Usiamo indymedia
Resistenza e opinione pubblica
Due schieramenti contrapposti:
1)Ricordiamoci che i criminali sono i fascisti che hanno insanguinato il paese e proviamo a fermarli, costi quel che costi, l’antifascismo non è una passeggiata e i mass media sono il nostro referente.
2)L’opinione pubblica è spaventata da un atteggiamento simil teppista con cui criminalizzate un movimento, rischiamo di far perdere punti alla nostra credibilità e di dare armi alla propaganda autoritaria anche in vista delle prossime elezioni.
SINTESI incompleta e depurata dall’enfasi dei bambini in lacrime e dei partigiani baldi e fieri, dei ingenti danni ai portafogli dei normali cittadini e del sacrosanto sfascio delle vetrine del mercato globale.
INVECE di insultarci l’un l’altro non si potrebbe discutere CRITICAMENTE sui punti di vista di cui sopra. L’orgoglio di avere ragione e di poter criminalizzare l’altro non porta da nessuna parte se non in una logica autoreferenziale in cui gli SCAZZI diventano insanabili e i veri nemici diventano i compagni che sbagliano chiunque essi siano.
Riporto un intervento che si è perso tra le ondate di post ( mi scuso con chi ha già letto)
1)Io non condivido questa tattica suicida di alcuni compagni/e perché non puoi fare la guerra se davanti hai chi è attrezzato meglio di te per farla, soprattutto se ti stanno aspettando apposta per l’occasione. Non voglio offendere ma mi sembra una conferma (a se stessi) della propria identità di duri e puri seguendo uno schema non adatto per tutte le occasioni.
2) 20-30-40 compagni/e arrestati, probabilmente sottoposti alle gentilezze della questura, +eventuali denunce, sono un prezzo troppo alto da pagare. Un risultato non a sorpresa: se non c’è un organizzazione in grado di reggere il livello di scontro è inevitabile che finisca così, non è la prima volta.
3)La situazione diventa merce spettacolare da mandare in onda, con i relativi risvolti criminalizzanti. I media, che piaccia o no, sono un territorio di scontro/strategia, e questo non significa minimizzare lo scontro reale nel quartiere al lavoro nelle nostre relazioni faccia a faccia o piegarsi alla paura delle possibili definizioni mediatiche, ma un altro fronte da non sottovalutare in cui si gioca la partita.
4)In piazza ci sono i nazisti. Pur non condividendo le scelte dei compagni/e mi guardo bene dal contestare la loro giusta rabbia ( secondo me non andava espressa così). Non si può fare di ciò che è avvenuto un problema morale quando è evidente che la questione è la paura di un potere di non conquistare le poltrone/elezioni (al di là delle favole raccontate dei partiti clerical capitalisti della sinistra). È triste, qui dentro, che per mandare a casa la destra si abbia bisogno di etichettare compagni “teppisti delinquenti” come fanno i grandi media nazionali e tutti i partiti politici.
5)”hanno distrutto un negozio” ”andate a lavorare” “hanno fatto bene a menarvi” “provocatori infiltrati” fanno ricordare: le interviste a quei poveretti che non riescono a raggiungere le Maldive, quando i/le lavoratori scioperano; gli stalinisti che riconoscevano pazzo o prezzolato qualsiasi foglia si muovesse senza il loro appoggio; la tristezza delle gente “per bene”...
Ritengo sia ora di ricominciare a ragionare, a “sentire”, cercando di evitare le solite accuse urlate, le solite etichette: autonomo-sfasciavetrine sclerotizzato, disobbediente riformista amico delle guardie, rifondarolo rafaniello, eccetera eccetera eccetera.
|