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Ma Indymedia Italia rimane aperto, i giudici romani cercano i responsabili in Brasile
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speed Thursday, May. 05, 2005 at 7:04 PM |
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C'è però un ministro, Gianni Alemanno, che ha subito esultato alla notizia della «chiusura» di Indymedia diffusa dalle agenzie da palazzo di giustizia. «Mi congratulo con l'autorità giudiziaria», ha detto il leader della destra sociale.
«Papa nazi», stop al sito Indymedia
Ordine di sequestro per vilipendio della religione e offese al papa, mostrato con la divisa nazista. Alemanno esulta. Ma Indymedia Italia rimane aperto, i giudici romani cercano i responsabili in Brasile ALESSANDRO MANTOVANI,
Un giudice del tribunale di Roma ha disposto il sequestro preventivo di alcune pagine del sito internet di Indymedia Italia perché ospitano immagini e scritti ritenuti offensivi verso la religione cattolica e verso il nuovo papa Benedetto XVI. Si tratterebbe del fotomontaggio di Joseph Ratzinger in divisa da Ss e di espressioni tra le quali «Papa nazista», «Papanazinger» e, dicono in procura, qualche bestemmia. Il provvedimento non è stato eseguito: alla pagina http://www.italy.indymedia.org fino a ieri sera tutto funzionava come al solito, nessun oscuramento. Il titolo è: «Indymedia sequestrata? Mah!». La notizia è stata diffusa dall'agenzia Adnkronos ma prima che accada qualcosa, si apprende da fonti giudiziarie, «ci vorranno di sicuro giorni, quasi di sicuro settimane e forse mesi». Non conosciamo il testo del provvedimento, che secondo le stesse fonti non verrà notificato a cittadini italiani. E' infatti destinato a una società chiamata «Imc» (Indy media center) con sede a San Paolo del Brasile, una società che secondo il pm Salvatore Vitello e la Digos di Roma sarebbe «titolare» del dominio .org del sito internazionale http://www.indymedia.org, «del quale - spiegano in procura - il sito italiano è una costola, come gli altri in tutto il mondo».
Per notificare l'atto a San Paolo, non esistendo un trattato bilaterale per la trasmissione diretta all'autorità giudiziaria brasiliana, il pm dovrà affidarsi a una rogatoria internazionale per via diplomatica che allo stato non è ancora stata sollecitata. Stanno traducendo gli atti, poi li manderanno al ministero, quindi all'ambasciata e infine a San Paolo. Ci vorrà tempo. E comunque, dopo la notifica, la materiale esecuzione del provvedimento necessiterebbe di altre rogatorie in altri paesi (in Brasile ci sarà anche una società chiamata Imc ma non risulta che i server si trovinò lì).
Il sito di Indymedia Italia, insieme ad altri venti in giro per il mondo, venne clamorosamente sequestrato l'8 ottobre scorso dall'Fbi su ordine della procura di Bologna, nell'ambito di un'indagine collegata a quella sui cosiddetti anarcoinsurrezionalisti (i loro documenti di rivendicazione erano finiti su Indy). Il provvedimento fu eseguito negli Usa e in Gran Bretagna, dove allora si trovavano i server, dalle locali autorità giudiziarie e di polizia attivate con le procedure rapide di assistenza giudiziaria per «terrorismo», ma poi, di fronte alle proteste e alle sollecitazioni degli avvocati, l'Fbi restituì le macchine in tempi brevi e gli atti italiani rimasero segreti.
Indymedia nel frattempo ha subito anche il sequestro dei pc portatili utilizzati da due attivisti per scrivere e diffondere in tempo reale i resoconti dei processi in corso a Genova per il G8 e altro: diffamazione dei pm.
Quello di ottobre un sequestro «probatorio», cioè per raccogliere prove. L'attuale sequestro «preventivo» serve invece a interrompere i reati ipotizzati dal pm, offese della religione cattolica mediante vilipendio di persone (articolo 403) e offese all'onore e al prestigio del papa (l'articolo 278 riguarda il Capo dello Stato i Patti lateranensi lo estendono al papa). In procura precisano che il sequestro non concerne il sito italy.indymedia.org in quanto tale «ma solo le pagine» in cui compare il papa in divisa nazista con i relativi insulti; verrebbero dunque oscurate solo quelle. Una sta qui: http://italy.indymedia.org/news/2005/04/777206.php.
Per l'art. 278 c'è bisogno di una speciale autorizzazione a procedere del governo ma la relativa richiesta non è ancora stata esaminata dal ministero della giustizia, infatti il giudice Marco Patarnello ha disposto il sequestro solo per l'altro reato.
C'è però un ministro, Gianni Alemanno, che ha subito esultato alla notizia della «chiusura» di Indymedia diffusa dalle agenzie da palazzo di giustizia. «Mi congratulo con l'autorità giudiziaria», ha detto il leader della destra sociale.
E' invece allarmante che la magistratura ricorra all'ennesimo provvedimento censorio nei confronti di Indymedia, che prima di essere «antagonista» o «no global» è un organo di informazione e comunicazione. Il pm Vitello del resto ha la mano pesante e lo sta dimostrando, sulla piazza romana, con il ricorso ormai sistematico alle misure cautelari, arresti e obblighi di firma, contro militanti dell'area antagonista: prima per la «spesa sociale» di San Precario (qualificata come rapina aggravata), poi addirituttura per le occupazioni delle case (associazione per delinquere). I giudici finora gli avevano dato torto, stavolta no. http://www.ilmanifesto.it/g8/dopogenova/
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«Chi si sente offeso navighi al largo»
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il manifesto Thursday, May. 05, 2005 at 7:07 PM |
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da "il manifesto" del 05 Maggio 2005 MENTANA «Chi si sente offeso navighi al largo»
«Rispettare le religioni tocca a noi operatori, non alla magistratura» COSIMO ROSSI,
Da direttore editoriale delle reti del biscione, Enrico Mentana, ha forse anche più chiaro di tanta informazione che salmodia la propria libertà che «un provvedimento di carattere giudiziario è una cosa gravissima».
La magistratura contro Indymedia per oltraggio al papa. Come la vede l'ex direttore del Tg5?
In generale sono contro ogni forma di censura, soprattutto quando così coercitiva come quella che porterebbe alla chiusura di un sito. Per altro, abbiamo sempre visto politici di primo piano associati a dittature. A tutti piace quando colpisce gli altri, ma se è satira va accettata. Può far schifo, ma Internet non è differente dalla tv: se non ti piace, cambi canale o spegni.
Compreso quando si ritenesse una caricatura trucida e oltraggiosa?
Un provvedimento giudiziario è sempre una cosa gravissima. E mi dispiace che faccia aggio su tutto il resto. Qui non c'è stata una supplenza magistratura, c'è stata solo magistratura. Non ha senso fare mille articolesse sui pellegrini a Roma e sul conclave e poi stare zitti sul resto. Se accade qualcosa di cattivo gusto, spetta forse a noi operatori dell'informazione denunciarla in senso culturale e non sanzionatorio. Mi rendo conto che il mio giudizio è da addetto ai lavori. E ammetto anche che spesso noi non sappiamo soppesare a pieno la sensibilità altrui: in questo caso quella dei cattolici.
Non che ultimamente sia stata soppesata dall'informazione quella dei non cattolici...
Mettiamola così: così come a voi del manifesto darebbe fastidio una vignetta con Giuliana Sgrena screditata, ad altri può dar fastidio quell'immagine. Mi riferisco soprattutto a chi crede in maniera pura, non interessata. Ma resto barricato nella difesa da ogni forma di censura. Detto questo, Indymedia non lo trovi mica per caso: non è un inserto dell'Avvenire. Mi piacerebbe semmai che ci fosse meno censura e qualche articolo critico e autocritico in più.
Invece restano la magistratura da un lato e la «verità» cattolica in tutto il resto dei media...
Ho avuto la fortuna di non andare in tv in questi mesi: non c'è dubbio che ci sia stato un effetto «organo» in tutti i sensi. Anche lì la cosa migliore è spegnere. Si tratta poi di vedere fino a che punto, per amore di sghignazzo, si può «mettere in croce» qualcuno. A volte non ci rendiamo conto. Ma resta un dato di fondo: che non abbiano ancora fatto nessuna discussione sul ruolo di sfogo e di espressione che hanno alcuni siti Internet. Fin quando il punto di arrivo è lo sghignazzo liberatorio, anche se violentemente iconoclasta, va bene. Se ci si vede un anello in più, può scattare l'allarme. Ma io francamente non ci posso vedere nulla tranne l'offesa religiosa. E su quello basta non andare a cercare il sito. Certi lamenti mi sembrano quelli dei benpensanti che vedono un nudo integrale alle 4 di notte. Ma che ci facevano alle 4 sintonizzati su un canale erotico? Eppoi, lo chiudono davvero il sito?
No, è all'estero.
Quindi è una sanzione platonica. Finisce per essere come la prova tv per Ibraimovic.
http://www.ilmanifesto.it/g8/dopogenova/427a48b6e8a52.html
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Ma il web è discriminato
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FRANCO CARLINI Thursday, May. 05, 2005 at 7:09 PM |
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da "il manifesto" del 05 Maggio 2005
Ma il web è discriminato
Ai siti sempre più spesso sanzioni impensabili per la carta stampata I pregiudizi dei pm Invece di procedere solo contro la pagina incriminata, la prassi è quella di bloccare l'intero server FRANCO CARLINI,
Un piccolo manipolo di pubblici ministeri variamente sparpagliati per la penisola, e unificati dall'ignoranza delle tecnologie digitali, da tempo esercita il proprio potere contro la comunicazione. Il magistrato che sta chiedendo l'impossibile chiusura di Indymedia Italia è solo l'ultimo di questi. Succede dunque che di fronte a ipotesi di reato come la semplice diffamazione o il vilipendio, molti di loro non si limitino a procedere "per analogia", ma applichino alla rete provvedimenti estensivi che non esistono invece per la carta stampata o per altri media. Di fronte a una pagina "colpevole" (ma poi i magistrati giudicanti dovranno giudicare se è tale davvero), e volendo interrompere la prosecuzione del reato, non si limitano a ordinarne l'eliminazione o l'oscuramento, ma chiudono l'intero sito che la ospita. Spesso sequestrano tutto il server, ovvero il computer dove quei materiali sono depositati, il quale magari ospitava anche altre decine di siti, diversi e "innocenti". E' come se, a fronte di una vignetta vilipendiosa di Vauro - per citare un amico - un pm chiudesse insieme la tipografia, l'archivio storico e i furgoni che portano in edicola le copie del manifesto. In un server infatti tutte queste funzioni sono concentrate in un'unica macchina. Dunque mentre la rete dovrebbe teoricamente offrire maggiori spazi di libertà e dare voce a tutti, vengono inventate norme e procedure che non si applicano al resto del mondo reale. E' il caso per esempio della nuova definizione di pornografia infantile appena varata dalla Commissione Giustizia della Camera, la quale definizione d'ora in poi comprenderà non solo le foto vere di bambini veri, ma anche le immagini sintetiche, create al computer e diffuse via Internet.
In generale succede in sostanza questo: le leggi già ci sono e doverosamente sanzionano in maniera adeguata molti reati, tuttavia, quando c'è di mezzo l'Internet, molti legislatori e magistrati sentono l'irrefrenabile esigenza di fare di più e cioè di creare una legislazione ad hoc, quasi che la rete fosse un'aggravante. Questo atteggiamento in parte è dovuto a incultura del mezzo, anche se questo dopo dieci anni di web comincia a non essere più ammissibile. In parte invece è dovuto a un pregiudizio negativo largamente diffuso e non solo tra i magistrati. Persino i giornalisti, altra categoria storicamente refrattaria al nuovo, ormai hanno imparato a usarla, ad apprezzarla o comunque a valutarla.
Quanto alle polizie, hanno ormai alte capacità tecniche contro i crimini specifici della rete e conoscendo il mezzo sono spesso in grado di calibrare gli interventi senza comprimere altri valori protetti, quali la libertà di manifestazione del pensiero. Invece altri poteri ben costituiti (governanti e giudici) in rete vedono solo o prevalentemente minacce e pericoli. Talora saranno i "pirati del copyright", talaltra saranno le dure ma già note vignette contro il neo papa di Roma, talaltra persino un corsivo pesantemente ironico verso Johnny Dorelli (anche questo è successo).
Oltre a tutto tanto accanimento è quasi sempre inutile: per ogni sito chiuso scatta la solidarietà e soprattutto il mirroring da parte di altri siti amici che si fanno specchio (mirror) di quello colpito ingiustamente. Magari sono oltre frontiera e tutti ci ricordano praticamente che "Information must be free". Allora ci deve essere qualcosa di più: l'Internet non è certo rivoluzionaria, ma certo è destabilizzante rispetto alle modalità di comunicazione di ieri l'altro. E quando le persone e i gruppi prendono la parola e si fanno reporter dal mondo turbano e destabilizzano un flusso dei media che si credeva ormai regolato e controllabile. Indymedia è questo, anche quando usa toni gridati, esaltando la propria assoluta parzialità. Ma di parti dichiarate c'è sempre più bisogno, non fosse altro che per polemizzarci, se del caso. L'anonimato fa impazzire i potenti e infatti, come ricordava Foucault, è anche per combattere i libelli anonimi che in Francia venne introdotto il diritto d'autore: in tal modo gli avversari dell'ordine sarebbero stati costretti a rivelarsi. Lo facevano i sovrani, lo fanno i regimi autoritari, ma sempre più spesso lo fanno anche le democrazie che D'Alema sogna di esportare. http://www.ilmanifesto.it/g8/dopogenova/427a48aa90c12.html
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IL MONDO DI INDY
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serena tinari Thursday, May. 05, 2005 at 7:10 PM |
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da "il manifesto" del 05 Maggio 2005
IL MONDO DI INDY
Se volesse, anche un papa potrebbe entrare nel collettivo che fa funzionare Indymedia Italia. A patto di non rientrare nelle seguenti categorie: fascismo, razzismo, sessismo. Fatta salva questa trinità, il nodo italiano ha preservato un meccanismo di partecipazione aperto. L'unico requisito è avere a portata di mano un computer connesso a Internet. Tutto si svolge attraverso «mailing list» cui ci si può iscrivere liberamente e senza dovere dichiarare la propria identità. Una mailing list è un elenco di indirizzi: quando scrivo una e-mail alla lista, la ricevono tutti gli indirizzi che ne fanno parte, che a loro volta risponderanno al mio messaggio. Grazie a questo piccolo miracolo tecnologico, il sito e il progetto sono cresciuti fino a raggiungere numeri che farebbero gola a un sito commerciale. Le statistiche dicono che ogni giorno dal sito italy.indymedia.org vengono scaricate 130 mila pagine, per un totale di circa sei milioni di «hit». Tradotto in soldoni, vuol dire che 10 mila persone visitano il sito in un giorno normale. Alle mailing list sono iscritte centinaia di persone, che più volte al giorno «scaricano la posta» per interagire con tutte le altre. Eppure, la maggior parte non si conosce di persona. Ci si identifica con un nick name, un soprannome di fantasia. È per questo che Indymedia è di chiunque la voglia fare e lavora alla luce del sole, perché le liste di gestione sono pubblicate sul web. Significa che ogni volta che scrivo alla lista, la mia mail e il mio indirizzo sono disponibili in una pagina Internet che chiunque può consultare. È lo stesso principio che anima il newswire, la colonna destra del sito, dove chiunque può riversare, in forma anonima se lo desidera, quello che gli passa per la mente. È il dogma della «pubblicazione aperta», incomprensibile o indigesto per tanti magistrati, ma non per le persone che ogni giorno ci pubblicano 200 articoli e 600 commenti. Le riunioni «indyane» in carne e ossa sono un evento raro e pubblico: l'invito e l'ordine del giorno sono sul sito, in prima pagina. Dal vivo comandano le regole che vigono nelle liste. Per esempio, la maggioranza non conta: cruciale è raggiungere una forma di consenso che metta insieme quanto emerso nella discussione. La Bibbia di Indymedia Italia dice che una decisione non vale se le liste non la approvano e non lavorano per metterla in pratica. Il Vangelo di Indymedia invece racconta di momenti piacevoli di socializzazione, scambio ed elaborazione. Ma il concreto della vita quotidiana del sito e del progetto si costruiscono per «spirito santo», quello tecnologico, difficile da fermare con una rogatoria internazionale. Indymedia Italia compirà cinque anni il 10 giugno. Venuta voglia di provare? http://italy.indymedia.org/process/participate.php. (serena tinari)
http://www.ilmanifesto.it/g8/dopogenova/427a48a20ceb2.html
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