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PERCHGE' OPPORSI ALLA N.A.T.O.
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coordinamento contro la NATO Monday, Feb. 06, 2006 at 8:22 PM |
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RAGIONI PER OPPORSI ALLA N.A.T.O.
1. La N.A.T.O. è una creatura della Guerra Fredda che andrebbe abolita, anziché ampliata.
2. La dottrina militare ufficiale della N.A.T.O. riserva a sé stessa il diritto dell'uso delle armi nucleari nonostante nel 1996 la Corte Internazionale abbia stabilito tale uso, o minaccia, illegale. La politica N.A.T.O. del "primo colpo" nucleare significa che essa prevede l'uso di armamento nucleare anche senza che questo sia stato usato contro di essa. L'uso di armamento nucleare contravviene la Legge Umanitaria Internazionale poiché esso causa l'uccisione indiscriminata e massiccia di popolazione civile. L'armamento nucleare N.A.T.O. inoltre pone il rischio di catastrofe nucleare, compreso l'olocausto planetario dell'"inverno nucleare". La politica dell'armamento nucleare N.A.T.O. contravviene inoltre al Trattato di non proliferazione (del quale tutti i membri N.A.T.O. sono firmatari), che prevede l'impegno immediato di tutti i Paesi per l'abolizione dell'armamento nucleare. Gli stati membri N.A.T.O. (Usa, Gran Bretagna e Francia) possiedono oggi più di 9.000 testate nucleari in servizio attivo, circa il 60% dell'arsenale nucleare mondiale. Questi tre Paesi N.A.T.O. hanno messo a disposizione della N.A.T.O. parte del loro armamento nucleare per l'uso nei conflitti. La N.A.T.O. di per sé possiede tra le 60 e le 200 armi nucleari nelle sue basi in Europa Occidentale. L'armamento nucleare N.A.T.O. e la minaccia del suo uso sono mezzi di coercizione e intimidazione, specialmente verso gli Stati che non possiedono tale armamento.
3. I membri che costituiscono il nucleo forte della NATO (Usa, Gran Bretagna, Francia, Germania, Olanda, Belgio e Spagna) hanno alle spalle una lunga storia di colonialismo, di controllo di vasti imperi. I Paesi eredi delle colonie di questi Paesi NATO - oggi Terzo Mondo - ancora soffrono le tragiche iniquità economiche causate da centinaia di anni di imperialismo ad essi imposti da tali Paesi. Le compagnie multinazionali guidate da interessi economici collegati ai Paesi NATO continuano nella dominazione di queste ex colonie mediante un sistema economico neoliberale che oggi possiamo definire "globalizzazione delle multinazionali"
4. Secondo l'Istituto Internazionale di Ricerca per la Pace di Stoccolma, il Paesi NATO hanno prodotto nel 1996 circa l'80% dell'armamento mondiale totale. Usa, Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia e Canada sono tutti paesi nella "top ten" mondiale della produzione militare. Usa, Gran Bretagna e Francia da soli hanno contribuito per il 70% alla produzione di armi complessiva in tale anno.
5. Dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica e del Patto di Varsavia, la NATO è divenuta sempre più irrilevante e ha avuto bisogno di darsi una ragione per la sua esistenza. La NATO quindi ha aumentato il suo impegno per fomentare guerre etniche nei Balcani, al fine di creare scuse e opportunità per i suoi interventi militari nella regione. Gli interventi NATO (le cosiddette "guerre umanitarie") sono stati quindi svendute al pubblico come mezzi per sedare i conflitti interetnici. Lo scopo reale della NATO è di espandere la sfera coloniale di influenza dei suoi Stati membri e dei loro alleati, le compagnie multinazionali.
6. La NATO ha scatenato una guerra di aggressione contro la Jugoslavia, una guerra illegale sia secondo la sua stessa Carta costitutiva che secondo un gran numero di leggi internazionali.
7. La NATO ha impiegato contro la Jugoslavia 1.200 velivoli in 35.000 voli in missione di combattimento. Ha lanciato sul Paese 20.000 bombe e missili per complessive 80.000 tonnellate di esplosivo. In violazione alle leggi internazionali, la Nato ha colpito infrastrutture civili, compresi più di 1.000 obiettivi privi di importanza militare, come scuole, ospedali, aziende agricole, ponti, strade, ferrovie, canali navigabili, sedi e impianti media, monumenti storici e culturali, musei, fabbriche, raffinerie e impianti petrolchimici.
8. La campagna illegale di bombardamenti della NATO ha avuto un drastico impatto sulla salute della popolazione civile jugoslava. Migliaia sono stati i civili uccisi, almeno 6.000 i feriti, e innumerevoli altri, specialmente bambini, hanno sofferto importanti traumi psichici.
9. Secondo il Programma Ambiente dell'ONU, i bombardamenti NATO hanno causato una catastrofe ecologica in Jugoslavia e nelle regioni circostanti, Mare Adriatico compreso.
10. Nella sua guerra contro la Jugoslavia, la NATO ha impiegato armamenti che sono proibiti dalle Convenzioni di Ginevra e dell'Aia, nonché dalla Carta di Norimberga, come ad esempio i missili all'uranio "impoverito", che è un'arma radioattiva e altamente tossica di lungo periodo, comportando quindi una minaccia mortale verso l'ambiente e la salute umana, e le bombe a grappolo antiuomo progettate per uccidere e mutilare, armamento che tra l'altro contravviene l'"Accordo di Ottawa" sulle mine terrestri, poiché molte delle singole "bombette" non esplodono al primo impatto. La NATO continua ad immagazzinare queste armi proibite per l'uso sulle popolazioni civili nelle guerre future.
11. Successivamente al bombardamento sulla Jugoslavia, la NATO ha mancato di disarmare l'Armata di Liberazione del Kosovo (U.C.K.) come stabilito e richiesto dalla risoluzione 1244 delle Nazioni Unite. Invece, la NATO ha convertito e riciclato l'U.C.K. nella Forza di Protezione del Kosovo spacciandola come garante di pace e ordine nel Kosovo occupato controllato dalla NATO. Sotto gli occhi vigili di 40.000 militari NATO, i ringalluzziti terroristi U.C.K. hanno ripulito etnicamente la regione da 250.000 persone di "stirpe non albanese" (ma tra i quali anche numerosi albanesi fedeli alla Jugoslavia). Durante l'occupazione NATO sono stati uccisi 1.300 cittadini ed altri 1.300 risultano dispersi. Le minoranze rimaste in Kosovo non hanno libertà di movimento, vivono in ghetti e devono far fronte a frequenti attacchi terroristici e distruzioni di proprietà.
12. La NATO ha assegnato ad Agim Ceku, già indicato come criminale di guerra, il comando della Forza di Protezione del Kosovo. Ceku, un Kosovaro albanese, ha condotto l'"Operazione Tempesta" dell'Armata croata che cacciò etnicamente la popolazione serba dalle sue storiche terre in Croazia. Se i Tribunale dell'Aia perseguisse l'incriminazione di Ceku e di altri simili terroristi, metterebbe in grande imbarazzo i loro boss NATO...
13. Agendo da potenza coloniale occupante, le forze NATO hanno operato per ottenere la cancellazione dei risultati elettorali in Bosnia, la chiusura degli uffici e lo spegnimento degli impianti delle stazioni media critiche sulla presenza NATO, e l'indebolimento dei partiti politici che si sono rifiutati di collaborare con essa.
14. Le azioni delle truppe NATO dislocate nei Balcani sono un esempio della condotta di aggressivo sfruttamento propria della cultura militare. Ad esempio, le truppe NATO hanno alimentato la domanda di prostituzione sia in Bosnia che in Kosovo. Le donne "a disposizione" delle truppe NATO (ma come abbiamo potuto vedere anche delle truppe ausiliarie delle ONG e financo della Croce Rossa) vivono in condizioni deplorevoli, frequentemente costrette contro la loro volontà da magnaccia locali. Quando sono emersi i coinvolgimenti di ONU e NATO in questo mercimonio, il personale coinvolto è stato dimesso e rimandato a casa ma contro di essi nessun procedimento penale è mai stato intrapreso.
15. La NATO è stata una delle fonti primarie della destabilizzazione della Macedonia, fornendo diretta assistenza militare al terrorismo albanese. Il "The Times" di Londra (10 giugno 2001) riporta la notizia che il referente NATO della Forza di Protezione del Kosovo Agim Ceku ha spedito 800 effettivi dell'U.C.K. in Macedonia per sostenere la locale nascente insorgenza albanese. Lo scorso giugno le truppe NATO sono intervenute per evacuare dei combattenti U.C.K. nel momento in cui le forze macedoni stavano circondando i terroristi presso Aracinovo. I notiziari dei media tedeschi hanno dichiarato che l'evacuazione effettuata dalla NATO fu ordinata a seguito della presenza di 17 ex militari Usa - veterani dei Balcani e facenti parte di un gruppo mercenario Usa - tra i terroristi U.C.K. La NATO ha inoltre utilizzato mezzi di pressione diplomatici per far cedere il governo macedone alle richieste albanesi.
16. La politica aggressiva di espansione della NATO in Europa Orientale minaccia severamente la stabilità internazionale. Con l'annessione alla NATO della Repubblica Ceca, dell'Ungheria e della Polonia, ora completate, Albana, Bulgaria, Estonia, Georgia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia e Slovenia hanno dichiarato il loro interesse al loro inserimento nella rete NATO. La Nato ha inoltre posto nel suo orizzonte una penetrazione ancor maggiore nei paesi già compresi nella sfera di influenza sovietica, tendendo a circondare Azerbaigian, Bielorussia, Kirghizstan e Ukraina. L'intenzione della NATO di pressare lungo quelli che erano i confini dell'Unione Sovietica è una sfida pericolosa, e rischia di provocare un conflitto aperto con la Russia.
17. L'espansione della NATO nell'Europa Centrale e Orientale è un mezzo per integrare le forze militari di tali Paesi e di sottoporle al comando NATO (in gran parte USA). Come unità militari interne alla NATO, le forze armate dei Paesi nuovi membri NATO devono sottostare alle richieste di standardizzazione dell'attività militare, degli armamenti e di tutto l'equipaggiamento militare. La richiesta ai nuovi membri di standardizzare il loro equipaggiamento militare alle precise specifiche NATO costituisce un tremendo regalo all'industria economico- militare USA ed Europea, cui gioverà enormemente una tale espansione dei mercati di esportazione.
18. Gli Stati nuovi membri NATO rischiano inoltre di perdere la sovranità su altri determinanti comparti delle loro Forze Armate, come le funzioni di comando, controllo, comunicazioni e intelligence, comparti che anch'essi rischiano di essere sottomessi agli auspici della standardizzazione NATO.
19. Le ragioni dell'espansione ad Est della NATO sono in larga parte economiche. Ad esempio, l'accesso e il controllo militare NATO sull'Europa Orientale aiuta le grandi Compagnie dell'Europa Occidentale ad assicurarsi le risorse energetiche strategiche come il petrolio del Mar Caspio e dell'Asia Centrale. Le Compagnie degli Usa e dell'Europa Occidentale trarranno grandi vantaggi dal controllo NATO sui corridoi petroliferi attraverso le catene montuose del Caucaso. La NATO vuole controllare con le sue truppe questi oleodotti e dominare la rotta Armenia-Russia verso il Mar Caspio. Il Caucaso inoltre collega l'oleodotto Adriatico-Ceyhan-Baku con le zone petrolifere ancor più orientali nei Paesi dell'ex-Urss dell'Asia Centrale, Kazakistan e Uzbekistan. Nel futuro miliardi di dollari in petrolio fluiranno attraverso questi corridoi verso l'Europa Occidentale, a vantaggio delle Compagnie petrolifere Occidentali.
20. La crescita della NATO non solo è una provocazione alla Russia, ma è anche una minaccia alla sicurezza della Cina e degli altri Stati asiatici, che potrebbero reagire incrementando le loro spese militari, stornando risorse dai bisogni essenziali delle loro popolazioni. L'espansione della NATO potrebbe inoltre promuovere un'alleanza militare anti-NATO in Asia, mettendo ulteriormente a rischio la pace e portando ad una possibile futura guerra.
21. Come parte della "NATO Defence Capabilities Initiative", gli Stati membri NATO hanno commissionato a sé stessi l'aumento delle capacità militari di "proiezione militare, mobilità e aumento dell'interoperabilità". Questo richiederà un'importante ulteriore crescita delle spese militari. I Paesi NATO europei hanno già aumentato le loro spese militari dell'11% in termini assoluti dal 1995. Nel frattempo, negli scorsi due anni anche gli Usa e il Canada hanno incrementato il loro bilancio militare. Il bilancio militare dei Paesi NATO ammonta a circa il 60% della spesa militare mondiale totale dell'anno 2000 (798 mld di US$, circa 1.700.000 mld di £). Invece di puntare alle reali priorità umanitarie delle loro popolazioni e del resto del mondo, come l'alimentazione, l'abitazione, la cura della salute, l'educazione e l'istruzione, la protezione ambientale e il trasporto pubblico, la NATO sta aumentando il suo bilancio militare in vista di futuri interventi anche "fuori area".
22. I test e l'addestramento portati avanti dalla NATO in preparazione di nuove guerre ha inoltre numerosi impatti negativi sulle popolazioni e sull'ambiente. L'addestramento NATO comprende esercitazioni militari, l'addestramento di piloti e test di armamenti e di aerei da guerra. Ad esempio, le aree di addestramento per il volo a bassa quota e i poligoni militari aerei in Nitassinan (Canada Orientale) minacciano il tradizionale stile di vita di vaste popolazioni della Nazione Innu. I loro territori inceduti in Quebec e Labrador stanno diventando le discariche militari dei test di volo NATO. I Paesi NATO eseguono inoltre pericolose attività addestrative di bombardamento sull'isola di Vieques, presso Portorico.
23. Nel periodo fine anni '40 - primi anni '50, su "invito" e suggerimento della CIA, la NATO ha collaborato alla creazione di cellule segrete paramilitari anticomuniste in almeno 16 Stati europei. Originariamente denominata Operazione "Stay Behind", questa rete di truppe guerrigliere fu creata per il combattimento dietro le linee in caso di invasione sovietica. Essa fu classificata nell'ambito del Comitato di Coordinamento Clandestino del Quartier generale Supremo delle Potenze Alleate in Europa (Supreme Headquarters Allied Powers Europe - S.H.A.P.E. ["OMBRA", N.d.r.]), organismo che diventerà l'attuale NATO. Queste truppe di guerriglia furono messe sotto accusa e condannate dall'Unione Europea in una risoluzione (22 dicembre 1990) che incolpava la NATO per il suo ruolo quarantennale di supervisione di questa operazione "coperta". Meglio conosciute con il nome in codice assunto dal suo ramo italiano "Operazione Gladio", queste organizzazioni, che l'UE paventa siano state mantenute attive almeno fino al 1990, sono state accusate di interferenza illegale nelle questioni politiche, ma anche di aver condotto operazioni terroristiche e di aver attentato alle strutture democratiche di vari Paesi, e di altri gravi crimini.
24. Importanti rappresentanti della NATO hanno interferito in Europa nello sviluppo politico-elettorale di vari Paesi. Ad esempio, per quanto le recenti elezioni in Albania fossero state falsate da irregolarità e frodi (manomissione di urne, voti fantasma, disincentivazione selettiva al voto), il Segretario Generale NATO George Robertson dichiarò tali elezioni regolari e legittime. Più tardi in quell'anno, un altro portavoce NATO minacciò apertamente che se il Movimento per la Slovacchia Democratica (il partito del Premier Vladimir Meciar) fosse entrato nella coalizione governativa, la Slovacchia non sarebbe né stata "bene accetta" nella NATO, né accolta a breve termine come membro dell'Unione Europea.
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DI FUMOSO C'è SOLO LA NATO
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NO NATO Monday, Feb. 06, 2006 at 8:28 PM |
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Cosa sono i "fatti fumosi"?
Sono cose che sono state pubblicate e rese note, ma scomparse poi sullo sfondo in una specie di nebbia. E ci sono molti fatti che dovrebbero scomparire così, le curiosità, le stupidaggini, e tutte quelle cose che non abbiamo bisogno di sapere. Ma ora sto parlando di cose importanti, cose che, se portate in primo piano, sono in grado di cambiare la nostra visione della realtà.
Come diventa "fumoso", un fatto?
Con alcune eccezioni, le notizie non sono da subito e automaticamente grandi notizie. Le eccezioni sono la morte di un papa, il campionato del mondo, gli tsunami, i vulcani, le guerre, o almeno quelle che ci coinvolgono. Ma la maggioranza delle notizie diventa tale - comprese le guerre - grazie ai comunicati stampa. L'esempio che uso sempre, visto che ci troviamo in una piccola cittadina, è il calendario della serie minore. Se il calendario della serie minore è sul giornale, è solo perché l'allenatore o sua moglie glielo spediscono. La maggior parte delle notizie nasce come comunicato stampa, conferenza stampa o dichiarazione. E se vuole restare tra le notizie, deve avere nuovi comunicati stampa e nuove storie da raccontare. Ci deve lavorare su qualcuno, che deve investire tempo ed energie per farci su una storia più grossa. E se non lo fa nessuno, può anche non diventare affatto una storia, può restare una notizia isolata. Ha presente, pagina 12 del New York Times, pagina 26.
E in parte ciò che accade è che coloro che lavorano nei media - specialmente nell'ambiente della carta stampata - pensano che se hanno riferito una notizia hanno fatto il loro lavoro. Il loro lavoro non consiste nel determinare quale sarà l'effetto sulla popolazione, come assorbiremo quella notizia, quanto ci colpirà - non è quello, il loro lavoro. Non fanno che prendere un fatto e metterlo in pagina. E hanno finito. Se poi la notizia si ripresenta, con un nuovo comunicato stampa o una nuova svolta, la seguono.
Un ottimo esempio è il denaro di Oil-for-Food. Tutti in America sanno che c'è una specie di scandalo su quello che le Nazioni Unite hanno fatto del denaro di Oil-for-Food. Non sanno esattamente cos'è, ma sanno che è uno scandalo, che Kofi Annan ha fatto qualcosa di sporco. Ora, per quel che si sa, la corruzione e il malaffare hanno riguardato al massimo centinaia di migliaia di dollari, escluso il denaro su cui Saddam Hussein fu in grado di mettere le mani, cosa che fu generalmente approvata e permessa da tutti. Comunque, i torti delle Nazioni Unite si possono definire minori.
Dopo la conquista statunitense dell'Iraq il denaro di Oil-for-Food fu trasferito a una nuova entità, la CPA, l'Autorità provvisoria della coalizione diretta da Paul Bremer. E circa 9 miliardi di dollari di quel petrolio andarono nelle casse della CPA, oltre a circa 10 miliardi di altri fondi. Questo denaro veniva essenzialmente custodito per conto del governo iracheno. Adesso ne sono scomparsi circa 19 miliardi.
Se ricordo bene, dei 20 miliardi ne è rimasto solo mezzo. E la cosa è emersa solo in tre notizie. La ragione è che non esiste un gruppo di potere che influenzi i media americani al quale interessi qualcosa dei soldi iracheni. C'è invece un ampio gruppo di potere che odia l'ONU. E odia l'ONU perché la semplice idea di porre delle restrizioni all'autorità sovrana degli Stati Uniti è una cosa che lo irrita infinitamente. Così questo gruppo di potere non vedeva l'ora di trovare il modo per infangare l'ONU, e dunque lavorarono su quella storia, la spinsero, e di conseguenza ne abbiamo sentito parlare moltissimo. E così una notizia è rimasta nebulosa e confusa, l'altra è diventata un fatto ben noto.
Un altro esempio si ha quando sono gli stessi mezzi di informazione a decidere di creare un fatto fumoso, perché non vogliono che qualcosa si sappia. Il caso più noto è stato il nuovo conteggio dei voti dopo le elezioni del 2000 in Florida, che fu pagato dai media stessi. Ci furono così tante controversie su quel voto che New York Times, Washington Post, Tribune Company - cioè Chicago Tribune - Los Angeles Times, CNN, Wall Street Journal and St. Petersburg Times si misero insieme e dissero che avremmo ricalcolato quei voti per scoprire chi aveva vinto davvero. Lo fecero e ci spesero un milione di dollari. E il vero vincitore avrebbe fatto notizia.
Era questa la cosa eccitante. Se scoprivano che aveva vinto Al Gore, sarebbe stata una notizia ben più grossa che se avesse vinto Bush. Quella è notizia vecchia, chi se ne frega? E quando contarono tutti i voti da cui si potesse capire con certezza la scelta di voto, vinse Al Gore.
Così i titoli avrebbero dovuto essere "Al Gore ha ricevuto più voti" o "Al Gore avrebbe dovuto diventare presidente" o "Eletto l'uomo sbagliato" o "La Corte Suprema blocca la verifica in tempo per salvare Bush." Non è così? Ma i titoli non furono quelli. I titoli furono "Bush ha vinto comunque" "I nuovi conteggi dimostrano che Bush ha vinto", "I nuovi conteggi dimostrano che l'azione della Corte Suprema era inutile."
E il New York Times fu il peggiore di tutti. A meno che non si leggesse la storia con attenzione ragionieristica, era letteralmente impossibile decifrare che Al Gore aveva ricevuto più voti. La verità è che io non ci riuscii. Lessi la storia e pensai, "oh, merda, che delusione." Due anni dopo lessi una storia dell'altro Gore, Vidal, e lui ne parlò. Allora andai a rileggermi il Times. E pensai: "Oh, mio Dio. Al Gore ha preso più voti di George Bush. Incredibile."
E poi lessi tutti gli altri giornali e dissi: "Questo è uno dei più sorprendenti eventi mediatici che io abbia mai visto." Voglio scoprire come tutti e sette hanno preso la stessa decisione di affossare la storia. Non di negarla, ma di affossarla così da poter dire con la coscienza pulita: "abbiamo riferito la verità." E l'hanno fatto. Ma l'hanno manipolata così pesantemente che perfino i più impegnati, le persone di sinistra e i blogger se la sono persa.
È un sinistro complotto, oppure c'è sotto qualcos'altro?
Vi sono problemi strutturali nel funzionamento dei media. Negli Stati Uniti abbiamo il cosiddetto giornalismo oggettivo, in contrasto con il modello europeo. In Europa i quotidiani, perché queste tradizioni risalgono a molto tempo fa, erano di proprietà dei partiti politici o di persone affiliate a partiti politici. C'era il giornale comunista, quello monarchico, quello revisionista, il nazista, il socialdemocratico, il cristiano, e via dicendo. Così quando leggevi un giornale sapevi che esprimeva un punto di vista, e te lo aspettavi.
Noi abbiamo una tradizione diversa, che per molto tempo è stata efficace e onorevole. Il giornalista cerca di raccogliere i fatti senza interporre il proprio giudizio. Li espone nell'ordine più coerente possibile, così che sia possibile farsi un'idea. Sembra uno slogan di Fox News. Ma il sistema non è privo di punti deboli. Su qualsiasi tema controverso, ci devono essere due sostenitori degli opposti argomenti. Nelle questioni politiche si fa apparire la dichiarazione di un liberale e di un conservatore che stanno sullo stesso piano di importanza.
In certe situazioni come l'entrata in guerra, in cui l'amministrazione ha potuto giocare la carta del patriottismo, quel che succede è che abbiamo George Bush che chiama alla guerra. E George Bush è arrivato a dire "andiamo in guerra perché hanno armi di distruzioni di massa e sono associati ad Al Qaeda." Scott Ritter allora disse: "guardate che io ero un ispettore, c'ero e abbiamo distrutto tutte le armi. Lasciatemi dire che se è rimasto qualcosa - e potrebbe anche essere rimasto - probabilmente non funziona." Ok, questo viene riportato dalla stampa. Bush fa spallucce e prosegue: "Hanno armi di distruzione di massa, bombe nucleari."
E la stampa lo scrive diligentemente perché lo dice il Presidente degli Stati Uniti. Allora Scott Ritter si fa sentire di nuovo. Ma la stampa non lo riporta: hanno già parlato di Scott Ritter. Stessa cosa per Hans Blix. Per ogni tre notizie che parlavano di Blix Colin Powell ne ha avute 10, Dick Cheney 50, George Bush 200, Condi Rice 150 e Rumsfeld altre 100. Così, nell'insieme delle notizie, il numero di storie in cui si è sentito dire che le armi di distruzione di massa c'erano, confrontato con il numero di storie in cui si diceva che non c'erano, ha fatto sì che la storia di Ritter sia scomparsa nella nebbia. E anche quella di Blix. Perfino ora è difficilissimo cercare di individuare la sequenza di quelli che considero gli eventi realmente significativi della vicenda.
Tutte le amministrazioni usano i mezzi di informazione, tutte le amministrazioni ci manipolano. Lo ha fatto Clinton, lo ha fatto Franklin Delano Roosevelt, e così via. Tutti l'hanno fatto. Perché quest'amministrazione è diversa dalle altre?
È un insieme di cose, una specie di tempesta perfetta. Una di queste è - è difficile, perché implica che vi siano movente e consapevolezza - che questa gente ha in mente degli obiettivi che non potevano essere svelati onestamente. Quindi già questo richiede disonestà. La disonestà di Clinton riguardava soprattutto la sua sfera personale. Politicamente cercava di fare delle cose e quando scopriva che non ci riusciva introduceva degli aggiustamenti e faceva qualcos'altro. Non so se questo corrisponda a mentire, ma ora ci troviamo di fronte a qualcosa di diverso. Queste persone vogliono decisamente prendersi la previdenza sociale. Per loro è semplicemente un bel mucchio di soldi che se sta lì. E volevano davvero prendere quei soldi e investirli. Volevano mandarli a Wall Street. Che miniera d'oro! E il non poterlo fare li fa impazzire. E naturalmente non possono dire "ecco cos'abbiamo in mente", e dicono invece "vogliamo salvare la previdenza sociale."
Se riescano o meno ad autoconvincersi, non lo so dire. Ma essenzialmente hanno bisogno di dire qualcosa che non è vero. L'economia bushiana consiste nell'uso del governo per trasferire denaro dalla gente normale alla gente ricca. Ecco cos'è il governo per loro. E in tutte le loro decisioni economiche hanno fatto o tentato di fare esattamente questo. Dunque queste persone hanno delle politiche che non sono vendibili e allora devono mentire per renderle tali. Le pubbliche relazioni hanno raggiunto un alto livello di maturità: negli ultimi vent'anni sono cresciute immensamente, soprattutto nel mondo delle corporazioni. Quando una comunità vuole costringere l'industria locale a eliminare i PCB dal proprio fiume, le corporazioni formano un gruppo chiamato "Cittadini per i fiumi puliti". E ogni loro dichiarazione suonerà così: "il portavoce dei Cittadini per i fiumi puliti dice che è di fatto molto meglio se i PCB rimangono sul fondo del fiume, piuttosto che siano riportati su dai drenaggi." Così il fatto che i Cittadini per i fiumi puliti si oppongono ai drenaggi viene ripetuto più e più volte. Hanno imparato a mettere false etichette su quello che fanno, l'hanno imparato nelle aziende. E vediamo che questa amministrazione fa assiduamente la stessa cosa, con l'"Healthy Forest act", il "Clear Sky act", eccetera.
Dunque si tratta di una tempesta perfetta. L'amministrazione ha dei fini che non sono vendibili, abbiamo dei mezzi di informazione fissati sul fatto che bisogna riferire quello che viene dichiarato, abbiamo tutti questi finti gruppi di cittadini che creano finti orientamenti d'opinione. Mi permetta di affrontare l'ultima domanda, quella sull'11 settembre. Come si è creata la proliferazione di fatti fumosi in quella circostanza?
L'11 settembre portò con sé l'isteria della guerra. L'isteria della guerra fu peggiore tra coloro che lavoravano nei media. Questa gente era terrorizzata a morte, forse più a New York che altrove. Credo che fu per questo che il New York Times partì completamente per la tangente. E provocò la deificazione di George W. Bush. Invece di dire che l'11 settembre era volato in Nebraska - cioè, non si era messo alla guida del paese, ma era andato il più lontano possibile - attesero semplicemente che tornasse e comparisse tra i soccorritori a Ground Zero. Allora fu un eroe - grazie a Dio! e dovevamo essere un gruppo compatto - c'era questa cosa tribale, dovevamo combattere lo straniero e chiunque non fosse d'accordo era un traditore. Avevamo un'amministrazione che - dopo essersi ripresa dal terrore paralizzante - adesso faceva di tutto per sfruttare la situazione. Avevano degli obiettivi e attendevano solo l'occasione che permettesse loro di ottenerli.
Alcuni ritengono che i nuovi media - non si sente parlare che di blogosfera e del rapporto che si tra sviluppa tra i blog e i media tradizionali - stiano inaugurando una nuova era di trasparenza nell'informazione. Altri ritengono invece che annunciare la morte dei mezzi di informazione tradizionali sia prematuro. Lei che ne pensa, stiamo andando incontro a un'epoca in cui pochi grandi mezzi di informazione possono enfatizzare una notizia, mentre un'altra scompare dallo schermo?
Non lo so. Ma quel che penso è che il giornalismo oggettivo, per come viene fatto oggi, ha stufato. Ha un sacco di problemi. Uno di questi è che i tizi che fanno soldi manipolandolo hanno scoperto come si fa. E i mezzi di informazione non valgono a nulla se sono solo manipolazione, ed è da qui che nasce la diffidenza e la sfiducia nei confronti dei media.
Ci sono due possibili cambiamenti. Possiamo finire nel modello europeo in cui ci sono dei media di sinistra e dei media di destra. L'altra possibilità consiste nel ridefinire cosa siano i media oggettivi. E questo è stato fatto su scala minore con le campagne politiche. È stato fatto con la propaganda elettorale. Prendono un esempio di propaganda elettorale e si prendono la responsabilità di esaminarlo riga per riga, oggettivamente, per poi dire quanto è veritiero. Questo per me è un modello buono e utile di giornalismo oggettivo. Questa gente dovrebbe fare il lavoro per cui li pago. E neanche loro fanno il lavoro che vorrebbero fare. Ci sono molti giornalisti insoddisfatti che dicono "C'è qualcosa di sbagliato e non sappiamo come porvi rimedio." Ecco, potete farlo in questo modo
http://www.zmag.org/Italy/
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Guantanamo Afghana, fondi Italiani...
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nowar Monday, Feb. 06, 2006 at 8:30 PM |
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Mi sembrava importante riportare due articoli, pubblicati ieri e l'altro ieri su "Il Manifesto", riguardanti il contributo del governo italiano alla riforma del sistema penitenziario in Afghanistan e, in particolare, alla ristrutturazione delle carceri di Kabul. E' già stato stanziato un milione di dollari per rimodernare il carcere di Pol-e Charki, che il governo degli Stati Uniti vorrebbe utilizzare come prigione di massima sicurezza per sospetti terroristi. Ho provato a scaricare l'articolo del "Financial Times" a cui i due articoli si riferiscono ma per accedere al sito bisogna sottoscrivere un abbonamento. Spero che qualcuno/a abbia qualche informazione in più, in modo da approfondire un po' la notizia e discuterne assieme.
"Guantanamo afghana, fondi italiani" I soldi del contribuente italiano sono serviti a ristrutturare il carcere di Pol-e Charki, a Kabul, per migliorare le condizioni di detenzione in Afghanistan. Invece, gli Usa ne faranno una prigione di massima sicurezza per sospetti terroristi MARINA FORTI Il governo italiano ha contribuito in modo generoso alla riforma penitenziaria in Afghanistan, e in particolare a un progetto di ristrutturazione delle carceri di Kabul per migliorarvi le condizioni di detenzione: un milione di dollari, già stanziato per rimodernare il vecchio carcere di Pol-e Charki, vecchia struttura di epoca sovietica. Nelle intenzioni delle Nazioni unite, il carcere così rinnovato sarà il modello a cui dovranno adeguarsi tutte le prigioni afghane, nel rispetto degli standard minimi internazionali sul trattamento dei detenuti. Belle parole, che si leggono nei documenti delle Nazioni unite e anche del nostro ministero degli esteri. La realtà è che con i soldi del contribuente italiano il carcere di Pol-e Charki sta per diventare un nuovo carcere di massima sicurezza dove trasferire parte dei detenuti della base navale americana di Guantanamo: un'altra delle prigioni speciali degli Stati uniti nel quadro della «guerra al terrorismo». La notizia che gli Usa preparano una «Guantanamo 2» in Afghanistan è stata pubblicata giovedì dal quotidiano britannico Financial Times (e ripresa ieri da molti quotidiani, compreso il manifesto). Il progetto è trasferire i prigionieri di origine afghana in Afghanistan, in modo da allentare le critiche che piovono da più parti sull'amministrazione Usa per il fatto di mantenere centinaia di persone agli arresti senza accuse precise.
A Guantanamo sono entrate circa 750 persone dai primi mesi del 2002, per lo più prese prigioniere in Afghanistan durante e subito dopo i bombardamenti che portarono al crollo del regime dei Taleban nell'autunno 2001: «nemici combattenti», secondo l'amministrazione di Washington, che ha rifiutato di riconoscere loro i diritti riconosciuti dalle Convenzioni di Ginevra sui prigionieri di guerra. Solo nel 2005, dopo un ordine della Corte Suprema, sono cominciate audizioni per definire lo status e le accuse dei detenuti. Molti sono allora risultati detenuti «per errore». Ad agosto scorso 510 persone erano ancora detenute a Guantanamo; 167 erano state rilasciate (senza imputazioni né una parola di scuse), 67 trasferite alla custodia di altri governi. Sempre in agosto il governo Usa aveva annunciato che 110 dei restanti detenuti di Guantanamo, afghani, saranno presto trasferiti in Afghanistan.
Le forze Usa hanno già i loro detenuti «speciali» in Afghanistan: circa 500 persone, rinchiuse senza accuse o processo nella base aerea di Bagram vicino a Kabul o in quella di Kandahar nel sud, più un numero imprecisato di persone in carceri segrete sparse per il paese, come sospetti terroristi.
Per trasferire i prigionieri di Guantanamo dunque gli Usa hanno bisogno di un luogo apposito in Afghanistan, di massima sicurezza. E questo nuovo carcere speciale, rivela il Financial Times, sarà appunto Pol-e Charki. Il quotidiano afferma che le Nazioni unite e l'Unione europea hanno resistito al piano americano di farne un carcere per sospetti di terrorismo: ma il mese scorso il Corpo genieri dell'esercito Usa ha annunciato un appalto per la costruzione di celle di massima sicurezza proprio a Pol-e Charki, segno che alla fine è prevalsa la volontà degli americani.
La ristrutturazione del carcere, avviata la primavera scorsa dalle Nazioni unite, fa parte di un progetto più generale per la ricostruzione del sistema giudiziario in Afghanistan. La responsabilità di guidare questo capitolo della ricostruzione è stato affidato all'Italia, che dunque sta coordinando il lavoro: dalla riscrittura dei codici di procedura penale e civile, un codice minorile, la creazione di «corti itineranti», una legge appena approvata sui diritti dei detenuti, la formazione di giudici e avvocati - fino alla riabilitazione della Corte d'Appello e delle carceri di Kabul, e poi delle carceri provinciali. Per questo Roma ha stanziato in tutto 22 milioni di euro negli ultimi tre anni. E' uno degli aspetti migliori dell'impegno internazionale, almeno in teoria: si pensi che oltre metà degli afghani non ha accesso alla giustizia, si legge su Irin News (bollettino umanitario delle Nazioni unite), e che «nelle prigioni di Kabul ci sono persone detenute da molti anni senza sentenza, e nella prigione femminile ci sono donne "criminali" secondo la tradizione, ma non secondo la costituzione», riconosce il ministro della giustizia afghano Ghulam Sarwar Danish.
La ristrutturazione delle carceri in particolare è stata chiesta dal Unodc, il programma Onu per la lotta alla droga e al crimine: riguarda Pol-e Charki e il Carcere maschile di Kabul, e il centro di detenzione femminile presso la sede centrale della polizia. Per il blocco 1 di Pol-e Charki sono stati stanziati 2 milioni di dollari, di cui uno già fornito dal governo italiano. Il lavoro era al 90% completato l'estate scorsa, poi sarà la volta del blocco 2. Ma nel frattempo il nuovo carcere ha cambiato destinazione. http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/07-Gennaio-2006/art32.html
Guantanamo 2, Usa al lavoro Pol-e-Charki è una prigione nei pressi di Kabul che risale ai tempi dei sovietici. L'amministrazione Bush l'ha prescelta per farne un carcere di massima sicurezza dove imprigionare i sospetti terroristi, alcuni dei quali già rinchiusi a Guantanamo, ormai troppo criticata e sotto tiro. La notizia è stata riportata ieri in prima pagina dal Financial Times, il quale spiega anche come alcune delle strutture della prigione siano state già rimesse a nuovo grazie ai finanziamenti dell'Unione europea, forniti in nome di un programma di «riforma» della giustizia criminale sostenuto dallo United Nations Office on Drugs and Crime. Sotto pressione per l'evidente illegalità delle condizioni di detenzione a Guantanamo, l'amministrazione Usa vuole rispedire quanti più detenuti possibile nei rispettivi paesi. Secondo un accordo annunciato lo scorso agosto, 110 prigionieri afghani dovrebbero già essere stati rimpatriati da Guantanamo per essere detenuti insieme ad altri 350, imprigionati senza processo, e maltrattati, nella base aerea Usa di Bagram. Attualmente tra Bagram e Kandahar si trovano ufficialmente 500 prigionieri sotto controllo americano mentre un numero mai reso noto di sospetti terroristi viene detenuto in altri luoghi segreti dell'Afghanistan. Una violazione enorme, patente e impunita, al quale si aggiungerà il nuovo carcere di massima sicurezza, senza pudore motivato con l'«umanizzazione» delle condizioni di detenzione. Riferisce il Financial Times che a Ue e Onu il piano non piace ma che lo Us Army Corps of Engineers è già in piena attività per realizzarlo. http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/06-Gennaio-2006/art56.html
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Lo scandalo Base navale
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SLAI COBAS Monday, Feb. 06, 2006 at 8:33 PM |
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Lo scandalo Base navale confermate le nostre denunce di quest'estate
Una recente ispezione fatta dall'Ispettorato del Lavoro al cantiere prospiciente la Base Navale di Chiapparo, impegnato nei lavori della strada sopraelevata, ha portato al sequestro dell¹intero cantiere per totale assenza di misure di sicurezza.
Lo slai cobas aveva fatto da solo NEL GIUGNO SCORSO pubblica denuncia e ora finalmente vediamo che avevamo ragione. L'azienda che sta portando avanti questi lavori, F.lli Centonze sas di Lecce, si scopre essere una prestanome di un'altra Ditta, Impresa Latino costruzioni srl sempre di Lecce, che di fatto gestisce questi lavori pubblici, dimostrato, se ce n¹era bisogno, sia dal fatto che tutti i mezzi utilizzati a Chiapparo sono di proprietà della Ditta Latino srl, sia che il direttore tecnico dei lavori risulta essere dipendente sempre della Latino.
Ma chi è l'impresa Latino costruzioni srl? Questa Ditta a sua volta verso marzo 2005 fu denunciata sempre dall¹ispettorato del lavoro, posto sotto sequestro il suo cantiere a S. Marzano, e addirittura il suo amministratore unico, Latino, venne arrestato per turbativa d'asta, e violazione delle norme antimafia procedimento tuttora in corso!
Nonostante questi precedenti, i lavori di Chiapparo vengono, però, affidati, dalla Provincia di Taranto, a una ditta che fa capo ad una impresa con gravi procedimenti penali pendenti!
La Provincia non sapeva chi era effettivamente la Ditta F.lli Centonze? Ela Marina non sapeva niente ? La Provincia, comunque, per appalti pubblici ad elevato costo, non doveva fare accertamenti sulla regolarità dell¹impresa? E la Marina non era tenuta a farli ? La Provincia anche successivamente è tenuta a chiedere controlli circa la regolarità dei lavori, il rispetto delle norme di sicurezza!E la Marina non é tenuta anch'essa a farli? Come mai poi la Provincia, con tante ditte esistenti a Taranto, ha affidato l'appalto ad una ditta di Lecce, che opera con personale tutto di Lecce vi è stato anche in questo caso, visto i precedenti, "turbativa d'asta"?
Si è confermato quanto dallo slai cobas, e solo dallo slai cobas, denunciato ufficialmente e pubblicamente quest¹estate a tutti gli organi, compreso la Provincia che si è guardata bene da intervenire, anche dopo le nostre denunce.
Si conferma che la Base navale di Chiapparo, con beneplacido delle amministrazioni locali, invece che lavoro sta portando dietro di sé, presenza ' criminale' negli appalti, illegalità diffusa, insieme a uno sconvolgimento dello stesso territorio vicino la Base e il tutto senza dare neanche mezzo posto di lavoro ai disoccupati di Taranto. Anzi, La Base navale licenzia. E' proprio di questi giorni il licenziamento di 100 lavoratori di varie ditte che svolgevano lavori all¹interno della Base (su cui torneremo nei prossimi giorni).
Per questo lo slai cobas torna con ancora più forza a mobilitarsi contro la Base navale. rilanciando la costruzione del comitato popolare 'nessuna base- nessuna guerra ' e promuovendo iniziative e assemblee in vista della mobilitazione alla regione di Vendola per il 3 febbraio prossimo
SLAI COBAS per il sindacato di classe Taranto comitato popolare 'nessuna base, nessuna guerra' taranto
TA. 3.1.06 tel 099/4792086 347/5301704 cobasta@libero.it
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