La perizia di parte conferma l'ipotesi del soffocamento per il giovane.
Asfissia posturale. Secondo la perizia ordinata dai legali che assistono la famiglia Aldrovandi è questa la causa della morte del giovane Federico, deceduto davanti a quattro poliziotti intervenuti all'alba del 25 settembre in viale Ippodromo perché alcuni abitanti avevano sentito delle urla in strada. Significa che il cuore di Federico ha smesso di battere a causa della pressione esercitata sul suo corpo, mentre era a terra bocconi e i poliziotti cercavano di ammanettarlo. Le anticipazioni della perizia, che probabilmente verrà depositata la prossima settimana - mentre quella della Procura sarà consegnata lunedì - sono state rivelate ieri mattina dagli avvocati degli Aldrovandi, Fabio Anselmo e Riccardo Venturi. E' stato proprio quest'ultimo a ricostruire la «sequenza fatale» di quanto avvenuto quella notte, allo scopo di fornire «un'interpretazione dei risultati dell'indagine autoptica, alla luce dei comportamenti umani evidenziati dalle indagini». I fatti sono perlopiù noti, ma gli avvocati che in questi mesi si sono spesi per rintracciare testimoni (difficilissimo) e analizzare tutti i verbali a disposizione, ci tengono a specificare alcune circostanze, che dimostrano come la conclusione della perizia sia in linea con quanto si è riuscito fin qui a ricostruire. La prima è che quella notte tra il diciottenne e i quattro poliziotti c'è stata una violenta colluttazione. La seconda è che l'immobilizzazione forzata di Federico «è ammessa dagli stessi agenti e confermata dalla testimonianza di persone che hanno assistito all'episodio e hanno sentito i rantoli e le richieste di aiuto». La terza è che Federico era già morto quando arrivò il 118. Il verbale della Croce Rossa, d'altronde, mette in fila tutti i tempi dell'intervento di soccorso, richiesto alle 6,04 via radio alla centrale operativa della polizia: l'ambulanza arriva in viale Ippodromo alle 6,15 mentre l'auto medicalizzata alle 6,18. «In sostanza si può quindi affermare che Federico Aldrovandi è rimasto a terra in posizione prona con le braccia ammanettate dietro la schiena per undici minuti», ha spiegato Venturi. Sottolineando che una delle testimonianze racconta di come Federico facesse fatica a respirare mentre si stava ancora tentando di ammanettarlo, cosicché si può supporre che il ragazzo sia rimasto a terra per almeno quindici minuti. Undici o quindici minuti che siano, si tratta di un bel po' di tempo per una persona sotto stress. D'altronde la morte per asfissia posturale è abbastanza frequente in interventi di questo tipo e ci sono luoghi in cui - come in alcuni ospedali psichiatrici - si sono stilati dei protocolli per vietare di atterrare i pazienti agitati. I medici che hanno stilato la perizia per la famiglia si sono occupati a lungo di episodi di questo tipo, in particolare il dottor Giorgio Gualandri dell'Istituto di medicina legale di Modena.
Ora bisognerà vedere quale saranno le conclusioni dei periti della procura, che si sono riservati fino al 9 marzo la possibilità di analizzare ulteriormente alcuni elementi. Pare che siano alla ricerca di tracce di stramonio, la cosiddetta «erba del diavolo», che il ragazzo potrebbe aver ingerito al Link di Bologna, dove era andato a ballare con alcuni amici. Lo spettro dello «sballo del sabato sera», infatti, è sempre lì a insinuare che Federico potrebbe essere morto per cause legate alle sostanze stupefacenti, nonostante le dosi riscontrate siano molto base. «E' sbagliato puntare tutta l'attenzione sulle autopsie - ha detto l'avvocato Fabio Anselmo - perché non potranno mai spiegare ciò che è accaduto. E' importante, invece, che le indagini riescano a ricostruire i fatti. Interrogarsi sulle droghe è giusto, ma qui stiamo parlando di un ragazzo morto». Ma il clima non accenna a migliorare: il sindacato di polizia Siulp chiede «la verità ma non a senso unico» e afferma che la morte del brigadiere Cristiano Scantamburlo, ucciso da un pregiudicato che aveva appena arrestato, è legata «al clima di tensione che pervade la provincia di Ferrara con il "caso Aldrovandi"». Intanto oggi alle 16, come ogni sabato, gli amici di «Aldro» si ritrovano per un sit-in a piazza Trieste e Trento.
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