Posse (IGP), attraverso una finestra, scatta fotografie durante una riunione delle compagne che reagiscono inseguendolo e pretendendo la restituzione del rullino. Lo scontro provocato ad arte e la legittima autodifesa delle compagne, che non avrebbe scandalizzato nessuno in qualsiasialtro ambito politico, fa da pretesto per scatenare una vera e propria “caccia alle streghe” contro femministe e lesbiche “intolleranti e settarie”. L'attacco alle compagne raggiunge l’apice in una trasmisssione di Radio Kappa Centrale, condotta dal collettivo Transmaniacon e con “ospiti in studio”, Isola gay posse, ex Isola nel Kantiere (una parte di questi ultimi si é di lì a poco riciclata nel neonato progetto Link) e alcuni personaggi dell'ambiente “alternativo” bolognese quali Helena Velena e Pina D’Aria. Da questa trasmissione partono minacce contro le compagne e vengono date informazioni false e faziose sui fatti. Gli IGP & CO, indicono una “festa” all'interno del cortile di via del Pratello, festa che viene annunciata con i toni di un vero e proprio "regolamento di conti". I compagniinterni al progetto radio non prendono una decisa posizione contro il collettivo dei transmaniaci, nascondendosi dietro la foglia di fico della “libertà d'opinione” e del rifiuto di atteggiamenti censori. Le trasmissioni del collettivo Trasmaniacon continuano come se niente fosse. Pochi giorni dopo, il 17 febbraio 93, le compagne lesbiche e femministe - coll. Artemide e le Furie e coll. Siam Tornate (eravamo a far la spesa) - occupano RKC nelle ore destinate alla trasmissione Trasmaniacon.(…) Nei giorni seguenti il transmaniaco R. B. (che di lì a poco indosserà la nuova non-identità di Luther Blissett) preleva i nastri registrati della trasmissione incriminata e li ripulisce opportunamente regalandone copie a destra e manca. In questo modo si prepara a passare da aggressore a calunniato. Contemporaneamente diffonde un comunicato dove attribuisce alle compagne rivendicazioni di tipo identitario e differenzialista, come dire: neorazzista. Ai primi di marzo dello stesso anno, immediatamente dopo una festa femminista e lesbica organizzata dal coll. Siam Tornate al Circolo Barneri (Cassero di Porta S. Stefano), la banda di RKC e i loro collaboratori della libreria di "movimento" Grafton 9 (che ancora non avevano “occupato” il Livello 113), lanciano l'ennesima provocazione chiedendo i locali del Berneri per una propria festa. Le compagne del collettivo – che da circa un anno utilizzavano, nel pieno rispetto della propria autonomia, queglis pazi per i loro incontri –, chiedono agli anarchici di assumere una precisa posizione rispetto ai fatti, ma tra questi prevale “un atteggiamento più liberale che libertario” e i transmaniaci & Co ottengono i locali. Le compagne femministe, giudicando oramai inaccettabile la condivisione di quello spazi, abbandonano il Cassero. Per non ridurre il fatto ad un caso isolato, basti ricordare che gli anarchici di Porta S. Stefano qualche mese fa hanno messo a disposizione i locali del Berneri per una tre giorni organizzata da tal Caffè Acratico: tra gli eventi un incontro con Helena Velena, già ospite di Trasmaniacon, già organizzatore/trice di varie edizioni della manifestazione “Erotica” e già autore/autrice di Dal cybersex al transgender. Tecnologie, identità e politiche di liberazione, dove, dopo aver ringraziato l’amico LutherBlisett, l’avvelenata Velena per spiegare come “liberarsi” tramite il sesso mediatico (dove sì “le donne la fanno vedere” ma “mica gliela danno”), a p. 36 sentenzia: “le vetero femministe continueranno a parlare di sfruttamento del corpo femminile... autoproducendo la propria condizione di subalternità e schiavitù” (detto altrimenti: la colpa è nostra!). Il testo di Helena Velena è stato pubblicato nel 95 da Castelvecchi, casa editrice già tristemente nota per pubblicazioni che celebrano le delizie della “contaminazione” con la Nuova Destra, tra cui Come si cura il nazi di monsieur Bifo (…) Da questa prima panoramica, oltretutto lacunosa, emergono alcuni fili di una fitta rete di scambi e relazioni. È proprio questa struttura reticolare ad essere significativa (…) Al di là dei meri “dati” (che comunque servono e auspicheremmo un lavoro di mappatura di eventi e situazioni più articolati) su un piano più “teorico” assistiamo (…) all’emergere di una cultura fortemente reazionaria dietro la maschera movimentista. Soprattutto vorremmo attirare l’attenzione da una parte sulle “accuse” che nella maggioranza dei casi vengono mosse alle compagne – settarie, censorie, presunte portatrici di discorsi identitari e differenzialisti –, dall'altra su discorsi quali il meticciato, la contaminazione e l'anti-identitarismo, ormai moneta corrente in ambito “alternativo”. Questi discorsi, nella loro “banalizzazione” movimentista sono molto più vicini ai discorsi del femminismo differenzialista (…) e ai discorsi della Nuova Destra di quanto, apparentemente, non possa sembrare o vogliano far credere. Qui si aprono nuovi problemi. Non basta, anche se è indispensabile, denunciare singoli episodi, e neppure - come abbiamo cercato di fare qui - vedere i legami, le sequenze, le reti che li collegano, ma occorre cercare di capire come si stia formando (o si sia già formata) una nuova cultura. E' una cultura nemica della nostra autonomia che è fatta di comportamenti, piccoli enunciati di ogni giorno, ma anche di vere e proprie “linee” e indirizzi teorici che collegano in diagonale la cultura “alta” e le sottoculture (dalla musica alle radio, dalle fanzine alle scritte sui muri, anche quelle sulle pareti dei cessi del 36, ecc.) (…)”.
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