Faccio un giro su internet e scopro che le belle cittadine nelle quali viviamo, nelle quali ci istruiamo e ci formiamo (secondo le loro leggi e la loro morale), nascondono (ieri come oggi) orrori che godono di un'insopportabile silenzio, un'omertà che non possiamo accettare. Parliamo di carcere, parliamone perchè purtroppo finchè non ci sono i suicidi di Sulmona nessun giornale ci racconterà nulla. Ma agiamo, perchè non possiamo aspettare il prossimo suicidio. Liber* tutt*
Di seguito la raccolta di tre testimonianze da due carceri abruzzesi: Sulmona e Avezzano, prese dal sito filiarmonici.org.
# Avezzano - Marzo 1978
Dal carcere di Avezzano
Detenuti organizzati per il comunismo
da A-rivista anarchica
Cari compagni,
siamo alcuni proletari sequestrati dai padroni e rinchiusi nel lager di Avezzano, scriviamo al giornale per denunciare al proletariato i soprusi che la direzione di questa topaia pratica nei confronti di noi detenuti. Potremmo allargare i nostri discorsi, parlare più in generale, ma in fin dei conti conosciamo i Dalla Chiesa, i Kossiga, i maggiori nemici del proletariato; in una lettera come questa non possono essere che nominati e ce ne dispiace perché li abbiamo sempre davanti, ci aprono e chiudono le celle, ci contano come bestie, ecc. ecc., ma parliamo di questo "albergo".
1) Assistenza sanitaria.
Forse sembrerà una cazzata, ma non esiste un medico, l'unica persona che lo imita è un detenuto che gira intorno a noi con un camice bianco; se succede che una notte un nostro compagno si sente male, il secondino che fa? Sveglia il detenuto medico, (dimenticavo che questo in galera fa il medico, fuori fa lo sfruttatore) che secondo la tonalità delle urla del malato gli dà due o tre pasticche se hai il mal d'ossa o il mal di pancia, perché sono sempre le stesse. Sono più di cinque anni che non disinfettano l'"albergo", l'infermeria è quattro metri per tre, manca tutto, cari compagni, non c'è assolutamente niente.
2) La repressione.
La repressione sulla nostra persona fisica la potete immaginare, chiusi in una cella, completamente nudi, dopo essere stati pestati ed insultati. Abbiamo una sola forza, quella di svenire (per nostra fortuna), anche su questa realtà, ci limitiamo al minimo.
3) Il lavoro.
Dopo aver pianto per molte volte davanti al direttore e al maresciallo, forse si riesce a lavorare, esempio: ti assumono come muratore, ma se non vuoi che ti licenzino il giorno dopo, sei costretto a fare l'idraulico, il pittore, lo scrivano e, spesso anche l'infame. Il ministero manda i soldi per pagare il lavoro dei detenuti; la direzione cosa fa? Paga miseramente il solo detenuto, supersfruttato che tutto deve fare ed intasca il resto dei soldi destinati ai detenuti. Quando un nostro compagno chiede di lavorare gli viene risposto che non ci sono i soldi, ma la controinformazione operante nei lager ci dice che le galline del maresciallo crescono sane e forti, che i nostri soldi vadano a finire nelle pance delle belle galline del maresciallo? Oppure nel conto in banca del direttore? - ma non è così, vero compagni? -. I compagni del lager di Avezzano denunciano al proletariato il Partito Comunista Italiano ed i suoi burocrati di coprire con la loro falsa democrazia del compromesso storico, del confino, di avallare e legalizzare questo campo di concentramento. Denunciamo il direttore Giovanni Castellano, famigerato appartenente al trio nazional-fascista di Rebibbia 1972 (Vastola e Barbera), denunciano il maresciallo Domenico Consalvo, già Mussolini di Avezzano e amico di Margherito dell'ufficio trasferimenti di Roma, persecutore dei rivoluzionari in questo lager, imitatore e ammiratore del nemico del proletariato Carlo Alberto Dalla Chiesa.
Un saluto a pugno chiuso
# Sulmona - 24 Agosto 2001
Qui Sulmona, gli abusi sono pane quotidiano
a cura di Riccardo Bonacina
Noi sottoscritti, detenuti nel Carcere di Sulmona; chiediamo attenzione; tutela ed aiuto agli organi competenti ed alla società civile. Essendo noi soggetti agli umori e ad una disciplina militaresca, ci troviamo in uno stato di non dialogo, subendo in continuazione abusi, anche di tipo infantile, ma che per detenuti costretti a vivere 20 ore chiusi in una cella diventano problemi enormi.
Nelle altre carceri la situazione é iniqua ma qua a Sulmona è addirittura disumana. In carcere occorrerebbe, il condizionale è d'obbligo, che i dirigenti avessero un'educazione profonda, un'educazione che avesse a che fare con i principi di legalità, invece qua i diritti vengono sistematicamente negati, il detenuto è senza difesa e finisce per subire una violenza umiliante per la sua dignità ed il suo decoro. La direzione del carcere di Sulmona ci odia perché non stiamo abbastanza male, infatti usa atti di violenza amministrativa, ci tratta con disprezzo ed insensibilità. Condanniamo l'ipocrisia, le cattiverie gratuite, la stupidità di certe persone che dirigono questo carcere e che sentono il bisogno di comportamenti crudeli per sentirsi forti, in nome della legge e della società, a volte anche in nome di Dio (sembra che la direttrice sia molto religiosa).
Se il direttore di un carcere si comporta dignitosamente, con esemplare correttezza, i suoi detenuti non saranno irrecuperabili, se le guardie sono giuste i detenuti non saranno intrattabili, perché è più difficile comportarsi male che bene, la direzione di un carcere dovrebbe nutrirsi di giustizia nel modo più scrupoloso possibile, farne umile professione e fedelmente metterla in pratica.
Gli abusi e le malefatte che subiamo a Sulmona sono pane quotidiano: deprivazione del sonno con entrate notturne delle guardie in cella, infrangendo la legge, pretesa che si facciano flessioni sopra uno specchio per vederci il buco del culo, invece di usare gli strumenti tecnologici in dotazione.
La televisione viene spenta ed accesa ad orari stabiliti dalla direzione, infrangendo ancora la legge (non c'è stato neppure consentito di seguire la competizione politica delle elezioni).
Nelle docce non esiste il rubinetto dell'acqua fredda per miscelare l'acqua calda, quindi decide la direzione con quale temperatura dell'acqua ci dobbiamo lavare questa è sempre troppo calda. Non è possibile tenere o acquistare giornali per adulti. Non ci è possibile accedere fisicamente al servizio bibliotecario, infrangendo anche in questo caso la legge, e non esiste neppure la socialità per consumare un pasto in compagnia come in tutti gli altri carceri, dobbiamo mangiare soli come cani: nel carcere di Sulmona si vegeta, non si vive, non possiamo nemmeno acquistare un po' di colla per attaccare i bolli e le buste per scrivere, c'è un tale potere che ci sovrasta fuori da ogni regola, tutto è organizzato per non farsi delle domande, per "loro" il punto più alto della legalità è proprio l'illegalità, l'ingiustizia della giustizia rende giusto l'ingiusto, mascherano e distorcono la verità, la legge, il nuovo regolamento d'esecuzione.
La direttrice si è permessa di leggere una richiesta d'inchiesta ministeriale indirizzata al Dap (Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria) ed ha redatto rapporto disciplinare, ma noi non accettiamo in silenzio le restrizioni che offendano la nostra dignità, per esternare le nostre paure sperando di essere ascoltati ed aiutati, non bisogna sprofondare nella rabbia restando inermi, ed anche se la direttrice ci fa capire che lei può fare quello che vuole perché ha amicizie altolocate, noi detenuti del carcere di Sulmona chiediamo una ispezione ministeriale per dare forza a quello che abbiamo scritto, per fare della vita già difficile del carcere, una vita umanamente accettabile come sanciscono le leggi dello Stato.
# Sulmona - Otobbre 2001
Tortura del sonno
Una denuncia dal carcere di Sulmona
Siamo alcuni detenuti del carcere di Sulmona; abbiamo girato tante carceri, siamo stati tutti i regimi e alcuni anni a 41 bis, credevamo di aver provato tutte le afflizioni in uso nelle carceri italiane: ci sbagliavamo; abbiamo trovato la Direttrice di Sulmona che ha un'enorme fantasia nell'inventarsi torture crudeli per far soffrire i detenuti.
Da circa quattro mesi veniamo torturati con la privazione del sonno; si è inventata, interpretando un articolo, la conta ogni tre ore, notte e giorno, con l'entrata in cella.
L'illegalità della disposizione è palese, ma lei, con qualche protezione al Ministero da lei stessa sbandierata, la fa diventare legale. Questa violenza psicologica sembra volta a piegare la volontà dei detenuti, con l'obiettivo di spezzarne lo spirito e formare all'interno del carcere un clima di sfiducia reciproca, tendendo a rompere la solidarietà e l'unità fra i detenuti e alimentando un clima di rassegnazione, cinismo e individualismo che, in fin dei conti, costituiscono i reali valori su cui si fonda il "reinserimento" in questo sistema penale.
L'assoluto silenzio o la totale complicità degli organi competenti testimonia il livello di omertà di cui gode la Direzione del carcere di Sulmona.
L'obiettivo perseguito con il pretesto del regime E.I.V. (elevato indice di vigilanza) è quello di applicare una detenzione sempre più afflittiva, finalizzata al controllo totale sulla vita dei detenuti mediante il ricatto, ma principalmente per compiere, nel più assoluto silenzio, ogni genere di abuso.
Questa gestione priva di umanità umilia la dignità delle persone, è una scuola di rabbia e violenza: un ottimo sistema per il futuro reinserimento!
Quando saltano le regole del diritto le conseguenze colpiscono tutti; non ricordiamo chi lo ha detto, che la civiltà di un paese si misura dai suoi Tribunali e dai suoi Penitenziari: siamo messi un po' male in Italia, ed è una ferita inferta allo Stato di Diritto.
Quando si abbandona la strada maestra dei principi, e anzi li si calpesta con la massima disinvoltura, le interpretazioni diventano infinite quanto gli arbitrii.
Alcuni detenuti- Sez. E.I.V.
Fonte: Liberarsi dalla necessità del carcere, n. 1, anno XV, novembre 2001.
filiarmonici.org/dadentro.html
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