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L'India apre ai brevetti: catastrofe per i malati del Sud del mondo
by Fillippino Sunday, Mar. 27, 2005 at 2:25 AM mail:

New Delhi si piega al volere dell'Organizzazione mondiale del commercio (Wto). Una tragedia per i poveri del Subcontinente, che fino a ieri potevano curarsi con le versioni "locali" dei più noti medicinali. Agnoletto: «Una decisione che avrà effetti gravissimi» Sabina Morandi

Il 22 marzo il Parlamento indiano ha approvato la nuova legge sui brevetti, come richiesto dall'Organizzazione mondiale del commercio, universalmente nota come Wto. Anche in questo paese il governo di centro-sinistra si è visto costretto a mettere in pratica i più spietati dictat liberisti, come appunto quello di vietare la produzione di farmaci generici a basso costo. La questione però non riguarda soltanto l'India ma anche tutti quei paesi che si servono dei farmaci indiani per arginare l'epidemia di Aids. La sinistra della coalizione, capeggiata dai partiti comunisti, è riuscita a fare approvare alcuni emendamenti che consentono di arginare l'impatto negativo dei brevetti all'interno del paese ma, di fatto, la sostanza della nuova legge è anche più rigida della normativa Wto che in casi d'emergenza sanitaria prevede alcune eccezioni, come la possibilità di sospendere i brevetti - le cosiddette licenze obbligatorie - o di importare generici da altri paesi - le importazioni parallele. «Alcune misure sono estremamente gravi» dichiara Vittorio Agnoletto che, per contro della Gue, ha chiesto ufficialmente a Rupchand Pal, uno dei leader dei comunisti indiani, di impedire l'approvazione della legge «La nuova normativa impone ad esempio di aspettare tre anni dalla registrazione del brevetto prima di poter chiedere una licenza obbligatoria, non fissa alcun termine per esaminare queste richieste, apre alla possibilità di brevettare differenti composti chimici della stessa molecola, consentendo a un'azienda farmaceutica di blindare il brevetto ben oltre i vent'anni consueti e, cosa più grave di tutte, non fissa un tetto massimo per le royalties. Basti pensare che in Sudafrica la GlaxoSmithKline è riuscita ad aggiudicarsi una royalty del 40 per cento sul combivir, uno dei farmaci che compongono la terapia anti-retrovirale». La decisione di New Delhi rischia insomma di trasformarsi in una vera e propria sentenza di morte per quelle 350 mila persone - sulle appena 700 mila che hanno accesso alla terapia anti-Aids - che nel mondo si servivono dei prodotti indiani.


Brevetti di monopolio
Gli attori di questo scontro epocale, giocato sulla pelle dei malati più poveri del mondo, sono molti. In primo luogo c'è appunto il Wto, che impone a paesi come l'India di introdurre quest'anno il regime brevettuale. L'India ha potuto godere per dieci anni di un regime di transizione durante il quale ha mantenuto in vigore la vecchia normativa che riconosceva il diritto di proprietà intellettuale solo sui procedimenti produttivi, non sui composti in sé: una distinzione fondamentale per il settore farmaceutico indiano che, come quello italiano degli anni Sessanta, ha potuto sviluppare una propria "industria della copia". In breve i generici indiani hanno conquistato fette di mercato interno, e soprattutto estero, con alcune versioni generiche degli anti-retrovirali a bassissimo costo e, di recente, migliori di quelle "di marca". E' il caso del triomune, un antiretrovirale prodotto in India che consente di ridurre la quantità di pasticche da assumere, e quindi anche gli effetti collaterali. Il successo commerciale, però, è arrivato a minacciare da vicino il regime di monopolio di cui godono le grandi aziende farmaceutiche occidentali, che difendono questo privilegio con ogni mezzo.

Bisogna ricordare che il braccio di ferro globale sui brevetti non riguarda soltanto i malati di Aids ma molte altre patologie. Il blocco dei generici consente infatti a Big Pharma di gonfiare i prezzi soprattutto dove non ci sono concorrenti, ovvero nei paesi più poveri. Il Zantac, ad esempio, un farmaco anti-ulcera prodotto dalla Glaxo, è diventato più economico nel 1998, quando alcuni stabilimenti indiani hanno cominciato a produrre la sostanza attiva contenuta nel farmaco, il ranitidine. Altrove però l'azienda farmaceutica ha continuato a tenere i prezzi alti. Mentre in India il Zantac costa 2 dollari a confezione, costa 3 dollari in Nepal, 9 in Bangladesh, 30 in Vietnam, 37 in Thailandia, 41 in Indonesia, 55 in Malesia, 61 a Sri Lanka, 63 nelle Filippine e addirittura 183 dollari in Mongolia. Inutile dire che la Glaxo è stata una delle compagnie più attive nel fare pressione sui parlamentari indiani perché approvassero la nuova legge sui brevetti.


Braccio di ferro sulla peste del secolo
Con un crescita annua del 16-18 per cento, il settore farmaceutico è il più redditizio dopo quello dell'informatica. Consente infatti profitti elevatissimi che, una volta tolti gli utili per gli azionisti e i fondi per le campagne elettorali dei presidenti statunitensi - Big pharma suddivide sempre equamente i finanziamenti fra democratici e repubblicani - vengono investiti nel marketing e, in misura minore, nella ricerca. Se gli stanziamenti per la ricerca sono inferiori a quelli pubblicitari, la percentuale destinata allo studio delle malattie dei poveri sfiora lo zero assoluto. Da qualche anno, però, alcuni paesi come il Brasile, la Cina, l'India, il Messico e la Thailandia, si sono attrezzati per produrre i farmaci generici attraverso la cosiddetta "ingegneria inversa" che consiste di partire dal prodotto finito (e brevettato) per produrlo in maniera più economica. Un'altra soluzione, adottata da paesi che non hanno capacità tecnologiche sufficienti a produrre per conto proprio, è quella di importare i prodotti al miglior offerente, secondo il buon vecchio principio della concorrenza. E di offerte ce ne sono parecchie se, nella sola India, almeno tre case farmaceutiche sono in grado di offrire il cocktail anti-Aids a un decimo della tariffa ufficiale. Chi ha deciso di seguire questa strada, però, è finito nel mirino degli Stati Uniti che hanno minacciato - o applicato - sanzioni commerciali pesantissime.

Il programma di distribuzione della terapia anti-Aids del governo brasiliano, che dal 2000 ha abbattuto in modo consistente i decessi e arginato il contagio, è costato un richiamo formale al Wto da parte degli Stati Uniti che chiedono una punizione esemplare dell'attuale politica sanitaria del paese. Anche la Thailandia - un milione di sieropositivi su una popolazione di 60 milioni - ha dovuto approvare una legge sui brevetti per non incorrere nelle ritorsioni statunitensi che avrebbero potuto sbarrare la strada alle importazioni tessili. Ancora più noto è il caso del Sudafrica il cui governo è stato addirittura portato in tribunale da un cartello di aziende farmaceutiche per avere osato approvare, nel 1997, una legge che apriva all'importazione dei generici a basso costo da distribuire alla popolazione per arginare l'epidemia di Aids, in perfetto accordo con le regole del Wto. Solo la mobilitazione nazionale e internazionale ha fatto recedere le multinazionali dal loro proposito, spaventate dal danno d'immagine. Nelle ire statunitensi sono incorsi anche il Bangladesh, le Filippine, l'Argentina, la Nuova Zelanda e il Guatemala, tutti per analoghi motivi.

Ecco perché la nuova normativa approvata da New Delhi potrebbe avere effetti devastanti che vanno ben oltre la sorte dei pur numerosi malati indiani. Potrebbe salvarsi invece il Brasile che, il 15 marzo scorso, ha dato alle multinazionali che detengono i brevetti sugli anti-retrovirali un vero e proprio ultimatum: o entro 21 giorni le varie Abbot Merck e Gilead Science si siedono al tavolo con i rappresentanti del ministero della Salute per trattare una cessione dei diritti di produzione a prezzo stracciato, oppure Brasilia farà da sé, attraverso il meccanismo della registrazione forzata. E che il governo brasiliano faccia sul serio lo si evince dalla costituzione di un gruppo tecnico composto di vari paesi, fra cui Ucraina, Russia, Cina, Cuba e, come osservatore, India. Se Big Pharma dovesse rispondere picche sarà solo Brasile ad andare allo scontro frontale ma, con l'aiuto del gruppo tecnico, potrà procurarsi gli elementi per produrre gli anti-Aids generici in loco.

Il caso dell'India dimostra però che i singoli paesi sono deboli di fronte alle enormi pressioni cui sono sottoposti. Una situazione gravissima "di fronte alla quale dobbiamo diventare più radicali" sottolinea Vittorio Agnoletto «perché ormai è chiaro che non si può puntare sulle eccezioni previste dalla normativa del Wto o su accordi di facciata come quello dell'agosto 2003, che consentiva le importazioni parallele. L'applicazione delle eccezioni è laboriosa, complicata e costosa, sia in termini di tempo che di spese legali, come dimostra il fatto che a due anni dall'approvazione dell'accordo del 2003, non un solo paese vi ha fatto ricorso. A questo punto» conclude il parlamentare europeo «non c'è altra scelta che sottrarre i farmaci al Wto e restituirli all'Organizzazione mondiale della sanità, attualmente ridotta al ruolo di osservatore. Soltanto così si può sperare di arginare l'epidemia e di rimettere in moto la ricerca sulle malattie del Sud del mondo, per le quali il mercato non ha alcun interesse».

da Liberazione
26-03-2005

http://www.liberazione.it

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