in tedesco (con foto) su http://de.indymedia.org/2005/04/111360.shtml
Siamo tre vittime dell'irruzione alla Scuola Diaz durante il G8 di Genova del 2001, in questi giorni nella città ligure per presenziare all'apertura del processo contro 29 persone per la sanguinaria irruzione, che tutti noi chiamiamo ormai “notte cilena” (maggiori informazioni su http://www.supportolegale.org). Ieri, 8 Aprile 2005, siamo tornati, accompagnati da un attivista di “Supportolegale” sul teatro di quei terribili fatti. All'inizio tutto sembrava tranquillo. Dall'ingresso principale della scuola ci siamo recati nella palestra, dove abbiamo scattato delle foto, con il beneplacito di un bidello. Tuttavia non potevamo andare al piano di sopra, dato che la porta di accesso era chiusa. Siamo, pertanto, andati dall'altra parte e abbiamo preso l'ascensore per salire al piano superiore. Anche lì era tutto tranquillo e abbiamo fatto altre foto. All'improvviso sono spuntate un paio di persone dall'altra ala, che ci hanno chiesto chi eravamo e perché stavamo scattando fotografie. L'atmosfera si è fatta subito tesa quando abbiamo spiegato che eravamo stati vittime dei pestaggi in quella scuola e che volevamo rivederla. Il custode, in particolare, è stato molto aggressivo e voleva subito sbatterci fuori. Era presente anche la vicepreside, che voleva che aspettassimo per discutere poi di una eventuale autorizzazione. Abbiamo insistito e ripetuto che non eravamo né estranei, né intrusi e che non volevamo essere mandati via. Successivamente è arrivata anche la preside, che, insieme al custode, ci ha minacciati, a suon di urla, di chiamare la polizia per farci uscire da lì. Abbiamo cercato di spiegare loro cosa avevamo passato e abbiamo chiesto se non trovavano fuori luogo minacciarci di chiamare la polizia, invece di ascoltarci; non stavamo facendo niente di male! Ci hanno detto che loro erano responsabili per la sicurezza degli studenti e che, dunque, dovevano proteggerla (ma da chi?). La nostra risposta è stata che non volevamo farci cacciare e che eravamo noi ad aver vissuto quel tragico episodio e che, dunque, avevamo diritto a rimetterci piede, soprattutto prima di eventuali dichiarazioni in tribunale. Il nostro accompagnatore ha, inoltre, fatto notare di essere collaboratore di un avvocato e, pertanto, di essere autorizzato a fare un sopralluogo con noi. Sono seguite affermazioni particolarmente brillanti, come “Questo è un luogo pubblico, non potete prendere ed entrare così”, mentre i tre, in particolare il custode (una persona piuttosto sgradevole), continuavano a minacciare di chiamare la polizia se non ce ne fossimo andati. Scendendo le scale abbiamo incontrato un insegnante, che si è unito alla discussione, dicendoci che tutti loro avevano sofferto durante i giorni del G8. Era molto arrogante e pretendeva di spiegare lui cos'era successo lì. Gli abbiamo chiesto se veramente credeva di poter arrogarsene il diritto e a che titolo voleva cacciarci. Mente ce ne andavamo attraversando il cortile, è arrivato un mezzo dei carabinieri, poi un altro. Quattro carabinieri ci sono, dunque, venuti incontro, e ci hanno chiesto i documenti. Il nostro accopagnatore ha spiegato la situazione e ha chiamato un avvocato, che potesse anche informare la stampa. I carabinieri, soddisfatti, ci hanno preso i documenti e ci hanno trattenuti nel cortile per un po'. Intanto la scuola chiudeva e tutti gli studenti se ne andavano passandoci davanti. Molti erano stupiti dalla presenza della polizia, ma nessuno ha domandato cosa stesse succedendo. Abbiamo chiesto a vari insegnanti se stessero capendo cosa si verificava sotto i loro occhi e perché non intervenissero, se trovassero corretto trattarci così e farci ritrovare di nuovo i carabinieri addosso. Risposte scontate: “Certo, non potete prendere ed entrare, senza permesso... Io non voglio essere immischiato, ho fame e voglio tornare a casa”. Dopo circa un quarto d'ora i carabinieri ci hanno ridato i documenti e hanno preteso che lasciassimo la zona. Non sappiamo cosa abbiano fatto con i nostri dati. Questo episodio mostra in che modo venga affrontato il tema g8 a Genova, come ci è stato confermato da membri di “supportolegale”. Ogni tentativo di elaborazione o visione critica degli eventi di quei giorni viene ostacolato. La gente si sente, sì, vittima di quei fatti, ma non è disposta a confrontarcisi realmente. E i docenti che giorno dopo giorno lavorano in quella scuola, come abbiamo visto oggi, non fanno eccezione. Siamo stati percepiti come elemento di disturbo e dovevamo, dunque, essere allontanati in maniera rapida ed efficace.
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