Il sindaco contestato a sinistra: «Manifestazione pilotata da Bertinotti». Lo sfogo del sindaco Cofferati. Che ora promette di fare del rispetto della legalità una questione nazionale.
«Fausto ha chiamato la manifestazione, e la manifestazione è subito arrivata. Contento lui...». Alla fine dell’ennesima giornata agitata, Sergio Cofferati indica Roma, nel senso di Bertinotti, come l’ispiratore del variegato corteo che ha circondato piazza Maggiore, rimandando - ma molto in minore - ad altre giornate bolognesi, a un ’77 dove la sinistra veniva contestata da sinistra. Ma questo non è un nuovo 1977, e i carrarmati non torneranno in piazza Maggiore. Non è uno scontro tra due sinistre, ma uno scontro ad personam. Ieri il sindaco è uscito dal municipio sul tardi, faccia scura, perché questa scaramuccia porta con sé il profumo delle giornate difficili che stanno per arrivare. E’ una certa sinistra contro Cofferati, è una fetta bella grossa di città che ancora non ha metabolizzato il primo cittadino «straniero». Il sindaco decisionista non è mai stato solo come oggi. Il variegato pattuglione dei duecento universitari, vecchi autonomi e punkabbestia che ha dato l’assalto al palazzo non ha fatto altro che mettere in risalto la difficoltà di Cofferati. L’unica decisione condivisa del suo travagliato governo è stata l’introduzione di «Sirio», il sitema di telecamere per il controllo del centro. Il resto è stato tutto un deliberare in continuo conflitto con i pezzi della sua maggioranza. I dissidi con la Margherita cominciarono con le nomine ai vertici delle società municipalizzate, primo strappo deciso al consociativismo che da sempre costituisce la via emiliana al buongoverno. «Voglio decidere io, e rompere i patti taciti di questa città», ha detto Cofferati in una intervista al Sole 24 Ore. Il prezzo da pagare è una solitudine rivendicata con orgoglio, ma anche la coabitazione in un consiglio comunale dove anche i Ds, gli alleati più stretti - per amore ma soprattutto per forza - hanno sempre manifestato perplessità davanti a metodi nuovi per Bologna. La legalità è tema ormai centrale nella politica di Cofferati. Ma anche la materia più delicata, perché riguarda questioni di principio. «Ne voglio fare una questione nazionale», ha ripetuto anche ieri sera. Ormai lo è diventata. Secondo il sindaco, la manifestazione di ieri dimostra che, da Roma, Verdi e Rifondazione «gestiscono» e usano la piazza bolognese, facilmente infiammabile. Se così fosse, è la dimostrazione che l’obiettivo dell’ex segretario della Cgil è stato raggiunto. Ma non è detto che sia un bene. Fino a quando la legalità declinata da sinistra veniva agitata verso i Disobbedienti che avevano occupato una casa privata, c’erano solo Rifondazione e i Verdi a protestare. Ma un’uscita spontanea sui lavavetri, ha fatto scivolare tutto sul versante della solidarietà, sulla tutela dei più deboli, urtando sensibilità cattoliche - che in città sono forti - e la sinistra compassionevole. Lo smarcamento della Margherita è stato ancora più evidente. E anche la roccaforte Ds ha vacillato. Ieri Cofferati ha indicato Bertinotti come ispiratore della protesta annunciata. Ma al tempo stesso non può nascondersi che le duecento persone che formavano il gruppo dei contestatari era riconducibile alla sinistra della sinistra, non erano emanazione diretta di un partito, ma piccole isole diverse tra loro. Un gruppo così variegato da non riuscire neppure a mettersi d’accordo sui cinque nomi della delegazione che avrebbe dovuto espugnare il «Palazzo». «Qui c’è un gran casino», aveva detto il consigliere comunale che ha avvisato Cofferati di quello che ieri pomeriggio stava accadendo in piazza Maggiore. Aveva ragione. Nei giorni prossimi a Bologna ci sarà un gran movimento, e Cofferati non ci arriva in grande forma. Decidere, continuerà a decidere. Ma amministrare una città, è faccenda più complessa, ancora più difficile da sbrigare quando si è isolati.
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