RUSSIA - A sentire i media occidentali, l'attacco ceceno alla città di Nalchik nella Kabardino - Balkaria - dove ci sono stati un centinaio di morti, per lo più tra i terroristi - sembra colpa di Putin.
«Povertà, repressione e risentimento creano la violenza in Russia», scrive un tal Simon Saradzhyan da Mosca per il sito svizzero d'intelligence ISN.
E spiega che, stante la «repressione» dell'islamismo militante in Russia, movimenti più o meno pacifici sono stati «costretti alla clandestinità».
E' la tesi ufficiale di Washington (del resto Saradzhyan è laureato ad Harvard).
Noi suggeriamo invece di volgere lo sguardo da tutt'altra parte. Per esempio a quell'American Committee for Peace in Chechnya (ACPC), una ONG con base a Washington che dichiara di «promuovere una soluzione pacifica al conflitto russo - ceceno». Ne fanno parte parecchi neoconservatori dell'American Enterprise Institute (di Wolfowitz, Perle & Co.), della Freedom House (un think tank diretto da James Woolsey, ex direttore della CIA, che salutò l'invasione dell'Iraq come l'inizio della «quarta guerra mondiale»), personaggi di Radio Free Europe (il vecchio organo della CIA per la guerra psicologica contro i sovietici) e della RAND (un altro think tank delle fondazioni Rockefeller, Carnegie e Ford vicino al settore militare -industriale). E il presidente della ACPC è Zbigniew Brzezinski.
Una vecchia conoscenza. Come consigliere della sicurezza nazionale di Jimmy Carter, Brzezinski è autore del progetto strategico di circondare al sud l'Unione Sovietica con una «mezzaluna verde» di Stati islamici fondamentalisti. Meglio dei regimi laici come quello dello scià di Persia, Brzezinski era convinto che l'integralismo islamico fosse una barriera all'espansione comunista. E così mandò al potere in Iran l'ayatollah Khomeini; più tardi, con i servizi segreti pakistani (ISI), gli americani armarono i talebani per contrastare il regime, allora filo-sovietico, di Kabul. L'invasione russa in Afghanistan fu causata dalla necessità di spezzare la «mezzaluna verde» di Zbigniew Brzezinski. Si sa come andò a finire: anni di guerriglia, la formazione di Al Qaeda, ossia dei mujaheddin addestrati ed armati dalla CIA, l'estenuarsi delle forze sovietiche.
Lo ha raccontato lo stesso «Zbig» al settimanale franco-ebraico Nouvel Observateur il 15 gennaio 1998: «secondo la versione ufficiale, il sostegno della CIA ai mujaheddin cominciò nel 1980, ossia dopo che i sovietici invasero l'Afghanistan. Ma la realtà, rimasta segreta fino ad oggi, è completamente diversa: è stato l 3 luglio 1979 che il presidente Carter ha firmato la prima direttiva segreta per il sostegno segreto agli oppositori del regime filosovietico a Kabul. E quello stesso giorno io ho scritto una nota al presidente in cui gli spiegavo che questo sostegno avrebbe provocato l'intervento militare sovietico». L'intervento di Mosca cominciò il 25 dicembre '79.
Nei quattro anni seguenti, gli USA misero 4 miliardi di dollari nelle mani di alcuni dei più loschi e brutali personaggi del mondo, perché distruggessero il corpo di spedizione sovietico. Il preferito della CIA fu Gulbuddin Hekmatyar, signore della guerra, grande trafficante d'oppio, la cui specialità era di sfigurare con l'acido solforico le donne che non si mettevano il burka. Intanto il direttore della CIA William Casey finanziava un progetto del servizio pakistano ISI: reclutare nell'intero mondo musulmano volontari da arruolare nel jihad afghano. Più di 10 mila militanti islamici furono così addestrati nelle arti del terrorismo urbano, a fabbricare auto-bombe e così via, in campi situati in Pakistan ma forniti di addestratori dalla CIA, e dai britannici MI6 e SAS. I loro capi furono addestrati direttamente dalla CIA a Camp Peary in Virginia. Questa operazione, cominciata nel 1986, continuò molti anni dopo il ritiro dei sovietici da Kabul nel 1989: durò almeno fino al 1992. Così furono formati i Talebani, così fu creata Al Qaeda e la leggenda del suo capo, Osama bin Laden. Ancora nel 1989 la CIA spedì a bin Laden un arsenale di carabine di precisione ad alta potenza: lo ha appurato il processo per l'attentato di Al Qaeda all'ambasciata USA in Kenia nel '98, che si tenne nei primi mesi del 2001. Il fatto è che la CIA non se la sentì di smobilitare un così bell'esercito di terroristi. Lo utilizzò invece in altre occasioni. La NATO utilizzò Al Qaeda in Bosnia, dove i mujaheddin «afghani» vennero affiancati al piccolo esercito di Izetbegovic, il presidente musulmano assediato dai serbi a Sarajevo. Bin Laden aveva campi d'addestramento a Tropoje e a Bajram Curi, ossia in Bosnia e in Albania; diede il suo «aiuto fraterno» alla Kossovo Liberation Army (KLA) foraggiata dagli USA, operò in Albania e in Macedonia. Sempre per conto di Washington: che non voleva mandare truppe americane nell'ex Jugoslavia e perciò fece la guerra ai serbi per interposti mujaheddin.
Perché Washington, giustamente, ha sempre compreso il valore geopolitico dei Balcani. E' significativo che oggi Zbigniew Brzezinski chiami, nel suo ultimo saggio di geostrategia («The Grand Chessoboard»), «Balcani eurasiatici» la vasta aerea dell'ex impero sovietico che giace a sud della Russia, dal Mar Nero alla Cina e comprende la Georgia, la Cecenia, l'area del Caspio. Zona «balcanica» perché pullula di etnie e gruppi religiosi minoritari e per lo più tradizionalmente ostili fra loro (1); «balcanica» per l'instabilità permanente che la tortura e per il difficile territorio adatto ad una guerriglia infinita; «balcanica» per la sua cruciale importanza geopolitica e mineraria. La Kabardino-Balkaria è appunto un concentrato «balcanico»: con due etnie musulmane mongolo-turcomanne (i balkari e i kabardini) un tempo deportate e angariate da Stalin, e una forte presenza etnica russa che con il crollo dell'URSS ha perso la sua egemonia locale, nel centro di un fitto reticolo di oleodotti e gasdotti.
«I Balcani eurasiatici hanno una enorme concentrazione di riserve di gas naturale e greggio», scrive Brzezinski (che è stato consulente strategico della Amoco), «e altri minerali fra cui l'oro». Perciò «è imperativo che non emerga nessun soggetto eurasiatico capace di dominare l'area e così di sfidare l'America». Dunque è chiaro perché l'ACPC, l'American Committee for the Peace in Chechnya sia così ben finanziato dalle multinazionali USA: è alle materie prime che mirano e al dominio nei «Balcani eurasiatici». Ed è chiaro che l'azione americana non mira a curare la balcanizzazione, ossia l'instabilità e il frazionamento caotico di quella zona, ma a renderla eterna. Si tratta di agire strategicamente contro la Russia e contro Putin. «Oggi una potenza non-eurasiatica [sic] predomina l'Eurasia», scrive Brzezinski, «e il primato globale dell'America dipende da quanto a lungo e con quanta efficacia tale preponderanza [di Mosca] sul continente eurasiatico si manterrà».
Ma allora ci si può chiedere perché Brzezinski è un avversario dichiarato dell'avventurismo di Bush e dei neocon in Iraq, Afghanistan, Tagikistan, Georgia e Uzbekistan. Al punto da chiamarla «suicida» in un recente commento (2). Il motivo lo spiega chiaramente nel suo «The Grand Chessboard»: «l'America è troppo democratica in casa per essere autocratica all'estero. Ciò limita l'uso della potenza americana, specialmente la sua capacità di intimidazione militare. Mai prima una democrazia populista ha conseguito la supremazia internazionale. Ma perseguire il potere [mondiale] non è uno scopo che suscita la passione popolare, a meno che non si produca una condizione di improvvisa minaccia al sentimento pubblico di benessere (3). Il sacrificio economico (ossia le spese della difesa) e il sacrifici umano (perdite anche fra soldati professionali) richiesti da tale sforzo sono contrari agli istinti democratici. La democrazia è nemica della mobilitazione imperiale». Insomma, ecco chiarito il punto: le avventure militariste di Bush, sono per Brzezinski «suicide» e votate all'insuccesso perché Bush ha voluto impiegarvi direttamente l'esercito regolare USA; e il popolo americano non è capace di sostenere a lungo i sacrifici e gli sforzi richiesti dalla sua missione imperiale. E' un'obiezione non sui fini, ma sui mezzi usati. I mezzi preferiti da Brzezinski sono quelli che hanno portato alla vittoria sui sovietici in Afghanistan, secondo il piano da lui delineato: la guerra per interposti mujaheddin. Attraverso le pedine addestrate dall'ISI pakistano e dalla CIA, attraverso gli uomini di Al Qaeda, «patrimonio» dei servizi americani. E difatti, diverse frange del «terrorismo islamico» che la Casa Bianca dichiara di voler combattere, in realtà sono sostenute e finanziate dagli USA. E' per questo che Brzezinski presiede l'American Committee per la Cecenia. E' noto che Shamil Basaev, il capo-terrorista ceceno autore del massacro di bambini a Beslan e dell'assalto a Nalchik, «è stato addestrato in campi finanziati dalla CIA in Afghanistan e in Pakistan» (così il professor Chossudovski di Globalresearch), e poi è stato guardia del corpo di alcuni oligarchi ebrei russi ostili a Putin; questo genere di contatti (e gli aiuti in denaro ed armi) pare che continuino. Il 23 marzo scorso, i russi hanno ucciso il capobanda ceceno Rizvan Chitigov: gli hanno trovato addosso una carta verde, ossia un permesso di residenza permanente in USA. Ha scritto l'agenzia MosNews: «il FSB (nuovo nome del KGB) sospetta che Chitikov abbia mantenuto legami con servizi di spionaggio stranieri e fosse egli stesso un agente della CIA». Deduzione elementare.
Così possiamo senza fatica capire perché Brzezinski presiede l'American Committee per «la pace in Cecenia» pagato dai miliardari e dalle loro multinazionali. E perché questo Committee abbia applaudito (e brigato per far ottenere) l'asilo politico in USA di Ilias Akhmadov (un «ministro» del «governo in esilio» ceceno, ricercato da Mosca per terrorismo), facendogli avere anche una largizione di denaro di fondi pubblici USA. Queste sono le pedine di cui l'impero americano ha bisogno. Ciò spiega anche l'apparente irrazionalità delle azioni dei ceceni e del loro capo Basaev. Un massacro di scolari come quello di Beslan è politicamente assurdo, suicida per la legittimità della causa nazionale cecena. L'attacco a Nalchik, anche se ha dimostrato la capacità dei terroristi ceceni di espandersi oltre la loro zona consueta, è un atto senza prospettive, che infatti s'è concluso con l'uccisione di tutti gli attaccanti; in due giorni, i corpi speciali russi hanno schiacciato l'aggressione. Assurdo, irrazionale, senza sbocco per i ceceni; ma non nella logica di Brzezinski.
Per lui, come abbiamo visto, quello che conta è seminare il caos, destabilizzare in modo permanente i «Balcani Eurasiatici» e tenere sotto minaccia costante la presenza russa nell'area. E' questo che fanno i sedicenti «nazionalisti ceceni»: agli ordini non della loro «nazione», ma dei padroni che li pagano, li armano e li addestrano dal 1979, gli Stati Uniti. Nella visione imperiale di Brzezinski, gli assurdi atti terroristici tipo Beslan acquistano senso; specie se i media americani, e quelli occidentali a loro servili, approfittano (come fanno) di ogni nuovo massacro ceceno per sostenere che Putin «non controlla la situazione», che è incapace di difendere i russi dal terrorismo, o per dichiarare ogni suo provvedimento d'ordine pubblico contro il terrorismo una violazione della democrazia in Russia.
Ma invece è Brzezinski, l'abbiamo visto, a pensa che in USA c'è «troppa democrazia interna», e che essa va limitata per «vincere la guerra al terrorismo» ossia per attuare il suo progetto imperiale. Perché se davvero volessero catturare bin Laden e debellare Al Qaeda, gli americani non dovrebbero faticare troppo. «Al Qaeda, la joint-venture ISI – CIA - NATO, è ben presente in Cecenia»; ha dischiarato Yossef Bodanski, direttore della «Task Force on Terrorism» del Congresso USA, «e la collaborazione [con i ceceni] va molto oltre la fornitura di armi e di esperienza». (4) Persino un giornale americano, moderato e al disopra di ogni sospetto, il Christian Science Monitor, ha parlato di una alleanza inter-operativa fra i ceceni di Basaev e Al Qaeda «che risale alla prima guerra cecena 1994-1996» (5). Allora Al Qaeda era chiaramente una carta in mano americana. Qualcosa ci dice che lo è ancora, e ancora una volta contro Mosca.
FONTI E NOTE
1) Si tratta di una zona, fra l'altro, di ambigua valenza spirituale, come sa chiunque abbia letto il libro autobiografico di Georges Gurdjeff «Incontri con uomini straordinari», Adelphi, 1977. Luogo dove prima della rivoluzione bolscevica le frontiere non esistevano o erano malcerte e dove «cercatori spirituali» potevano vagare fra una strana pluralità di culti: ortodossi greci e russi, varie sette islamiche, yazidi detti «adoratori di Satana», monaci nestoriani (cristiani monofisiti) spesso cooptati in monasteri buddhisti tra il Pamir e la Georgia; e un buddhismo onnipervadente influenzato dal lamaismo del Tibet e dalle ascetiche dell'India. Un luogo dove spiritualità autentiche e spurie avevano dato luogo non solo a inedite contaminazioni religiose, ma anche a popoli che non erano né si volevano nazioni. Da qui l'assenza di confini precisi come del resto nel nostro Medio Evo cristiano. 2) Zbignew Brzezinski, «George W. Bush suicidal statecraft», International Herald Tribune, 14 ottobre 2005. 3) Ciò spiega gli auto-attentati (dal «Lusitania» all'11 settembre) che servono storicamente a spingere il popolo americano nelle guerre imperiali dei suoi capi. La politica del falso attentato contro «il benessere popolare» statunitense è, come si vede, una dottrina psico-strategica esplicita delle classi dirigenti americane. Non si dimentichi che Brzezinski è uno dei maggiori analisti del Council on Foreign Relations e della Trilateral Commission. Brzezinski e Huntington hanno teorizzato negli anni '80 che c'è in USA «un eccesso di democrazia» (sic) che va limitata inducendo passività dell'opinione pubblica perché sia «funzionale» agli scopi imperiali. 4) Levon Sevunt, «Chechen conflict finds islamic roots in Afghanistan and Pakistan», Montreal Gazette, 26 ottobre 1999. 5) «Al Qaeda among Chechens», Christian Science Monitor, 7 settembre 2004.
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