Pubblichiamo un esposto che Giuseppe Pelazza, avvocato di William Frediani, ha inviato al CSM, al Ministro dell'Interno e al Procuratore Generale a proposito dell'inchiesta sulle COR. Le informazioni contenute in quest'esposto sono GRAVISSIME ed evidenziano con quale accanimento politico i magistrati si stiano adoperando per tenere in carcere questi due compagni! Leggere per credere.
• Al Signor Ministro della Giustizia • Al Signor Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione • Al Consiglio Superiore della Magistratura
Sono difensore del signor William Frediani nell’ambito del procedimento n.6456/03 RGNR Procura di Pisa, ora trasferito, per pretesa competenza territoriale, alla Procura di Firenze (n.19383/04 Reg. N.R. DDA).
Ovviamente non è questa la sede per riferirsi al merito della situazione processuale, con specifico riferimento alla mancanza di indizi. Ma proprio qui è doveroso esporre alcune condotte dei magistrati che hanno gestito il procedimento.
Al signor Frediani è stata inizialmente applicata la misura cautelare degli arresti domiciliari con ordinanza del GIP di Pisa in data 28.07.2004. In tale ordinanza, il (preteso) reato associativo contestato (le indagini riguardano le “Cellule di Offensiva Rivoluzionaria”), era configurato come reato di cui all’art.416,C.2,cp, e veniva testualmente affermato: “…deve essere nuovamente ricordato come sia stato pacificamente ritenuto che l’associazione in questione non sia connotata da finalità di terrorismo e nemmeno da chiare finalità di eversione dell’assetto democratico e pluralista dello Stato”. Ancora deve essere sottolineato come lo stesso P.M. abbia evidenziato che, nonostante il contenuto del documento programmatico dell’organizzazione intitolato “Primo documento chiarificatore”, da un lato, “…il tutto si è ridotto, se così si può dire nell’ottica qui oggetto di esame e prescindendo quindi dal turbamento delle parti offese, nello spedire per lettera delle minacce” (cfr pag.8 della richiesta del P.M.), dall’altro, “…le C.O.R. si preoccupano di sottolineare come avevano fatto precedentemente in occasione delle azioni contro la UGL ed il Meucci, la loro attenzione per il rischio di un eventuale coinvolgimento di persone ed abitazioni diverse da quelle avute di mira” (cfr pagg.8 e 9 della richiesta del P.M.). Persino dopo l’esecuzione di misure cautelari nei confronti di taluno degli affiliati del sodalizio “…le C.O.R. hanno reagito alla azione repressiva, fortunatamente, con azioni di intensità offensiva materiale sottodimensionata rispetto a quanto ci si poteva attendere dal loro ultimo documento, divulgato solo tre settimane prima. Hanno infatti scelto il tipo di azione di più semplice attuazione e a minor rischio qual è la spedizione di lettere minatorie (così si esprime il P.M. a pag.14)…”.
Il signor Pubblico Ministero, che aveva richiesto per gli indagati la custodia cautelare in carcere, propose appello, sul punto, al Tribunale Distrettuale del Riesame di Firenze .
Ebbene, appare assolutamente stupefacente leggere, nell’ordinanza 16.08.2004, a sostegno dell’accoglimento dell’indicato appello, che il signor Frediani sarebbe “SOPRATTUTTO SORRETTO DA CONVINZIONI CHE MOSTRANO L'ADESIONE CONVINTA ALLA LOTTA VIOLENTA DI CLASSE DI RADICE COMUNISTA CHE - SI POTREBBE DIRE: INEVITABILMENTE -PREVALE SULL'ISPIRAZIONE ANARCHICA;…”.
Insomma, questi giudici fiorentini paiono essersi ispirati, nello stabilire l’indispensabilità del carcere, ad una concezione teorica assai affine a quella, tristemente nota, della c.d. “colpa di autore”, che caratterizzò la Germania degli anni ’30…e sembra, così, espunto dall’ordinamento il principio (immodificabile, di cui all’art.3, primo comma, Cost.,), e censurata la storia della lotta contro il nazifascismo, che vide in prima fila proprio coloro che si caratterizzavano per una inequivoca radice comunista.
Nel frattempo, era stata resa nota la relazione semestrale dei “Servizi”, che spendeva molte parole, assurdamente, proprio sulla pretesa pericolosita delle C.O.R….
Il 5 novembre 2004 sarebbe maturato il termine massimo di custodia cautelare relativo ad un secondo provvedimento restrittivo, questo di custodia in carcere, emesso il 6 agosto 2004, sempre dal GIP di Pisa (in persona, però, di altro giudice) per un episodio di danneggiamento e per il delitto (di salda matrice democratica…ma forse non è il caso di cedere all’ironia) di propaganda sovversiva. Allo scadere di tale termine, perciò, il signor Frediani avrebbe dovuto uscire dal carcere e tornare in regime di arresti domiciliari, giacché l’ordinanza del Tribunale del Riesame, essendo stato proposto ricorso in Cassazione, non era certo esecutiva.
Ebbene, il GIP di Pisa, su richiesta del P.M., disponeva in data 5-6.11.2004, la proroga per altri 45 giorni della durata massima della custodia in carcere, facendo riferimento “alla pendenza di accertamenti istruttori particolarmente complessi…” quali “le numerose indagini dattiloscopiche, genetiche informatiche concernenti ben 486 corpi di reato tempestivamente disposte già da luglio/agosto dal P.M. …”.
Peccato, innanzitutto per la moralità del procedimento, che la Relazione del RIS di Parma concernente i citati “accertamenti dattiloscopici e biologici”, RISULTAVA GIà PERVENUTA ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA DI PISA IN DATA 30.10.2004 (e i risultati bene potevano essere noti anche in precedenza, essendo, la Relazione, datata 14 ottobre 2004), mentre la Relazione del Reparto Operativo di Pisa e concernente “Esame documentazione estratta dai supporti informatici in sequestro”, risultava, anch’essa, già formalmente pervenuta alla stessa Procura di Pisa in data 28.10.2004.
Ci si trova, quindi, di fronte all’utilizzo di un istituto processuale per finalità del tutto diverse da quelle che lo connotano, per finalità che non possono che essere definite gravemente illecite: protrarre al di là dei termini massimi imposti dal legislatore la custodia in carcere di un cittadino.
Successivamente, poco prima che scadesse il termine della sopra indicata, illegittima, proroga, con la conseguenza, già accennata, del ritorno agli arresti domiciliari del signor Frediani e della scarcerazione per decorrenza termini del coindagato signor Perondi, era notificata, dal GIP di Pisa, una “Dichiarazione di incompetenza funzionale-Provvedimento di custodia in carcere”, datato 3 dicembre 2004.
In modo del tutto sorprendente, PM di Pisa e GIP, sostenevano ora, che “non appare seriamente contestabile che l’associazione criminosa denominata Cellule di Offensiva Rivoluzionaria… abbia natura di associazione con finalità di eversione dell’ordine democratico”, e quindi “riqualificavano” il reato associativo come fattispecie di cui all’art. 270 bis, e “aggravavano” gli episodi specifici ex art. 1 L.15/1980!
Come sia possibile sostenere due tesi opposte, pressoché contemporaneamente (a distanza di pochi mesi), risulta del tutto incomprensibile, anche perché nessuna autocritica, in ordine in ordine alla precedente tesi della inconfigurabilità della fattispecie di cui all’art. 270 bis, appare svolta. La tesi precedente è semplicemente, nei fatti, negata, cancellata e sostituita da quella opposta, negata in precedenza!
Il sottoscritto non sa cosa sia successo per “trasformare” il modo di ragionare di questi magistrati.
Sa però che il procedimento è stato trasferito a Firenze, ove Procura, GIP e Tribunale del Riesame hanno prontamente fatto propria la tesi della sussistenza dell’ipotesi prevista dall’art. 270 bis (non senza dover rilevare che il GIP ha provveduto con ordinanza di mercoledì 22 Dicembre a seguito di richiesta del PM di Sabato 18 dicembre 2004, dedicando all’ esame dell’assai voluminoso procedimento –in sovrapposizione, a quanto è dato sapere, anche a giorni di assenza/ferie e ad altre incombenze- ben tre giorni e mezzo! Come sarà stato possibile?).
Sa anche che il termine di durata massima di custodia cautelare è stato così enormemente dilatato.
Pensa che i “Servizi” saranno soddisfatti, nel poter verificare che la loro campagna allarmistica ha potuto estendersi…
L’”allineamento” della Procura di Firenze all’immotivato revirement della Procura di Pisa desta tuttavia stupore: basti pensare che lo stesso Procuratore Generale, Dott. Brignoli, nella Relazione tenuta nel corso della cerimonia di apertura dell’anno giudiziario ha, secondo le agenzie di stampa (cfr ASCA del 15 gennaio 2005), affermato che le indagini svolte sui gruppi anarcoinsurrezionalisti (e le COR vengono comunemente inserite, dagli inquirenti, così come risulta dagli atti anche di questo procedimento, in tale categoria), “non hanno trovato conferme idonee a qualificare tali aggregazioni come organizzazioni terroristiche”.
Evidentemente il signor Procuratore Generale di Firenze o non condivide il cambiamento di opinione espresso dalla Procura di Pisa (e fatto proprio dalla Procura di Firenze) o neppure ne era stato informato, ai fini della stesura di quella Relazione che dovrebbe dar conto dell’amministrazione della giustizia alle più alte cariche istituzionali ed alla opinione pubblica…
Non è, infine, chiaro in capo a quale giudice dell’ufficio GIP di Pisa fossero stati concentrati i provvedimenti relativi al procedimento in questione (art.7 ter Ord. Giud.): l’unico dato che può constare al difensore è che al GIP che ha disatteso, con l’ordinanza 28.07.2004, le richieste del PM sul tipo di misura cautelare, non è stata, successivamente, attribuita alcuna decisione su alcun provvedimento.
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L’esperienza insegna che, quando sullo sfondo di un dibattito si pongono dei riferimenti – fondati o meno che siano – alla “sovversione”, anche posizioni politiche istituzionali fra loro contrastanti, e caratterizzate da rapporti vivacemente polemici, tendono a compattarsi, ponendo tutto ciò che di “sovversione” è colorabile, al di fuori della normalità del dibattito e del rispetto delle regole.
Bene, sono convinto che l’unità tra posizioni tra di loro polemiche e contraddittorie deve invece trovarsi non “ad excludendum”, bensì, all’opposto, nell’impegno a salvaguardare la democraticità dei procedimenti ed il rispetto dei diritti del cittadino laddove entrano in campo potenti suggestioni demonizzanti, costruttrici della figura del “nemico”.
Il “nemico” della democrazia è, in realtà, proprio la violazione delle regole.
Milano, 18 marzo 2005
(Avv. Giuseppe Pelazza)
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