Vincenzo Amato, direttore scolastico di una scuola di Vigodarzere (Pd), ha osato opporsi all'intervento del potente vescovo Mattiazzo di Padova per l'inaugurazione di una nuova sede. Apriti cielo, per aver difeso la laicità della scuola contenitore e garanzia delle diversità (compreso il diritto dei non credenti), è stato messo alla berlina dal provveditore al ministro. In realtà la presenza della chiesa in ambiti educativi fa male! Lo dimostrano i risultati della realtà di sempre: chiesa, ignoranza, degrado e violenza (come a Napoli) ne sono la prova.
Solidarietà a Vincenzo Amato
Esprimo solidarietà ed un plauso al direttore scolastico di Vigodarzere (Pd), Vincenzo Amato che, coerentemente con il suo ufficio, ha difeso il principio cardine di laicità della scuola e dello Stato, contrastando il ruolo di padrino nell’inaugurazione della scuola al vescovo di Padova. La civiltà di una società si misura dalla capacità di distinguere l’identità di parte (p.es. quella teologica) dal complesso delle norme che garantiscono la convivenza delle diverse identità, sulla base di diritti e doveri. Per un vizio congenito, la chiesa cattolica confonde se stessa e i propri valori per l’universalità della fede, dell’etica, della morale. Per tale errata presunzione di universalità essa si impone come presenza egemone ben al di fuori degli ambiti propri, invadendo tutti i luoghi comuni e pubblici che sono, invece, i contenitori e le strutture di garanzia delle pluralità. In quanto fede, cioè pensiero assoluto, la chiesa non può essere garante di altre fedi o del diritto dei non credenti. Occorre ricordare che il Vaticano non ha mai ratificato la Carta dei Diritti dell’Uomo? Che la sua morale non escludeva (fino all’edizione 1992 del Catechismo, p. 557) il “diritto e il dovere” di applicare la pena di morte? Che i fondamenti della scienza, i diritti di emancipazione sociale, la stessa costituzione dello Stato italiano sono avvenuti contro e nonostante l’opposizione storica della chiesa? Dall’inquisizione, agli stermini di evangelizzazione, all’antigiudaismo dei concordati con il nazifascismo, fino ai roghi crematori della Shoa, i cosiddetti valori della chiesa hanno sempre convissuto ambiguamente con i più grandi orrori dell’umanità. Nei quartieri di mafia, nei luoghi del più squallido degrado, dove non esiste lo Stato, né la giustizia, né i servizi, né la dignità dei diritti, proprio lì, non è mai venuta meno la presenza egemone, radicata, e profondamente condivisa dell’educazione sanfedista cristiana: con le sue chiese, gli ori e le processioni, con la falsità dei riti di sangue, i cuori trafitti, i fallimenti e le tragedie programmate. Non è la mancanza dei valori cristiani, dunque, il motivo del venir meno della civiltà sociale, ma proprio la presenza indiscussa ed accettata di quei precetti infausti è ambiguamente connessa allo sviluppo delle peggiori perversioni. Come possono sostituirsi allo Stato, quale universalismo hanno da insegnare ai bambini della scuola pubblica italiana i rappresentanti di una identità che, nei loro feudi (Stato vaticano e gerarchia ecclesiale) non hanno mai indetto una elezione democratica, mentre propongono il modello di una autorità divina che, in veste di Genitore, non esita a sacrificare il proprio figlio per educare l’umanità (mutata in branco di pecore) al principio sadico del capro espiatorio? È il caso di ribadire con forza che la salvezza dell’umanità deriva dall’educazione al rispetto, alla responsabilità e non (mors tua vita mea) dalla morte procurata di un debole. Allora, chi è il responsabile occulto della degenerazione nei giovani e della devianza sociale?
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