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Si nascondono dietro la loro ombra
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blackcrow Thursday, Aug. 11, 2005 at 3:59 PM |
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La fantasia,di quei folli che credono di poter fermare l`informazione,e follia.Loro esibendo articoli scritti in camere scure,credono di poter dominare il mondo e mettere a tacere tutti,:-D AAAA pura pazzia che lo credano,forse potranno sequestrare, un Hardisk esibendo un articolo di legge,ma mai e poi mai potranno fermare il il flusso cybernetico del informazione libera.
L`informazione e` libera e tale deve restare.
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contro la polizia e l'intercettazione
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cire Tuesday, Aug. 16, 2005 at 2:23 AM |
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libera90@hotmail.com |
offerta... sto vivendo in cile e penso che come me ci sono persone sparse in tutto il mondoç.... si potrebbe provare a affittare un server qua in cile, solo per un certo periodo di tempo e continuare a cambiare in continuazione il server per evitare che riescano a controllare tutto.e lo stesso potrebbero fare altri paesi in italia ... la rapidita e il movimento fanno si che la mastodontica macchina repressiva per lo meno trovi un po piu di difficolta..... ciao a tutti
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tempo prezioso
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sicuro Tuesday, Aug. 23, 2005 at 12:40 PM |
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Direi che sono assolutamente d'accordo con chi afferma che si perde tempo a frugare in questi hard disk. nessun server in cile e nessuna fuga da nulla. indymedia è il pensiero della gente. l'unica cosa che si può rischiare davvero è di ritrovarci dei prodotti preconfezionati ad-hoc per le nuove esigenze del giovane che scrive su indymedia medio. Su quello direi che è bene prestare attenzione. perchè il mercato divora e compra. e queste idee non vanno comprate nè vendute. occhio raga occhio. quanto il mercato è subdolo ne abbiamo la prova ad ogni incrocio.cosa c'è da nascondere alla digos o alla polizia postale? prove possibili di "terrorismo"? basta scrivere le cose in maniera chiara. questo è un posto dove ci si può confrontare e perchè no? crescere. un'idea tira un'altra. e indymedia non è nato per scappare.
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che cazzo dici???
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italiano Tuesday, Aug. 30, 2005 at 12:08 PM |
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che stronzate dici??? ovviamente l'hai fatto apposta per farti insultare dietro. e tu ovviamente sei una persona che più che insulti non capisce.
"hanno fatto bene a sequestrare il materiale visto che siete amici delle brigate rosse"
ci vuole tanto sforzo a scrivere frasi così. quando vai al cesso, devi spingere forte, per farle uscire così grosse vero? qui pure i coglioni come te purtroppo possono scrivere, chiunque abbia un computer. chi fa un sito del genere non si può preoccupare di tutte le cazzate che ci vengono scritte sopra, o lo fa entro certi temini che si possono condividere o meno (vedi policy indymedia). ma che cazzo vuoi sbirro di merda? chiudere il sito? tanto i cervelli delle persone non li potete chiudere, nè potete sequestrare le idee o limitare il loro diffondersi, poichè sono idee che nascono spontanee, dal ragionamento e dal buonsenso, mica dalla propaganda di un sito o di una radio o di una televisione. e questo vi rode. e io godo.
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"Nessuno" ha sequestrato Indymedia
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Diario.it Wednesday, Aug. 31, 2005 at 12:19 AM |
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da Diario.it
24 agosto 2005 ''Nessuno'' ha sequestrato Indymedia http://www.diario.it/?page=wl05082400
La corte del Texas ha sciolto il segreto sui documenti che un anno fa hanno permesso il prelevamento dei server del network di informazione indipendente. Un pasticcio nato dall'inchiesta bolognese sui pacchi bomba a Prodi di Beatrice Ferrario
A distanza di quasi un anno, si svela il mistero del sequestro dei server di Indymedia, network di informazione indipendente, che nell'ottobre scorso "crollò" per qualche giorno in seguito a un intervento dell'Fbi nella sede di Rackspace, la società di hosting che ospitava i suoi server. Fino a oggi, nessuno sapeva con certezza chi e perché avesse ordinato quel sequestro.
La Electronic Frontier Foundation (Eff) http://www.eff.org/Censorship/Indymedia/, associazione che si occupa di proteggere i diritti digitali, è riuscita a ottenere i documenti legali finora sotto sigillo http://www.eff.org/Censorship/Indymedia/unsealed/01.pdf. All'origine di tutto, un provvedimento della Procura di Bologna, che però non aveva ordinato il sequestro dei dischi di Indymedia, bensì solo la copia del contenuto di un indirizzo web comparso sulle pagine del sito, per poter risalire al suo autore. Su "Indy", infatti, era apparsa una rivendicazione dei pacchi esplosivi indirizzati ad alcuni membri del Parlamento europeo e all'allora presidente della Commissione Romano Prodi. Il comunicato era firmato dalla Fai, la "Fedarazione anrchica informale".
Il 7 ottobre 2004 l’Fbi si presentava nell’ufficio londinese di Rackspace Managed Hosting, la società che ospita fisicamente i computer del network, e ne usciva sequestrando interamente gli hard disk dei due server ahimsa e ahimsa2, sui quali risiedono i siti web, tutta la posta elettronica e una radio indipendente che fanno capo a Indymedia in vari paesi del mondo, tra cui Indymedia italia. Una grave violazione della privacy degli utenti, della segretezza delle comunicazioni, nonché un attacco alla libertà di manifestazione del pensiero essendo Indymedia considerata una testata giornalistica in alcuni paesi del network coinvolti dal provvedimento.
Lo scorso autunno in mano agli increduli attivisti c’erano, nell’ordine, le seguenti informazioni: a)l’esistenza di una probabile richiesta, da parte della procura di Bologna, di acquisire alcune informazioni che risiedevano sui dischi; b)l’esistenza di una rogatoria internazionale che richiedeva l’intervento della corte del Texas, avendo la Rackspace sede a San Antonio; c)una e-mail di Rackspace che afferma di non poter rivelare il motivo del provvedimento perché costretta dalla legge a mantenere il segreto. Il sequestro non è poi convalidato dalla procura bolognese e gli hard disk ritornano pochi giorni dopo, il 12 ottobre, a Rackspace.
L’FBI a questo punto manda una dichiarazione all’agenzia di stampa Associated Press, imputando a un problema tecnico il black out del sito per ben cinque giorni e negando che ci fosse stato un sequestro fisico dei dischi: “C’è stata una breve interruzione del servizio internet di Indymedia perché Rackspace ha copiato dai loro server i dati richiesti in giudizio. Non c’è alcuna indagine dell’Fbi a carico di indymedia”.
Il 20 luglio 2005, grazie all’intervento pressante della Eff, la corte del Texas decide di accettare la richiesta di sciogliere il sigillo sui documenti: non c’è più pericolo che le prove vengano distrutte dato che l’intero materiale presente sui dischi era stato sequestrato. Dai documenti ora pubblici spunta un po’ di luce, ma manca ancora qualche elemento. Inoltre non esiste alcun divieto di divulgazione che giustifichi il comportamento di Rackspace. Allora cosa accadde?
La richiesta del pm Marina Plazzi, avvenuta per rogatoria internazionale l’11 maggio 2004, si collocava nell’ambito delle indagini relative ai pacchi bomba recapitati a Romano Prodi, a Jean Claude Trichet, allora presidente della Banca Centrale Europea e ad altri membri del Parlamento Europeo tra il 27 dicembre 2004 e il 5 gennaio 2004. La rivendicazione, diffusa ai maggiori quotidiani italiani, consisteva in un documento firmato dalla Federazione anarchica informale (Fai), nel quale si annunciava la costituzione di un patto di “supporto radicale” basato su azioni spontanee di insurrezionalismo. L’organizzazione annunciava una campagna contro le politiche di sfruttamento e dominio dell’Unione europea, i cui obiettivi sarebbero stati gli apparati di controllo e repressione e i protagonisti della "falsa democrazia".
Una versione del documento definita “marginalmente difforme” da quella inviata ai quotidiani era comparsa su Indymedia come post, cioè come notizia pubblicata in modo autonomo e anonimo da un visitatore del sito web. Il documento, titolato “Federazione Anarchica Informale: anarchici o poliziotti?”, era stato pubblicato il 6 gennaio 2004 alle 21:19. Oltre al sito d’informazione indipendente, il comunicato era comparso su altri siti web, anche in lingua inglese (probabilmente squat.net e alasbarricadas.org, ma ci sono degli omissis, perché il documento di rogatoria è stato modificato prima di essere reso pubblico).
Qui si inseriva l’intervento della procura di Bologna, che specificava di voler ottenere “i file di log in relazione alla creazione e all’aggiornamento degli spazi web relativi ad alcuni indirizzi web” durante un determinato periodo. In altre parole, il pm voleva risalire all’autore del post che conteneva il comunicato della Fai attraverso le tracce lasciate dal suo indirizzo IP. In ogni caso, per autoregolamentazione interna Indymedia non conserva gli indirizzi IP degli utenti che in rete visitano le pagine del sito, le “creano”, pubblicando i post o le “aggiornano”, commentando i contributi di altri. In questo modo sia utenti che autori sono totalmente anonimi ed è impossibile risalire alla paternità degli articoli pubblicati.
Poiché i dati di cui si voleva entrare in possesso risiedevano fisicamente sulle macchine ospitate da Rackspace, il pm ha fatto richiesta tramite rogatoria internazionale, alla corte di San Antonio, in Texas. L’assistenza giudiziaria di un paese estero, gli Stati Uniti, in caso di reati di terrorismo è garantita dal Mlat (Mutual Legal Assistment Treaty), un accordo a cui ha aderito l’italia nel 1982.
La società di hosting ha però i suoi uffici a Londra. La corte ha quindi chiesto l’intervento dell’Fbi. A questo punto si potrebbe avanzare l'ipotesi che sia stata la stessa Rackspace a intendere male l’ordine o, addirittura, a consegnare sua sponte gli hard disk per sottolineare la sua estraneità ai fatti. Ipotesi avvalorata dal comportamento della società che, dopo il sequestro, si è chiusa nel silenzio appellandosi a un ordine inesistente di segretezza.
Il caso di Indymedia ha molti punti di contatto con quello dell’associazione Autistici/Inventati, emerso all'inizio dell'estate. Attore protagonista la polizia postale, regia della procura di Bologna, co-protagonista il provider Aruba presso il quale era ospitato il server. Il 15 giugno 2004, nell’ambito delle indagini sull’attività della casella di posta croceanarchica@inventati.org da poco attiva (di nuovo l’area anarco-insurrezionalista), il server è stato spento dalla stessa Aruba. Che senza dire nulla ad Autistici, ha permesso intercettazioni sistematiche della polizia potenzialmente sull’intero disco, quindi su tutte le caselle di posta degli utenti di autistici/inventati. Di nuovo, quando interpellata del momentaneo blackout, Aruba ha dato la colpa a un guasto tecnico.
A parte il discutibile comportamento di queste due società di hosting, è preoccupante che delle indagini su di un singolo individuo debbano compromettere la tutela della collettività. E in questo clima continuo di "pericolo terrorista", non c’è nulla di più attuale.
www.diario.it
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Castellis e i giudici (texani)
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Riccardo Orioles - Catena di San Libero Wednesday, Aug. 31, 2005 at 12:30 AM |
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da Catena di SanLibero n. 297 Riccardo Orioles (Giornalista antimafia) 15 agosto 2005 http://italy.peacelink.org/sanlibero/articles/art_12286.html
Castellis e i giudici (texani). Acquisire le registrazioni delle connessioni entranti sul server di Indymedia: era l’oggetto della rogatoria internazionale partita da Bologna per le indagini sulla "Federazione Anarchica Informale". L’Fbi ha pensato che il modo migliore per ottenerle fosse il sequestro degli hard disk (come dire che per cercare una traccia del radar bisogna mettere i sigilli a tutto l’aeroporto). Dal giorno del sequestro (il 7 ottobre) all’inizio di questo mese tutte le carte sulle indagini del Tribunale distrettuale di San Antonio in Texas erano rimaste sotto segreto d’ufficio. Solo grazie alle pressioni della Electronic Frontier Foundation - che da piu’ di dieci anni si batte per i diritti della cittadinanza digitale - si e’ arrivati a una parziale declassificazione dei documenti. Tra essi ce n’e’ uno (riprodotto solo in copertina) del 3 gennaio 2005 che accompagna una lettera in cui - scrive il procuratore Don J. Calvert - il governo italiano ribadisce le ragioni per "tenere la faccenda sotto segreto". Quindici giorni dopo il ministro Castelli risponde alla Camera addossando qualsiasi iniziativa alla procura di Bologna. [shining]
Bookmark: http://www.eff.org/Censorship/Indymedia/
italy.peacelink.org/sanlibero
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commento tecnico
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Frank Saturday, Sep. 10, 2005 at 1:51 AM |
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Come mai ci si ostina ad avere una unica societa come referente e invece non si pensa ad una rete di mirroring per i server estesa a tutto il pianeta o ancora meglio ad architetture distribuite come in clustering basate su linux come quella di google o anche a sistemi peer to peer come freenet! Io penso che sia banale affidarsi ancora a sistemi centralizzati in un unico paese e per di piu con una societa che ha gia dato prova di inaffidabilita... cosa ne pensate?
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Techno George Crew, Nightmares In America
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Kurt Brown, Osso Ramdella Sandel, St. Ram Bon Monday, Sep. 19, 2005 at 3:08 AM |
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copelandbraindamage.jpg, image/jpeg, 640x480
Censorship and beatings and arrest. Technologicial nightmare unleashed upon Americans. Government doors closed. Best of luck.
No need for Grazie, My Own Perverted Pleasure in the ongoing Dog Fights, see you in Palermo, s'not.
Free Videos at Mobile Audit Club, music and art.
I once met a serial killer who left his victims on Southern California beaches, sitting on stumps that ran into their mouths and out, like petrified tongues. He had brain damage and I was lucky or less naive. Now I present a man who has brain damage in my native city who closes the door to our American Veterans.
I ask you, Italiano to Italiano, what should I do with the knot-headed brain damaged il pistillo cock sucker, of cocksuckers. Is Hitler's clone tooling in America in a Mercedes? Would you like to ride with him on a contract?
If yes, respond to the call of the wild, come to Mobile Alabama to view the third wonder of the underworld, the serial killers knot head, Reggie Copeland, city council President of Mobile Alabama and the closed door regime. We have no government. Know technology. It may be too late.
Belezza guerre con Mona Lisa.
http://www.angelfire.com/zine2/democracyordeath/index.html
www.angelfire.com/zine2/democracyordeath/index.html
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La pericolosissima FAI
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Cripto Tuesday, Sep. 20, 2005 at 2:19 PM |
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La pericolosissima FAI Federazione anarchica informale e' una emerita stronzata. Non esiste. Io che sono stato amico di tanti ragazzi della VERA FAI Federazione Anarchica Italiana so bene che e' un vile tentativo di sminuire la sigla originale ed eventualmente di comprendere nella definizione, complice la confusione mediatica, i compagni della fai realmente esistente, che non ha nulla a che vedere con attentati e violenze di nessun tipo. Solidarieta' da un compagno socialista.
Saluti
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Indymedia fu oscurato per errore
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da anarcotico.net Wednesday, Sep. 21, 2005 at 5:18 PM |
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Indymedia fu oscurato per errore http://www.anarcotico.net/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=5251 Indymedia under attack Le ragioni per le quali l'amministrazione Usa chiese e ottenne la chiusura del portale di informazione
E' accaduto nell'ottobre dello scorso anno. I documenti resi noti in questi giorni rivelano che il governo americano aveva intrapreso un'indagine sui siti Usa ospiti dei server inglesi dopo una richiesta dell'ufficio del procuratore di Bologna in relazione agli attentati contro Romano Prodi da parte di presunti gruppi anarchici
Perché, nell'ottobre 2004, sono stati oscurati i siti di Indymedia? Documenti dettagliati rivelano ora i motivi per i quali l'amministrazione statunitense chiese ed ottenne la chiusura di due server britannici e di oltre 20 siti Internet giornalistici.
La questione era stata discussa pochi mesi dopo il fatto alla Camera dei Comuni inglese, ma il contenuto della discussione era stato tenuto segreto. Ora, emergono alcuni dettagli: i server erano oggetto di un'indagine sui tentativi di uccidere l'ex presidente della Commissione europea Romano Prodi. E' stato rivelato che i server non avrebbero dovuto subire la chiusura; l'FBI voleva solo vedere i file contenuti nei computer.
Indymedia è un "collettivo" giornalistico che controlla 140 siti web in tutto il mondo ed è stato creato nel 1999, per dare voce e seguito alle proteste dell'Associazione mondiale no-global di Seattle. I documenti resi noti in questi giorni rivelano che il governo americano aveva intrapreso un'indagine sui siti Usa ospiti dei server inglesi dopo una richiesta dell'ufficio del procuratore di Bologna. L'autorizzazione a procedere alle verifiche richieste dall'Italia è stata possibile grazie al Trattato di aiuto reciproco firmato da molti Stati per la cooperazione nella lotta al terrorismo internazionale e al riciclaggio di denaro sporco.
Il governo italiano voleva verificare chi avesse accesso ai siti di Indymedia in relazione agli attentati contro Prodi da parte di presunti gruppi anarchici. Nel dicembre del 2003, due ordigni esplosivi erano stati piazzati nei pressi dell'abitazione del politico italiano. Una lettera inviata al quotidiano Repubblica confermava la responsabilità del gesto da parte della Federazione Anarchica e annunciava l'inizio di una campagna contro le politiche economiche dell'Unione europea, accusate di "sfruttamento".
Nello stesso mese, Prodi aveva ricevuto un pacchetto indirizzato a sua moglie, contenente un libro al cui interno c'era materiale esplosivo. Pacchetti simili erano stati trasmessi agli uffici di Jean Claude Trichet, presidente della Banca centrale europea, al Parlamento Europeo a Bruxelles ed all'ufficio di Manchester del membro del Parlamento Europeo britannico Gary Titley.
Rainews net 16/9/2005
I documenti resi noti ieri a Londra rivelano che il governo degli Stati Uniti aveva chiesto soltanto i contenuti dei file del sito Rackspace - uno dei provider che ospitano il web di Indymedia con uffici negli Stati Uniti e a Londra - non l'intero hardware dei server Indymedia. La decisione di consegnare i server, con la conseguente chiusura dei siti, fu dovuta ad un errore commesso da un funzionario di Rackspace.
L'avvocato Kurt Opsahl, che tutela gli interessi di Indymedia, ha dichiarato: "Dando al governo inglese e poi a quello americano più dati di quelli richiesti l'azienda Rackspace non soltanto ha violato la privacy dei giornalisti di Indymedia, ma ha insidiato il flusso libero delle informazioni ed ha provocato la chiusura di tutti i siti collegati a Indymedia". L'avvocato ha inoltre precisato che "dal momento che i presunti legami tra il server e i gruppi anarchici non esistevano affatto, Rackspace non avrebbe dovuto dare un bel niente al governo".
di Venerdì, 16 Settembre 2005 - 08:58 AM
www.anarcotico.net
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