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Bolzaneto: «Archiviate il pm Sabella»
by dal manifesto Saturday, Apr. 16, 2005 at 11:52 AM mail:

Secondo i magistrati l'ex capo del Dap vide i detenuti faccia al muro. «Ma non percepì le violenze più gravi».

A Bolzaneto vide che i detenuti erano tenuti in piedi con la faccia contro il muro, ma non fu testimone diretto delle violenze più gravi, né della loro sistematicità, quindi non avrebbe potuto impedirle. Con queste motivazioni i pm genovesi Patrizia Petruziello, Vittorio Ranieri Miniati e Francesco Pinto hanno depositato la richiesta di archiviazione per il loro collega Alfonso Sabella, oggi pm a Firenze e all'epoca del G8 dirigente dell'Amministrazione penitenziaria (Dap) e «superiore di tutto il personale del Dap» presente a Genova nel luglio 2001. La parola passa al giudice per le indagini preliminari, davanti al quale le parti civili faranno sicuramente opposizione, chiedendo che Sabella sia processato insieme ai 47 appartenenti alla polizia penitenziaria, alla polizia di stato e all'arma dei carabinieri per i quali è stato già chiesto il giudizio. Le accuse a questi ultimi, a vario titolo, sono abuso d'ufficio, abuso d'autorità, violenza privata, lesioni, percosse, ingiurie e falso ideologico per comportamenti qualificati dai pm come «trattamenti inumani e degradanti», appena un gradino al di sotto della tortura, ai sensi della convenzione europea dei diritti umani. Manca l'apologia del fascismo perché i pm non ritengono che le manifestazioni fascistoidi dei poliziotti di Bolzaneto, come l'imposizione di gridare «viva il duce» o la canzoncina «un due tre viva Pinochet», fossero davvero pericolose per l'ordine democratico. Sabella, che negli anni 80 e 90 si fece onore a Palermo nella caccia ai latitanti di mafia, a Genova sovrintendeva alle strutture carcerarie provvisorie istituite per il G8, quella di Bolzaneto (reparto mobile di Genova) e quella di Forte San Giuliano (comando provinciale dei carabinieri, anche lì ci sono state denunce di abusi e le indagini non sono concluse). Il Dap aveva deciso di «anticipare» in quei siti gli uffici matricola e le infermerie delle carceri di Genova, Pavia, Alessandria e altri, facendo una previsione di almeno 350 arresti (in realtà saranno meno di 300). Dovevano essere luoghi «di transito» ma le «permanenze» si allungarono fino ad oltre trenta ore. E l'altra misura da stato d'eccezione, che di fatto favorì gli abusti, fu la sospensione generalizzata dei colloqui tra gli arrestati e i loro avvocati, della quale l'allora procuratore di Genova, Luigi Francesco Meloni, dovette rispondere al Csm.

I pm genovesi osservano che Sabella, «era indubbiamente in posizione di garanzia rispetto ai diritti dei detenuti». Le testimonianze però confermerebbero che il magistrato «era costantemente in San Giuliano, dove per la localizzazione (vicino alle manifestazioni, ndr) temeva situazioni di maggiore tensione; la sua presenza in Bolzaneto è stata limitata a visite occasionali, anche se ripetute; inoltre il suo arrivo in qualche modo era sempre preannunciato in quanto era sempre scortato». «Appare quindi verosimile - proseguono - che nel corso di queste visite non siano stati posti in essere alla presenza del magistrato singoli e specifici atti di violenza», anche perché Sabella era «l'unico non appartenente alle forze dell'ordine e quindi non `omogeneo' alle stesse».

Il magistrato però si accorse, «almeno due volte come egli stesso ha riconosciuto», della «posizione anomala in cui venivano tenuti gli arrestati», ovvero in piedi con la faccia al muro. E' una delle pratiche individuate dalla corte europea dei diritti umani (sentenza 18.01.1978, Irlanda c. Regno Unito) come «trattamenti inumani e degradanti». Oltre allo «stare in piedi contro il muro» i pm, nella richiesta di rinvio a giudizio per i 47, ricordano «l'incappucciamento, la sottoposizione a rumore, la privazione del sonno e la privazione di cibo e bevande» e le tecniche definite «di disorientamento o di deprivazione sensoriale», osservando che «dei cinque trattamenti esaminati dalla corte e ritenuti inumani, ben quattro furono sicuramente inflitti a Bolzaneto (non sono infatti riferiti casi di incappucciamento)». Lo stesso Sabella ha riferito di aver chiesto spiegazioni all'ispettore Biagio Antonio Gugliotta, che era responsabile della sicurezza di Bolzaneto e oggi è tra i 47 imputati, accontentandosi di risposte che non bastano: la necessità di separare uomini e donne, di controllare meglio o di distinguere tra i già perquisiti e i non perquisiti, e perfino lo «spirito di emulazione verso la polizia di stato». Sabella vide di nuovo i detenuti in piedi quando accompagnò il ministro Roberto Castelli a Bolzaneto. E anche a Castelli diedero le stesse risposte. Averci creduto, però, non è reato.








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