L'articolo originale e' all'indirizzo http://italy.indymedia.org/news/2005/05/784794.php Nascondi i commenti.
Carcere Sulmona - da il manifesto | ||
by vincent Tuesday, May. 03, 2005 at 2:43 PM | mail: | |
Detenuti senza speranze Sulmona, nel «carcere dei suicidi» annunciati trasferimenti, ma erano già previsti Nella struttura «modello», dove in sette si sono tolti la vita negli ultimi due anni, tanti i reclusi con problemi psicologici. Il direttore Siciliano: «Ora temiamo un effetto imitativo». L'autopsia ieri ha confermato anche l'ultimo suicidio. E ora si attendono le «misure forti» annunciate del ministro Castelli
Subito, ieri pomeriggio, due detenuti sono stati trasferiti. Presto altri, una trentina, dovrebbero lasciare il carcere di Sulmona, il «carcere dei suicidi». Il ministero della Giustizia lancia segnali di reazione, dopo che mercoledì un altro detenuto si è tolto la vita, il sesto in un anno e mezzo. Ma i due trasferimenti erano in programma da tempo e i prossimi sono solo un annuncio di cui non può dare conferma nemmeno il direttore del carcere, Giacinto Siciliano. Tra il penultimo suicidio (primo marzo scorso) e l'ultimo, poi, almeno una decina di detenuti con gravi problemi psicologici erano stati portati a Sulmona da altri penitenziari. La politica dei traslochi, buona per dare un seguito d'immagine alle promesse del ministro Castelli, difficilmente risolverà il problema. Dei due detenuti trasferiti ieri, uno è stato portato nel carcere di Teramo dove, con meno clamore, sette giorni fa c'è stato un altro suicidio. La città di Sulmona, che non troppi anni fa apparve a un illustre e colto viaggiatore come la stanza dabbene, elegante e curata, per ricevere in Abruzzo gli ospiti di riguardo, e che ancora sorprende per la sua grazia sconosciuta, è distante quattro incroci con semaforo dal «suo» carcere. Ma il carcere è lontano mille miglia dalla «sua» città, anzi non la vede per niente al di là della superstrada. E' molto grande, ma riesce comunque a starsene in disparte ai piedi del Morrone, montagna che in cima ancora mostra neve e a mezza costa Pacentro, il paese degli avi di Madonna intesa come pop star. Ci vogliono tre ore e più di pullman e un tratto in taxi per la madre di un detenuto napoletano, nel caso decidesse che una visita al figlio vale il sacrificio del viaggio. Praticamente non ci sono detenuti che hanno le famiglie nelle vicinanze. Ci fu chi teorizzò la gradevolezza di una situazione del genere, perché tiene lontano persone poco raccomandabili, evita rischi di inquinamento per la città. Fu Armida Miserere a dirlo, la direttrice di ferro che il venerdì santo di due anni fa si sparò un colpo di pistola alla tempia nel suo alloggio interno al carcere, inaugurando la serie di suicidi. Lasciò una lettera piena di recriminazioni contro l'amministrazione penitenziaria e un pessimo ricordo tra i detenuti. Due anni dopo l'inaugurazione, nel penitenziario ci fu la prima rivolta, che portò dieci agenti di sorveglianza a essere processati per violenze e poi assolti. Molti di quegli agenti sono ancora in servizio a Sulmona. Pochi giorni dopo la rivolta ci fu il primo suicidio. Poi altri due e diversi tentativi, fino alla serie terribile degli ultimi diciotto mesi. |
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Vietato indagare | ||
by Antigone Tuesday, May. 03, 2005 at 2:44 PM | mail: | |
E siamo a sette. Sette suicidi in due anni. Prima si ammazza la direttrice e poi in sequenza sei detenuti. Dal carcere di Sulmona è statisticamente più facile uscire morti che non per concessione di una misura alternativa. Non era mai accaduto nella storia delle galere del nostro paese che in un carcere ci fossero uno dopo l'altro sette persone che si togliessero la vita in un arco di tempo così ristretto. Vi è un ritardo colpevole di chi non si è curato di cosa stesse accadendo a Sulmona. Non si può aspettare la settima vittima per aprire un'inchiesta per istigazione al suicidio. Se un numero così alto di suicidi fosse accaduto in un qualsiasi altro contesto - condominio,scuola, ospedale, ufficio pubblico - si sarebbe mobilitata la magistratura, l'opinione pubblica si sarebbe impaurita, i media avrebbero organizzato dirette non stop, il solito criminologo sarebbe comparso nella veste di esperto da Bruno Vespa. Settemorti suicide in uno stesso luogo, anche se questo è un luogo di sofferenze per antonomasia, lasciano il forte dubbio che non si tratti di una coincidenza. Sarà il trattamento duro, sarà un clima interno insopportabile, sarà che a Sulmona non c'è spazio per la speranza, sarà quel che sarà, ma chi oggi indaga sull'ultimo morto per istigazione al suicidio deve riaprire gli altri sei fascicoli. Lo Stato ha l'obbligo di custodire i corpi delle persone detenute assicurando - così recita la Costituzione - che non vi siano trattamenti contrari al senso di umanità. Se una persona è entrata viva in prigione deve uscirne viva. Esiste un obbligo morale egiuridico di custodia che a Sulmona è stato disatteso. Per questo vanno messi i sigilli al carcere, per questo il carcere di Sulmona va chiuso. Va chiuso perché in quell'istituto la vita delle persone, per circostanze a noi ignote, non ha avuto fino ad oggi gran valore. A Sulmona, in diciotto mesi, hanno potuto ammazzarsi un sindaco, un mafioso, un pentito, tredetenuti comuni senza che alcuno si facesse carico dell'eventuale filo rosso tra i singoli episodi. E tutto ciò aveva inizio sei mesi dopo che si era ammazzata Armida Miserere, una direttrice che in un'intervista a Panorama si permetteva di assimilare idetenuti più o meno alle bestie. Quel carcere va temporaneamente chiuso per evitare che ci possa essereun ottavo morto. Siccome è probabile che Castelli non darà l'ordine dichiudere il carcere, allora il minimo che si possa fare è aprirlo alla società e alla stampa. Non si può avere paura di far vedere ai giornalisti e alletelecamere quello che accade dentro, di far sentire la voce diretta di operatori e detenuti. Sarebbe questo un primo segnale di apertura, di trasparenza, didisponibilità. Va rispolverata una vecchia proposta dilegge che prevedeva il diritto di accesso dei giornalisti in carcere, al pari dei parlamentari. |
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Luci e ombre di un istituto «modello» | ||
by Antigone Tuesday, May. 03, 2005 at 2:47 PM | mail: | |
Francesco il «Bergamasco», Roberto il «Sardo», Pino l'«Uccellino», sono numeri trasformati in nomi e soprannomi, parte di quei pochi detenuti che nel carcere di via Lamaccio a Sulmona, sono riusciti ad affrancarsi e ad ottenere una propria identità. Loro hanno guadagnato, in trenta anni di detenzione, un minimo di credibilità nei confronti della direzione e sono riusciti ad impegnare il lento tempo con attività alternative: teatro, pittura, musica. Appena un mese fa hanno dato vita ad una mostra in città e hanno devoluto gli oltre tremila euro di incasso al Reparto di Pediatria dell'ospedale di Sulmona. In tutto sono una ventina, venti «fortunati» pionieri del nuovo corso avviato dal giovane direttore della Casa di reclusione, Giacinto Siciliano che, sovvertendo metodi e obiettivi dell'ex direttrice di ferro, Armida Miserere, suicidatasi il venerdì santo di due Pasque fa, ha cercato di trasformare il carcere maledetto, il carcere dei suicidi (sette in due anni), in un luogo di speranza, almeno di speranza. Sembra assurdo che proprio dietro queste sbarre ai piedi del Monte Morrone, dove il silenzio accompagna la vita di tutti e non solo dei detenuti, si possa essere verificato un altro, l'ennesimo suicidio. Sette suicidi in due anni: una beffa a fronte dell'impegno e dell'energia con cui il direttore ha promosso iniziative e aperto le porte del carcere alla società civile. Incontri con le scuole, laboratori artistici, lavoro nei tre opifici (falegnameria, rilegatoria e calzaturificio) e, per finire in ordine cronologico, l'inaugurazione, il prossimo mercoledì, del progetto «Argò», grazie al quale i detenuti potranno adottare ed accudire un cane randagio. |
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Il carcere dei suicidi bufera su Castelli | ||
by il manifesto Tuesday, May. 03, 2005 at 2:48 PM | mail: | |
La catena di morte non si interrompe. Il supercarcere di Sulmona sempre più scenario di drammi di vita. L'altro ieri, Francesco Vedruccio, 36enne di Squinzano, in provincia di Lecce, è stato trovato impiccato alla finestra del bagno. E' il settimo suicidio nel penitenziario abruzzese in due anni. L'uomo stava scontando una condanna per associazione a delinquere di stampo mafioso, rapina, estorsione e spaccio. Ha stretto il cordone della tuta attorno al collo e poi all'inferriata, e si è lasciato andare penzoloni. Erano circa le 20.30. Potrebbe essere stata la telefonata di un parente, ricevuta nel pomeriggio, a spingerlo ad ammazzarsi. Dopo la chiamata era tornato in cella piuttosto scosso. Il compagno, vedendolo sconvolto e nel tentativo di tranquillizzarlo, gli ha proposto una partita a carte. Una mano di gioco, quattro chiacchiere e poi la fine. Sembra che il detenuto non riuscisse ad accettare il fatto che la moglie non volesse più saperne di lui, che considerasse chiusa la loro storia, e, soprattutto, che gli impedisse di vedere il figlio. Questioni di cuore, di cui aveva parlato più volte. Er considerato un «elemento a rischio» e per questo non gli era mai stato concesso il trasferimento in un cella singola, nonostante lo chiedesse ogni giorno. Questa situazione gli aveva consentito anche di frequentare un corso per geometri. Il suo decesso fa piombare sulla casa circondariale una valanga di accuse. In troppi si sono uccisi tra quelle celle. E' un fiume di polemiche, anche politiche, che si abbattono sul sistema carcerario e sul ministro della giustizia Roberto Castelli di cui, da più parti, sono state chieste le dimissioni e che ieri pomeriggio si è precipitato a Sulmona. Sull'accaduto sono state avviate diverse inchieste. Nella struttura sono arrivati gli ispettori del ministero, inviati nell'ambito dell'indagine interna aperta dal Dipartimento amministrazione penitenziaria - la sesta negli ultimi mesi - che ha ordinato un'ispezione. Il capo del Dap, Giovanni Tinebra ha dato disposizione «di analizzare il problema a fondo e di ripensare la gestione del carcere dopo aver individuato le particolari criticità, così da intervenire anche attraverso il trasferimento di alcuni prigionieri. Non sa spiegarsi i motivi del gesto Giacinto Siciliano, direttore del carcere. «Questo è un istituto in cui si lavora - commenta -, dove si svolgono attività che portano a raccordarsi anche con il territorio e la città. Abbiamo potenziato i controlli. Bisogna cercare in tutti i modi di uscire da questa tremenda situazione«. «Una sequenza di suicidi che va assolutamente fermata - dice Giulio Petrilli, di Rifondazione comunista dell'Aquila -. Se non si adottano misure di cambiamento, allora è opportuno chiudere la struttura». Proposta condivisa anche da Paolo Cento, deputato dei Verdi e vice presidente della commissione giustiza alla camera. «Il penitenziario di Sulmona - sottolinea il deputato del Sole che ride - è solo la punta di un iceberg che dimostra le condizioni drammatiche in cui si versa il sistema carcerario italiano e il fallimento della politica penitenziaria del Governo che ha prodotto sovraffollamento, riduzione della spesa sanitaria, e diminuzione del personale». «Questo carcere assomiglia ormai a un mattatoio. E' semplicemente scandaloso che il direttore sia ancora al suo posto e che il ministro Castelli non abbia ancora dato le dimissioni: è ilcommento del deputato Verde Mauro Bulgarelli. |
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I suicidi di Sulmona | ||
by il manifesto Tuesday, May. 03, 2005 at 2:49 PM | mail: | |
E' il 16 dicembre 1994: nel penitenziario abruzzese c'è la rivolta dei detenuti. Dieci agenti sono indagati per presunte violenze sui ribelli. Il primo morto è di poche settimane dopo, il 19 gennaio 1994: Luigi D'Aloisio, 37 anni, di Barletta (Bari), malato di Aids, si impicca con il lenzuolo legato alla finestra della camera di sicurezza. Il 18 giugno 1999 Cosimo Tramacere, di 26 anni, di Mesagne (Brindisi), alla vigilia del ritorno in carcere, dopo un permesso di tre giorni, si getta sotto a un treno. Il 12 Luglio 1999 si impicca in cella con il lenzuolo Antonio Miccoli, 30 anni, di Foggia. Il 23 gennaio 2000 l'ergastolano Luigi Acquaviva si impicca nel carcere «Badu `e carros» di Nuoro: era da poco arrivato da Sulmona dove aveva tentato di far fuori un compagno di cella. Il 2 luglio 2001 le guardie sventano un tentativo di suicidio. Poi la serie ravvicinata: 19 aprile 2003, nel periodo di Pasqua, si toglie la vita la direttrice del supercarcere, Armida Miserere, che si spara con un fucile all'interno del suo ufficio. Non lascia biglietti. Il 14 ottobre successivo si impicca in cella, con i lacci delle scarpe legati a una grata, Diego Aleci, 41 anni, mafioso di Marsala (Trapani), prima killer della Stidda e poi di Cosa Nostra, condannato all'ergastolo. Il 28 giugno 2004, allo stesso modo, si ammazza Francesco Di Piazza, 58 anni, anch'egli ergastolano, appartenente al clan di Giovanni Brusca. Il 16 agosto 2004 il sindaco di Roccaraso (L'Aquila) Camillo Valentini - arrestato due giorni prima per una storia di presunti appalti irregolari e mazzette - si soffoca nella cella di sicurezza infilando la testa in una busta di plastica, stringendo il sacchetto attorno al collo con un laccio, legando un altro alla finestra e lasciandosi soffocare. Gli agenti l'avevano preso nella casa delle vacanze, a Francavilla al Mare (Chieti), mentre era in villeggiatura con la figlia. Cinque giorni dopo un pedofilo assassino si taglia le vene, ma viene salvato. Il 3 gennaio scorso, con i lacci delle scarpe si impicca Guido Cercola, braccio destro di Pippo Calò, coinvolto nel 1984 nella strage del rapido 904 Napoli-Milano. Nell'attentato al treno morirono 16 viaggiatori e in 267 rimasero feriti. Sessant'anni, romano, l'uomo era stato condannato definitivamente all'ergastolo nel novembre `92. Il primo marzo scorso usando la propria t-shirt e la cinta della tuta, nella sezione alta protezione, si impicca il pentito Nunzio Gallo, 28 anni, di Torre Annunziata (Napoli). Era dietro le sbarre per rapina ed estorsione. A chiudere la macabra lista Francesco Vedruccio. |
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commento indigeno | ||
by simona Tuesday, May. 03, 2005 at 4:30 PM | mail: | |
Ho vissuto qualche tempo a Roma. Mi hanno raccontato che i prigionieri di Regina Coeli parlavano tra loro e con i loro parenti cantando. Ho visto le magliette che producono i detenuti di Rebibbia. |
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