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Cambia la politica Usa in Iraq; si all'Iran e morte ai sunniti.
by mazzetta Thursday, Dec. 01, 2005 at 5:09 PM mail:

Ok da Washington a sciiti ed iraniani.

Cambia la politica U...
khalilzad.jpg, image/jpeg, 431x579


Mentre Bush si esibisce in patria a beneficio dei fantaccini e delle televisioni promettendo la vittoria, la sua amministrazione è dedita a piani completamente diversi in Iraq.
La conta dei morti americani ha passato ormai i duemila soldati deceduti, ai quali vanno aggiunti almeno 280 contractor occidentali ed un numero di feriti che supera le ventimila unità.
Un numero molto alto, in rapporto ai caduti, che trova la sua spiegazione nell’efficace dotazione di protezione individuali dei soldati americani. Un numero che ci dice che i colpiti da attacchi sfiorano ormai i trentamila, e che gran parte di loro si salva la vita.
A fronte di questo dato positivo risalta però un inconveniente: la gravità delle lesioni riportate dai colpiti è molto più alta di quella mediamente rilevata finora nella storia dei conflitti. Gli americani stanno riportando a casa un gran numero di mutilati e di persone che, pur strappate alla morte, sono attese da una vita da handicappati.
Oltre questo disastro, comunemente sottaciuto perché i media focalizzano l’attenzione solo sui deceduti, c’è quello degli iracheni morti che da tempo non fanno notizia, ma che continuano ad essere assassinati a ritmi altissimi.
Una situazione nella quale i due terzi dei fondi spesi vengono inghiottiti dalla voce -sicurezza- e nella quale non si riesce a portare avanti nessuno dei previsti progetti di ricostruzione, mentre nel paese aumenta la povertà, il numero dei profughi interni e la capitale è ormai ridotta ad una gabbia da un reticolo di checkpoint e barriere che continua a crescere incessantemente; tattica mutuata dal modello israeliano di controllo dei palestinesi.

Si è aperta così una serie di iniziative politiche, contatti, accordi e colloqui volti a ridisegnare l’impegno in Iraq; l’amministrazione Bush è preoccupata più dalle elezioni di mezzo termine del prossimo novembre, che dalle esigenze degli iracheni; grossi dissensi si stanno aprendo il varco anche tra i repubblicani, poco inclini a pagare il prezzo del fallimento di Bush sacrificando il proprio seggio.
Una serie di attività che, pur non essendo segrete, non hanno avuto l’onore di essere riportate dal mainstream occidentale, forse troppo impegnato a coprire la buffonata di un Bush troppo ottimista per esser vero, patriottico e allo stesso tempo patetico come ai tempi nei quali dichiarava: mission accomplished dal ponte di una portaerei.
Pietosa propaganda di guerra, che ha sempre bisogno di una platea di militari compiacenti per trovare un numero significativo di americani disposti ad applaudirla.


Lo spostamento dell’ambasciatore Zalmay Khalilzad da Kabul a Bagdhad, suggeriva un cambio dell’approccio americano, che non ha tardato a verificarsi. Khalilzad è quel che si dice una vecchia volpe, ed è l’uomo che in Afghanistan si è incaricato di ottenere la benevolenza iraniana all’occupazione, come di trattare il rientro dei talebani nel governo di Kabul, al momento sprofondato in un fallimento anche peggiore di quello iracheno.

Khalilzad ha rivelato a Newsweek di essere stato autorizzato ad intavolare colloqui diretti con l’Iran, riattivando i rapporti diplomatici che furono interrotti dall’invasione dell’Iraq, come già aveva fatto ai tempi della sua ambasciata a Kabul.
La decisione è stata contestata dai conservatori attestati sulla linea della fermezza con i persiani, che ancora preferirebbero appoggiarsi al movimento iraniano MEK (Mujahideen-e Khalq), per sovvertire il governi di Teheran; nonostante il Mek sia unanimemente odiato in Iran e nonostante sia iscritto al Dipartimento di Stato e all’Onu come formazione terrorista.
Ha vinto il realismo e Khalilzad è pronto ad incontrarsi con i dirigenti iraniani per concertare una serie di azioni che permettano agli Usa di disimpegnare un terzo del contingente prima delle elezioni di novembre del prossimo anno.
Il motivo di tale cambio nella strategia è sicuramente da ricercarsi nella caduta a piombo del gradimento della presidenza Usa, che non registrava una tale mancanza di consensi dai tempi di Nixon massacrato dal caso Watergate e dal pantano vietnamita.
Purtroppo per gli iracheni il cambio di strategia non prelude ad un vero disimpegno americano, e nemmeno ad un plausibile miglioramento delle loro condizioni di vita.
Il piano prevede il disimpegno di cinquantamila soldati americani dal terreno, più alcune migliaia di quelli alleati; il resto delle truppe, oltre centomila uomini, dovrebbe rimanere il più possibile nelle basi, ed il controllo del paese sarebbe affidato alla forza aerea statunitense e, sul terreno, all’esercito iracheno.
Qui sta il problema grosso; l’esercito iracheno non è in grado, e non lo sarà, di assicurare la tanto agognata -sicurezza- e allora occorre pensare a qualcosa di diverso.
L’opzione alternativa prevede l’appoggio dell’Iran, e dello SCIRI, il Consiglio della Rivoluzione Islamica vicino a Teheran, di matrice sciita.
Non è passato inosservato il fatto che immediatamente dopo il vertice della Lega Araba che ha chiesto il ritiro delle truppe non-arabe dall’Iraq, il presidente Talabani sia volato direttamente a Teheran; e non è passato inosservato che gli Stati Uniti abbiano rispolverato l’ex primo ministro Chalabi (già accantonato per corruzione), che appariva in disgrazia e che invece è stato ricevuto d Rice, Cheney e dal consigliere per la Sicurezza Nazionale Hadley, e in queste settimane vola tra Iran e USA e partecipa a colloqui ai massimi livelli, incaricato di assicurarsi che lo SCIRI sia disponibile a fare quanto necessario per -pacificare- i sunniti.
Un incarico che già gli sciiti svolgono con determinazione ed entusiasmo, almeno stando alle cronache che riportano una interminabile scia di sangue alla quale i sunniti rispondono con le autobomba; una repressione sistematica operata su base etnica, come testimonia anche la scoperta di prigioni segrete sciite nelle quali i sunniti vengono detenuti e torturati a caso, senza che sia necessario da parte loro aver commesso alcun crimine o un’appartenenza ad organizzazioni criminali di qualsiasi tipo.
L’Iraq è dunque destinato a ricevere dall’esterno un nuovo assetto, per il quale gli Stati Uniti conserveranno l’occupazione del paese ed il controllo dei cieli, mentre sul terreno verrà data mano libera all’estremismo sciita filoiraniano, che sarà libero di regolare i propri conti con i sunniti e con quegli sciiti troppo patriottici per accettare la doppia tutela americana ed iraniana; assetto nel quale il Kurdistan iracheno sarà sempre più indipendente e lontano dal resto del paese.
L’amministrazione Usa ha scelto quindi l’ennesima opzione a favore dello spargimento di sangue iracheno, affidando ancora una volta nella storia lo svolgimento del lavoro sporco ad un “paese canaglia” e a formazioni che nulla hanno di democratico. Dopo il massacro dei curdi e dopo quello degli sciiti per mano di Saddam, Washington si prepara ad avallare quello dei sunniti per mano dello SCIRI; un classico della realpolitik repubblicana, a suo modo imparziale nell'eliminare chi non ne accetti gli ordini.




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meglio tardi che mai ma patetico
by buongiorno Thursday, Dec. 01, 2005 at 5:27 PM mail:

sono mesi che la collaborazione Usa -Iran è in atto....brigate Badr e compagnia bella......
sono anni che SISTANI (iraniano) "PROTEGGE" L'occupazione USA.
ricordo che all' epoca bollavi gli articoli in proposito come "ridicoli" ora eccoti qua........a raccontarci come stanno le cose........

patetico a dir poco........

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burp
by mazzetta Thursday, Dec. 01, 2005 at 5:37 PM mail:

senti tipo, Sistani non ha mai protetto gli americani, che i suoi li hanno massacrati (remember Najaf?)
sono mesi che rompi le palle con le tue fisse, nell'articolo dò conto di passi ufficiali del governo americano verso quello iraniano, l'unica cosa patetica è il tuo attaccamento alle fantasie e l'ansia che fai trasparire nel tampinarmi ossessivamente.
Tu scrivi quello che vuoi, io scriverò quello che mi pare, tu cerca di finirla con queste uscite da scoppiato e mollami,

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ecco mazzetta.....
by 0 Thursday, Dec. 01, 2005 at 5:38 PM mail:

...con i suoi 2 anni di ritardo.cazzo un vero giornalista sulla notizia.

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uè pallonaro
by rosicone Thursday, Dec. 01, 2005 at 5:53 PM mail:

mazzetta c' hai poco da sclerare......
hai sempre attaccato quanti riportavano notizie sugli inciuci iran america ora vorresti che tutti facessero finta di niente....sclera pure non cambierai la sostanza dei fatti



ps_ una tip... a Najaf erano miliziani di Sadr, Sistani era a Londra, protetto dai "nemici" inglesi

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e basta
by mazzetta Thursday, Dec. 01, 2005 at 5:58 PM mail:

sei noioso
queste notizie non sono ancora state date da noi
quello che tu spacci per equivalente non è la stessa notizia.
in ogni caso, se sei arrivato prima tu, buon pro ti faccia, potrai sempre vantarti ed esibirci la tua somma bravura,io non sono un giornalista, come non lo sei tu che vivi per rompere i coglioni su indymedia con i tuoi insulti e le tue sparate
buon divertimento, se questo ti diverte, per me resti un clamoroso pirla :D

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"remember Najaf?"
by 2 anni di ritardo Thursday, Dec. 01, 2005 at 6:17 PM mail:

non cambi la sostanza dei fatti, ne con il tuo solito vittimismo,
ne con l'arroganza. oggi hai scritto quello che hai sempre bollato come una cretinata.complimenti.

la cosa patetica è che neghi pure......

at salut,..........giornalista.......


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ciao ciao
by mazzetta Thursday, Dec. 01, 2005 at 6:29 PM mail:

con il mio -solito vittimismo- ti mando allegreamente a quel paese, ove puoi portarti tutta la sostanza che vuoi e le tue adamantine convinzioni :D
compresa quella che io non abbia mai parlato di inciuci tra americani ed iraniani

aloha fesso :P

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è vero ha sempre negato
by :))))))))))))) Thursday, Dec. 01, 2005 at 7:58 PM mail:

ed il mazzetta, beccato nel vivo, perde le staffe, crisi isterica e offese, che spettacolo:)))))))))))))))))))))


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che cazzo dici
by info Thursday, Dec. 01, 2005 at 8:05 PM mail:

"senti tipo, Sistani non ha mai protetto gli americani, che i suoi li hanno massacrati (remember Najaf?)"

erano i miliziani dell 'Esercito del Mahadi di Moqtada Al Sadr

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?
by mazzetta Thursday, Dec. 01, 2005 at 8:06 PM mail:

macchè perdere le staffe, sono anni che insulto il tizio, non è certo una novità :D
quanto a quello che avrei negato, è ancora lì, andatelo a rileggere e piantatela di rompere con questi atteggiamenti da bambocci sommersi, i commenti servirebbero a discutere nel merito, non sono una palestra per insultare chi scrive.
eppure lo sapete che sono anni che prendo insulti e audaci -svelamenti- della mia incapacità, ormai lo dovreste aver capito che replico, ma che di certo non mi curo delle palle di uno che per quello che ne so potrebbe anche essere squalo. figuriamoci poi l'isteria ehehehehehehe, che sagoma, fai anche più ridere di quello che mi da dell'ebreo.

buonanotte :p

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vittima vittima
by :))))))))))))) Thursday, Dec. 01, 2005 at 8:24 PM mail:

e fa la vittima per venirne fuori :))))))))))))))))))))))))

IL MARTIRE spettacolone :))))))))))))

a proposito di vittime, ha ragione info, hai detto una cazzata



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macchè
by mazzetta Thursday, Dec. 01, 2005 at 8:39 PM mail:

Non faccio la vittima, e il tipo NON ha ragione
una cosa sono gli inciuci sotterranei, che esistono da sempre in qualsiasi realtà, un'altra è un cambio ufficiale della politica verso un governo che fino all'altro ieri hanno definito come criminale o canaglia.

fine delle trasmissioni, siete noiosi e ripetitivi, e i troll non vanno nutriti
:P

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...
by uno Friday, Dec. 02, 2005 at 12:16 AM mail:

uno- erano i miliziani di Al Sadr

due- la collaborazione iraniana con gli Usa per l Iraq è un dato di fatto, e non da ieri:

tre- mazzetta sembri un bambino.
tutti su indy hanno letto le tue critiche al riguardo di chi parlava di accordo Usa Iran per la "gestione" dell ' Iraq.


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mazzetta
by sbaglia Friday, Dec. 02, 2005 at 1:02 PM mail:

"un'altra è un cambio ufficiale della politica verso un governo che fino all'altro ieri hanno definito come criminale o canaglia."

articolo di maggio
http://italy.indymedia.org/news/2005/05/795353.php

le Brigate Badr, i Guardiani della Rivoluzione addestare a Theran rispondono direttamente all' Iran e all' Aytollah Sistani (SCIRI) - chiamato giustamente da Chiarini del Manifesto partito e milizie FILOCCUPAZIONE

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Quinta Colonna Usa in Medioriente
by buona lettura Friday, Dec. 02, 2005 at 1:26 PM mail:

x lo scoop del postatore



REPUBBLICA ISLAMICA DELL'IRAN:
"QUINTA COLONNA" DEGLI STATI UNITI IN MEDIO ORIENTE ?

"[…] da dieci anni abbiamo una rappresentanza a Washington e discutiamo con le autorità nordamericane delle vicende legate al nostro Paese.
"Il nostro obiettivo è rovesciare il regime di Bagdad. Se gli Stati Uniti […] vogliono sostenerci, sono i benvenuti. […] Noi avevamo avvertito anni fa il governo nordamericano del pericolo [per i suoi disegni egemonici!] che [il Presidente] Saddam [Hussein] rappresentava […]. Siamo felici che finalmente gli Stati Uniti abbiano dato ascolto alle nostre parole".
(dall'intervista all'ayatollah Seyyed Mohammad Bagher Hakim, in Corriere della sera, 22 ottobre 2002)

*****

"Alla fine di gennaio [2003], su invito dell'ayatollah Hakim, una delegazione di leader dell'opposizione irachena in esilio è venuta a Teheran per discutere del dopo Saddam. Tra loro c'era Ahmad Chalabi, del Congresso nazionale iracheno, il politico più vicino a Washington. Ognuno dei presenti alla riunione si è detto convinto che ci sarà presto un cambio al potere in Iraq, anche se non è ancora chiaro come questo avverrà. […] In ogni caso, hanno ribadito tutti i rappresentanti della shia presenti alla riunione di Teheran, gli sciiti non accetteranno un ruolo marginale in un prossimo nuovo governo iracheno. È fuori discussione. […]".
(da un articolo di Jon Lee Anderson su "The New Yorker", 10 febbraio 2003)

*****

"Il 17 novembre il Presidente iraniano Mohammad Khatami ha annunciato che l'Iran riconosce il Consiglio di Governo transitorio iracheno (Iraqi Governing Council, IGC). L'annuncio è stato dato dopo un incontro con l'attuale Presidente del IGC, il Curdo Jalal Talabani, in termini molto chiari: "Riconosciamo il Consiglio di Governo iracheno e riteniamo che sia in grado, insieme con il popolo iracheno, di gestire i problemi della Nazione e di guidarla verso l'indipendenza". Katami ha anche aggiunto che l'Iran è pronto a sostenere gli sforzi di sviluppo dell'Iraq e che ritiene il piano statunitense per il raggiungimento della sovranità della nazione una base su cui si può lavorare.
Le parole del Presidente iraniano non avrebbero potuto essere più esplicite per chiarire quanto da parte di Iran e Stati Uniti ci sia stato un sostanziale riavvicinamento sulla questione irachena. Questo avviene tra due nazioni che non hanno ancora ristabilito le relazioni diplomatiche dal tempo della crisi degli ostaggi dell'ambasciata americana e lascia vedere con chiarezza che ognuna delle due, pur facendo delle concessioni all'altra, ha molto da guadagnare nello scambio di favori.
Gli Stati Uniti hanno urgenza di stabilizzare l'area, con o senza l'intervento delle Nazioni Unite, arrivando alle elezioni previste per il prossimo mese di giugno con una soluzione di governo stabile, credibile e appoggiato dall'esterno dal più influente degli Stati del Golfo: l'Iran. Il governo che si prospetta avrà una maggioranza Shiita con il supporto Curdo (la dichiarazione di Khatami al cospetto di Talabani ne è la dimostrazione) mentre Sunniti - in particolare i Baathisti - che fino a ora hanno saputo produrre solo instabilità e resistenza terroristica, saranno relegati all'opposizione.
La stabilizzazione - almeno dal punto di vista politico - dell'Iraq consentirà agli americani di procedere a un progressivo disimpegno delle Forze di occupazione che potranno essere ridotte entro il prossimo anno almeno di quel tanto che basti per consentire a George Bush di arrivare alle elezioni presidenziali con un successo politico acquisito e il ripiegamento dell'esercito già avviato. La contropartita offerta all'Iran è sostanziale e destinata a ridare forma agli equilibri mediorientali per i prossimi decenni: l'influenza sul governo iracheno che potrebbe avviarsi verso una forma di repubblica democratica ma teocratica, come in Iran.
Giovanni Bernardi, 19 novembre 2003
http://www.paginedidifesa.it/2003/bernardi_031119.html

*****

"Le voci di contatti segreti [tra Usa e Iran] si contano a decine ogni anno. Una per tutte. Ai tempi dell'Afghanistan [ottobre 2001] si parlò di una proposta Usa: voi appoggiate la nostra azione senza esporvi, noi risolviamo economicamente con 25 milioni di dollari il problema dei rifugiati che vi invaderanno. Seguirono le rituali smentite".
(Paolo Conti, "L'Orgoglio e la Potenza: dialogo difficile ma necessario tra mille segreti", in Corriere della sera, 15 aprile 2004)

*****

"Tra il 1981 e il 1986, l'America ha fornito clandestinamente armi all'Iran. Faceva parte della sua politica: contribuire al rafforzamento dell'esercito iraniano per favorire la reciproca distruzione dell'Iran e dell'Iraq, che si trovavano in posizione di stallo […]. Una parte di quegli armamenti era destinato per soprammercato ai mujaheddin afgani antisovietici. Gli Stati Uniti hanno anche puntato sull'influenza iraniana per facilitare la liberazione degli ostaggi americani in mano a gruppi islamici in Libano. Ma il principale scopo delle vendite clandestine era di assicurarsi i favori dell'esercito iraniano, nella speranza di riuscire a manipolarlo. Ancora, gli Stati Uniti, per ricompensare l'anticomunismo viscerale della Repubblica Islamica, avevano consegnato alle autorità iraniane un elenco di nomi di oppositori di sinistra, con conseguente messa a morte di centinaia di dissidenti".
(Stephen Zunes, La scatola esplosiva, Milano, 2003)

*****

"La Cia e le multinazionali del petrolio sono le autrici del regime iraniano degli ayatollah […]".
(Maurizio Blondet, No global, Milano, 2002)

*****

"All'interno dell'amministrazione statunitense, non solo da parte di Brzezinski, ma anche da una fetta consistente del Senato, si era già sviluppata una forte critica nei confronti dello scià e delle relazioni con l'Iran".
"Lo scià era paralizzato, sospettoso. Già a partire dall'estate del 1978, quando la rivoluzione doveva ancora assumere connotati decisi, egli dichiarava di <<temere che l'America lo volesse far fuori>>".
"Fu a questo punto, e con il continuo aggravarsi della crisi, che un telegramma da Teheran, avente come mittente l'ambasciatore Sullivan e intitolato <<Thinking the Unthinkable>>, riportò la paralisi a Washington: Sullivan, affermando la sicurezza che le forze rivoluzionarie fossero fermamente anti-comuniste e che vi era la necessità di continuare a mantenere i rapporti con l'Iran, ventilava la possibilità che la situazione si sarebbe potuta risolvere passando dalla parte degli insorti. Khomeini, la cui verve politica non era ancora salita alla ribalta, poteva allora assurgere a leader, occupando quello che l'ambasciatore Sullivan definiva un <<Ghandi-like role>>".
(Emanuele Castelli, Iran, Roma, 2003)

*****

"Non per nulla immediatamente scoppia la guerra Iraq-Iran, certo istigata dagli angloamericani (Kissinger: "E' necessario che queste due potenze, minacciose per Israele, si dissanguino a vicenda"). L'Iran aveva rimesso in discussione il confine tra i due paesi, avanzando richieste territoriali (Shatt el Arab) e aveva minacciato di strangolare l'Iraq laico e apostata chiudendogli lo stretto di Hormuz, vitali per i suoi scambi. Ero presente io, quando nel 1980, unità militari iraniane, in piena pace, facevano sortite provocatorie oltre i confini. L'Iran fu subito sostenuto da Israele (quello sì, strumento degli USA) che, bombardata piratescamente la centrale nucleare dell'"amerikano" Saddam, Osirak, fornì all'Iran, istruttori, piloti e mezzi. Ricordate l'Iran-contras: Israele fornisce armi a Khomeini e col ricavato, attraverso la banca mafiosa e narcotrafficante BCCI, sostiene i macelli dei contras in Nicaragua. Gli USA si limitano, per simmetria (Kissinger!) a fornire comprensione diplomatica all'Iraq. La storia di forniture di armi USA è una bufala: basta vedere l'armamentario iracheno nelle due guerre del Golfo: neanche un obice USA, tutta vecchia roba sovietica, francese, italiana e irachena".
(Fulvio Grimaldi, "L'uomo degli americani", 28/06/03)

*****

La Bank of Credit and Commerce International (BCCI) "fu utilizzata da Ronald Reagan per corrompere il governo iraniano affinché ritardasse la liberazione degli ostaggi americani nell'ambasciata di Teheran e sabotasse così l'ultimo periodo della presidenza di Jimmy Carter (operazione detta "October Surprise")".
(Thierry Meyssan, L'incredibile menzogna, Roma, 2002)

*****

"In occidente, grazie alla propaganda americana, la posizione dell'Iran e del suo governo non sono chiare. Il governo iraniano, come si dichiara, è un governo islamico. Però la realtà emersa durante la prima guerra del golfo (Iraq-Iran 1980/1988), la seconda (1991) e la terza del 2003, come pure la guerra in Afghanistan, dimostra che esiste un accordo di principio e che esistono delle trattative politico-economiche fra Usa e Iran. Il ministro degli esteri iraniano lo ha ammesso quando ha dichiarato che senza la partecipazione e gli sforzi dell'Iran, l'occupazione dell'Afghanistan e dell'Iraq da parte degli Usa non sarebbero stati possibili. Cosa significa tutto ciò? L'Iran ha partecipato direttamente e indirettamente all'occupazione dell'Iraq attraverso il suo sostegno al partito islamico iracheno Al-Da'wa, del Consiglio Supremo della Rivoluzione Islamica (Sciri) e delle forze di Badr create, finanziate, addestrate dall'Iran, utilizzate direttamente e trasportate con i carri armati e con gli aerei dall'Iran al confine con l'Iraq: quindi c'è stato un loro coinvolgimento diretto nell'occupazione dell'Iraq. A ciò occorre aggiungere tutta una serie di accordi siglati tra varie compagnie petrolifere americane con l'Iran dalla metà degli anni novanta fino ad ora. Però questi ottimi rapporti economico-commerciali fra gli Usa e l'Iran avvengono lontani dai mass-media e dall'opinione pubblica occidentale.
Per quanto riguarda la questione degli sciiti in Iraq, essi hanno un "Consiglio Culturale Supremo" che può essere paragonato al Vaticano per i cattolici. Al suo interno ci sono tre correnti spesso in competizione fra di loro. La prima è la corrente religiosa che tratta le questioni puramente religiose, la seconda è la corrente filo-iraniana. È una grande corrente, era sotto la guida di Mohammed Bakr Al Hachim che è stato ucciso l'anno scorso. Attualmente è sotto la guida dello Sciri. Poi c'è la corrente araba anti-sionista, guidata da Al Sadr. È una corrente nazionalista, irachena, rivoluzionaria. Vorrei aggiungere che l'occupazione ha lavorato in modo strategico per spingere la popolazione verso le correnti religiose quando hanno represso e vietato le attività di tutte le formazioni politiche laiche contrarie all'occupazione. Ciò ha spinto gli iracheni a scappare o a ricorrere alle correnti islamiche e alle moschee per poter esprimere le loro aspirazioni politiche nazionali. Aggiungo che i partiti che stanno collaborando con l'occupazione vengono guardati con sospetto da parte dei cittadini se non addirittura considerati dei traditori in quanto partecipi all'occupazione.
Il popolo iracheno è un popolo laico non ha legami religiosi forti con la religione islamica, con l'Islam abbiamo un forte legame culturale e di tradizione. Però, nonostante ciò, le varie correnti e i vari leader sciiti e sunniti hanno più volte dichiarato che loro aspirano, non ad un Iraq islamico, ma ad un Iraq democratico perché l'Iraq è un paese multiconfessionale e multietnico. Per cui risulta impossibile dare al popolo iracheno un'entità islamica chiara".
(dall'intervista a Sami Alà (Alleanza Patriottica Irachena), realizzata a settembre 2004 dal Centro Culturale Italo-Arabo)

*****

"Succubo dell'arroganza dei neocons, Bush non ha fatto altro che esacerbare le contraddizioni, fino a spingere gli uni nelle braccia degli altri importanti paesi subalterni che stava rapinando (Francia, Germania) e potenze che sta minacciando (Russia, Cina), incrinando persino, sia pure in minima parte, quell'alleanza oggettiva che lega gli Usa all'Iran da mezzo secolo e che non si è infranta con la caduta dello Scià ma ha soltanto trovato un intermediario particolare: Israele".
(Gabriele Adinolfi, Usa: zero batte zero, noreporter.org, 3 novembre 2004)

*****

La "CIA si prese cura di Khomeini durante il suo esilio a Parigi, per assicurarsi che fosse pronto a subentrare allo Scià, un altro burattino della CIA, quando quest'ultimo non fosse più stato di alcuna utilità".
(David Icke, ...E la verità vi renderà liberi, Diegaro di Cesena, 2001)

*****

Durante la guerra Iraq-Iran, "I dirigenti israeliani sono ben lieti che i regimi iracheno e iraniano si sfianchino in una guerra d'usura, ma la prospettiva di una vittoria o di un rafforzamento di Saddam [Hussein] e della sua strategia (pur essendo l'Iraq assente dalla guerra combattuta contro Israele praticamente dal 1948) è considerata catastrofica". "Così - con discrezione - Israele nei primi due anni di guerra non fa mancare a Teheran un discreto, quanto fondamentale aiuto".
(Carlo Panella, Saddam, Casale Monferrato, 2003)

*****

"[...] la possibilità di una intesa Usa-Iran per una sorta di condominio sull'Iraq comincia a creare dissensi e fratture [persino] nello stesso governo [fantoccio] filo-americano di Iyad Allawi. [...]
"Contro l'ipotesi di un rinvio [delle elezioni-farsa], ventilata dal [sedicente] ministro della difesa Shalaan, si sono pronunciati subito i leader della lista unitaria sciita-americana-iraniana l'«United Iraqi Alliance», certi di avere la vittoria in tasca, costi quel che costi al paese. Lo hanno fatto per bocca del capolista Abdel Aziz al Hakim (capo del Consiglio per la rivoluzione islamica in Iraq lo Sciri e delle sue milizie armate iraniane) e Ahmed Chalabi, (leader dell'Iraqi National Congress), anche lui ai primi posti della lista unitaria, e sempre oscillante lungo l'asse Tehran, Washington, Tel Aviv e di nuovo Tehran. I leader della lista unitaria hanno anche ribadito che le truppe Usa potranno rimanere in Iraq «fino a quando il paese non avrà un suo forte esercito in grado di controllare il paese». Cioè per sempre".
(Stefano Chiarini, Elezioni in crisi. Dubbi sull'intesa Usa-Iran, il manifesto, 4 gennaio 2005, pag.9)

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"Gli Usa e il governo Allawi hanno invece chiuso la porta ad ogni trattativa preferendo una soluzione militare che dovrebbe distruggere qualsiasi forma di nazionalismo iracheno e arabo e più in generale qualsiasi ipotesi di futura rinascita dell'Iraq come stato arabo, nell'interesse di Israele e con la complicità dell'Iran".
(Stefano Chiarini, Rottura tra Usa e "moderati", il manifesto, 11 gennaio, pag.2)

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"Di recente, un rapporto di un istituto indipendente, il Council on Foreign Relations, ha sollecitato un "dialogo attivo" tra Washington e Teheran piuttosto che attendere un ipotetico crollo del regime [...]. "Il carattere urgente delle preoccupazioni per la politica iraniana impone agli Stati Uniti di trattare con il regime attuale invece di aspettare che cada" sostiene l'analisi firmata da Zbigniew Brzezinski", ex consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Carter durante la rivoluzione khomeinista".
(Lilli Gruber, L'altro Islam, Milano, 2004, pag.270)

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"La sconfitta dell'esercito di Saddam in quest'ultima occasione [battaglia di Faw, primavera 1986] parrebbe largamente dovuta ad una serie di informazioni sull'ordine di battaglia iracheno che gli iraniani ottennero direttamente dagli USA, nell'ambito delle trattative segrete e illegali che portarono al successivo scandalo 'Irangate'".
(Frederick Mario Fales, Saccheggio in Mesopotamia, Udine, 2004, pag.213)

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"Secondo quando appreso dall'edizione dello stesso giorno [23/01/05] del "The Sunday Times", il ministro degli Esteri inglese Jack Straw ha consegnato un rapporto alla Camera dei Comuni in cui afferma che dopo una completa valutazione degli interessi dell' Iran e della comunità mondiale, Gran Bretagna, Francia e Germania ritengono necessario risolvere il problema nucleare iraniano tramite misure diplomatiche. Egli ha sottolineato nel contempo che l' Iran ha il diritto di utilizzare pacificamente l'energia nucleare". (http://it.chinabroadcast.cn/1/2005/01/24/ href="mailto:101@26758.htm">101@26758.htm)

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"[...] condanniamo la connivenza Americano-Iraniana-Kurda che si materializza nell’occupazione, nel tentativo di dividere l’Iraq e nella preparazione della guerra civile".
(dal Comunicato dell’Alleanza Patriottica Irachena, 18 gennaio 2005)

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"Ma a Washington si sono levate anche voci a favore di un approccio soft con Teheran.
L'ex consigliere per la sicurezza nazionale durante la rovinosa presidenza Carter, il democratico Zbigniew Brzezinski, che vanta una lunga esperienza con l'Iran, ne è un convinto sostenitore. Secondo Brzezinski l'amministrazione in carica dovrebbe permettere a Teheran di acquistare uranio arricchito a prezzi di mercato. Ci penseranno poi gli ispettori a far sì che i mullah rispettino le regole fornendo così una prova di trasparenza che finora non c'è mai stata". (Marco Cochi, "L'Iran nel mirino, diplomazia in prima linea", Area n.98, gennaio 2005, pag.39)

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"Siamo pronti a cooperare con gli Stati Uniti in tutti gli aspetti regionali ed internazionali, in attesa di un cambiamento della politica USA verso l'Iran, come noi facemmo nel caso dell'Afghanistan". (Akbar Hashemi Rafsanjani, 22 giugno 2002, cit. in "Eurasia" n.1/2005, pag.126)

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"I neoconservatives suggeriscono addirittura che l'Occidente dovrebbe tendere a costituire un "blocco moderato islamico" - con la Turchia di Erdogan, l'Iran di Khatami e l'Iraq non si sa ancora di chi - per influenzare e modificare le strutture politiche degli altri paesi islamici, cioè per modernizzarli, svilupparli e integrarli nella globalizzazione". (Carlo Jean, "Geopolitica del XXI secolo", Roma-Bari, 2004)

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"(...) una signora di mezza età, Fatima, con sei figli, (...) si arrangia a fare le pulizie in alcuni uffici ancora aperti a Rashid street (...). Poi, dopo aver comprato alcun dolci per la festa del ringraziamento, Fatima continua ad esprimere la sua delusione: «Per gli americani sarebbe forse democrazia torturare i prigionieri, farci morire di fame, rubare il petrolio o costringerci a scegliere tra una lista capeggiata da (...) Iyad Allawi e un'altra gestita dagli iraniani? Io sono shia praticante ma, pur rifiutando Allawi, non darò mai il mio voto, con buona pace di Sistani, alla lista degli iraniani, che dio li maledica. Il trenta me ne starò a casa. (...)"." (Stefano Chiarini, "Saccheggiata e violentata, Baghdad resiste", il manifesto, 21 gennaio 2005, pag.4)

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"Quello dell'asse del male è un concetto valido, [ma] vorrei osservare che esiste una notevole differenza tra l'Iran e gli altri due assi del male, e cioè la sua democrazia. Una democrazia va avvicinata in modo differente. Non credo che loro [gli iraniani] saranno i prossimi della lista". (Richard Armitage [vice-segretario di Stato USA], cit. dal "Los Angeles Times", 14 febbraio 2003, pag.5)

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"L'Iran ha plaudito alla partecipazione del popolo iracheno alle elezioni, assicurando che non esercitera' interferenze nel vicino Paese.Teheran inoltre collaborera' con qualsiasi governo venga insediato come conseguenza del voto. Lo ha detto il portavoce del governo, Abdollah Ramezanzadeh".
("Iraq: per Iran buona partecipazione", Ansa, 31 gennaio 2005)

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"Per quanto riguarda i Ceceni, la guerra è stata progettata durante un vertice segreto della Hizb Allah International a Mogadiscio, in Somalia, nell'anno 1996. [...] al vertice hanno partecipato Osama bin Laden e due ufficiali dei servizi segreti iraniani e pakistani di alto rango. I principali capi dei ribelli, Schamil Basajew e Al-Khattab, sono stati addestrati e indottrinati nei campi sostenuti dalla CIA in Afganistan e in Pakistan".
(Robin de Ruiter, "11 settembre: il Reichstag di Bush", Zambon, 2003)

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In occasione delle elezioni-farsa del 30 gennaio 2005 (finalizzate alla legittimazione dell'occupazione americano-sionista dell'Iraq), il sedicente "grande ayatollah" al Sistani "ha imposto ai suoi fedeli, pena l'inferno, di votare per la lista unitaria sciita filo-Usa e filo-Iran".
(da: Stefano Chiarini, "Ulema all'attacco: «Un voto privo di ogni legittimità»", il manifesto, 3 febbraio 2005, pag.4)

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"Il segretario di Stato Usa Condoleezza Rice ha detto oggi che un attacco all'Iran non è nei piani della Casa Bianca.
"La questione non è semplicemente in agenda a questo punto, abbiamo mezzi diplomatici per fare questo", ha detto Rice, in risposta ad una domanda in conferenza stampa dopo aver elencato le critiche degli Usa alla politica iraniana".
("Attacco all'Iran non è nell'agenda degli Stati Uniti -Rice", 4 febbraio 2005, http://www.reuters.com/locales/c_newsArticle.jsp?type=topNews&localeKey=it_IT&storyID=7538927)

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"(...) si è tornati all’intesa USA-israeliani-iraniani che già funzionò così bene quando Khomeini assaltò l’Iraq socialista e laico, paese socialmente più progredito della regione (quello di cui Fassino, battendosi le costole, si è chiesto cosa avrebbe potuto fare di meglio di Bush per toglierlo di mezzo) con le armi di Begin e Shamir, che ne ricavarono i fondi neri per lanciare i contras contro il Nicaragua".
(Fulvio Grimaldi, "Le tre "I" della GAD in Iraq: ingenui, idioti, o infami?, 4 febbraio 2005, uruknet.info)

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"Più duro e impaziente nei confronti dell'occupazione, ma anche più pronto a sostenere chiunque lo liberi dalla «minaccia degli ayatollah» è il pittore Qasem al Sabti, appartenente ad un'importante tribù dell'Iraq centrale (...).
«L'Iraq è come un cammello che trasporta sulla groppa un gran carico d'oro ma è costretto sempre a mangiare la merda, alla fine è logico che si ribelli. Dopo aver provato con le bombe e la guerra, gli americani adesso cercano di schiacciarci con i vari ayatollah loro amici, di dividerci tra sunniti, sciiti, arabi, kurdi. Una follia per un paese come il nostro nel quale le tribù sono quasi tutte miste sunnite e sciite»".
(Stefano Chiarini, «Ignoranti neoconquistatori», il manifesto, 4 febbraio 2005, pag.6)

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Bill Casey, il direttore della campagna elettorale di Reagan, "instaurò una relazione con gli iraniani nel marzo 1980, appena qualche settimana dopo aver assunto il suo incarico direttivo. Tuttavia, quel primo breve incontro a Washington era esplorativo, doveva servire ad aprire le discussioni relative agli ostaggi con il governo Khomeini attraverso Jamshid Hashemi, un iraniano con ottime amicizie in visita alla capitale, e suo fratello Cyrus, un banchiere di New York. I due Hashemi stavano già lavorando con l'amministrazione Carter ma decisero di tenere i piedi in due scarpe. Quindi fu organizzato un incontro a fine luglio in Spagna tra Casey e un leader di Teheran, l'ayatollah Karrubi.
"[...] Casey, che Teheran vedeva ormai come il rappresentante del futuro governo statunitense, presumibilmente pose le basi per un accordo: l'Iran non avrebbe liberato nessun ostaggio prima che Reagan fosse diventato presidente nel gennaio 1981. In cambio l'amministrazione Reagan, appena insediatasi, avrebbe liberato buona parte dei 12 miliardi di dollari in beni iraniani trattenuti negli Stati Uniti e avrebbe fornito ulteriori carichi segreti di armamenti. Intanto Casey si sarebbe occupato della consegna a settembre o a ottobre, attraverso una terza parte israeliana, di armamenti statunitensi e dei pezzi di ricambio essenziali per gli aerei iraniani operativi. L'accordo sarebbe stato concluso durante un incontro in ottobre a Parigi, a cui sarebbe stata presente anche una rappresentanza israeliana. Probabilmente l'incontro si collocò tra il 18 e il 22 ottobre [1980: il conflitto Iraq-Iran era scoppiato nel settembre dello stesso anno...]". [pagg.356-357]
Dagli archivi di Mosca, inoltre, sono emersi alcuni documenti che dimostrano che "Casey era venuto in Europa nel 1980 per incontrare gli iraniani. Al meeting di Parigi in ottobre "presero parte anche [Robert] Gates... e l'ex direttore della CIA George Bush"". [pag.359]
"Mansur Rafizadeh, un agente CIA che era stato in precedenza il capo del Savak, la polizia segreta sotto lo scià, raccontò a un documentario della radio pubblica statunitense che nel 1980, quando aveva chiesto conferma a fonti "potenti" in Iran di come il governo americano stesse premendo per il rilascio degli ostaggi, si era sentito dire: "Ti sbagli. Il governo americano non vuole il rilascio degli ostaggi o forse c'è un governo nel governo"".
(Kevin Phillips, "Una dinastia americana", Milano, 2004)

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"Sarebbe (...) auspicabile che Stati Uniti e Unione europea cominciassero a ricercare intese con l'Iran sulla sicurezza regionale, affrontando ad esempio le questioni dell'Iraq, dell'Afghanistan e della proliferazione nucleare. Con l'obiettivo, a più lungo termine, di trovare una formula reciprocamente accettabile che consenta a Teheran di dotarsi di armi atomiche, ma favorisca un nuovo corso più moderato attraverso una normalizzazione, economicamente vantaggiosa, dei suoi rapporti con l'Occidente".
(Zbigniew Brzezinski, "Dimenticare Bush", L'espresso, 4 novembre 2004, pag.53)

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"(...) la totale impunità di cui hanno goduto e godono gli squadroni della morte dei partiti filo-Usa (quelli curdi) e delle organizzazioni filo-Usa e soprattutto filo-Iran (come il Consiglio supremo per la rivoluzione islamica in Iraq (Sciri) e il Partito «al Dawa») - che hanno ucciso migliaia di veri o presunti iscritti al Baath tra i quali hanno fatto rientrare anche molti nazionalisti arabi, membri del Baath filo-siriano (...) e semplici laici, soprattutto professori e universitari, non disposti a subire le loro angherie - hanno offerto a (...) ai gruppi della resistenza patriottica (...) un'inesauribile serbatoio di uomi e mezzi".
(Stefano Chiarini, "Voci di Baghdad con Giuliana", il manifesto, 9 febbraio 2005, pag.2)

*****

"Nei mesi seguenti all'insediamento di Paul Bremer come CPA (Coalition Provisional Authority), nel Giugno 2003, le strade di Baghdad erano gremite di squadre della morte.
Tra le più brutali ed efficienti unità vi erano i membri della Brigata Badr, la milizia armata [addestrata in Iran] del partito politico sciita conosciuto come Consiglio Supremo della Rivoluzione Islamica in Iraq, o SCIRI.
(...) Lo sforzo dello SCIRI per sterminare i fedeli al partito Baath ancora fedeli a Saddam Hussein, o coloro che presumibilmente abbiano commesso crimini contro lo SCIRI stesso e i suoi simpatizzanti, ha attirato l'attenzione del lato "oscuro" del CPA: si tratta di operazioni clandestine guidate dalla CIA e da unità d'elite delle Operazioni Speciali dell'esercito americano.
Tra tutti i vari attori coinvolti in questo spettacolo mortale, la Milizia Badr si è distinta come la più volenterosa ed abile a combattere contro i restanti baathisti. Protette dagli agenti delle operazioni clandestine del CPA, le squadre della morte hanno ucciso dozzine di baathisti dentro e intorno a Baghdad".
(Scott Ritter, "L'opzione Salvador", zmag.org, 25 gennaio 2005)

*****

"Il tentativo di chiudere l’Iran al mondo esterno è fallito, sotto l’impatto della globalizzazione si aprono contraddizioni anche nel clero islamico. Sono tuttavia contraddizioni molto relative; la frazione di Khatami è certamente più pragmatica su questioni come l’apertura di rapporti con gli Usa, lo sviluppo industriale, ecc., mentre la frazione di Khamenei si basa più sul settore del commercio, del capitale mercantile.
Il regime degli ayatollah ha sempre cercato di usare i conflitti esterni per deviare la protesta interna: prima ci fu il conflitto con gli Usa con l’occupazione dell’ambasciata di Teheran, poi ci fu l’aggressione da parte dell’Irak [in realtà fu l'Iran ad aggredire l'Iraq], successivamente hanno avuto conflitti con il regime saudita".
(Lal Khan (direttore dell'Asian Marxist Review), "Le rivoluzioni dell'Asia centrale", marxismo.net)

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POVERINO
by 0 Friday, Dec. 02, 2005 at 4:19 PM mail:

"siete noiosi e ripetitivi, "

il principe si annoia. PALA E PICCONE, VEDRAI CHE TI PASSA.

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BALLE
by BALLE Friday, Dec. 02, 2005 at 5:29 PM mail:

"Un numero molto alto, in rapporto ai caduti, che trova la sua spiegazione nell’efficace dotazione di protezione individuali dei soldati americani. Un numero che ci dice che i colpiti da attacchi sfiorano ormai i trentamila, e che gran parte di loro si salva la vita. "


informazioni ufficiali PRIVE di attendibilità secondo fonti indipendenti http://indyfordemocracy.com/?q=node/view/26053 a febbraio i feriti erano 50.000

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20%
by Veterans Friday, Dec. 02, 2005 at 5:45 PM mail:

Gli Usa (vedi Vietnam) dichiarano solo il 20% delle perdite reali.

il conteggio avviene senza:

i soldati senza green card (i primi a lasciarci le penne)

i "dispersi"

gli "incidenti"

i "suicidi"

quelli che muoiono in ospedale

ed ogni possibile stratagemma che serva a dimunire le perdite agli occhi della popolazione traùite i media che inventano analisi idiote come quelle riportate nel post

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sciri e Badr
by mazzetta Friday, Dec. 02, 2005 at 6:08 PM mail:

guarda tipo che ho scritto, fin dall'inizio dell'invasione, che tra Iran ed iraq gli Usa hanno lasciato aperte le porte e che migliaia di iraniani andavano e venivano
il fatto che gli iraniani abbiano svolto, per loro evidente interesse, un ruolo attivo nella politica irachena non è mai stato nascosto da nessuno.
tanto che qualcuno ha pensato bene di nominarle "quinte colonne dell'imperialismo" con poco senso e ancor meno ragione.
lo ripeto, è una cosa completamente diversa quella che riporto, si parla di un cambio nella linea ufficiale degli Usa, non delle maialate che fanno sotto banco. se si contano quelle dall'inizio dell'occupazione gli Usa hanno sostenuto più o meno tutti, e poi li hanno anche bombardati.

Quindi pensare che ci fosse un rapporto organico tra Sciri e Usa mentre gli americani gli sparavano addosso, o mentre facevano fare al Mek il tour promozionale delle capitali è una cosa priva di senso
Iran e Usa operano in Iraq con interessi simili, quelli d paesi che si vogliono assicurare un'influenza sul paese, ma fino ad ora, e certamente, non c'erano collaborazioni tra i due paesi che andassero oltre le trattative locali su questa o quella questione.

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related
by newsweek Friday, Dec. 02, 2005 at 6:11 PM mail:

NEWSWEEK: U.S. Ambassador Khalilzad Says He's Received Permission to Talk to Iran to Help Secure Iraq After U.S. Troop Drawdown; 'There Will Be Meetings ... That's Also a Departure and an Adjustment'
PRNewswire




Sunday November 27, 10:47 am ET

NEW YORK, Nov. 27 /PRNewswire/ -- U.S. Ambassador to Iraq Zalmay Khalilzad tells Newsweek that he has received explicit permission from President Bush to begin a diplomatic dialogue with Iran, which has meddled politically in Iraq, to help secure Iraq after U.S. troop phased drawdown. "I've been authorized by the president to engage the Iranians as I engaged them in Afghanistan directly," Khalilzad says. "There will be meetings, and that's also a departure and an adjustment."

Khalilzad also tells Newsweek the dangers of a panicky pullout of U.S. troops could bring the region. "People need to be clear what the stakes are here," he says. "If we were to do a premature withdrawal, there could be a Shia-Sunni war here that could spread beyond Iraq. And you could have Iran backing the Shias and Sunni Arab states backing the Sunnis. You could have a regional war that could go on for a very long time, and affect the security of oil supplies. Terrorists could take over part of this country and expand from here. And given the resources of Iraq, given the technical expertise of its people, it will make Afghanistan look like child's play."

In the new year, there will be a new coherent strategy on the ground in Iraq, largely the handiwork of Gen. George Casey, commander of the Multinational Forces, and Khalilzad, report Senior Editor Michael Hirsh, Baghdad Bureau Chief Scott Johnson and Jerusalem Bureau Chief Kevin Peraino in the December 5 issue of Newsweek (on newsstands Monday, November 28). Their overall strategy will be for U.S. troops "to clear, hold and build" while training up Iraqi forces; wean Sunni leaders from their support of the insurgency; and on the U.S. domestic front, appease rising outcries for withdrawal by reducing the U.S. presence in Iraq to under 100,000 troops -- hopefully by midterm Election Day 2006. "There is an idea that there is no plan, and we believe we do have a plan," Khalilzad says. "We've worked very hard in the last four months to come up with a plan, and we're talking about how to communicate that more effectively to the Congress."

The Pentagon's plans call for U.S numbers to be reduced back down to around 138,000 by the new year (troop totals are now edging up to 160,000 leading into the December election). Then, under what the Pentagon calls a "moderately optimistic" scenario -- but the one it considers most likely -- 20,000 to 30,000 more troops would come out by the mid-2006, with a further goal of phasing down the U.S. presence to 80,000 to 100,000 by "late next year." As additional evidence of its intentions, the Defense Department quietly announced on Nov. 7 the major units scheduled to deploy to Iraq in the next big rotation, starting in late summer next year. Those units add up to 92,000 U.S. troops in 2007, Newsweek reports.

(Read article at http://www.Newsweek.com)

http://www.msnbc.msn.com/id/10219753/site/newsweek/





:: Article nr. 18224 sent on 28-nov-2005 04:02 ECT


:: The address of this page is : http://www.uruknet.info?p=18224

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l'intervista integrale
by >>>>> Friday, Dec. 02, 2005 at 6:12 PM mail:

Interview by Michael Hirsch of Newsweek

Zalmay Khalilzad, U.S. Ambassador to Iraq

Washington, DC
October 28, 2005

QUESTION: Well, let's start out with the obvious, which is the vote on the constitution. I guess the results are now in, are they not? What's your reading of them?

AMBASSADOR KHALILZAD: The constitution won by a landslide in terms of popular vote, 78 percent.

QUESTION: Right.


AMBASSADOR KHALILZAD: 63 percent of the people registered to vote voted. And in terms of what would be similar to our electoral vote, it was close because according to the TAL, the law of the land for the constitution, it ratified for the constitution to be rejected -- three provinces had to vote it down by two-thirds. Two did, and so it was therefore close in electoral terms.


The constitution made progress in terms of the changes that the draft went through to become a national compact, which Iraq needs. The three principal communities need to get an agreement on a common roadmap to the future. It made progress with the changes, but I think there is additional opportunities for amendments to be made.


QUESTION: As you know, Mr. Ambassador, observers -- some observers were concerned that the vote might be just like this, that it would pass but pass narrowly, particularly, you know, with a large Sunni vote against, and that would only exacerbate the sectarian tendencies. How much are you concerned about that yourself and what do you plan to do about it?


AMBASSADOR KHALILZAD: Well, of course, it did pass with a significant Sunni vote against it. I think the majority of the Sunnis voted against the constitution; that’s a fact. But I am hopeful that it will not lead to exasperation of sectarian eyes because of the last-minute agreement that we made before the vote on ratification, which is that it allows for a one-time set of amendments, a package of amendments, to be made during the first six months of the next assembly. And I think that will ‘incentivize’ Sunnis to participate in the assembly and that will be a good thing in itself, but I think also there will have to be additional changes made that from (inaudible) to make the document more appealing to more Sunnis.


I think the last-minute changes that we made perhaps didn't -- there was not enough time that -- for all the people in the Sunni areas to get the information. So my view is that yes, the majority of Sunnis voted against. There is a potential for the problem that you alluded to, but I am hopeful that because of this amendment that not only the normal amendment procedure but this particular amendment procedure, we will have broader support. Remember, our own Constitution, I think, is relevant here that, you know, the Constitutional Conventional came with a draft, then it took the Bill of Rights to make it broadly acceptable. So I am hoping that out of the assembly will come a bill, a set of bill of assurances that will make the draft more appealing.


QUESTION: Is that what you're calling it? Is that actually --


AMBASSADOR KHALILZAD: No, I just made it up. (Laughter.) Because there is -- the Sunnis have been -- you will take this in pieces of this, so that you understand my thinking, is that the Sunnis, some of them are driven by nostalgia, which is to go back to what they would regard as the good old days.


QUESTION: Right.


AMBASSADOR KHALILZAD: And a lot of them are driven by fear that they will be marginalized and they will be discriminated against. I think everything reasonable needs to be done to deal with their fears, but the Sunnis, in turn, have to adjust that the old system is dead; it's not coming back.


QUESTION: Nonetheless, there are very powerful sectarian tendencies at play, and particularly the electoral politics leading up to December, I mean, this latest report, the three Shiite religious parties are going to form an alliance.


AMBASSADOR KHALILZAD: Yes.


QUESTION: This goes right to some of the deepest fears of secularists and Sunnis that, you know, what you're going to have is a Shiite-dominated religious-type state. You know, is there any way you can deal with that, deal with those concerns?


AMBASSADOR KHALILZAD: There is no question that a, if not the, principal fault line in Iraqi politics or Iraqi society is this sectarian divide and the polarization along sectarian lines. And some of the key parties are purely from one sect, and that's not a good thing. And we have encouraged cross-sectarian bridge-building, meetings of leaders across sectarian lines, encouraging leaders of parties to reach out beyond their own sect in terms of the membership. And there are cross-sectarian political parties, too, that are moderate and secular as well.


And the reasons for it, as to why I think it turned out this way is clear. It had to do with the policies of the previous regime. It had to do with the opposition politics during the Saddam period because the opposition was largely Kurdish and Shia. But this needs to be mended for Iraq to work, and it will take time, in my view, to do it but it must be done if -- otherwise, I think achieving the goal of a united Iraq that works for all communities will become a bigger challenge.


QUESTION: Could you draw on your experience a little bit in Afghanistan or comment on this because I'm sure you're doing -- practically in dealing with it, I mean. In Afghanistan, obviously you -- one was able to find a unifying leader in Hamid Karzai. He had the prestige and the presence.


AMBASSADOR KHALILZAD: Sure.


QUESTION: It seems as if it's been impossible to find someone similar. And I know many U.S. officials have said it's critical that in December there be a stronger leader produced, a more, let's say, universally accepted leader than the current prime minister. Could you talk about that challenge a little bit (inaudible)?


AMBASSADOR KHALILZAD: I think that the fact that Afghanistan had a charismatic leader broadly accepted in Hamid Karzai was a huge asset for Afghanistan, and the fact that Iraq did not have such a figure or such a figure was not identified has been a problem. But I'm not looking back because one could raise questions about various things that were done or were not done. I think a Hamid Karzai-type figure could have been identified early on, could have been identified, because, you know, when there is a role, you can find -- usually a person can be found to fill it. But that was, you know -- in Afghanistan we immediately went to an Afghan Interim Government formation. Here we had a period of CPA and --


QUESTION: So you think that was done wrong?


AMBASSADOR KHALILZAD: No, I'm not saying that. I'm saying that just the history is different. And I don't want to get into what was done or not done because I wasn't responsible for Iraq at that time, so -- and the complexity of the situation may not be entirely clear to me.


But going forward, I believe that Iraqi -- the constitution called for a presidency and a government led by a prime minister. Iraq will need an effective prime minister. Iraq will need effective ministers to deal with the serious problems that Iraq faces, and the capacity of the ministries have to increase. The capacity of the local government has to increase. We face this challenge in Afghanistan, too, and we worked at it by recruiting capable ministers even from Afghan-Americans or Afghan-Europeans, bringing advisors, training. And but in Iraq, there are lots more educated people than was the case in Afghanistan. The pool of talent is broader. Iraq has more resources than Afghanistan did. So it has a better prospect to make a huge leap in the short term if the country can get its act together politically and follow good, helpful policies, and of course, also to deal with the security situation.


QUESTION: I mean, on this topic we can deal both with the past and the future --


AMBASSADOR KHALILZAD: Right.


QUESTION: Because, obviously, one of the people that some in the Pentagon thought should have been head of the government very quickly was Ahmed Chalabi. Interestingly enough, Mr. Chalabi is now one of the leading contenders as we head into the December elections. Is he -- you know, when you've talked about the possibility of finding a Hamid Karzai-like figure, was he what you had in mind? And you think, you know, he has a chance to be prime minister?


AMBASSADOR KHALILZAD: Well, Mr. Chalabi is one of several candidates that -- who are running for office and there is Mr. Allawi as well, and then there is Mr. Mahdi (ph), Adel Mahdi (ph). There's the current prime minister, Jaafari. So there are quite a few candidates.


QUESTION: The first few you mentioned, are they considered to be the leading contenders for prime ministership?


AMBASSADOR KHALILZAD: Some would characterize them as one or the other as to be more leading, or two or three to be more leading, or other. I think they're all in the run for prime minister and there may be some others that we, you know, will learn about after the election. So we want to make sure that there is a transparent, credible election process and every -- a level playing field and that, you know, whoever campaigns well, whoever offers a good message, whoever can -- whose record and his program can be credible would win and form the next government.


QUESTION: I don't mean to harp on this, but I'm just curious about when you said that a Hamid Karzai-figure could have been found early on because many of us can't even imagine who that would be. Did you have Chalabi in mind? Is there a particular person that you had in mind?


AMBASSADOR KHALILZAD: No, I was talking philosophically rather than specifically. Because I believe if we look back to Bonn -- and I was there representing the United States when we put the Afghan Government together, interim government with the UN -- the UN was there -- I wonder how many people would have known who Hamid Karzai was.


QUESTION: Right.


AMBASSADOR KHALILZAD: And you know, I don't think very many people in the United States, or in the world, or perhaps even in parts of Afghanistan did not know who he was. So I think that --


QUESTION: Given the, you know, very tough history with Chalabi, I mean, if he did become the prime minister, you know, would we -- would the United States be able to work with him? How would that relationship be? I mean, there was a very rocky road behind this.


AMBASSADOR KHALILZAD: Well, of course, there has been a rocky road behind this. That's a fact. But the decision for Chalabi to be -- or anyone else to be prime minister will be -- is an Iraqi decision. The Iraqis will decide that. And we will work with whomever the Iraqis decide to be their leader. We have a lot at stake in Iraq. A lot of American blood and treasure has been expended. The outcome of the struggle for Iraq is extremely important. It's not only Iraq; it's, in fact, for the entire region. So we have to -- we will work with whoever is elected.


QUESTION: I just want to talk about the Sunni insurgency, because you have really focused on this. You've made a lot of comments on this. It seemed that the strategy of trying to split the Iraqi Sunnis who might be someone we -- people we can negotiate from the extremists, particularly the Zarqawi types, has been central to --


AMBASSADOR KHALILZAD: Right. Absolutely.


QUESTION: You're (inaudible), right? I mean, you've made -- can you talk a little bit about how that's going? What specific Sunni insurgent groups are you hopeful about (inaudible)?


AMBASSADOR KHALILZAD: My philosophy is that we need to isolate two groups from the rest, and the two groups that need to be isolated is the Zarqawi and the jihadists -- some foreign, some Iraqi -- that have come to the (inaudible). And the second is the Saddamists and those who want Saddam and Saddamism to come back. And as far as the rest is concerned, we would like of the Sunni population and groups is concerned, our effort has been aimed at winning them over to participate in the political process, dealing with their concerns. And because only by this approach can we make significant progress against the insurgency in addition to using the right military tactics and approach. And I have been very active with the Sunni Arabs reaching out to them.


QUESTION: On the tribal level?


AMBASSADOR KHALILZAD: Across the board. Tribes, yes. Political leaders and the non-tribal political leaders, yes. Academics, professionals, yes. Some former government officials, yes, who were not criminals. You name it. And I would also try to get the help of (inaudible) some of the regional governments who have contacts with the Iraqis.


QUESTION: What particular successes might you point to now in terms of recent (inaudible)?


AMBASSADOR KHALILZAD: Well, we can point out to several things. One is that you got some key Sunnis supporting the constitution. Second, many more than even those who advocated support for a constitution supporting political participation, because my strategy to win them over to politics, that the way to get what you want is through political process, not military. The military thing is a dead end street that's going to work against your community. In fact, I argue with them that a protracted insurgency will have a devastating effect on the Sunni community, because it takes place in their area. Your educated people run away. Your wealthy people run away. Education becomes difficult in your area. The construction doesn't take place. And you know, your rivals benefit from your absence of participation and that there is a better way, and we are willing to work with you to deal with the (inaudible) -- and so and more political (inaudible).


Three, we have some tribes coming forward like Abu Mahal, and I could name more, that are now saying they will fight against Zarqawi.


QUESTION: (Inaudible) are the other tribes?


AMBASSADOR KHALILZAD: I'm giving you Abu Mahal is one, but there is the
(inaudible), and so on. I could, you know, I --


QUESTION: How many?


AMBASSADOR KHALILZAD: We are making -- you know, there is lots of contacts. Some of them may not want me to even name them because we don't want -- and then we have even some of the former Baathists now standing up supporting the constitution and, as you saw, there was an element of a change in the last version -- a package that said being a member of Baath was not a crime in itself, which was the way to open with them. So there is a real -- what is happening for the first time maybe since liberation of Iraq, a real struggle going on for the Sunni community between those who want to participate in the process, and we are working with those, and those who want to have a protracted insurgency.


QUESTION: Interestingly, you know, some people, some observers say that your strategy is exactly right. The only problem is that you're at least a year too late in coming in, that you were brought in a year too late because you had to reverse the policies of Mr. Bremer and others who did not indeed work on the tribal and other levels of -- is that an accurate --


AMBASSADOR KHALILZAD: Well, I don't want to look back. I told you, I don't want to comment on Mr. Bremer and what he did or what he didn't do. That's not a fruitful exercise.


But it's very important in my view that -- two things. One, it's important to engage politically and to communicate to people our goals. Our goal is not to rule Iraq. Our goal is not to have permanent bases in Iraq. Our goal is not to take over Iraqi oil or rather, Iraqi patrimony, no. Our goal is an Iraq that works for -- that Iraq can only work if all communities are there and to be empathetic to people's concerns and fears and to deal with them, to work with them.


And second, it's very important that there is a balance between our various instruments because we have military, political, diplomatic, economic, cultural, but particularly military and political. And that if the only instrument you have is a hammer, soon everything looks like a nail. And I believe, if I could say one thing, and that is that we are rebalancing a bit the instruments, or the orchestration, or the bringing together of our instruments, increasing political and hopefully, if we make progress, decreasing the military and shifting the relative balance between those.


QUESTION: Do we have time for two more questions?


STAFF: Yes.


QUESTION: You have a very interesting and, I would say, an understated history with the American government. You were one of the principal drafters - if not the principal drafter - of the 1992 defense policy guidance, which was really, as Paul Wolfowitz and others have said, you know, kind of the opening shot fired in this whole concept of the post Cold War American power and how it should be used.


AMBASSADOR KHALILZAD: Right.


QUESTION: Here you are, you know, 13 years later, dealing really down in the weeds with the limits of American power, with a political process that we really don't have a lot of control over. Could you just reflect on that a little bit? I mean, have you learned anything about American power during that period when, you know, you were sort of the grand Olympian phase to now?


AMBASSADOR KHALILZAD: During that phase, of course, what we were doing -- my task as the head of the policy planning shop at the Pentagon was that we had an architecture, a grand strategy, for the Cold War period and the Cold War period was gone, of course, with the collapse of the Soviet Union. And what was going to be our grand strategy for this new era, you know? And the concept that we came up with was that our aim in this new era should be to preclude a return to a situation of bipolarity, another Cold War, or multi-polarity which preceded the bipolar world of -- you know, in the 19th century. You had a multi-polar system, several powers competing with each other, but -- and then two powers competing. And now our goal was to avoid the domination of critical regions by hostile powers and the first instance that that would lead then to a bipolar or multi-polar arrangement, so that we needed to focus much more on stabilizing regions working with partners, and to maintain a consolidated new order that emerged, and that, you know, one needs to expand the zone of democracy, peace, and prosperity, because what we have done in the course of the Cold War was not only defeat the Soviet Union but we had also transformed Europe and Asia by making them part of what North America was -- prosperous, democratic, and peaceful -- and that we needed to expand that selectively that zone using our resources in a careful way because from the absence of this order will arise new security challenges.


In the case of Iraq, what I think you are seeing can be linked to one of the key concepts of that era, of that strategy, which was that to preclude the domination of critical regions by a hostile power. WMD was a critical thing, terrorism was a critical thing, and what we're doing is that in the current situation, which we could not have anticipated entirely but was consistent with the concept that the Middle East has emerged as the region to stabilize and focus on, and that happened because of the September 11th [2001] attack. And we are now being tested in a very frontal way whether we can do this -- the stabilization of a critical region that's facing significant challenges. Could American, not only military power, but American diplomacy, American, you know, economic approaches, can it be helpful to the transformation of this area?

QUESTION: That’s what's interesting -- you are, are you not, running up against the limits of American power in some ways? I mean, both in Afghanistan and Iraq, with all the difficulties you yourself have had to deal with, you know --


AMBASSADOR KHALILZAD: There is no question that there is a limit to American power. One needs to use that power selectively, not over-extend oneself, and not to also believe that we can do everything ourselves and without assistance from others and the local -- or the local --


QUESTION: (Inaudible.)


AMBASSADOR KHALILZAD: Absolutely.


QUESTION: Have you found this sobering, yourself? (Inaudible) changing your views?


AMBASSADOR KHALILZAD: I've always believed, you know, in Afghanistan, for example, that you needed to work with the local leaders. You need to identify in the local community after liberation the local population what is it that drives them, what is it that drives them, what is their aspiration, what is it that they want, and to align the United States with those aspirations. And I believe very strongly to my core that fundamentally people want the same things; that they want to be able to look after their kids. They want to have security; that they want to be able to select their own leaders and they want to be not ruled by somebody else, including the Americans. They don't want to be ruled by a foreigner.


And the question is how do we find credible leaders that work for those goals, which is what ordinary people want, and then align ourselves with them, and also make sure that the neighbors and the broader international community cooperates with you to the maximum extent possible. And I worked very well with the UN, for example, when I was in Afghanistan. I worked with the UN people and I worked very well with the neighbors. But at the same time you have to be clear pointing out neighbors that misbehave, and how they are.


QUESTION: Okay, final question. What do you say to a mother and father of a soldier, an American soldier, who died in Iraq or Afghanistan, but particularly Iraq, about what -- you know, why their child was sacrificed?


AMBASSADOR KHALILZAD: Well, I feel very bad about the loss of the soldiers, you know, because as Ambassador to a country, perhaps more than if you were in Washington and, you know, those in the White House and the State Department, and Pentagon (inaudible). You feel a specific responsibility for Americans who are there because you have a responsibility for their welfare and well-being. So I feel that and I -- you know, I participate in a lot of ceremonies for dead Americans that (inaudible). And so it's just the price has been extremely high for the United States. I believe that given that we need to be extremely careful about the use of our military forces, that it has to be use of force even in the context of state building has to be very tailored, very selective, a last resort not only in an international context but in the domestic or internal state and nation building that we're doing; and that we have to rely on other instruments as much as we can and so that the American people would know that, you know, every effort that is being made to make sure our people's lives are not being put at risk.


But in a broader context -- that's sort of at the local level -- I believe that the challenge of global terror right now is the defining challenge of our time, as Cold War was for the previous era, as you know, dealing with fascism and so on for an earlier era. And we didn't go looking for this problem. This problem had come looking for us. And we need to have a -- do what we did in Europe, help not necessarily only by military means, certainly not only by military means. But in the longer-term transformation of the broader Middle East, that success in Afghanistan and Iraq are important -- vital, in fact -- steps in this necessary transformation challenge that is confronting us right now.


And you know, whatever you think of the circumstances that led us to Iraq -- but now that we are there the struggle has been kind of -- has been joined, and it is a struggle that's not only for Iraq but it's for the entire region. You can see the involvement of Iran, the involvement of Syria, and the al-Qaida network, other forces at work have -- failure is not an option in Iraq.


QUESTION: No, no. Are you concerned at all? I know you've got to go. Are you concerned at all about the whole history of the Iraq War being replayed in this Fitzgerald Investigation?


AMBASSADOR KHALILZAD: I am concerned about the crisis of confidence that I see when I come here about whether we know what we're doing there, will we succeed, and people who are struggling against us in Iraq or hoping that there will be a change in the public opinion and they see this is a center of gravity. And I see my responsibility as well as military leaders, General Casey and others, to make sure we have a plan that we have confidence in that we can explain to the American people and that we know what we're doing and that we have a roadmap that can produce results. And because I do believe that not only there is, of course, a struggle going on for Iraq and for the region, but also there is a struggle going on for the American public opinion, and the two things are very much alike.


QUESTION: I know you have to go.


AMBASSADOR KHALILZAD: Thank you.

2005/1000

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stupefacente mazzetta
by va bene Friday, Dec. 02, 2005 at 6:30 PM mail:

ancora qui sei?
ma non avevi detto che eravamo tutti troll e che eravamo fessi e di andarcene affan culo?



la cosa stupefacente è che anche di fronte all' evidenza del contrario, continui a sostenere di aver ragione.
















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tu troll
by antitroll Friday, Dec. 02, 2005 at 6:37 PM mail:

Il troll sei tu che tampini mazzetta e tutti quelli che postano su indy con le tue paranoie.
Mazzetta evidentemente distingue tra chi pone argomenti e i coglioni come te, ai quali non risponde
E adesso torna di la cretino, che la tua solita figura l'hai fatta anche oggi.

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ma levati di torno
by per favore Friday, Dec. 02, 2005 at 6:45 PM mail:

sono stati postati articoli su indymedia che denunciavano la collaborazione sotteranea tra iraniani e americani per il controllo dell' Iraq, tra i primi fu freebooter con l' articolo, "I mullaha stelle e strisce".

mazzetta era tra quelli che etichettava questi articoli come "cazzate" o "ridicoli"

poi abbiamo visto le Brigate Badr e altre milizie filo-iraniane cominciare a schierarsi militarmente accanto agli americani e i peshmerga massacrando i civili. numerose le denunce articoli su al Jazeera arabmonitor BBc etc.

gli irakeni manifestavano contro la "Costituzione scritta da Usa e Iran" (parole loro)

e mazzetta continuava a dire che gli articoli in proposito, quelli che denunciavano manelli sotteranei erano ridicoli che non si poteva parlare di "collaboarzione" "ridicolo"

OGGI che le cose degenerano e gli Usa sono OBBLIGATI a venire allo scoperto mazzetta ci informa che le cose sono cambiate e che ora la NOTIZIA c' è.

MA VAI A LE TTO BUFFONE.

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x il cagnolino di mazzetta
by Canile Friday, Dec. 02, 2005 at 6:48 PM mail:

guarda che ti metto al Canile.

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11 settembre
by sì sì Friday, Dec. 02, 2005 at 6:56 PM mail:

mazzetta sarà uno di quelli che quando il merdone dell' 11 settembre verrà a galla dirà:" io l' avevo detto, l' ho sempre saputo che era un complotto"

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siete malati
by cane da riporto Friday, Dec. 02, 2005 at 6:56 PM mail:

Gli Usa sostengono l'opposizione iraniana, tollerati gli iraniani in armi dentro l'Iraq!!
by mazzetta Thursday September 11, 2003 at 10:20 AM mail:



sempre più improvvisati

Il Dipartimento di Stato si chiede come mai esercito e Pentagono tollerino la presenza di dissidenti iraniani armati all'interno dell'Iraq.
Nonostante un iniziale ordine di Bush infatti, gli Iraniani che stazionano in diversi campi vicini al confine, non sono mai stati disarmati.
I fuoriusciti iraniani sono divisi in vari gruppi, tra questi i Mujaheddin-e Khalq (MEK), considerati dall'amministrazione un "gruppo terrorista" fin dal 1987!
Il gruppo da noi è noto come "Mujaheddin del popolo" tra i più spietati durante la rivoluzione del '78, furono poi cacciati da Komehini una volta preso il potere saldamente, e conservati in Iraq sotto l'ala protettrice di Saddam e degli americani. Un'altra dimostrazione della schizofrenia della politica Usa, i terroristi se attaccano i nemici vanno sostenuti, bella "war on terror" !!!
Conferma che MAI, in nessun tempo e luogo, gli Usa si fanno scrupolo di sostenere dittatori o organizzazioni terroristiche, quando sono funzionali alla loro politica. Zero morale, zero principi, solo una valanga di balle da propinare agli sprovveduti!

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VAI A LETTO
by Canile Municipale Friday, Dec. 02, 2005 at 7:09 PM mail:

fatti mettere il guinzaglio dal tuo padrone.

cosa ci riporti il NOTO, UN COLPO AL CERCHIO E UNO ALLA BOTTE di mazzetta.

guarda che lo conosciamo tutti. QUESTO POST è un esempio.

capisco comunque che devi essere fedele al tuo padrone.



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sicuro
by 100% Friday, Dec. 02, 2005 at 7:14 PM mail:

"mazzetta sarà uno di quelli che quando il merdone dell' 11 settembre verrà a galla dirà:" io l' avevo detto, l' ho sempre saputo che era un complotto"

sicuro al 100% e il cane da riporto andrà a scovare l' articolino di mazzetta che sta bello bello nel mezzo, un colpo di qua e uno dell' là...............



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x il ridicolo
by cane da caccia ai polli Friday, Dec. 02, 2005 at 7:15 PM mail:

Dici stronzate, guarda la data di quell'articolo e smettila di renderti ridicolo inventando storie su mazzetta.
Sei quello che gli da dell'ebreo o sei quello che spamma Blondet fascistello incapace? O forse sei un campimperialista a scrocco?

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ha ha ha ma guardalo come si sbatte per il suo padrone MA VERGOGNATI
by Canile Friday, Dec. 02, 2005 at 7:17 PM mail:

ZITTO! A CUCCIA!



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1
by 1 Friday, Dec. 02, 2005 at 7:19 PM mail:

"Il Dipartimento di Stato si chiede come mai esercito e Pentagono tollerino la presenza di dissidenti iraniani armati all'interno dell'Iraq. "

E GIA' QUESTA E' UNA STRONZATA.

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woof
by cagnazzo Friday, Dec. 02, 2005 at 7:21 PM mail:

Non ci sono servi e padroni qui
Tipico dei fasci ragionare in questa maniera, vi tradite sempre

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OGGI DOPPIO SPETTACOLO
by mammamia Friday, Dec. 02, 2005 at 7:24 PM mail: :)))))))))))))))))))

venghino Siore e Siori oggi doppio Spettacolo

mazzetta e il suo cane che fanno le acrobazie per negare quello che ha predicato per anni venghino siore e siori venghino

GRANDE SPETTACOLO ANCHE OGGI

:)))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))

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tutto il repertorio
by Canile Friday, Dec. 02, 2005 at 7:27 PM mail:

e finiti gli argomenti non rimane che tirare fuori l' ultima carta, la carta: "fascista"

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CLAP
by CLAP Friday, Dec. 02, 2005 at 7:30 PM mail:

ORA UN APPLAUSO AL CERCHIOBOTTISTA E IL SUO CANE

CLAP CLAP CLAP CLAP CLAP CLAP CLAP

arrivederci alla prossima puntata. la verità sull' 11 settembre dove il CERCHIOBOTTISTA E IL SUO CABE si esibiranno in un numero ad altisssimo rischio.


A PRESTO

RINGRAZIAMO ANCORA GLI ARTISTI.

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vatte a ripone fanatico
by n'antro Friday, Dec. 02, 2005 at 7:47 PM mail:

an'vedi, 3 commenti de fila per dire na stronzata, mettetelo nel culo er 9/11 e anche li complotti, e cercate un forum de matti come te mbriaco

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E ARRIVATA LA SOUBRETTE
by CLAP Friday, Dec. 02, 2005 at 7:51 PM mail:

AH SOUBRETTE, ARRIVI TARDI, LO SPETTACOLO E' FINITO.

BUONANOTTE

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grazie mazzetta
by iome Friday, Dec. 02, 2005 at 10:41 PM mail:

e lascialo perdere questo squilibrato

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