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La storia di Clichy
by mazzetta Friday, Nov. 04, 2005 at 4:40 PM mail:

Clichy era già terra di nessuno.


La periferia parigina esplode, ma non ne sappiamo granchè. Facendo un pò di ricerche però non è difficile risalire alle cause reali di queanto sta succedendo.
Non c'è bisogno di scomodare la sociologia o di tirare in ballo l'Islam o ancora l'immigrazione per spiegare quanto sta succedendo in Francia, e nemmeno per capire perchè l'esplosione si sia verificata proprio a Clichy Sous Bois.
Sui problemi di Clichy c'è un'amplia letteratura a disposizione, e la sua storia in Francia è ben nota.
Clichy fino agli anni '60 aveva meno di 5.000 abitanti, ora viaggia oltre i 25.000.
Negli anni '70 a Clichy vengono costruiti numerosi blocchi abitativi, edilizia popolare,per mano pubblica. La scelta, come ovunque in quel periodo in Europa, si orienta sulla tipologia dei grandi caseggiati, quelli che gli urbanisti chiamano significativamente "mambroni".
Anche nel nostro paese molti quartieri sono stati costruiti seguendo quell'impostazione, vuoi per economia, vuoi per l'urgenza di rispondere ad una domanda abitativa in crescita molto rapida, determinata dalla spinta all'inurbamento.
Con il tempo ci si è accorti che queste soluzioni portavano gravi inconvenienti, tra i quali la creazione di sterminati territori ostili alla socialità e alla formazione di un tessuto di vicinato, capace di dotare le comunità di un senso e di una identità proprie.
Ambienti frustranti per chi li abita, e costruzioni ostili alla costituzione di rapporti sociali e di interscambio personale.
Il caso di Clichy è nell'agenda dell'urbanistica pubblica francese da anni, prova ne sia che quasi la metà dei fondi destinati alla riqualificazione delle periferie parigine pareva dovesse essere spesa proprio in questa zona.

Clichy è la periferia emarginata per eccellenza; manca di collegamenti con il resto della regione parigina, che sono assicurati solo da stazioni della RER (metro veloce suburbana) molto lontane, e da servizi di autobus insufficienti, che alla sera sono anche stati tagliati, come in molte altre zone, per evitare proprio la transumanza dei poveri verso il centro di Parigi. Clichy doveva essere servita anche da un'autosrada, nelle pianificazioni originarie, ma non è mai stata costruita.

Separare ed allontanare, il paradigma attraverso il quale le amministrazioni pubbliche moderne reagiscono ai fenomeni "devianti" o semplicemente sgraditi indotti dall'evoluzione sociale o dagli errori nella pianificazione urbana.
In questa zona della periferia parigina non sono solo i problemi dell'integrazione, o dell'immigrazione a farla da padrone, ma è il senso di abbandono da parte della mano pubblica che ha portato all'esplosione dei malumori, e secondariamente della rivolta.
A Clichy il patrimonio dell'edilizia pubblica versa in condizioni pietose, per il 10% è disabitato in quanto già inabitale a causa della mancata manutenzione e della pessima qualità costruttiva degli immobili; il tasso di rotazione annuale degli abitanti è vicino al 10%.
Un tasso altissimo che gioca a sfavore della costruzione di relazioni sociali, e che indica come Cllichy sia in realtà per molti una stazione di transito dalla quale fuggire non appena si riesca a trovare qualcosa di meglio.
A Clichy c'è una elevata ostilità verso le istituzioni pubbliche, che in particolare ha avuto un'impennata l'anno scorso, quando gli investimenti destinati alla riqualificazione si sono arenati e si è capito che alla fine non sarebbero stati erogati.
A fronte dello stanziamento di circa 300 milioni di euro per la demolizione e ricostruzione di 1600 appartamenti e per interventi di riqualificazione urbana, la mano pubblica ha chiesto al Dipartimento dal quale dipende Clichy, di contribuire con 100 milioni di Euro.
Soldi che il Dipartimento non aveva e non ha; circostanza che ha provocato l'arresto del progetto e una grossa delusione tra gli abitanti.

Abitanti che pure cercano di attivarsi in diverse maniere, reagendo alla mancanza di strutture socializzanti in ogni modo. Non parliamo solo della moschea o dell'attivismo della comunità islamica, ma di numerose associazioni che cercano di rendere la zona più vivibile e di dare una risposta alla mancanza di spazi di aggregazione per i giovani, in un quartiere dall'età media molto bassa.
I giovani sono infatti i protagonisti della rivolta di questi giorni, giovani francesi, non neo-immigrati, ma le seconde o terze generazioni dell'immigrazione mescolati a quelli che una volta sarebbero stati definiti i figli del proletariato francese.

Per i giovani a Clichy c'è poco o nulla, e per loro ci sono anche poche possibilità di evadere verso altre mete. La disoccupazione è altissima, così come la totale mancanza di prospettive future.
I giovani di Clichy conoscono lo stato solo attraverso il confronto con la rude polizia francese, che nelle periferie e contro i poveri ha sempre agito con mano pesante.
Per questo motivo si è verificata la disgrazia che ha acceso la miccia della rivolta, due ragazzi della banlieu, colpevoli di nulla, alla vista della polizia si sono nascosti all'interno di una cabina elettrica, venendo fulminati.

La reazione pubblica alla tragedia, ancora una volta inadeguata, ha portato alle prime proteste. La reazione del governo alle prime proteste violente, ed in particolare del primo ministro francese che ha offeso tutto il quartiere parlando di "feccia", ha definitivamente convinto parecchi degli abitanti di essere di fronte ad un potere ostile, e non certo ad una controparte con la quale dialogare per risolvere i problemi.

Da qui l'esplosione che si sta ora allargando a zone della periferia parigina che condividono gli stessi problemi; un fenomeno quello della rapida estensione dei riot urbani ben conosciuto in tutto il mondo.
Un fenomeno che si è verificato negli Stati Uniti, come in Sudamerica ed in Asia.
E' una reazione popolare non mediata e non pianificata, derivante dal crollo della residua fiducia nel contratto sociale, un fenomeno che non ha nulla a che vedere con la composizione etnico-religiosa delle aree nelle quali si sviluppa.

Prova ne sia che l'intervento e la mediazione di autorevoli, quanto discusse, personalità che rappresentano l'islamismo radicale non ha sortito alcun effetto; prova confermata dalla circostanza per la quale i rivoltosi non hanno esibito simboli religiosi o identitari.
E' la rivolta degli eterni esclusi, degli inascoltati, che scaturisce da un singolo evento, ieri il pestaggio di Rodney King, oggi la disgrazia dei due ragazzini, che funge da detonatore di una situazione che è divenuta esplosiva nel corso di anni di noncuranza e di tracuratezza da parte dei governi; per tamponare le quali si è ricorsi unicamente all'innalzamento e all'inasprimento dei livelli repressivi.
I fenomeni complessi non possono essere affrontati con reazioni semplificate, e di certo non è reprimendo le reazioni che si risolvono i problemi che le generano; al contrario la risposta securitaria mina lo scarso residuo di fiducia e di rispetto nelle istituzioni, e convince definitivamente i rivoltosi di essere di fronte ad un vero nemico, contro il quale è lecito e necessario ribellarsi in qualsiasi forma. Assumere i giovani in rivolta come "nemici" o come semplici delinquenti, porta alla logica conseguenza di allontanarli definitivamente dalla società, una esclusione definitiva che non può che determinare il disconoscimento dell'autorità pubblica e la sua assunzione a bersaglio di una reazione di segno uguale e contratio.





http://www.ccomptes.fr/Cour-des-comptes/publications/rapports/politique_de_la_ville/polville23.html
http://www.ville-montfermeil.fr/-Quel-projet-pour-le-centre-ville-.html
http://www.clichy-sous-bois.fr/jsp/site/Portal.jsp?article_id=108&portlet_id=266
http://www.planum.net/webcompass/plans_projects_and_policies-loc-fr.html

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L'inizio
by >>>>> Friday, Nov. 04, 2005 at 4:43 PM mail:

L'inizio...
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In questo angolo di Clichy sono cominciate le proteste e gli scontri.
La differenza con il tessuto urbano circostante è notevole.

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Qeusto era prima
by >>>>> Friday, Nov. 04, 2005 at 4:44 PM mail:

Qeusto era prima...
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Questo era lo stato di Clichy, prima dei riot

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Questa la reazione
by >>>>> Friday, Nov. 04, 2005 at 4:47 PM mail:

Questa la reazione...
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Già la seconda sera la polizia si aggirava in assetto da guerra per il quartiere, puntando fari ed armi verso le abitazioni e gli abitanti chiusi nelle loro case

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Finalmente una inchiesta
by Kry Sunday, Nov. 06, 2005 at 10:29 AM mail:

E per fortuna c'è ancora qualcuno che fa l'inchiesta, onvece di sparlare di aria fritta!

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Relazione
by >>>>> Monday, Nov. 07, 2005 at 2:01 AM mail:









La politique de la ville






Retour au sommaire
Fin

Liste des annexes


Annexe 1 : l’approche anglaise de la politique en faveur des zones urbaines défavorisées

Annexe 2 : Roubaix-Tourcoing

Annexe 3 : Le Mantois

Annexe 4 : Clichy-Montfermeil

Annexe 5 : Grigny

Annexe 6 : Vaulx-en-Velin

Annexe 7 : Vénissieux

Annexe 8 : Marseille

Annexe 9 : Saint Denis de la Réunion

Annexe 10 : aspects internationaux : les sources utilisées



Annexe 1

L’approche anglaise de la politique en faveur des zones urbanisées défavorisées


I ‑ Présentation


Pays anciennement et fortement urbanisé (80 % de sa population vivent dans des villes de plus de 10 000 habitants), l’Angleterre est en Europe un pays pionnier en matière de politique menée en faveur des quartiers en difficulté.

Les problèmes à résoudre relèvent d’un modèle de développement urbain fortement marqué par les révolutions industrielles. Les villes anglaises ont ainsi vu se concentrer dans leurs centres des phénomènes de pauvreté, de dégradation de l’habitat, et de regroupement de minorités ethniques, tandis que les banlieues, éloignées du centre-ville, sont plutôt caractérisées par leur nature résidentielle.

Aujourd’hui, la dégradation de l’état de santé, le développement du sentiment d’insécurité et de l’insécurité elle-même, et les médiocres performances scolaires concernent plus particulièrement les zones urbaines.



II ‑ Rappel historique


Dès la fin des années soixante, l’Angleterre fait preuve d’innovations prenant en compte les particularités de zones défavorisées. Ainsi le rapport de Mme Plowden de 1967 débouche sur l’instauration des educational priority areas, qui inspireront les Zones d’Education Prioritaires françaises.

Les émeutes de Brixton, un quartier de Londres, en avril 1981, ont conduit le gouvernement anglais à diligenter une enquête visant à en éclairer les origines : le rapport de Lord Scarman ouvrit ainsi la réflexion sur les dysfonctionnements sociaux et la nécessité d’améliorer l’environnement des périphéries et les services publics.

Dans les années 1980, le programme Priority Estate Project (projet sur les quartiers prioritaires) vise à réinvestir une trentaine de quartiers en général gérés de l’extérieur sans implantation locale ni service public.

Le concept de régénération urbaine au niveau local se développe particulièrement dans les initiatives menées dans les années 1990, parmi lesquelles l’Action for Cities, le City Challenge puis le Single Regeneration Budget et, plus récemment, le New Commitment to Regeneration.

Se sont ainsi imposés les principes essentiels de la régénération urbaine telle qu’elle est aujourd’hui conçue en Angleterre : le partenariat, qui inclut les autorités locales, les communautés locales [1] et le secteur privé ; l’intégration des différentes approches économique, sociale et environnementale ; l’action territorialisée, sans pour autant restreindre géographiquement les problèmes posés ; la cohérence interministérielle, sur le plan du financement ou sur celui des modalités d’action locale ; enfin, la nécessité de faire participer les habitants au développement local.



III ‑ Le cadre institutionnel


a) Les structures nationales

Le Department for Transport, Local Government and Regions (DTLR) [2] définit et met en œuvre la politique de régénération urbaine en Angleterre. Deux unités sont consacrées à ces questions dans ce ministère : la Urban Policy Unit [3] et la Neighbourhood Renewal Unit [4] .

La Urban Policy Unit est dédiée à la mise en œuvre du document Our Towns and Cities : the Future [5] , publié en novembre 2000, qui définit la politique gouvernementale dans ce domaine. Il a été publié concomitamment avec un autre document intitulé The state of English Cities [6] , qui a donné une vision générale de l’état des lieux, et les orientations possibles d’une politique urbaine. Il passe notamment en revue le rôle économique des villes, en mettant l’accent sur les thèmes suivants : le niveau pertinent d’intervention, les modèles socio-économiques à l’échelle des quartiers et les modalités de gouvernance au service de politiques locales de régénération.

La Neighbourhood Renewal Unit est située en position interministérielle au sein du DTLR, afin de surveiller la mise en œuvre du plan national d’action du gouvernement, publié en janvier 2001, sous le titre de National Strategy Action Plan : A New Commitment to Neighbourhood Renewal [7] . Ce plan a été conçu par la Social Exclusion Unit [8] , créée par le Premier Ministre en décembre 1997 au sein du Cabinet Office [9] . La Social Exclusion Unit, a conçu une stratégie avec l’aide de dix-huit équipes, les Policy Action Teams, installées pour examiner les problèmes des quartiers en difficulté. Ces équipes ont étudié les questions de l’emploi, des compétences, des entreprises, de la santé, du logement, du comportement antisocial, des écoles et de la coordination locale, tout en prenant en compte les considérations liées aux origines et aux minorités ethniques.

La Urban Policy Unit et la Neighbourhood Renewal Unit entretiennent d’étroites relations qui leur permettent de mener des actions et stratégies coordonnées et complémentaires.


b) Le fonctionnement

Le ministère établit le cadre politique et la programmation des actions liées aux politiques urbaines.

Il s’appuie au niveau régional sur les Regional Development Agencies (RDAs) [10] auxquelles il a donné plus de flexibilité budgétaire pour le soutien de la croissance économique régionale. Il se fonde également sur l’existence de structures susceptibles d’assurer un leadership à l’échelon régional, notamment les équipes de renouvellement des quartiers (Neighbourhood Renewal Teams) constituées au sein des Government Offices for the Regions [11] .

L’Etat attend de chaque ville qu’elle définisse sa propre vision de son futur et propose des plans pour le réaliser ; elle doit donc susciter un partenariat stratégique local (Local Strategic Partnerhip) impliquant les « communautés locales », les autorités locales, les fournisseurs de services, les associations, les chefs d’entreprise et les autres acteurs locaux.

Ces partenariats stratégiques locaux sont soutenus par les Government Offices for the Regions. Ainsi, les politiques et programmes peuvent être ciblés là où ils apparaissent les plus nécessaires et adaptés au plus près des besoins locaux.



IV ‑ Les orientations de la politique actuelle


A ‑ Les objectifs du Urban White Paper


Afin de mettre en œuvre les orientations du Urban White Paper sur les conditions du développement urbain, les ressources des Regional Development Agencies (RDAs) ont été accrues de 1,7 milliard de livres (soit environ 2,7 M€). Les RDAs portent aujourd’hui l’attention sur des projets globaux de régénération, qui concernent aussi bien la mise en valeur de terrains déclassés que la création d’emplois et le soutien à l’implantation d’entreprises, avec des programmes financés par le Single Regeneration Budget, le Challenge Fund et des fonds structurels européens.



B ‑ Le renouvellement des quartiers


La Neighbourhood Renewal Unit soutient l’action gouvernementale au niveau des quartiers, en contrôlant le développement local des stratégies de renouvellement des quartiers, et en y mobilisant les secteurs-clés et les acteurs essentiels.

Afin de réduire les écarts identifiés par le plan d’action stratégique entre les quartiers en difficulté et le reste du pays, 900 M£ (environ 1 435 M€) seront consacrés, pendant trois ans (jusqu’en 2004), à l’accélération du processus de renouvellement urbain.

Cette stratégie s’appuie sur des partenariats stratégiques locaux, chargés d’identifier les quartiers prioritaires, de trouver les causes profondes de leur déclin, de déterminer comment les acteurs peuvent contribuer à améliorer la situation, et de mettre en œuvre des actions acceptées par tous.

Sur les années 2003-2004, 33 milliards de livres supplémentaires (soit environ 52,3 milliards d’€) seront affectés aux zones ayant besoin de services de base, comme l’éducation, la santé, les transports, le logement, la justice et les loisirs. Cette augmentation de moyens est liée à des objectifs spécifiés dans les Public Service Agreements : ceux-ci incluent notamment des « objectifs planchers », qui précisent les normes minimales à réaliser. Une liste de ces objectifs pour la régénération urbaine est communiquée dans le tableau ci-joint.



C ‑ Les autres financements disponibles


Le Single Regeneration Budget [12] a été mis en place en 1994 pour assurer la convergence de programmes élaborés par différents ministères. Son but était de simplifier et d’accroître l’efficacité des aides disponibles au profit de la régénération.

Il est mis à la disposition des partenaires locaux afin de combattre l’exclusion et promouvoir l’égalité, ainsi que pour soutenir la régénération urbaine. Il a pour but de renforcer la qualité de vie des habitants des quartiers en difficulté, en réduisant les écarts entre ces quartiers et leurs alentours, et entre les différents groupes. D’ici 2001, la gestion de ce fonds sera totalement transférée du ministère (DTLR) aux Regional Development Agencies. Ce fonds représente environ 878,5 M£ (soit 1 405,1 M€) pour 2001-02.

En outre, sur les six initiatives soutenues par le New Opportunities Fund, deux concernent la régénération urbaine ; la création de réseaux de prévention de santé, et le développement d’espaces verts et de développement du lien social. Les projets qui bénéficient de ces financements s’ajoutent à ceux soutenus par l’action gouvernementale.

Exemples d’indicateurs mis en œuvre dans les Public Service Agreements en Angleterre


Thème




Responsable local




Cible

Emploi




Employment Service




Diminuer le taux de chômage dans les trente districts enregistrant les plus mauvais résultats et réduire les écarts entre les districts

New Deal Partnership

Action Teams for Jobs






Small Business Service




Favoriser la création d’entreprises dans les quartiers défavorisés






Employment Service




Accroître le taux d’emploi des handicapés, des parents isolés ou des minorités ethniques, et des personnes de plus de 55 ans, et réduire les écarts avec les autres catégories

New Deal Partnership

Actions Teams for jobs






Regional Development Agencies




Accroître les performances économiques des régions sur la base du PNB/habitant

Sécurité




Crime and Disorder




Réduire la petite délinquance de 25 %, et veiller à ce qu’aucun district n’enregistre un pourcentage triple de la moyenne nationale d’ici 2005

Regional Partnership

Education




Schools and Local Education Authorities




Accroître le pourcentage d’élèves obtenant des mentions A à C aux GCSEs* à un niveau minimum de 25 % dans toutes les écoles

Santé




Health Authorities, Primary Care




Réduire l’écart de santé entre les zones les plus défavorisées du pays et la moyenne nationale. Indicateurs en cours de définition

Trusts and Primary Care Group






Housing Authorities




Réduire de 33 % d’ici 2004 le nombre de locataires habitant des logements publics non conformes, surtout dans les zones défavorisées

Registered Social Landlords

Environnement




Local authorities




Améliorer la qualité de l’air dans les zones défavorisées et la mettre aux normes prévues par le plan gouvernemental pour la qualité de l’air

* General Certificate of Education



Annexe 2

Roubaix - Tourcoing


I ‑ Une histoire marquée par le déclin industriel


a) Histoire urbaine

Le site était depuis le Moyen Age spécialisé dans le travail de la laine, mais c’est pendant la révolution industrielle de la seconde moitié du 19ème siècle que les villes ont pris leur essor. Ainsi Roubaix, peuplée d’environ 10 000 habitants en 1810 et 35 000 en 1851 en compte 120 000 en 1914, soit une multiplication par douze en un siècle, grâce à une industrialisation accélérée. Tourcoing a connu une évolution démographique moins forte : le nombre d’habitants est passé de 12 000 en 1800 à 28 000 en 1850 et 80 000 en 1900.

Cette industrialisation - reposant sur une mono-industrie - a eu deux conséquences néfastes pour le site à partir de la crise des années 1970. Le chômage augmente dans des villes ouvrières à qualification relativement faible et dans un contexte régional fragilisé par la crise et dont les indicateurs socio-économiques accusaient déjà un retard sur la moyenne française. D’autre part, le plan d’urbanisation anarchique engendré par l’industrialisation ne facilite pas la cohésion sociale de ces communes dépourvues de véritables centres - villes. En effet, Roubaix et Tourcoing se sont, au cours du 19ème siècle, construites autour de leurs usines, chaque filature ayant ses logements ouvriers, le plus généralement constitués de « courées ». Il s’agit d’enfilades de maisons individuelles collées les unes aux autres de part et d’autre d’une voie centrale et pourvues à l’arrière d’une courette ou d’un jardinet. L’édification des constructions a été laissée à l’initiative privée. Construits en matériaux de mauvaise qualité, ces logements se sont avec le temps très fortement dégradés. L’habitat, plus ancien que celui des autres villes françaises, est dépourvu de confort. Une importante vie de quartier s’est développée autour de ces courées, au détriment du sentiment d’appartenance à la ville dans son ensemble. L’espace urbain est désordonné : les fabriques, les maisons ateliers et les quartiers d’habitat ouvrier s’enchevêtrent. La crise a entraîné l’apparition de nombreuses friches industrielles au cœur même des villes.

Dès 1900, la périphérie Nord de Roubaix et la périphérie Sud de Tourcoing se rejoignent (dans des faubourgs abritant un habitat ouvrier avec courées et maisons en bande mêlé à un tissu industriel composé des sous-traitants des grandes entreprises textiles) ; des liaisons entre les deux villes sont créées : rue de Roubaix à Tourcoing, rue de Tourcoing à Roubaix, rue de l’Union.

Contrairement à certains quartiers urbains périphériques des grandes villes, comme Lille Sud par exemple, Roubaix et Tourcoing ne connaissent pas de problèmes d’enclavement particuliers, elles sont même plutôt bien desservies par les transports en commun (métro VAL, tramway).

De même, la difficulté sociale ne découle pas principalement de grandes barres à Roubaix : si bailleurs sociaux institutionnels gèrent environ 15 000 logements, le problème est surtout celui d’un logement social privé (22 000 logements), souvent occupé par des ménages aux revenus modestes, devenus propriétaires en raison de la faiblesse des prix immobiliers mais incapables de maintenir un patrimoine dégradé, souvent dépourvu de confort, parfois insalubre. Seul le quartier de l’Alma est composé de barres et de tours, de petite dimension. Tourcoing est dans la même situation : seul un quartier en grande difficulté, La Bourgogne, s’apparente aux grands ensembles traditionnels.


b) Données démographiques et économiques

Indicateurs socio-économiques du site

Chiffres 1998




Roubaix




Tourcoing




Arrondissement

Allocataires CAF RMIstes




Plus de 4%




Plus de 3%




2,33%

Bénéficiaires de l’AMG *




7,8%




1 à 2%






Taux de chômage




28,30%




20,10%




15,53%

Revenu fiscal net moyen par an (en 95)




< 10 670 €




< 10 670 €




13 415 €

Mortalité par alcoolisme (pour 1000)




Entre 0,3 et 0,4




Entre 0,3 et 0,4




0,3

Evolution nombre demandeurs emplois 1996 – 1998




-2,6%




-1,9%




-2,2%

Potentiel fiscal de la taxe d’habitation




323




303




429

Source : Cour des comptes * AMG : aide médicale gratuite

La situation est particulièrement dégradée à Roubaix et Tourcoing en comparaison de la moyenne de l’arrondissement, de l’agglomération lilloise et du territoire national.

Les chiffres indiqués par l’Education Nationale corroborent les précédents : la proportion d’élèves en retard de 2 ans ou plus est le double de la moyenne en France à l’entrée en CP ; elle lui est de près de deux fois et demie supérieure à l’entrée en CM2 et d’une fois et demie en seconde.

Roubaix et Tourcoing ont du mal à faire vivre la mixité sociale et donc à sortir du cercle vicieux de l’exclusion sociale et urbaine : identité urbaine faible, habitat dégradé, population de nationalité étrangère (20 %) ou d’origine étrangère (48 %), en situation économique et sociale difficile, problèmes de santé, fort sentiment d’insécurité. Elles attirent des populations en difficulté alors que les ménages dont la situation s’améliore partent.

C’est, en effet, à Roubaix que le prix des logements est le plus bas de tout l’arrondissement (parmi les dix quartiers les moins chers, neuf sont situés à Roubaix). Le taux de mutation des logements est très élevé (4,82 déclarations d’intention d’aliéner par an pour cent logements privés en moyenne sur la période 1990-1998). Depuis 1982, chaque recensement fait apparaître une baisse du nombre d’habitants à Roubaix et Tourcoing. Le solde migratoire très négatif n’est que partiellement compensé par la jeunesse de la population.



II ‑ Modalités d’application de la politique
de la ville sur le site


a) Les dispositifs

- Un contrat d’agglomération de la communauté urbaine de Lille 1992 ‑ 1994 avait été signé après la désignation de Lille comme site ‑ pilote des futurs contrats de ville.

- Des conventions de reconquête commerciale sur Roubaix et sur Tourcoing ont été signées en octobre 1995 par l’Etat, les villes de Roubaix et de Tourcoing, la chambre de commerce et d’industrie de Lille-Roubaix-Tourcoing, la chambre des métiers du Nord et les associations de commerçants. L’objectif était de permettre le développement du commerce et de l’artisanat autour de trois axes (reconquête des « linéaires », reconquête de l’image, reconquête des populations). Les sites prioritaires étaient notamment les centres villes dégradés et la rue de l’Epeule. Un comité regroupant les partenaires était chargé de suivre les actions entreprises et d’en établir le bilan.

- Le contrat de ville cadre 1994 ‑ 1999 sur 13 communes (dont Roubaix et Tourcoing) constituait le volet solidarité d’un contrat d’agglomération plus vaste mais qui ne fut jamais signé. Ce document n’a pas fait l’objet de conventions par communes. Le GPU a été mis en place en 1994 dans le cadre du contrat de plan Etat-région.


b) Spécificités institutionnelles

La plus notable consiste en l’existence d’un GIP chargé d’animer le GPU (et le GPV depuis mai 2001). La communauté urbaine Lille Métropole a contribué, aux côtés de l’Etat, à la création et au fonctionnement du GIP du grand projet urbain. Elle a reconduit sa participation au groupement pour le grand projet de Ville (2000-2006) et en assure la présidence.

La communauté urbaine de Lille a créé une SEM (« Ville renouvelée ») pour conduire les opérations urbaines. L’agence d’urbanisme est chargée de la planification.



Annexe 3

Le Mantois



I ‑ Histoire urbaine

Le Mantois se situe à une cinquantaine de kilomètres à l’ouest de Paris, aux confins de l’Ile-de-France et de la Normandie. Il est composé de neuf communes [13] : Mantes-la-Jolie, Mantes-la-Ville et Limay qui en constituent le cœur, Buchelay, Magnanville, Porcheville, Rosny-sur-Seine, Rolleboise et Guerville qui forment un espace périphérique, en partie à caractère rural.

Le Mantois a connu une forte activité industrielle. La construction du Val Fourré, notamment, est corrélée à l’implantation d’usines automobiles dans la Seine-aval et à l’affectation du 1 % patronal [14] . La forte restructuration industrielle de ce secteur au cours des années 80, a entraîné, pour la région, désindustrialisation et pertes d’emplois.

L’impact sur le Val Fourré a été considérable. La chute du nombre des locataires apportés par les réservateurs traditionnels a contribué à faire perdre au quartier une population solvable et professionnellement insérée. A ce phénomène s’est ajoutée la migration vers des zones résidentielles de certaines populations.

Les éléments urbanistiques ont encore renforcé les fractures créées par les modifications du peuplement. Le Mantois est un lieu où convergent la Seine, l’autoroute A13 et les lignes ferroviaires reliant Paris à Rouen et Evreux. Un certain nombre de grandes artères quadrillent les communes, créant une partition en secteurs et enclavant certains quartiers. Mantes-la-Jolie est ainsi partagée en trois ensembles d’habitat séparés : la vieille ville à l’est, la zone pavillonnaire de Gassicourt au centre, le Val Fourré à l’ouest.

Le Val Fourré est l’un des quartiers les plus enclavés, et rétablir la continuité du tissu urbain est une priorité du projet d’aménagement.



II ‑ Données démographiques et économiques


Au regard de nombreux critères, le Mantois est un territoire hors normes, qui concentre plus de populations fragilisées que tout autre dans le département.

En effet, si le Mantois ne représente que 6,7 % de la population des Yvelines, il compte en revanche 12,6 % des logements sociaux du département, 12,4 % des ouvriers (mais seulement 2,4 % des cadres), 13,5 % des étrangers, 12,1 % des chômeurs, 14,1 % des bénéficiaires du RMI, 9,7 % des non-diplômés et 10,8 % des ménages non imposables.

Il cumule trois types de difficultés :

une population très défavorisée confrontée à de nombreuses formes de précarité et de fragilité sociales (déséquilibre entre ouvriers et cadres, part élevée des étrangers, nombre important de chômeurs et de RMIstes) ;

un environnement économique qui demeure peu dynamique (marché régional de l’emploi éloigné, desserte par les transports en commun de qualité médiocre, taux d’emploi local faible, population peu qualifiée) ;

un faible niveau de ressources pour les collectivités locales (potentiels fiscaux moyens des communes parmi les plus faibles de la région).

Le Mantois n’est cependant pas un territoire homogène : les quartiers d’habitat social (le Val Fourré à Mantes-la-Jolie et les Merisiers-Plaisances à Mantes-la-Ville), qui représentent près de la moitié du parc de logements de l’agglomération, concentrent l’essentiel des difficultés et constituent des sites prioritaires d’intervention apour la politique de la ville.

Le Val Fourré est le quartier d’habitat social le plus important de l’agglomération : les difficultés globales du Mantois y sont encore amplifiées et accrues (ce quartier rassemble par exemple 56 % des RMIstes de Mantes-la-Jolie, sa ZEP est avec 10 000 élèves la première de France). La tendance à la décroissance de sa population ne signifie pas une diminution des difficultés et semble au contraire renforcer le constat de concentration des publics fragilisés, voire en situation d’exclusion.

Indicateurs socio-économiques du site

Chiffres 1999




Val Fourré




Mantes-la-Jolie




Ile-de-France

Population totale




25 496




43 679




9 643 880

Evolution 90/99




– 7,5 %




– 3,1 %




+1,8 %

Moins de 20 ans




41,6 %




33,5 %




24,8 %

Plus de 60 ans




7,4 %




12,5 %




16,7 %

Etrangers




37,4 %




26,4 %




12,7 %

Non diplômés parmi les 15 ans et plus




39,1 %




29,9 %




16,1 %

Population active




9 365




18 674




4 856 780

Evolution 90/99




-13,9 %




-6 %




+0,9 %

Nombre de chômeurs




2 405




3 770




573 718

Evolution 90/99




+40,8 %




+58,1 %




+37,4 %

Taux de chômage




25,7 %




20,2 %




11,8 %

Taux de chômage < 25 ans




37,7 %




32,4 %




19,8 %

HLM / résidences principales




79 %




47,9 %




24,7 %

Nombre moyen de personnes par logement




3,74




2,93




2,34

Taux de vacance des logements




10,7 %




10,5 %




8,3 %

Source : Cour des comptes



III ‑ Modalités d’application de la politique
de la ville sur le site


a) Les dispositifs

Depuis l’émergence des problématiques « politique de la ville » au début des années 1980, Mantes-la-Jolie et plus particulièrement le Val Fourré étaient l’objet de multiples procédures et expérimentations, au point d’être considérés au niveau national comme l’un des phares du développement social urbain.

Les événements de mai 1991 signèrent l’échec d’une politique considérée comme en pointe.

Le premier GPU, en juillet 1991, est limité au Val Fourré, mais dès février 1994 son périmètre est élargi au territoire des trois communes de Mantes-la-Jolie, Mantes-la-Ville et Buchelay.

Au contrat de ville expérimental du 26 septembre 1992 succède le contrat de ville du 31 mai 1994 auquel adhèrent les communes de Mantes-la-Jolie, Mantes-la-Ville et Buchelay, ainsi que cinq autres communes (Epone, Rosny-sur-Seine, Porcheville, Follainville-Dennemont, Rolleboise) et la communauté de communes des Portes de l’Ile-de-France (Bonnières, Bennecourt et Freneuse), la Caisse des dépôts et le FAS.

Les autres collectivités présentes sur le site mettent en place différents dispositifs (plan départemental d’urgence pour la Seine-aval du conseil général, contrat de développement urbain de l’Etat, contrat d’aménagement du Mantois du conseil régional), qu’il est convenu en novembre 1995 de fédérer dans le projet Mantes-en-Yvelines (PMY). La première convention triennale est signée le 17 juin 1996.

Le CIV retiendra successivement le Mantois sur la liste des sites pilotes des contrats de ville et sur celle des grands projets de ville. La deuxième convention PMY inclura le contrat de ville et la convention GPV pour la période 2000-2006.


b) Spécificités institutionnelles

La politique de la ville dans le Mantois présente trois particularités :

une intercommunalité ancienne, qui ne recouvre aucun des périmètres auxquels se sont appliqués les dispositifs successifs ;

le projet Mantes-en-Yvelines qui, mobilise l’ensemble des acteurs locaux sur un projet d’aménagement et de développement commun, et met en place un dispositif de pilotage unique ;

l’intervention depuis 1996 d’un établissement public d’aménagement, l’EPAMSA, qui cumule les fonctions de directeur de projet et d’opérateur principal du projet Mantes-en-Yvelines.

Une harmonisation des périmètres de ces projets et structures, permettrait le renforcement des synergies. Aujourd’hui non seulement Limay ne fait pas partie de la communauté d’agglomération mais l’aire de compétence de l’EPAMSA ne coïncide pas non plus avec le territoire du projet Mantes-en-Yvelines II.



Annexe 4

Clichy ‑ Montfermeil



I ‑ Une histoire marquée par l’enclavement du grand ensemble des Bosquets


a) Histoire urbaine

Situées à l’est de la Seine Saint Denis, Clichy-sous-Bois (3,95 km² dont 1,1 km² de bois, 28 288 habitants au recensement de 1999) et Montfermeil (5,45 km², 24 121 habitants en 1999) occupent respectivement le haut et les dévers Nord et Sud d’un plateau bordé par la forêt de Bondy, à environ 15 kilomètres de Paris, de Roissy et de Marne-la-Vallée.

Jusqu’à la fin du siècle dernier, Clichy formait un petit village de 250 habitants, implanté au cœur de la forêt de Bondy. En 1954, Clichy-sous-Bois comptait 5 000 habitants. Au début du siècle, Montfermeil était encore un bourg rural de moins de 2 000 habitants. Dans les années 20, une grande partie de la commune a été lotie en même temps que de nombreuses communes avoisinantes. Les quartiers de lotissements pavillonnaires des Coudreaux et de Franceville datent de cette époque, avec une desserte en tramway (démonté en 1935) depuis la gare du Raincy. Comme Clichy-sous-Bois, Montfermeil connaît dès le début des années 60, un développement urbain très soutenu, notamment avec la création de la cité des Bosquets, au détriment de la forêt de Bondy.

La logique d’ensemble reposait sur la construction d’une autoroute (A87) destinée à faciliter l’accès aux principales zones d’emploi. Ce projet majeur et fortement structurant, en partie déjà réalisé, a été abandonné en 1985 au profit de la Francilienne. Le site s’est trouvé devant des difficultés croissantes : les constructions ont été peu entretenues, le recouvrement des charges des copropriétés se fait mal, ce qui conduit à des dettes élevées (3,35 M€ en 1997, 4,57 M€ en 2000, pour la cité des Bosquets à Montfermeil).

L’urbanisation de type « ZUP », avec barres et tours distribuées autour de terrains réservés à la voie de desserte routière prévue, a laissé de larges emprises inoccupées. Clichy a ainsi connu, pendant de nombreuses années, un tissu urbain déstructuré, sans véritable centre ville ; Montfermeil voyait se créer un fort déséquilibre social, économique et urbain entre une aire exceptionnellement dense et un tissu pavillonnaire issu de lotissements des années trente.

La caractéristique majeure du parc de logements est d’être constitué, en grande partie, de copropriétés privées. L’action publique en vue du remembrement foncier est, de ce fait, en présence d’interlocuteurs multiples, souvent fragiles économiquement. Malgré les opérations foncières entreprises, les copropriétés privées représentent encore 46 % des logements à Clichy (dont 28 % pour le Bas Clichy) et 10 % à Montfermeil (dont les 9/10 dans la cité des Bosquets).

L’habitat « social » de droit ou de fait (copropriétés et HLM) représente 2 816 logements à Clichy-sous-Bois, soit 35 % du parc de logements de la commune. A Montfermeil, à la suite des démolitions entreprises, cette proportion est descendue à 22 %. Les taux de vacances de ces logements sont élevés : 8,1 % à Clichy et 9,9 % à Montfermeil, pour seulement 3,7 % en moyenne départementale. Les taux de rotation sont élevés et en augmentation : à Clichy, ce taux est passé de 9,7 % en 1994 à 11,8 % en 1997 ; à Montfermeil, il était de 8,6 % en 1994, il a atteint 16,5 % en 1997, pour revenir à 10,8 % en 1998. A titre de comparaison, la moyenne départementale était de 7,7 % en 1994 et de 10 % en 1997.

Enfin, la faiblesse des accès constitue un handicap des plus criants : alors qu’il faut environ une heure, par les transports en commun, pour se rendre du centre de Paris à celui de Lille ou d’Orléans, il faut compter plus d’1h30 de Paris à Clichy-sous-Bois ou Montfermeil. Il existe bien plusieurs gares à proximité (Chelles, Gagny, le Raincy, bientôt la gare EOLE de Livry-Gargan), mais les dessertes par autobus sont empêtrées dans un plan de circulation compliqué et saturé qui les rend inefficaces. Encore cet axe correspond-il à la dominante des déplacements de Paris ou vers Paris. Des trajets vers Roissy ou Marne-la-Vallée ne peuvent pas être envisagés par les transports en commun. Les aménagements en accès routiers ont été conçus quant à eux en fonction du projet d’autoroute abandonné en 1985.


b) Données démographiques et économiques

L’ensemble des deux communes représentait environ 52 400 habitants en 1999. La population a doublé en moins de trente ans, la tranche d’âge des moins de 25 ans représentant 47 % de la population totale à Clichy-sous-Bois, 43 % à Montfermeil et jusqu’à 50 % dans la cité des Bosquets, pour une moyenne de 36 % dans le département. Les deux communes doivent, de ce fait, assurer la construction et l’entretien d’équipements pour une population d’âge scolaire très nombreuse, avec des ressources propres très basses. A Montfermeil, les populations en difficulté se trouvent groupées sur un seul quartier de la ville (la cité des Bosquets), alors qu’à Clichy les difficultés sont disséminées à plusieurs endroits de la ville. En outre, à Clichy-sous-Bois, le phénomène de rotation est très élevé (49 % entre deux recensements, pour une moyenne de 36 % dans le département). Les familles dont le sort s’améliore quittent les deux communes, ce qui maintient la tendance à la paupérisation.

Le tissu économique des deux communes est peu dense. Aucune grande entreprise n’est installée sur leur territoire. Les trois premiers employeurs de Montfermeil sont des personnes publiques : l’hôpital intercommunal, la mairie et la maison de retraite des Ormes. En 1990, les taux de chômage étaient déjà parmi les plus élevés du département : 14,7 % à Clichy (23 % pour les moins de 25 ans) et 11,3 % à Montfermeil (24 % pour les moins de 25 ans). Cette situation a encore empiré puisqu’en 1998 les taux de chômage atteignaient à 19,7 % à Clichy et 15,3 % à Montfermeil (25 % dans la cité des Bosquets), pour une moyenne de 14,5 % en Seine-Saint-Denis et 10,3 % en Ile-de-France.

Cette situation explique la faiblesse des recettes liées à la taxe professionnelle, malgré des taux élevés. Les deux communes sont parmi les plus pauvres du département. La convention-cadre du contrat de ville 2000-2006 évalue le potentiel fiscal de Clichy à 311 €/habitant et celui de Montfermeil à 381 €/habitant. A titre de comparaison, la moyenne des communes de plus de 10 000 habitants en Ile-de-France est de 823 €.



II ‑ Modalités d’application de la politique
de la ville sur le site


a) Les dispositifs

Une convention de DSQ intercommunale pour Clichy-sous-Bois / Montfermeil a été signée entre l’Etat et les deux communes en 1990 pour une durée de quatre ans (jusqu’à 1993). Les contrats de ville signés en 1994 étaient, en revanche, communaux.

L’Etat et le département ont signé le 13 mars 1992 un protocole pour la mise en œuvre de la politique de la ville et du développement social urbain dans le département de Seine-Saint-Denis. Les thèmes généraux privilégiés étaient l’habitat et l’enseignement supérieur (programme Université 2000). Il a pris fin au 31 décembre 1993 et n’a pas été reconduit à cette date.

Un nouveau protocole d’accord a été signé dans le cadre de la préparation de la nouvelle phase de contractualisation (2000-2006) entre l’Etat et le département, mais également la chambre de commerce et d’industrie de Paris (délégation de Seine-Saint-Denis), la chambre de métiers, le FAS, la CAF, la SNCF, la RATP et La Poste ; il a pour objectif principal d’encadrer le suivi des contrats de ville au niveau départemental.


b) Particularités institutionnelles

La communauté de communes, créée le 22 décembre 1997, devenue communauté d’agglomération le 1er janvier 2001, a été mise en place spécifiquement pour la politique de la ville.

Le 9 juillet 1991, le CIV décidait de créer pour le site une mission d’études et d’aménagement placée sous l’autorité de la DIV. Ses missions étaient de définir les grandes options d’aménagement pour des projets urbains (notamment le désenclavement routier), d’identifier les activités susceptibles d’intégrer le site, d’élaborer des propositions de maîtrise d’ouvrage, de définir et soutenir la mise en œuvre d’une politique d’équipements publics et d’implantation de services publics. Elle a été supprimée et remplacée par une société d’économie mixte chargée du GPU de Clichy ‑ Montfermeil, constituée le 19 juillet 1996 entre l'Etat (40 % du capital), les communes de Clichy et Montfermeil (20 % chacune), la CDC avec la société SCIC AMO (13 %), le Crédit Foncier de France (5 %) et la chambre de commerce et d'industrie de Paris (2 %), pour une période de 30 ans ; son capital s'élève à 0,76 M€ (0,5 M€ d'apports en numéraire et 0,26 M€ en nature). La société d’économie mixte a assuré la maîtrise d’ouvrage des principales opérations lancées dans le cadre du GPU. Un GIP doit être constitué pour piloter le grand projet de ville.



Annexe 5

Grigny



I ‑ Histoire urbaine

La commune de Grigny, située dans le département de l’Essonne, connaît des difficultés particulièrement aiguës du fait d'une explosion démographique qui lui a été imposée au début des années 1970. Ce village de 3 500 habitants a, en effet, dû accepter deux très importantes opérations immobilières pour lesquelles ses structures étaient totalement inadaptées : la création de l'ensemble locatif social de la Grande Borne et la construction de la copropriété de Grigny II.

La création de la Grande Borne a été décidée par l'Etat, lancée par le District de la région parisienne et réalisée par l'Office interdépartemental HLM de la région parisienne. Ce quartier, dont une petite partie se situe sur le territoire de la commune de Viry-Châtillon, est constitué d’un grand nombre d’immeubles de taille moyenne. Son architecture est originale par rapport à celle de la plupart des quartiers conçus à cette époque. La procédure de ZAC, prévue initialement, n'a pas suivi son cours ; il n'y a pas eu non plus d'incitation à la création de zones d'activités qui auraient pu procurer des emplois à la population et améliorer le potentiel fiscal de la commune.

A la même époque a été lancée l'opération de Grigny II qui compte 4 900 logements en copropriété répartis dans plusieurs ensembles de grandes tours ; elle constitue aujourd’hui la plus grande copropriété de France. Ce quartier se caractérise par des problèmes de mutation sociale avec des difficultés concentrées sur certaines de ses parties. Si le marché de la location s’est maintenu, une chute très importante du coût au m² est observée depuis plusieurs années. En revanche, la copropriété n’est pas dégradée et reste gérée de manière participative.

La commune de Grigny compte aujourd'hui 25 000 habitants, dont 10 800 à la Grande Borne et 12 000 à Grigny II.

Cette urbanisation déséquilibrée explique le manque d’unité d’une ville devenue tripolaire : le quartier de la Grande Borne est construit à l'ouest de l'autoroute A6 qui constitue un obstacle entraînant le repli du quartier sur lui-même ; à l'est, Grigny II est séparé de la Grande Borne par l'autoroute et par des terres agricoles aujourd'hui en friche ; au nord, le village de Grigny, le secteur le moins peuplé, abrite toujours l'hôtel de ville et l'essentiel des services publics.



II ‑ Données économiques et sociales


Le tableau suivant présente les principales données économiques et sociales observées dans le cadre de la préparation du contrat de ville et grand projet de ville 2000-2006 pour les communes de Grigny et Viry-Châtillon.



Chômage




Taux de chômage élevé, atteignant 16 % à Grigny, soit deux fois plus que la moyenne départementale, et plus de 30 % dans certains secteurs des quartiers prioritaires.

34 % des demandeurs d’emploi de Grigny et Viry-Châtillon sont sans activité depuis plus de deux ans

Ratio emploi / habitant faible : 0,29 % à Viry-Châtillon et 0,35 % à Grigny pour une moyenne départementale de 0,71 %.

Pauvreté

et exclusion




Taux de bénéficiaires du RMI de 3,3 % à Grigny fin 1999, soit trois fois la moyenne départementale : des taux aussi élevés sur la partie Grande Borne de Viry-Châtillon et sur le Plateau.



Enfance et petite enfance




Situation extrêmement préoccupante à Grigny où les taux de signalement d’enfants et d’AEMO* sont très élevés, respectivement de 1 % et de 0,8 %, soit des taux quatre et cinq fois supérieurs à la moyenne départementale fin 1999.

Echec scolaire




Résultats aux évaluations en CE2 et en 6ème en français et mathématiques très nettement inférieurs aux moyennes nationales.

Criminalité et délinquance




Augmentation relativement forte de la délinquance dans les quartiers au cours des deux dernières années : + 46 % à la Grande Borne, + 30 % à Grigny II et + 66 % au quartier CILOF** à Viry-Châtillon.

Immigration




Poids important de populations issues de l’immigration (33 % à la Grande Borne) et nombre élevé de minorités ethniques (55 nationalités) sur le territoire du GPV.

Potentiel fiscal




Potentiel par habitant faible : 396,4 € à Grigny et 487,8 € à Viry-Châtillon, très nettement inférieur à la moyenne des communes du département en politique de la ville.

* Actions éducatives en milieu ouvert.
** Compagnie immobilière du logement pour les militaires et fonctionnaires.



III ‑ Modalités d’application de la politique
de la ville sur le site


a) Les dispositifs

Dès les débuts de la politique de la ville, le site de Grigny a fait l’objet de mesures particulières. En 1982, le quartier de la Grande Borne a été classé îlot sensible régional. Par la suite, de 1984 à 1994, la Grande Borne a fait l'objet de différentes procédures de développement social des quartiers (DSQ).

Sur la période 1994-1999, la commune de Grigny a signé un contrat de ville intercommunal avec trois autres communes du département de l’Essonne : Viry-Châtillon, Athis-Mons et Fleury-Mérogis. Elle a également été retenue au titre des GPU par décision du CIV du 29 juillet 1993 pour un projet d’aménagement conçu au début des années 1990. La commune de Grigny souhaitait, en effet, la création d’un véritable centre ville permettant de fédérer les différents quartiers de la commune, dont les deux principaux, la Grande Borne et Grigny II. A cette fin, en octobre 1991, elle avait mandaté l’AFTRP, établissement public de l’Etat, pour la réalisation d’une étude dont l’objectif était « avant tout de créer une vraie ville, avec un projet urbain de centralité qui permette de relier les différents quartiers de la commune, d’améliorer les échanges et de donner, à terme, une image cohérente de Grigny et un développement harmonieux ». La commune de Grigny a été rejointe tardivement (1999) dans le cadre du GPU par celle de Viry-Châtillon, pour la partie du quartier de la Grande Borne se trouvant sur son territoire.

Le site de Grigny a été également classé en zone franche urbaine en application de la loi du 14 novembre 1996. Le périmètre de la ZFU correspondait au quartier de la Grande Borne, à une partie du centre ville et de la ZAC des Radars. Le Conseil d'Etat a annulé, en 1999, le périmètre de la zone franche de Grigny pour distorsion de concurrence dans une zone périphérique se situant à proximité du quartier du village. Le nouveau périmètre, proche de celui initialement retenu, n’a été arrêté qu’en juillet 2001.

Pour la période 2000-2006, les communes de Grigny et Viry-Châtillon ont signé conjointement un contrat de ville / grand projet de ville portant sur l’ensemble de leur territoire. Elles ont également été retenues au titre du dispositif européen PIC Urban II.


b) Spécificités institutionnelles

De 1994 à 1999, aucune structure de mise en œuvre des dispositifs contractuels de la politique de la ville n’a été créée, le soutien administratif et financier de la mission du GPU étant assuré par le principal opérateur d’aménagement du site, l’Agence Foncière et Technique de la Région Parisienne (AFTRP). Le maire de Grigny a exposé à la Cour que « l’absence d’un véritable dispositif collectif de pilotage du GPU sur cette période n’a pas facilité les relations entre les partenaires, et singulièrement entre la collectivité et l’Etat ».

Le nouveau contrat 2000-2006 marque une évolution importante avec la création d’un GIP du contrat de ville / grand projet de ville par arrêté préfectoral du 21 décembre 2000.



Annexe 6

Vaulx-en-Velin



I ‑ Histoire urbaine

Vaulx-en-Velin, commune de tradition agricole, située à la périphérie nord-est de Lyon, compte 39 000 habitants (recensement 1999). Son développement urbain s’est considérablement accéléré avec la création, à partir de 1972, d’un « grand ensemble neuf » qui représente aujourd’hui 62 % des logements de la commune et 81 % de son parc HLM. Il a été conçu selon une logique de séparation des fonctions (construction de dalles sur pilotis) : quartiers d’habitation cloisonnés entre eux, voiries privilégiant l’accès à Lyon et Villeurbanne mais interdisant la desserte entre quartiers, séparation des flux de circulation piétons/bus/automobiles avec des parkings semi-enterrés, séparation des fonctions, les commerces et les équipements publics étant disposés à l’extérieur des quartiers d’habitation.

La ville est traversée par le canal de Jonage. Le « grand ensemble » qui constitue la ZUP est situé au nord du canal et comprend plusieurs quartiers : à l’ouest, le Mas du Taureau, Grôlières et le Pré de l’Herpe ; à l’est, Ecoin-Thibaude, Vernay et Verchères ; au centre, à l’origine le centre commercial du Grand Vire et les équipements publics. Au nord du canal se trouvent aussi les quartiers de la Grappinière et du Petit-Pont qui formaient, avec la ZUP, les quartiers en DSQ puis en GPU.

Au sud du canal, sont situés d’autres quartiers sensibles constitués d’anciennes cités ouvrières construites à l’époque où la ville avait une industrie puissante de textile synthétique : la cité Tase, la cité Balme et la cité des Brosses.

Plus de la moitié des résidences principales de la commune sont des HLM, qui appartiennent à 14 bailleurs sociaux différents. Cette proportion atteint 60 % dans les quartiers sensibles où le taux de vacances était de 17 % en 1999 dans le « grand ensemble » (8,8 % en 1990).



II ‑ Données démographiques et économiques


La population totale de la commune a diminué de 11 % entre les deux recensements. L’ensemble des quartiers sensibles représente plus des trois-quarts de la population de Vaulx-en-Velin, dont 62 % pour le GPU.

Tous les indicateurs de précarité sont sensiblement supérieurs à la moyenne départementale. Le revenu fiscal des habitants de la commune correspond à 45 % du revenu fiscal moyen du département ; le pourcentage de foyers fiscaux non imposables s’élève à 62 %, contre 42 % pour l’ensemble de l’agglomération lyonnaise. 12 % des familles sont monoparentales (9 % dans le département). 54 % des ménages de la commune sont des allocataires de la caisse d’allocations familiales (72 % pour le GPU) contre 45 % pour l’agglomération lyonnaise.

La population est jeune (plus de 65 % de la population a moins de 30 ans, 37 % moins de 20 ans). La population étrangère (13 500 personnes) forme plus de 20 % de la population totale de la commune (25 % dans le GPU) contre 8 % dans l’ensemble de l’agglomération.

Indicateurs socio-économiques du site

Chiffres 1999




GPU




Quartiers Sud




Commune Vaulx-en-V




Grand Lyon

Population




24 443




2 210




39 128




1 348 422

Evolution 90/99




– 17 %




– 13 %




– 11 %




+ 4 %

Population active




10 126




945




16 503




623 321

Evolution 90/99




- 23 %




– 15 %




– 17 %




+ 3 %

Nombre de chômeurs




+ 21 %









+ 22 %




+ 36 %

Taux de chômage




28 %




26 %




23 %




12 %

Taux de chômage < 25 ans




40 %




37 %




37 %




22 %

Allocataires de la CAF Bénéficiaires du RMI (1)




72 %




60 %




54 %




45 %

HLM / résidences principales




64 %




59 %




51 %




21 %

Taux de vacances HLM




17 %




12 %




13 %




8 %

taux de vacances > 3 mois




12 %









10 %




2 %

Taux de réussite au brevet (2)














44 %




67 %

Retard > ou = à 1 an en CM2














35 %




18 %

Source : Cour des comptes
(1) en % des ménages (2) année scolaire 1997-1998


III ‑ Modalités d’application de la politique
de la ville sur le site


a) Les dispositifs

La politique de la ville était à l’origine concentrée sur les quartiers au nord du canal. Le contrat de DSQ (1989-1993) couvrait les quartiers de la Grappinière, de Petit-Pont et de la ZUP (le « grand ensemble »). Dans le contrat de ville 1994-1996, ces quartiers concentraient l’essentiel des interventions, puisque le GPU et la ZFU (en 1997) recouvraient leur territoire, mais plusieurs sites sensibles au sud du canal étaient également concernés et classés en ZRU. La place réservée à ces quartiers a continué à s’accroître. Le périmètre du GPV intègre ainsi le territoire de l’ex-GPU et trois quartiers d’habitat social du sud de la commune.

Les accords de 1994 et 2000 sont organisés autour de la restructuration urbaine de la commune dont les principes d’aménagement ont été énoncés, avant même la création des GPU, dans un protocole signé le 19 février 1993 entre l’Etat, la commune et la communauté urbaine. Le GPU, dont le principe a été arrêté par le CIV du 29 juillet 1993 et le protocole signé le 6 mai 1994, prévoit une restructuration lourde du centre ville. Le GPV assure la continuité de ces opérations.

Le centre ville a été réaménagé : démolition du centre commercial du Grand Vire, implantation d’un lycée, création d’un planétarium, reconstruction d’immeubles collectifs de petite taille en accession à la propriété et installation d’un supermarché.


b) Spécificités institutionnelles

Les accords signés en 1994 et 2000 concernant Vaulx-en-Velin constituent des conventions particulières du contrat de ville expérimental de l’agglomération lyonnaise signé le 30 juin 1992. Le GPU puis le GPV font partie intégrante de ces deux accords. Le pilotage politique de l’ensemble est assuré par un comité de pilotage qui réunit tous les partenaires (commune, Etat, communauté urbaine, département, région, FAS, organismes HLM, Caisse des dépôts et caisse d’allocations familiales, ainsi que le SYTRAL pour la période 1994-1999).

Un GIP, présidé par le maire, a été créé entre l’Etat, la commune et la communauté urbaine en 2001 ; doté d’un budget de 0,2 M€, il est en charge de la coordination de la maîtrise d’ouvrage.



Annexe 7

Vénissieux



I ‑ Histoire urbaine

La ville de Vénissieux, située dans la périphérie sud-est de Lyon, est la 3ème ville du département du Rhône. Elle bénéficie de la proximité de la campagne et dispose encore de nombreuses réserves foncières. Elle a une vocation industrielle fortement marquée, due en particulier au groupe RVI.

La topographie de la ville est caractérisée par une partie basse, le centre ancien essentiellement, et une partie en plateau, les quartiers des Minguettes. A proximité des grands axes de circulation, le quartier Max Barel, situé en contrebas des Minguettes, constitue un territoire clos et enclavé, comprenant peu d’équipements publics.

Les Minguettes, construites entre 1967 à 1974, sont composées de 62 tours de 60 à 85 logements et de barres, formant plusieurs quartiers (Démocratie, Darnaise-Monchaud, Léo Lagrange-Monmousseau, Pyramides-Armstrong) regroupés autour d’un parc. L’ensemble comptait, à l’origine, 35 000 habitants dans 9 200 logements, dont 85 % de type HLM, répartis entre 11 bailleurs sociaux.

Aujourd’hui, les Minguettes représentent un tiers des logements de la commune, mais 55 % de son parc de logements HLM (6 437 logements sur 11 589 à Vénissieux). Ceux-ci représentent 75 % du parc de logements du quartier. D’après le recensement de 1999, le taux de vacance est de 8,3 % du parc communal de logements contre 5,7 % en 1990 ; il est de 14,7 % aux Minguettes (7,2 % en 1990) et de 7,5 % à Max Barel (8,1 % en 1990 avec une évolution en dents de scie).



II ‑ Données démographiques et économiques


En 1994, la commune avait perdu 15 000 habitants depuis 15 ans. Entre 1990 et 1999, la population a continué à diminuer, passant de 60 450 à 56 000 (soit - 7,3 %). La population des quartiers sensibles (Minguettes et Max Barel) représente 42 % de la population de la commune (23 400 habitants) ; elle est essentiellement regroupée aux Minguettes (21 150 personnes) dont la population a décru de près de 11 % depuis 10 ans.

Le potentiel fiscal de la commune (830 €) est supérieur à celui de Vaulx-en-Velin (605,5 €), grâce notamment à la présence de RVI. Comme à Vaulx-en-Velin, 54 % des ménages sont allocataires de la CAF et 72 % aux Minguettes. 43 % des ménages allocataires de la CAF aux Minguettes disposent de bas revenus contre 34 % pour la commune et 10 % pour l’agglomération lyonnaise.

Les jeunes de 25 ans constituent 39 % de la population et 48 % aux Minguettes. En 1999, la population étrangère représente 14,5 % de la population communale, 20,6 % aux Minguettes et 21% sur Max Barel.

Indicateurs socio-économiques de Vénissieux

Chiffres 1999




Les Minguettes




Max Barel




Commune Vénissieux




Grand Lyon

Population




21 151




1 928




56 014




1 348 422

Evolution 90/99




– 11 %




– 8 %




– 7 %




+ 4 %

Population active




8 510




859




24 485




623 321

Evolution 90/99




- 21 %




– 12 %




– 16 %




+ 3 %

Evolution du nombre de chômeurs 90/99




+ 14 %




+ 28 %




+ 16 %




+ 36 %

Taux de chômage




29 %




23 %




19 %




12 %

Taux de chômage < 25 ans




42 %




39 %




34 %




22 %

Allocataires de la CAF Bénéficiaires du RMI (1)




72 %




56 %




54 %




45 %

HLM / résidences principales




74 %




61 %




50 %




21 %

Taux de vacances HLM




15 %




7 %




8 %




8 %

taux de vacances > 3 mois









2 %




4 %




2 %

Taux de réussite au brevet














56 %




67 %

Retard > ou = à 1 an en CM2




30 %




36 %









18 %

Source : Cour des comptes (1) en % des ménages



III ‑ Modalités d’application de la politique
de la ville sur le site


a) Les dispositifs

A Vénissieux, la politique de la ville ne s’applique qu’à une partie de la population de la commune malgré un élargissement progressif du périmètre d’intervention.

Alors que les premiers habitants commençaient à arriver en 1965, dès 1974, les premiers dysfonctionnements apparaissent : isolement de certains ménages, problèmes de socialisation des enfants et des jeunes, absence de lisibilité de l’organisation spatiale, vacance de logements. En 1982, le quartier des Minguettes est l’un des 22 quartiers retenus au titre des « programmes locaux de développement social » et en 1983, trois tours sont détruites dans le quartier Monmousseau.

En février 1986, la convention de plan engage l’agglomération à réaliser une ligne de métro devant aboutir aux Minguettes et prévoit le lancement d’un concours sur le quartier Démocratie en vue de sa requalification. Ce concours conduit à l’adoption d’un projet qui constitue l’un des deux premiers projets retenus par le CIV du 9 juillet 1991 (avec celui de Clichy-Montfermeil) pour faire l’objet d’un GPU qui s’organise notamment autour des thèmes suivants : les transports afin de désenclaver le quartier par une desserte de la ville en site propre, l’implantation d’un département d’IUT à Démocratie, la démolition ou la transformation de 9 tours.

Le CIV du 22 février 1994 décide d’abandonner le projet de réhabilitation du quartier Démocratie qui ne paraît pas économiquement viable et de procéder à la destruction des 10 tours du quartier. Il modifie en outre le périmètre du GPU de Vénissieux qui s’applique désormais à l’ensemble des Minguettes. Mais le protocole du GPU signé en février 1994 ne repose pas, à l’époque, sur un projet urbain clairement défini et partagé qui n’a pas eu le temps d’être préparé ; celui-ci a été progressivement élaboré pendant le premier contrat de ville (1994-1999), qui s’appliquait au GPU (Minguettes) et au quartier Max Barel, ainsi qu’à quelques autres quartiers moins défavorisés. Il a permis de mener à bien différents projets tels que l’ouverture d’un pôle de service public (en 2001), la reconstruction de logements à Darnaise autour d’un centre commercial rénové, la reconstruction d’un collège et l’ouverture d’une maison de la justice et du droit, puis d’une médiathèque début 2001.

Le périmètre d’application du GPV (2000-2006) est légèrement différent puisqu’il recouvre le quartier des Minguettes ainsi que le quartier Max Barel et les axes de liaison entre les deux quartiers. Il repose sur un nouveau projet urbain.


b) Spécificités institutionnelles

Il n’y a aucune institutionnalisation des procédures mises en œuvre à Vénissieux. Les contrats de ville successifs de l’agglomération lyonnaise donnent lieu à des conventions particulières, signées par la commune, l’Etat, la communauté urbaine de Lyon, le département, la région, le FAS, les organismes HLM, la Caisse des dépôts et consignations, la CAF ainsi que le SYTRAL et l’Université de Lyon 2 (1994-1999) ou l’IUFM de Lyon (2000-2006). Ces conventions intègrent le GPU puis le GPV, qui en constituent le volet « aménagement ».



Annexe 8

Marseille



I ‑ Histoire urbaine


Marseille a connu jusqu’au dernier quart du XXème siècle une expansion économique remarquable engendrée pour l’essentiel par les activités commerciales et industrielles du port, longtemps soutenues par les échanges avec les colonies. Après avoir puisé dans le réservoir humain que constituait la Haute-Provence, les industries marseillaises ont eu recours de plus en plus largement à l’immigration, italienne à partir de la fin du XIXème siècle, maghrébine après la première guerre mondiale. Marseille a également accueilli à plusieurs reprises des populations menacées dans leur pays ou leur région d’origine, Arméniens après le génocide de 1915, rapatriés d’Afrique du Nord au lendemain de l’indépendance du Maroc, de la Tunisie et de l’Algérie.

Contrairement à ce qui est constaté dans la plupart des villes d’accueil, les populations nouvellement arrivées ne se sont pas systématiquement concentrées à la périphérie de l’agglomération. Elles se sont réparties sur l’ensemble de la ville, qui est une juxtaposition de quartiers différents, ayant chacun leur identité. Pendant longtemps, la croissance économique a assuré la cohésion d’une société cosmopolite.

Mais depuis les années 1960, les difficultés économiques se sont multipliées : le ralentissement des échanges avec les anciennes colonies, la fermeture du canal de Suez après la guerre des six jours et la montée de la concurrence internationale ont entraîné un déclin des activités portuaires, dont les conséquences sur l’ensemble des secteurs économiques ont été considérablement amplifiées par le choc pétrolier de 1973. Par ailleurs, l’évolution des modes de vie et les facilités de déplacement ont conduit de nombreuses familles aisées à quitter la ville pour aller résider dans l’arrière-pays.

Plusieurs quartiers, non seulement à la périphérie et notamment dans le nord de Marseille, mais également en plein centre de la ville, ont ainsi été habités par des familles de plus en plus modestes. Celles-ci ont été les premières à être frappées par la crise économique. Ces quartiers naguère aisés, voire très aisés, se sont ainsi trouvés engagés dans un processus accéléré de paupérisation.



II ‑ Données démographiques et économiques


Marseille comptait 100 000 habitants au début du XIXème siècle, 300 000 à la fin du Second Empire et plus de 900 000 en 1975. C’est à cette époque que la tendance démographique s’est inversée. Au cours du dernier quart du XXème siècle, Marseille a perdu 100 000 habitants, soit plus de 10 % de sa population. Celle-ci est passée de 903 200 habitants en 1975 à 798 000 en 1999.

138 000 personnes vivent à Marseille avec un revenu inférieur au seuil de pauvreté. Au second trimestre 1999, le taux de chômage y était de 18,7 % contre 14,8 % dans la région Provence-Alpes-Côte d’Azur et 10,8 % en moyenne nationale. Le chômage de longue durée concernait 45 % des demandeurs d’emploi. Les bénéficiaires du RMI étaient près de 49 000, en augmentation de 10 % sur l’année précédente.

La situation du marché de l’emploi s’est améliorée à partir du milieu de l’année 1999, le taux de chômage ayant baissé en un an à un rythme comparable sur Marseille (- 1,8 point) et sur l’ensemble de la région (- 1,7 point). Mais, pendant ce temps, le nombre des bénéficiaires du RMI continuait à progresser.



III ‑ Modalités d’application de la politique
de la ville sur le site


a) Les dispositifs

Marseille s’est engagée dès le début des années 1980 dans des actions de développement social des quartiers : réhabilitation des cités construites dans les années 1960, accompagnement social des familles en difficulté, encouragements à la vie associative, désenclavement des quartiers nord, notamment par le métro. En 1991, la ville a bénéficié d’un des 12 contrats expérimentaux testés en vue d’une généralisation à l’occasion du XIème Plan.

Le premier contrat de ville (1994-1999) comportait un « grand projet urbain ». Par la population concernée (65 000 habitants), ce GPU était le plus important de France. Le second contrat de ville (2000-2006) est assorti d’un « grand projet de ville » qui couvre un territoire de 225 000 habitants. Un ambitieux programme de requalification urbaine, Euroméditerranée, a été engagé en 1993. Cette opération est distincte du contrat de ville, mais son territoire est désormais inclus dans la géographie prioritaire de la politique de la ville.

La mise en œuvre de ces dispositifs est marquée par trois évolutions :

l’élargissement des périmètres d’intervention : la population des territoires prioritaires est passée de 216 000 habitants en 1994-1999, soit 25 % de la population de Marseille, à 407 000 aujourd’hui, soit plus de la moitié de la population de la ville ;

la multiplication des dispositifs d’intervention : cette évolution concerne les dispositifs tant nationaux (création des ZUS, ZRU et ZFU) qu’européens (inclusion de la requalification urbaine dans l’objectif 2, programmes PIC urban) ;

l’augmentation du nombre des partenaires du contrat de ville : trois signataires en 1994 (l’Etat, la région et la commune), cinq en 2000 (aux trois signataires précédents s’ajoutent le département et le FAS). Par ailleurs, la Caisse des dépôts et consignations, l’ANPE, les organismes d’HLM et la CAF notamment ont été invités à adhérer aux dispositions du contrat les concernant.


b) Spécificités institutionnelles

L’impossibilité de confier la mise en œuvre de la politique de la ville à un opérateur unique constitue l’une des constantes marseillaises. En 1993, l’Etat avait proposé la création d’une société d’économie mixte qui aurait été chargée de la conduite du GPU. Mais il s’est heurté à une fin de non-recevoir des partenaires locaux. Et c’est en définitive un dispositif administratif de pilotage qui a été mis en place, comme pour le contrat de ville, mais distinct de celui-ci.

En 2000, les collectivités ont souhaité confier la conduite du contrat de ville et du GPV à un GIP. Mais le FAS a refusé de s’y associer, et l’adhésion de la commune de Septèmes-les-Vallons, partiellement concernée par le GPV, a soulevé des difficultés juridiques tenant au fait qu’elle n’est pas signataire du contrat de ville. Cette question devrait pouvoir être résolue lorsque les compétences relatives à la politique de la ville seront transférées à la communauté urbaine instaurée à compter du 1er janvier 2001. Ce transfert n’est pour le moment pas réalisé, et le contrat de ville et le GPV relèvent toujours de deux comités de pilotage séparés.



Annexe 9

Saint-Denis de la Réunion



I ‑ Histoire urbaine

Située au nord du département, blottie contre une montagne très escarpée, Saint-Denis s’est longtemps limitée à son centre ville, dessiné par les militaires avec des rues se croisant à angle droit, constitué de demeures traditionnelles, les « cases créoles », éparpillées autour des bâtiments historiques, tels que la cathédrale, l’hôtel de ville ou les anciens entrepôts de la Compagnie des Indes.

Le développement économique et la démographie ont transformé la ville. Certes, le centre-ville a conservé son caractère, même si des immeubles ont remplacé par endroits les vieilles cases désormais classées. Mais c’est surtout vers l’est que la ville s’est développée, avec l’apparition de nombreuses zones de « bidonvilles », mitant progressivement des terres agricoles occupées traditionnellement par la culture de la canne à sucre.

Les pouvoirs publics ont engagé de vastes programmes de construction de logements sociaux et d’équipements collectifs, afin de donner aux faubourgs de Saint-Denis un visage plus digne. L’habitat insalubre a été en quasi-totalité éradiqué, sans recourir aux implantations de barres et autres constructions de grande hauteur. Au contraire, de nombreux quartiers de Saint-Denis sont encore constitués d’habitats individuels, les constructions collectives sont restées de petite taille, éparpillées dans des parcs où les flamboyants fleurissent durant l’été austral.

A Saint-Denis, il s’agit, en effet, plus de construire la ville que de la réhabiliter. La mixité sociale est assez répandue, l’habitat social est souvent de qualité, la solidarité familiale entre générations reste forte.

Selon le diagnostic établi par la délégation régionale interministérielle à la ville (DRIV) en juillet 1999, lors de la préfiguration du futur contrat de ville, 30 % des logements de Saint-Denis étaient à caractère social (15 000 sur 44 000). La sociologie des quartiers est susceptible d’évoluer très rapidement : en moyenne, 700 logements sociaux sont construits chaque année et 1 400 changent d’occupants dans le parc existant ; ces 2 100 emménagements

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La politique de la ville Retour au sommaire Fin Liste des annexes Annexe 1 : l’approche anglaise de la politique en faveur des zones urbaines défavorisées Annexe 2 : Roubaix-Tourcoing Annexe 3 : Le Mantois Annexe 4 : Clichy-Montfermeil Annexe 5 : Grigny Annexe 6 : Vaulx-en-Velin Annexe 7 : Vénissieux Annexe 8 : Marseille Annexe 9 : Saint Denis de la Réunion Annexe 10 : aspects internationaux : les sources utilisées Annexe 1 L’approche anglaise de la politique en faveur des zones urbanisées défavorisées I ‑ Présentation Pays anciennement et fortement urbanisé (80 % de sa population vivent dans des villes de plus de 10 000 habitants), l’Angleterre est en Europe un pays pionnier en matière de politique menée en faveur des quartiers en difficulté. Les problèmes à résoudre relèvent d’un modèle de développement urbain fortement marqué par les révolutions industrielles. Les villes anglaises ont ainsi vu se concentrer dans leurs centres des phénomènes de pauvreté, de dégradation de l’habitat, et de regroupement de minorités ethniques, tandis que les banlieues, éloignées du centre-ville, sont plutôt caractérisées par leur nature résidentielle. Aujourd’hui, la dégradation de l’état de santé, le développement du sentiment d’insécurité et de l’insécurité elle-même, et les médiocres performances scolaires concernent plus particulièrement les zones urbaines. II ‑ Rappel historique Dès la fin des années soixante, l’Angleterre fait preuve d’innovations prenant en compte les particularités de zones défavorisées. Ainsi le rapport de Mme Plowden de 1967 débouche sur l’instauration des educational priority areas, qui inspireront les Zones d’Education Prioritaires françaises. Les émeutes de Brixton, un quartier de Londres, en avril 1981, ont conduit le gouvernement anglais à diligenter une enquête visant à en éclairer les origines : le rapport de Lord Scarman ouvrit ainsi la réflexion sur les dysfonctionnements sociaux et la nécessité d’améliorer l’environnement des périphéries et les services publics. Dans les années 1980, le programme Priority Estate Project (projet sur les quartiers prioritaires) vise à réinvestir une trentaine de quartiers en général gérés de l’extérieur sans implantation locale ni service public. Le concept de régénération urbaine au niveau local se développe particulièrement dans les initiatives menées dans les années 1990, parmi lesquelles l’Action for Cities, le City Challenge puis le Single Regeneration Budget et, plus récemment, le New Commitment to Regeneration. Se sont ainsi imposés les principes essentiels de la régénération urbaine telle qu’elle est aujourd’hui conçue en Angleterre : le partenariat, qui inclut les autorités locales, les communautés locales [1] et le secteur privé ; l’intégration des différentes approches économique, sociale et environnementale ; l’action territorialisée, sans pour autant restreindre géographiquement les problèmes posés ; la cohérence interministérielle, sur le plan du financement ou sur celui des modalités d’action locale ; enfin, la nécessité de faire participer les habitants au développement local. III ‑ Le cadre institutionnel a) Les structures nationales Le Department for Transport, Local Government and Regions (DTLR) [2] définit et met en œuvre la politique de régénération urbaine en Angleterre. Deux unités sont consacrées à ces questions dans ce ministère : la Urban Policy Unit [3] et la Neighbourhood Renewal Unit [4] . La Urban Policy Unit est dédiée à la mise en œuvre du document Our Towns and Cities : the Future [5] , publié en novembre 2000, qui définit la politique gouvernementale dans ce domaine. Il a été publié concomitamment avec un autre document intitulé The state of English Cities [6] , qui a donné une vision générale de l’état des lieux, et les orientations possibles d’une politique urbaine. Il passe notamment en revue le rôle économique des villes, en mettant l’accent sur les thèmes suivants : le niveau pertinent d’intervention, les modèles socio-économiques à l’échelle des quartiers et les modalités de gouvernance au service de politiques locales de régénération. La Neighbourhood Renewal Unit est située en position interministérielle au sein du DTLR, afin de surveiller la mise en œuvre du plan national d’action du gouvernement, publié en janvier 2001, sous le titre de National Strategy Action Plan : A New Commitment to Neighbourhood Renewal [7] . Ce plan a été conçu par la Social Exclusion Unit [8] , créée par le Premier Ministre en décembre 1997 au sein du Cabinet Office [9] . La Social Exclusion Unit, a conçu une stratégie avec l’aide de dix-huit équipes, les Policy Action Teams, installées pour examiner les problèmes des quartiers en difficulté. Ces équipes ont étudié les questions de l’emploi, des compétences, des entreprises, de la santé, du logement, du comportement antisocial, des écoles et de la coordination locale, tout en prenant en compte les considérations liées aux origines et aux minorités ethniques. La Urban Policy Unit et la Neighbourhood Renewal Unit entretiennent d’étroites relations qui leur permettent de mener des actions et stratégies coordonnées et complémentaires. b) Le fonctionnement Le ministère établit le cadre politique et la programmation des actions liées aux politiques urbaines. Il s’appuie au niveau régional sur les Regional Development Agencies (RDAs) [10] auxquelles il a donné plus de flexibilité budgétaire pour le soutien de la croissance économique régionale. Il se fonde également sur l’existence de structures susceptibles d’assurer un leadership à l’échelon régional, notamment les équipes de renouvellement des quartiers (Neighbourhood Renewal Teams) constituées au sein des Government Offices for the Regions [11] . L’Etat attend de chaque ville qu’elle définisse sa propre vision de son futur et propose des plans pour le réaliser ; elle doit donc susciter un partenariat stratégique local (Local Strategic Partnerhip) impliquant les « communautés locales », les autorités locales, les fournisseurs de services, les associations, les chefs d’entreprise et les autres acteurs locaux. Ces partenariats stratégiques locaux sont soutenus par les Government Offices for the Regions. Ainsi, les politiques et programmes peuvent être ciblés là où ils apparaissent les plus nécessaires et adaptés au plus près des besoins locaux. IV ‑ Les orientations de la politique actuelle A ‑ Les objectifs du Urban White Paper Afin de mettre en œuvre les orientations du Urban White Paper sur les conditions du développement urbain, les ressources des Regional Development Agencies (RDAs) ont été accrues de 1,7 milliard de livres (soit environ 2,7 M€). Les RDAs portent aujourd’hui l’attention sur des projets globaux de régénération, qui concernent aussi bien la mise en valeur de terrains déclassés que la création d’emplois et le soutien à l’implantation d’entreprises, avec des programmes financés par le Single Regeneration Budget, le Challenge Fund et des fonds structurels européens. B ‑ Le renouvellement des quartiers La Neighbourhood Renewal Unit soutient l’action gouvernementale au niveau des quartiers, en contrôlant le développement local des stratégies de renouvellement des quartiers, et en y mobilisant les secteurs-clés et les acteurs essentiels. Afin de réduire les écarts identifiés par le plan d’action stratégique entre les quartiers en difficulté et le reste du pays, 900 M£ (environ 1 435 M€) seront consacrés, pendant trois ans (jusqu’en 2004), à l’accélération du processus de renouvellement urbain. Cette stratégie s’appuie sur des partenariats stratégiques locaux, chargés d’identifier les quartiers prioritaires, de trouver les causes profondes de leur déclin, de déterminer comment les acteurs peuvent contribuer à améliorer la situation, et de mettre en œuvre des actions acceptées par tous. Sur les années 2003-2004, 33 milliards de livres supplémentaires (soit environ 52,3 milliards d’€) seront affectés aux zones ayant besoin de services de base, comme l’éducation, la santé, les transports, le logement, la justice et les loisirs. Cette augmentation de moyens est liée à des objectifs spécifiés dans les Public Service Agreements : ceux-ci incluent notamment des « objectifs planchers », qui précisent les normes minimales à réaliser. Une liste de ces objectifs pour la régénération urbaine est communiquée dans le tableau ci-joint. C ‑ Les autres financements disponibles Le Single Regeneration Budget [12] a été mis en place en 1994 pour assurer la convergence de programmes élaborés par différents ministères. Son but était de simplifier et d’accroître l’efficacité des aides disponibles au profit de la régénération. Il est mis à la disposition des partenaires locaux afin de combattre l’exclusion et promouvoir l’égalité, ainsi que pour soutenir la régénération urbaine. Il a pour but de renforcer la qualité de vie des habitants des quartiers en difficulté, en réduisant les écarts entre ces quartiers et leurs alentours, et entre les différents groupes. D’ici 2001, la gestion de ce fonds sera totalement transférée du ministère (DTLR) aux Regional Development Agencies. Ce fonds représente environ 878,5 M£ (soit 1 405,1 M€) pour 2001-02. En outre, sur les six initiatives soutenues par le New Opportunities Fund, deux concernent la régénération urbaine ; la création de réseaux de prévention de santé, et le développement d’espaces verts et de développement du lien social. Les projets qui bénéficient de ces financements s’ajoutent à ceux soutenus par l’action gouvernementale. Exemples d’indicateurs mis en œuvre dans les Public Service Agreements en Angleterre Thème Responsable local Cible Emploi Employment Service Diminuer le taux de chômage dans les trente districts enregistrant les plus mauvais résultats et réduire les écarts entre les districts New Deal Partnership Action Teams for Jobs Small Business Service Favoriser la création d’entreprises dans les quartiers défavorisés Employment Service Accroître le taux d’emploi des handicapés, des parents isolés ou des minorités ethniques, et des personnes de plus de 55 ans, et réduire les écarts avec les autres catégories New Deal Partnership Actions Teams for jobs Regional Development Agencies Accroître les performances économiques des régions sur la base du PNB/habitant Sécurité Crime and Disorder Réduire la petite délinquance de 25 %, et veiller à ce qu’aucun district n’enregistre un pourcentage triple de la moyenne nationale d’ici 2005 Regional Partnership Education Schools and Local Education Authorities Accroître le pourcentage d’élèves obtenant des mentions A à C aux GCSEs* à un niveau minimum de 25 % dans toutes les écoles Santé Health Authorities, Primary Care Réduire l’écart de santé entre les zones les plus défavorisées du pays et la moyenne nationale. Indicateurs en cours de définition Trusts and Primary Care Group Housing Authorities Réduire de 33 % d’ici 2004 le nombre de locataires habitant des logements publics non conformes, surtout dans les zones défavorisées Registered Social Landlords Environnement Local authorities Améliorer la qualité de l’air dans les zones défavorisées et la mettre aux normes prévues par le plan gouvernemental pour la qualité de l’air * General Certificate of Education Annexe 2 Roubaix - Tourcoing I ‑ Une histoire marquée par le déclin industriel a) Histoire urbaine Le site était depuis le Moyen Age spécialisé dans le travail de la laine, mais c’est pendant la révolution industrielle de la seconde moitié du 19ème siècle que les villes ont pris leur essor. Ainsi Roubaix, peuplée d’environ 10 000 habitants en 1810 et 35 000 en 1851 en compte 120 000 en 1914, soit une multiplication par douze en un siècle, grâce à une industrialisation accélérée. Tourcoing a connu une évolution démographique moins forte : le nombre d’habitants est passé de 12 000 en 1800 à 28 000 en 1850 et 80 000 en 1900. Cette industrialisation - reposant sur une mono-industrie - a eu deux conséquences néfastes pour le site à partir de la crise des années 1970. Le chômage augmente dans des villes ouvrières à qualification relativement faible et dans un contexte régional fragilisé par la crise et dont les indicateurs socio-économiques accusaient déjà un retard sur la moyenne française. D’autre part, le plan d’urbanisation anarchique engendré par l’industrialisation ne facilite pas la cohésion sociale de ces communes dépourvues de véritables centres - villes. En effet, Roubaix et Tourcoing se sont, au cours du 19ème siècle, construites autour de leurs usines, chaque filature ayant ses logements ouvriers, le plus généralement constitués de « courées ». Il s’agit d’enfilades de maisons individuelles collées les unes aux autres de part et d’autre d’une voie centrale et pourvues à l’arrière d’une courette ou d’un jardinet. L’édification des constructions a été laissée à l’initiative privée. Construits en matériaux de mauvaise qualité, ces logements se sont avec le temps très fortement dégradés. L’habitat, plus ancien que celui des autres villes françaises, est dépourvu de confort. Une importante vie de quartier s’est développée autour de ces courées, au détriment du sentiment d’appartenance à la ville dans son ensemble. L’espace urbain est désordonné : les fabriques, les maisons ateliers et les quartiers d’habitat ouvrier s’enchevêtrent. La crise a entraîné l’apparition de nombreuses friches industrielles au cœur même des villes. Dès 1900, la périphérie Nord de Roubaix et la périphérie Sud de Tourcoing se rejoignent (dans des faubourgs abritant un habitat ouvrier avec courées et maisons en bande mêlé à un tissu industriel composé des sous-traitants des grandes entreprises textiles) ; des liaisons entre les deux villes sont créées : rue de Roubaix à Tourcoing, rue de Tourcoing à Roubaix, rue de l’Union. Contrairement à certains quartiers urbains périphériques des grandes villes, comme Lille Sud par exemple, Roubaix et Tourcoing ne connaissent pas de problèmes d’enclavement particuliers, elles sont même plutôt bien desservies par les transports en commun (métro VAL, tramway). De même, la difficulté sociale ne découle pas principalement de grandes barres à Roubaix : si bailleurs sociaux institutionnels gèrent environ 15 000 logements, le problème est surtout celui d’un logement social privé (22 000 logements), souvent occupé par des ménages aux revenus modestes, devenus propriétaires en raison de la faiblesse des prix immobiliers mais incapables de maintenir un patrimoine dégradé, souvent dépourvu de confort, parfois insalubre. Seul le quartier de l’Alma est composé de barres et de tours, de petite dimension. Tourcoing est dans la même situation : seul un quartier en grande difficulté, La Bourgogne, s’apparente aux grands ensembles traditionnels. b) Données démographiques et économiques Indicateurs socio-économiques du site Chiffres 1998 Roubaix Tourcoing Arrondissement Allocataires CAF RMIstes Plus de 4% Plus de 3% 2,33% Bénéficiaires de l’AMG * 7,8% 1 à 2% Taux de chômage 28,30% 20,10% 15,53% Revenu fiscal net moyen par an (en 95) < 10 670 € < 10 670 € 13 415 € Mortalité par alcoolisme (pour 1000) Entre 0,3 et 0,4 Entre 0,3 et 0,4 0,3 Evolution nombre demandeurs emplois 1996 – 1998 -2,6% -1,9% -2,2% Potentiel fiscal de la taxe d’habitation 323 303 429 Source : Cour des comptes * AMG : aide médicale gratuite La situation est particulièrement dégradée à Roubaix et Tourcoing en comparaison de la moyenne de l’arrondissement, de l’agglomération lilloise et du territoire national. Les chiffres indiqués par l’Education Nationale corroborent les précédents : la proportion d’élèves en retard de 2 ans ou plus est le double de la moyenne en France à l’entrée en CP ; elle lui est de près de deux fois et demie supérieure à l’entrée en CM2 et d’une fois et demie en seconde. Roubaix et Tourcoing ont du mal à faire vivre la mixité sociale et donc à sortir du cercle vicieux de l’exclusion sociale et urbaine : identité urbaine faible, habitat dégradé, population de nationalité étrangère (20 %) ou d’origine étrangère (48 %), en situation économique et sociale difficile, problèmes de santé, fort sentiment d’insécurité. Elles attirent des populations en difficulté alors que les ménages dont la situation s’améliore partent. C’est, en effet, à Roubaix que le prix des logements est le plus bas de tout l’arrondissement (parmi les dix quartiers les moins chers, neuf sont situés à Roubaix). Le taux de mutation des logements est très élevé (4,82 déclarations d’intention d’aliéner par an pour cent logements privés en moyenne sur la période 1990-1998). Depuis 1982, chaque recensement fait apparaître une baisse du nombre d’habitants à Roubaix et Tourcoing. Le solde migratoire très négatif n’est que partiellement compensé par la jeunesse de la population. II ‑ Modalités d’application de la politique de la ville sur le site a) Les dispositifs - Un contrat d’agglomération de la communauté urbaine de Lille 1992 ‑ 1994 avait été signé après la désignation de Lille comme site ‑ pilote des futurs contrats de ville. - Des conventions de reconquête commerciale sur Roubaix et sur Tourcoing ont été signées en octobre 1995 par l’Etat, les villes de Roubaix et de Tourcoing, la chambre de commerce et d’industrie de Lille-Roubaix-Tourcoing, la chambre des métiers du Nord et les associations de commerçants. L’objectif était de permettre le développement du commerce et de l’artisanat autour de trois axes (reconquête des « linéaires », reconquête de l’image, reconquête des populations). Les sites prioritaires étaient notamment les centres villes dégradés et la rue de l’Epeule. Un comité regroupant les partenaires était chargé de suivre les actions entreprises et d’en établir le bilan. - Le contrat de ville cadre 1994 ‑ 1999 sur 13 communes (dont Roubaix et Tourcoing) constituait le volet solidarité d’un contrat d’agglomération plus vaste mais qui ne fut jamais signé. Ce document n’a pas fait l’objet de conventions par communes. Le GPU a été mis en place en 1994 dans le cadre du contrat de plan Etat-région. b) Spécificités institutionnelles La plus notable consiste en l’existence d’un GIP chargé d’animer le GPU (et le GPV depuis mai 2001). La communauté urbaine Lille Métropole a contribué, aux côtés de l’Etat, à la création et au fonctionnement du GIP du grand projet urbain. Elle a reconduit sa participation au groupement pour le grand projet de Ville (2000-2006) et en assure la présidence. La communauté urbaine de Lille a créé une SEM (« Ville renouvelée ») pour conduire les opérations urbaines. L’agence d’urbanisme est chargée de la planification. Annexe 3 Le Mantois I ‑ Histoire urbaine Le Mantois se situe à une cinquantaine de kilomètres à l’ouest de Paris, aux confins de l’Ile-de-France et de la Normandie. Il est composé de neuf communes [13] : Mantes-la-Jolie, Mantes-la-Ville et Limay qui en constituent le cœur, Buchelay, Magnanville, Porcheville, Rosny-sur-Seine, Rolleboise et Guerville qui forment un espace périphérique, en partie à caractère rural. Le Mantois a connu une forte activité industrielle. La construction du Val Fourré, notamment, est corrélée à l’implantation d’usines automobiles dans la Seine-aval et à l’affectation du 1 % patronal [14] . La forte restructuration industrielle de ce secteur au cours des années 80, a entraîné, pour la région, désindustrialisation et pertes d’emplois. L’impact sur le Val Fourré a été considérable. La chute du nombre des locataires apportés par les réservateurs traditionnels a contribué à faire perdre au quartier une population solvable et professionnellement insérée. A ce phénomène s’est ajoutée la migration vers des zones résidentielles de certaines populations. Les éléments urbanistiques ont encore renforcé les fractures créées par les modifications du peuplement. Le Mantois est un lieu où convergent la Seine, l’autoroute A13 et les lignes ferroviaires reliant Paris à Rouen et Evreux. Un certain nombre de grandes artères quadrillent les communes, créant une partition en secteurs et enclavant certains quartiers. Mantes-la-Jolie est ainsi partagée en trois ensembles d’habitat séparés : la vieille ville à l’est, la zone pavillonnaire de Gassicourt au centre, le Val Fourré à l’ouest. Le Val Fourré est l’un des quartiers les plus enclavés, et rétablir la continuité du tissu urbain est une priorité du projet d’aménagement. II ‑ Données démographiques et économiques Au regard de nombreux critères, le Mantois est un territoire hors normes, qui concentre plus de populations fragilisées que tout autre dans le département. En effet, si le Mantois ne représente que 6,7 % de la population des Yvelines, il compte en revanche 12,6 % des logements sociaux du département, 12,4 % des ouvriers (mais seulement 2,4 % des cadres), 13,5 % des étrangers, 12,1 % des chômeurs, 14,1 % des bénéficiaires du RMI, 9,7 % des non-diplômés et 10,8 % des ménages non imposables. Il cumule trois types de difficultés : une population très défavorisée confrontée à de nombreuses formes de précarité et de fragilité sociales (déséquilibre entre ouvriers et cadres, part élevée des étrangers, nombre important de chômeurs et de RMIstes) ; un environnement économique qui demeure peu dynamique (marché régional de l’emploi éloigné, desserte par les transports en commun de qualité médiocre, taux d’emploi local faible, population peu qualifiée) ; un faible niveau de ressources pour les collectivités locales (potentiels fiscaux moyens des communes parmi les plus faibles de la région). Le Mantois n’est cependant pas un territoire homogène : les quartiers d’habitat social (le Val Fourré à Mantes-la-Jolie et les Merisiers-Plaisances à Mantes-la-Ville), qui représentent près de la moitié du parc de logements de l’agglomération, concentrent l’essentiel des difficultés et constituent des sites prioritaires d’intervention apour la politique de la ville. Le Val Fourré est le quartier d’habitat social le plus important de l’agglomération : les difficultés globales du Mantois y sont encore amplifiées et accrues (ce quartier rassemble par exemple 56 % des RMIstes de Mantes-la-Jolie, sa ZEP est avec 10 000 élèves la première de France). La tendance à la décroissance de sa population ne signifie pas une diminution des difficultés et semble au contraire renforcer le constat de concentration des publics fragilisés, voire en situation d’exclusion. Indicateurs socio-économiques du site Chiffres 1999 Val Fourré Mantes-la-Jolie Ile-de-France Population totale 25 496 43 679 9 643 880 Evolution 90/99 – 7,5 % – 3,1 % +1,8 % Moins de 20 ans 41,6 % 33,5 % 24,8 % Plus de 60 ans 7,4 % 12,5 % 16,7 % Etrangers 37,4 % 26,4 % 12,7 % Non diplômés parmi les 15 ans et plus 39,1 % 29,9 % 16,1 % Population active 9 365 18 674 4 856 780 Evolution 90/99 -13,9 % -6 % +0,9 % Nombre de chômeurs 2 405 3 770 573 718 Evolution 90/99 +40,8 % +58,1 % +37,4 % Taux de chômage 25,7 % 20,2 % 11,8 % Taux de chômage < 25 ans 37,7 % 32,4 % 19,8 % HLM / résidences principales 79 % 47,9 % 24,7 % Nombre moyen de personnes par logement 3,74 2,93 2,34 Taux de vacance des logements 10,7 % 10,5 % 8,3 % Source : Cour des comptes III ‑ Modalités d’application de la politique de la ville sur le site a) Les dispositifs Depuis l’émergence des problématiques « politique de la ville » au début des années 1980, Mantes-la-Jolie et plus particulièrement le Val Fourré étaient l’objet de multiples procédures et expérimentations, au point d’être considérés au niveau national comme l’un des phares du développement social urbain. Les événements de mai 1991 signèrent l’échec d’une politique considérée comme en pointe. Le premier GPU, en juillet 1991, est limité au Val Fourré, mais dès février 1994 son périmètre est élargi au territoire des trois communes de Mantes-la-Jolie, Mantes-la-Ville et Buchelay. Au contrat de ville expérimental du 26 septembre 1992 succède le contrat de ville du 31 mai 1994 auquel adhèrent les communes de Mantes-la-Jolie, Mantes-la-Ville et Buchelay, ainsi que cinq autres communes (Epone, Rosny-sur-Seine, Porcheville, Follainville-Dennemont, Rolleboise) et la communauté de communes des Portes de l’Ile-de-France (Bonnières, Bennecourt et Freneuse), la Caisse des dépôts et le FAS. Les autres collectivités présentes sur le site mettent en place différents dispositifs (plan départemental d’urgence pour la Seine-aval du conseil général, contrat de développement urbain de l’Etat, contrat d’aménagement du Mantois du conseil régional), qu’il est convenu en novembre 1995 de fédérer dans le projet Mantes-en-Yvelines (PMY). La première convention triennale est signée le 17 juin 1996. Le CIV retiendra successivement le Mantois sur la liste des sites pilotes des contrats de ville et sur celle des grands projets de ville. La deuxième convention PMY inclura le contrat de ville et la convention GPV pour la période 2000-2006. b) Spécificités institutionnelles La politique de la ville dans le Mantois présente trois particularités : une intercommunalité ancienne, qui ne recouvre aucun des périmètres auxquels se sont appliqués les dispositifs successifs ; le projet Mantes-en-Yvelines qui, mobilise l’ensemble des acteurs locaux sur un projet d’aménagement et de développement commun, et met en place un dispositif de pilotage unique ; l’intervention depuis 1996 d’un établissement public d’aménagement, l’EPAMSA, qui cumule les fonctions de directeur de projet et d’opérateur principal du projet Mantes-en-Yvelines. Une harmonisation des périmètres de ces projets et structures, permettrait le renforcement des synergies. Aujourd’hui non seulement Limay ne fait pas partie de la communauté d’agglomération mais l’aire de compétence de l’EPAMSA ne coïncide pas non plus avec le territoire du projet Mantes-en-Yvelines II. Annexe 4 Clichy ‑ Montfermeil I ‑ Une histoire marquée par l’enclavement du grand ensemble des Bosquets a) Histoire urbaine Situées à l’est de la Seine Saint Denis, Clichy-sous-Bois (3,95 km² dont 1,1 km² de bois, 28 288 habitants au recensement de 1999) et Montfermeil (5,45 km², 24 121 habitants en 1999) occupent respectivement le haut et les dévers Nord et Sud d’un plateau bordé par la forêt de Bondy, à environ 15 kilomètres de Paris, de Roissy et de Marne-la-Vallée. Jusqu’à la fin du siècle dernier, Clichy formait un petit village de 250 habitants, implanté au cœur de la forêt de Bondy. En 1954, Clichy-sous-Bois comptait 5 000 habitants. Au début du siècle, Montfermeil était encore un bourg rural de moins de 2 000 habitants. Dans les années 20, une grande partie de la commune a été lotie en même temps que de nombreuses communes avoisinantes. Les quartiers de lotissements pavillonnaires des Coudreaux et de Franceville datent de cette époque, avec une desserte en tramway (démonté en 1935) depuis la gare du Raincy. Comme Clichy-sous-Bois, Montfermeil connaît dès le début des années 60, un développement urbain très soutenu, notamment avec la création de la cité des Bosquets, au détriment de la forêt de Bondy. La logique d’ensemble reposait sur la construction d’une autoroute (A87) destinée à faciliter l’accès aux principales zones d’emploi. Ce projet majeur et fortement structurant, en partie déjà réalisé, a été abandonné en 1985 au profit de la Francilienne. Le site s’est trouvé devant des difficultés croissantes : les constructions ont été peu entretenues, le recouvrement des charges des copropriétés se fait mal, ce qui conduit à des dettes élevées (3,35 M€ en 1997, 4,57 M€ en 2000, pour la cité des Bosquets à Montfermeil). L’urbanisation de type « ZUP », avec barres et tours distribuées autour de terrains réservés à la voie de desserte routière prévue, a laissé de larges emprises inoccupées. Clichy a ainsi connu, pendant de nombreuses années, un tissu urbain déstructuré, sans véritable centre ville ; Montfermeil voyait se créer un fort déséquilibre social, économique et urbain entre une aire exceptionnellement dense et un tissu pavillonnaire issu de lotissements des années trente. La caractéristique majeure du parc de logements est d’être constitué, en grande partie, de copropriétés privées. L’action publique en vue du remembrement foncier est, de ce fait, en présence d’interlocuteurs multiples, souvent fragiles économiquement. Malgré les opérations foncières entreprises, les copropriétés privées représentent encore 46 % des logements à Clichy (dont 28 % pour le Bas Clichy) et 10 % à Montfermeil (dont les 9/10 dans la cité des Bosquets). L’habitat « social » de droit ou de fait (copropriétés et HLM) représente 2 816 logements à Clichy-sous-Bois, soit 35 % du parc de logements de la commune. A Montfermeil, à la suite des démolitions entreprises, cette proportion est descendue à 22 %. Les taux de vacances de ces logements sont élevés : 8,1 % à Clichy et 9,9 % à Montfermeil, pour seulement 3,7 % en moyenne départementale. Les taux de rotation sont élevés et en augmentation : à Clichy, ce taux est passé de 9,7 % en 1994 à 11,8 % en 1997 ; à Montfermeil, il était de 8,6 % en 1994, il a atteint 16,5 % en 1997, pour revenir à 10,8 % en 1998. A titre de comparaison, la moyenne départementale était de 7,7 % en 1994 et de 10 % en 1997. Enfin, la faiblesse des accès constitue un handicap des plus criants : alors qu’il faut environ une heure, par les transports en commun, pour se rendre du centre de Paris à celui de Lille ou d’Orléans, il faut compter plus d’1h30 de Paris à Clichy-sous-Bois ou Montfermeil. Il existe bien plusieurs gares à proximité (Chelles, Gagny, le Raincy, bientôt la gare EOLE de Livry-Gargan), mais les dessertes par autobus sont empêtrées dans un plan de circulation compliqué et saturé qui les rend inefficaces. Encore cet axe correspond-il à la dominante des déplacements de Paris ou vers Paris. Des trajets vers Roissy ou Marne-la-Vallée ne peuvent pas être envisagés par les transports en commun. Les aménagements en accès routiers ont été conçus quant à eux en fonction du projet d’autoroute abandonné en 1985. b) Données démographiques et économiques L’ensemble des deux communes représentait environ 52 400 habitants en 1999. La population a doublé en moins de trente ans, la tranche d’âge des moins de 25 ans représentant 47 % de la population totale à Clichy-sous-Bois, 43 % à Montfermeil et jusqu’à 50 % dans la cité des Bosquets, pour une moyenne de 36 % dans le département. Les deux communes doivent, de ce fait, assurer la construction et l’entretien d’équipements pour une population d’âge scolaire très nombreuse, avec des ressources propres très basses. A Montfermeil, les populations en difficulté se trouvent groupées sur un seul quartier de la ville (la cité des Bosquets), alors qu’à Clichy les difficultés sont disséminées à plusieurs endroits de la ville. En outre, à Clichy-sous-Bois, le phénomène de rotation est très élevé (49 % entre deux recensements, pour une moyenne de 36 % dans le département). Les familles dont le sort s’améliore quittent les deux communes, ce qui maintient la tendance à la paupérisation. Le tissu économique des deux communes est peu dense. Aucune grande entreprise n’est installée sur leur territoire. Les trois premiers employeurs de Montfermeil sont des personnes publiques : l’hôpital intercommunal, la mairie et la maison de retraite des Ormes. En 1990, les taux de chômage étaient déjà parmi les plus élevés du département : 14,7 % à Clichy (23 % pour les moins de 25 ans) et 11,3 % à Montfermeil (24 % pour les moins de 25 ans). Cette situation a encore empiré puisqu’en 1998 les taux de chômage atteignaient à 19,7 % à Clichy et 15,3 % à Montfermeil (25 % dans la cité des Bosquets), pour une moyenne de 14,5 % en Seine-Saint-Denis et 10,3 % en Ile-de-France. Cette situation explique la faiblesse des recettes liées à la taxe professionnelle, malgré des taux élevés. Les deux communes sont parmi les plus pauvres du département. La convention-cadre du contrat de ville 2000-2006 évalue le potentiel fiscal de Clichy à 311 €/habitant et celui de Montfermeil à 381 €/habitant. A titre de comparaison, la moyenne des communes de plus de 10 000 habitants en Ile-de-France est de 823 €. II ‑ Modalités d’application de la politique de la ville sur le site a) Les dispositifs Une convention de DSQ intercommunale pour Clichy-sous-Bois / Montfermeil a été signée entre l’Etat et les deux communes en 1990 pour une durée de quatre ans (jusqu’à 1993). Les contrats de ville signés en 1994 étaient, en revanche, communaux. L’Etat et le département ont signé le 13 mars 1992 un protocole pour la mise en œuvre de la politique de la ville et du développement social urbain dans le département de Seine-Saint-Denis. Les thèmes généraux privilégiés étaient l’habitat et l’enseignement supérieur (programme Université 2000). Il a pris fin au 31 décembre 1993 et n’a pas été reconduit à cette date. Un nouveau protocole d’accord a été signé dans le cadre de la préparation de la nouvelle phase de contractualisation (2000-2006) entre l’Etat et le département, mais également la chambre de commerce et d’industrie de Paris (délégation de Seine-Saint-Denis), la chambre de métiers, le FAS, la CAF, la SNCF, la RATP et La Poste ; il a pour objectif principal d’encadrer le suivi des contrats de ville au niveau départemental. b) Particularités institutionnelles La communauté de communes, créée le 22 décembre 1997, devenue communauté d’agglomération le 1er janvier 2001, a été mise en place spécifiquement pour la politique de la ville. Le 9 juillet 1991, le CIV décidait de créer pour le site une mission d’études et d’aménagement placée sous l’autorité de la DIV. Ses missions étaient de définir les grandes options d’aménagement pour des projets urbains (notamment le désenclavement routier), d’identifier les activités susceptibles d’intégrer le site, d’élaborer des propositions de maîtrise d’ouvrage, de définir et soutenir la mise en œuvre d’une politique d’équipements publics et d’implantation de services publics. Elle a été supprimée et remplacée par une société d’économie mixte chargée du GPU de Clichy ‑ Montfermeil, constituée le 19 juillet 1996 entre l'Etat (40 % du capital), les communes de Clichy et Montfermeil (20 % chacune), la CDC avec la société SCIC AMO (13 %), le Crédit Foncier de France (5 %) et la chambre de commerce et d'industrie de Paris (2 %), pour une période de 30 ans ; son capital s'élève à 0,76 M€ (0,5 M€ d'apports en numéraire et 0,26 M€ en nature). La société d’économie mixte a assuré la maîtrise d’ouvrage des principales opérations lancées dans le cadre du GPU. Un GIP doit être constitué pour piloter le grand projet de ville. Annexe 5 Grigny I ‑ Histoire urbaine La commune de Grigny, située dans le département de l’Essonne, connaît des difficultés particulièrement aiguës du fait d'une explosion démographique qui lui a été imposée au début des années 1970. Ce village de 3 500 habitants a, en effet, dû accepter deux très importantes opérations immobilières pour lesquelles ses structures étaient totalement inadaptées : la création de l'ensemble locatif social de la Grande Borne et la construction de la copropriété de Grigny II. La création de la Grande Borne a été décidée par l'Etat, lancée par le District de la région parisienne et réalisée par l'Office interdépartemental HLM de la région parisienne. Ce quartier, dont une petite partie se situe sur le territoire de la commune de Viry-Châtillon, est constitué d’un grand nombre d’immeubles de taille moyenne. Son architecture est originale par rapport à celle de la plupart des quartiers conçus à cette époque. La procédure de ZAC, prévue initialement, n'a pas suivi son cours ; il n'y a pas eu non plus d'incitation à la création de zones d'activités qui auraient pu procurer des emplois à la population et améliorer le potentiel fiscal de la commune. A la même époque a été lancée l'opération de Grigny II qui compte 4 900 logements en copropriété répartis dans plusieurs ensembles de grandes tours ; elle constitue aujourd’hui la plus grande copropriété de France. Ce quartier se caractérise par des problèmes de mutation sociale avec des difficultés concentrées sur certaines de ses parties. Si le marché de la location s’est maintenu, une chute très importante du coût au m² est observée depuis plusieurs années. En revanche, la copropriété n’est pas dégradée et reste gérée de manière participative. La commune de Grigny compte aujourd'hui 25 000 habitants, dont 10 800 à la Grande Borne et 12 000 à Grigny II. Cette urbanisation déséquilibrée explique le manque d’unité d’une ville devenue tripolaire : le quartier de la Grande Borne est construit à l'ouest de l'autoroute A6 qui constitue un obstacle entraînant le repli du quartier sur lui-même ; à l'est, Grigny II est séparé de la Grande Borne par l'autoroute et par des terres agricoles aujourd'hui en friche ; au nord, le village de Grigny, le secteur le moins peuplé, abrite toujours l'hôtel de ville et l'essentiel des services publics. II ‑ Données économiques et sociales Le tableau suivant présente les principales données économiques et sociales observées dans le cadre de la préparation du contrat de ville et grand projet de ville 2000-2006 pour les communes de Grigny et Viry-Châtillon. Chômage Taux de chômage élevé, atteignant 16 % à Grigny, soit deux fois plus que la moyenne départementale, et plus de 30 % dans certains secteurs des quartiers prioritaires. 34 % des demandeurs d’emploi de Grigny et Viry-Châtillon sont sans activité depuis plus de deux ans Ratio emploi / habitant faible : 0,29 % à Viry-Châtillon et 0,35 % à Grigny pour une moyenne départementale de 0,71 %. Pauvreté et exclusion Taux de bénéficiaires du RMI de 3,3 % à Grigny fin 1999, soit trois fois la moyenne départementale : des taux aussi élevés sur la partie Grande Borne de Viry-Châtillon et sur le Plateau. Enfance et petite enfance Situation extrêmement préoccupante à Grigny où les taux de signalement d’enfants et d’AEMO* sont très élevés, respectivement de 1 % et de 0,8 %, soit des taux quatre et cinq fois supérieurs à la moyenne départementale fin 1999. Echec scolaire Résultats aux évaluations en CE2 et en 6ème en français et mathématiques très nettement inférieurs aux moyennes nationales. Criminalité et délinquance Augmentation relativement forte de la délinquance dans les quartiers au cours des deux dernières années : + 46 % à la Grande Borne, + 30 % à Grigny II et + 66 % au quartier CILOF** à Viry-Châtillon. Immigration Poids important de populations issues de l’immigration (33 % à la Grande Borne) et nombre élevé de minorités ethniques (55 nationalités) sur le territoire du GPV. Potentiel fiscal Potentiel par habitant faible : 396,4 € à Grigny et 487,8 € à Viry-Châtillon, très nettement inférieur à la moyenne des communes du département en politique de la ville. * Actions éducatives en milieu ouvert. ** Compagnie immobilière du logement pour les militaires et fonctionnaires. III ‑ Modalités d’application de la politique de la ville sur le site a) Les dispositifs Dès les débuts de la politique de la ville, le site de Grigny a fait l’objet de mesures particulières. En 1982, le quartier de la Grande Borne a été classé îlot sensible régional. Par la suite, de 1984 à 1994, la Grande Borne a fait l'objet de différentes procédures de développement social des quartiers (DSQ). Sur la période 1994-1999, la commune de Grigny a signé un contrat de ville intercommunal avec trois autres communes du département de l’Essonne : Viry-Châtillon, Athis-Mons et Fleury-Mérogis. Elle a également été retenue au titre des GPU par décision du CIV du 29 juillet 1993 pour un projet d’aménagement conçu au début des années 1990. La commune de Grigny souhaitait, en effet, la création d’un véritable centre ville permettant de fédérer les différents quartiers de la commune, dont les deux principaux, la Grande Borne et Grigny II. A cette fin, en octobre 1991, elle avait mandaté l’AFTRP, établissement public de l’Etat, pour la réalisation d’une étude dont l’objectif était « avant tout de créer une vraie ville, avec un projet urbain de centralité qui permette de relier les différents quartiers de la commune, d’améliorer les échanges et de donner, à terme, une image cohérente de Grigny et un développement harmonieux ». La commune de Grigny a été rejointe tardivement (1999) dans le cadre du GPU par celle de Viry-Châtillon, pour la partie du quartier de la Grande Borne se trouvant sur son territoire. Le site de Grigny a été également classé en zone franche urbaine en application de la loi du 14 novembre 1996. Le périmètre de la ZFU correspondait au quartier de la Grande Borne, à une partie du centre ville et de la ZAC des Radars. Le Conseil d'Etat a annulé, en 1999, le périmètre de la zone franche de Grigny pour distorsion de concurrence dans une zone périphérique se situant à proximité du quartier du village. Le nouveau périmètre, proche de celui initialement retenu, n’a été arrêté qu’en juillet 2001. Pour la période 2000-2006, les communes de Grigny et Viry-Châtillon ont signé conjointement un contrat de ville / grand projet de ville portant sur l’ensemble de leur territoire. Elles ont également été retenues au titre du dispositif européen PIC Urban II. b) Spécificités institutionnelles De 1994 à 1999, aucune structure de mise en œuvre des dispositifs contractuels de la politique de la ville n’a été créée, le soutien administratif et financier de la mission du GPU étant assuré par le principal opérateur d’aménagement du site, l’Agence Foncière et Technique de la Région Parisienne (AFTRP). Le maire de Grigny a exposé à la Cour que « l’absence d’un véritable dispositif collectif de pilotage du GPU sur cette période n’a pas facilité les relations entre les partenaires, et singulièrement entre la collectivité et l’Etat ». Le nouveau contrat 2000-2006 marque une évolution importante avec la création d’un GIP du contrat de ville / grand projet de ville par arrêté préfectoral du 21 décembre 2000. Annexe 6 Vaulx-en-Velin I ‑ Histoire urbaine Vaulx-en-Velin, commune de tradition agricole, située à la périphérie nord-est de Lyon, compte 39 000 habitants (recensement 1999). Son développement urbain s’est considérablement accéléré avec la création, à partir de 1972, d’un « grand ensemble neuf » qui représente aujourd’hui 62 % des logements de la commune et 81 % de son parc HLM. Il a été conçu selon une logique de séparation des fonctions (construction de dalles sur pilotis) : quartiers d’habitation cloisonnés entre eux, voiries privilégiant l’accès à Lyon et Villeurbanne mais interdisant la desserte entre quartiers, séparation des flux de circulation piétons/bus/automobiles avec des parkings semi-enterrés, séparation des fonctions, les commerces et les équipements publics étant disposés à l’extérieur des quartiers d’habitation. La ville est traversée par le canal de Jonage. Le « grand ensemble » qui constitue la ZUP est situé au nord du canal et comprend plusieurs quartiers : à l’ouest, le Mas du Taureau, Grôlières et le Pré de l’Herpe ; à l’est, Ecoin-Thibaude, Vernay et Verchères ; au centre, à l’origine le centre commercial du Grand Vire et les équipements publics. Au nord du canal se trouvent aussi les quartiers de la Grappinière et du Petit-Pont qui formaient, avec la ZUP, les quartiers en DSQ puis en GPU. Au sud du canal, sont situés d’autres quartiers sensibles constitués d’anciennes cités ouvrières construites à l’époque où la ville avait une industrie puissante de textile synthétique : la cité Tase, la cité Balme et la cité des Brosses. Plus de la moitié des résidences principales de la commune sont des HLM, qui appartiennent à 14 bailleurs sociaux différents. Cette proportion atteint 60 % dans les quartiers sensibles où le taux de vacances était de 17 % en 1999 dans le « grand ensemble » (8,8 % en 1990). II ‑ Données démographiques et économiques La population totale de la commune a diminué de 11 % entre les deux recensements. L’ensemble des quartiers sensibles représente plus des trois-quarts de la population de Vaulx-en-Velin, dont 62 % pour le GPU. Tous les indicateurs de précarité sont sensiblement supérieurs à la moyenne départementale. Le revenu fiscal des habitants de la commune correspond à 45 % du revenu fiscal moyen du département ; le pourcentage de foyers fiscaux non imposables s’élève à 62 %, contre 42 % pour l’ensemble de l’agglomération lyonnaise. 12 % des familles sont monoparentales (9 % dans le département). 54 % des ménages de la commune sont des allocataires de la caisse d’allocations familiales (72 % pour le GPU) contre 45 % pour l’agglomération lyonnaise. La population est jeune (plus de 65 % de la population a moins de 30 ans, 37 % moins de 20 ans). La population étrangère (13 500 personnes) forme plus de 20 % de la population totale de la commune (25 % dans le GPU) contre 8 % dans l’ensemble de l’agglomération. Indicateurs socio-économiques du site Chiffres 1999 GPU Quartiers Sud Commune Vaulx-en-V Grand Lyon Population 24 443 2 210 39 128 1 348 422 Evolution 90/99 – 17 % – 13 % – 11 % + 4 % Population active 10 126 945 16 503 623 321 Evolution 90/99 - 23 % – 15 % – 17 % + 3 % Nombre de chômeurs + 21 % + 22 % + 36 % Taux de chômage 28 % 26 % 23 % 12 % Taux de chômage < 25 ans 40 % 37 % 37 % 22 % Allocataires de la CAF Bénéficiaires du RMI (1) 72 % 60 % 54 % 45 % HLM / résidences principales 64 % 59 % 51 % 21 % Taux de vacances HLM 17 % 12 % 13 % 8 % taux de vacances > 3 mois 12 % 10 % 2 % Taux de réussite au brevet (2) 44 % 67 % Retard > ou = à 1 an en CM2 35 % 18 % Source : Cour des comptes (1) en % des ménages (2) année scolaire 1997-1998 III ‑ Modalités d’application de la politique de la ville sur le site a) Les dispositifs La politique de la ville était à l’origine concentrée sur les quartiers au nord du canal. Le contrat de DSQ (1989-1993) couvrait les quartiers de la Grappinière, de Petit-Pont et de la ZUP (le « grand ensemble »). Dans le contrat de ville 1994-1996, ces quartiers concentraient l’essentiel des interventions, puisque le GPU et la ZFU (en 1997) recouvraient leur territoire, mais plusieurs sites sensibles au sud du canal étaient également concernés et classés en ZRU. La place réservée à ces quartiers a continué à s’accroître. Le périmètre du GPV intègre ainsi le territoire de l’ex-GPU et trois quartiers d’habitat social du sud de la commune. Les accords de 1994 et 2000 sont organisés autour de la restructuration urbaine de la commune dont les principes d’aménagement ont été énoncés, avant même la création des GPU, dans un protocole signé le 19 février 1993 entre l’Etat, la commune et la communauté urbaine. Le GPU, dont le principe a été arrêté par le CIV du 29 juillet 1993 et le protocole signé le 6 mai 1994, prévoit une restructuration lourde du centre ville. Le GPV assure la continuité de ces opérations. Le centre ville a été réaménagé : démolition du centre commercial du Grand Vire, implantation d’un lycée, création d’un planétarium, reconstruction d’immeubles collectifs de petite taille en accession à la propriété et installation d’un supermarché. b) Spécificités institutionnelles Les accords signés en 1994 et 2000 concernant Vaulx-en-Velin constituent des conventions particulières du contrat de ville expérimental de l’agglomération lyonnaise signé le 30 juin 1992. Le GPU puis le GPV font partie intégrante de ces deux accords. Le pilotage politique de l’ensemble est assuré par un comité de pilotage qui réunit tous les partenaires (commune, Etat, communauté urbaine, département, région, FAS, organismes HLM, Caisse des dépôts et caisse d’allocations familiales, ainsi que le SYTRAL pour la période 1994-1999). Un GIP, présidé par le maire, a été créé entre l’Etat, la commune et la communauté urbaine en 2001 ; doté d’un budget de 0,2 M€, il est en charge de la coordination de la maîtrise d’ouvrage. Annexe 7 Vénissieux I ‑ Histoire urbaine La ville de Vénissieux, située dans la périphérie sud-est de Lyon, est la 3ème ville du département du Rhône. Elle bénéficie de la proximité de la campagne et dispose encore de nombreuses réserves foncières. Elle a une vocation industrielle fortement marquée, due en particulier au groupe RVI. La topographie de la ville est caractérisée par une partie basse, le centre ancien essentiellement, et une partie en plateau, les quartiers des Minguettes. A proximité des grands axes de circulation, le quartier Max Barel, situé en contrebas des Minguettes, constitue un territoire clos et enclavé, comprenant peu d’équipements publics. Les Minguettes, construites entre 1967 à 1974, sont composées de 62 tours de 60 à 85 logements et de barres, formant plusieurs quartiers (Démocratie, Darnaise-Monchaud, Léo Lagrange-Monmousseau, Pyramides-Armstrong) regroupés autour d’un parc. L’ensemble comptait, à l’origine, 35 000 habitants dans 9 200 logements, dont 85 % de type HLM, répartis entre 11 bailleurs sociaux. Aujourd’hui, les Minguettes représentent un tiers des logements de la commune, mais 55 % de son parc de logements HLM (6 437 logements sur 11 589 à Vénissieux). Ceux-ci représentent 75 % du parc de logements du quartier. D’après le recensement de 1999, le taux de vacance est de 8,3 % du parc communal de logements contre 5,7 % en 1990 ; il est de 14,7 % aux Minguettes (7,2 % en 1990) et de 7,5 % à Max Barel (8,1 % en 1990 avec une évolution en dents de scie). II ‑ Données démographiques et économiques En 1994, la commune avait perdu 15 000 habitants depuis 15 ans. Entre 1990 et 1999, la population a continué à diminuer, passant de 60 450 à 56 000 (soit - 7,3 %). La population des quartiers sensibles (Minguettes et Max Barel) représente 42 % de la population de la commune (23 400 habitants) ; elle est essentiellement regroupée aux Minguettes (21 150 personnes) dont la population a décru de près de 11 % depuis 10 ans. Le potentiel fiscal de la commune (830 €) est supérieur à celui de Vaulx-en-Velin (605,5 €), grâce notamment à la présence de RVI. Comme à Vaulx-en-Velin, 54 % des ménages sont allocataires de la CAF et 72 % aux Minguettes. 43 % des ménages allocataires de la CAF aux Minguettes disposent de bas revenus contre 34 % pour la commune et 10 % pour l’agglomération lyonnaise. Les jeunes de 25 ans constituent 39 % de la population et 48 % aux Minguettes. En 1999, la population étrangère représente 14,5 % de la population communale, 20,6 % aux Minguettes et 21% sur Max Barel. Indicateurs socio-économiques de Vénissieux Chiffres 1999 Les Minguettes Max Barel Commune Vénissieux Grand Lyon Population 21 151 1 928 56 014 1 348 422 Evolution 90/99 – 11 % – 8 % – 7 % + 4 % Population active 8 510 859 24 485 623 321 Evolution 90/99 - 21 % – 12 % – 16 % + 3 % Evolution du nombre de chômeurs 90/99 + 14 % + 28 % + 16 % + 36 % Taux de chômage 29 % 23 % 19 % 12 % Taux de chômage < 25 ans 42 % 39 % 34 % 22 % Allocataires de la CAF Bénéficiaires du RMI (1) 72 % 56 % 54 % 45 % HLM / résidences principales 74 % 61 % 50 % 21 % Taux de vacances HLM 15 % 7 % 8 % 8 % taux de vacances > 3 mois 2 % 4 % 2 % Taux de réussite au brevet 56 % 67 % Retard > ou = à 1 an en CM2 30 % 36 % 18 % Source : Cour des comptes (1) en % des ménages III ‑ Modalités d’application de la politique de la ville sur le site a) Les dispositifs A Vénissieux, la politique de la ville ne s’applique qu’à une partie de la population de la commune malgré un élargissement progressif du périmètre d’intervention. Alors que les premiers habitants commençaient à arriver en 1965, dès 1974, les premiers dysfonctionnements apparaissent : isolement de certains ménages, problèmes de socialisation des enfants et des jeunes, absence de lisibilité de l’organisation spatiale, vacance de logements. En 1982, le quartier des Minguettes est l’un des 22 quartiers retenus au titre des « programmes locaux de développement social » et en 1983, trois tours sont détruites dans le quartier Monmousseau. En février 1986, la convention de plan engage l’agglomération à réaliser une ligne de métro devant aboutir aux Minguettes et prévoit le lancement d’un concours sur le quartier Démocratie en vue de sa requalification. Ce concours conduit à l’adoption d’un projet qui constitue l’un des deux premiers projets retenus par le CIV du 9 juillet 1991 (avec celui de Clichy-Montfermeil) pour faire l’objet d’un GPU qui s’organise notamment autour des thèmes suivants : les transports afin de désenclaver le quartier par une desserte de la ville en site propre, l’implantation d’un département d’IUT à Démocratie, la démolition ou la transformation de 9 tours. Le CIV du 22 février 1994 décide d’abandonner le projet de réhabilitation du quartier Démocratie qui ne paraît pas économiquement viable et de procéder à la destruction des 10 tours du quartier. Il modifie en outre le périmètre du GPU de Vénissieux qui s’applique désormais à l’ensemble des Minguettes. Mais le protocole du GPU signé en février 1994 ne repose pas, à l’époque, sur un projet urbain clairement défini et partagé qui n’a pas eu le temps d’être préparé ; celui-ci a été progressivement élaboré pendant le premier contrat de ville (1994-1999), qui s’appliquait au GPU (Minguettes) et au quartier Max Barel, ainsi qu’à quelques autres quartiers moins défavorisés. Il a permis de mener à bien différents projets tels que l’ouverture d’un pôle de service public (en 2001), la reconstruction de logements à Darnaise autour d’un centre commercial rénové, la reconstruction d’un collège et l’ouverture d’une maison de la justice et du droit, puis d’une médiathèque début 2001. Le périmètre d’application du GPV (2000-2006) est légèrement différent puisqu’il recouvre le quartier des Minguettes ainsi que le quartier Max Barel et les axes de liaison entre les deux quartiers. Il repose sur un nouveau projet urbain. b) Spécificités institutionnelles Il n’y a aucune institutionnalisation des procédures mises en œuvre à Vénissieux. Les contrats de ville successifs de l’agglomération lyonnaise donnent lieu à des conventions particulières, signées par la commune, l’Etat, la communauté urbaine de Lyon, le département, la région, le FAS, les organismes HLM, la Caisse des dépôts et consignations, la CAF ainsi que le SYTRAL et l’Université de Lyon 2 (1994-1999) ou l’IUFM de Lyon (2000-2006). Ces conventions intègrent le GPU puis le GPV, qui en constituent le volet « aménagement ». Annexe 8 Marseille I ‑ Histoire urbaine Marseille a connu jusqu’au dernier quart du XXème siècle une expansion économique remarquable engendrée pour l’essentiel par les activités commerciales et industrielles du port, longtemps soutenues par les échanges avec les colonies. Après avoir puisé dans le réservoir humain que constituait la Haute-Provence, les industries marseillaises ont eu recours de plus en plus largement à l’immigration, italienne à partir de la fin du XIXème siècle, maghrébine après la première guerre mondiale. Marseille a également accueilli à plusieurs reprises des populations menacées dans leur pays ou leur région d’origine, Arméniens après le génocide de 1915, rapatriés d’Afrique du Nord au lendemain de l’indépendance du Maroc, de la Tunisie et de l’Algérie. Contrairement à ce qui est constaté dans la plupart des villes d’accueil, les populations nouvellement arrivées ne se sont pas systématiquement concentrées à la périphérie de l’agglomération. Elles se sont réparties sur l’ensemble de la ville, qui est une juxtaposition de quartiers différents, ayant chacun leur identité. Pendant longtemps, la croissance économique a assuré la cohésion d’une société cosmopolite. Mais depuis les années 1960, les difficultés économiques se sont multipliées : le ralentissement des échanges avec les anciennes colonies, la fermeture du canal de Suez après la guerre des six jours et la montée de la concurrence internationale ont entraîné un déclin des activités portuaires, dont les conséquences sur l’ensemble des secteurs économiques ont été considérablement amplifiées par le choc pétrolier de 1973. Par ailleurs, l’évolution des modes de vie et les facilités de déplacement ont conduit de nombreuses familles aisées à quitter la ville pour aller résider dans l’arrière-pays. Plusieurs quartiers, non seulement à la périphérie et notamment dans le nord de Marseille, mais également en plein centre de la ville, ont ainsi été habités par des familles de plus en plus modestes. Celles-ci ont été les premières à être frappées par la crise économique. Ces quartiers naguère aisés, voire très aisés, se sont ainsi trouvés engagés dans un processus accéléré de paupérisation. II ‑ Données démographiques et économiques Marseille comptait 100 000 habitants au début du XIXème siècle, 300 000 à la fin du Second Empire et plus de 900 000 en 1975. C’est à cette époque que la tendance démographique s’est inversée. Au cours du dernier quart du XXème siècle, Marseille a perdu 100 000 habitants, soit plus de 10 % de sa population. Celle-ci est passée de 903 200 habitants en 1975 à 798 000 en 1999. 138 000 personnes vivent à Marseille avec un revenu inférieur au seuil de pauvreté. Au second trimestre 1999, le taux de chômage y était de 18,7 % contre 14,8 % dans la région Provence-Alpes-Côte d’Azur et 10,8 % en moyenne nationale. Le chômage de longue durée concernait 45 % des demandeurs d’emploi. Les bénéficiaires du RMI étaient près de 49 000, en augmentation de 10 % sur l’année précédente. La situation du marché de l’emploi s’est améliorée à partir du milieu de l’année 1999, le taux de chômage ayant baissé en un an à un rythme comparable sur Marseille (- 1,8 point) et sur l’ensemble de la région (- 1,7 point). Mais, pendant ce temps, le nombre des bénéficiaires du RMI continuait à progresser. III ‑ Modalités d’application de la politique de la ville sur le site a) Les dispositifs Marseille s’est engagée dès le début des années 1980 dans des actions de développement social des quartiers : réhabilitation des cités construites dans les années 1960, accompagnement social des familles en difficulté, encouragements à la vie associative, désenclavement des quartiers nord, notamment par le métro. En 1991, la ville a bénéficié d’un des 12 contrats expérimentaux testés en vue d’une généralisation à l’occasion du XIème Plan. Le premier contrat de ville (1994-1999) comportait un « grand projet urbain ». Par la population concernée (65 000 habitants), ce GPU était le plus important de France. Le second contrat de ville (2000-2006) est assorti d’un « grand projet de ville » qui couvre un territoire de 225 000 habitants. Un ambitieux programme de requalification urbaine, Euroméditerranée, a été engagé en 1993. Cette opération est distincte du contrat de ville, mais son territoire est désormais inclus dans la géographie prioritaire de la politique de la ville. La mise en œuvre de ces dispositifs est marquée par trois évolutions : l’élargissement des périmètres d’intervention : la population des territoires prioritaires est passée de 216 000 habitants en 1994-1999, soit 25 % de la population de Marseille, à 407 000 aujourd’hui, soit plus de la moitié de la population de la ville ; la multiplication des dispositifs d’intervention : cette évolution concerne les dispositifs tant nationaux (création des ZUS, ZRU et ZFU) qu’européens (inclusion de la requalification urbaine dans l’objectif 2, programmes PIC urban) ; l’augmentation du nombre des partenaires du contrat de ville : trois signataires en 1994 (l’Etat, la région et la commune), cinq en 2000 (aux trois signataires précédents s’ajoutent le département et le FAS). Par ailleurs, la Caisse des dépôts et consignations, l’ANPE, les organismes d’HLM et la CAF notamment ont été invités à adhérer aux dispositions du contrat les concernant. b) Spécificités institutionnelles L’impossibilité de confier la mise en œuvre de la politique de la ville à un opérateur unique constitue l’une des constantes marseillaises. En 1993, l’Etat avait proposé la création d’une société d’économie mixte qui aurait été chargée de la conduite du GPU. Mais il s’est heurté à une fin de non-recevoir des partenaires locaux. Et c’est en définitive un dispositif administratif de pilotage qui a été mis en place, comme pour le contrat de ville, mais distinct de celui-ci. En 2000, les collectivités ont souhaité confier la conduite du contrat de ville et du GPV à un GIP. Mais le FAS a refusé de s’y associer, et l’adhésion de la commune de Septèmes-les-Vallons, partiellement concernée par le GPV, a soulevé des difficultés juridiques tenant au fait qu’elle n’est pas signataire du contrat de ville. Cette question devrait pouvoir être résolue lorsque les compétences relatives à la politique de la ville seront transférées à la communauté urbaine instaurée à compter du 1er janvier 2001. Ce transfert n’est pour le moment pas réalisé, et le contrat de ville et le GPV relèvent toujours de deux comités de pilotage séparés. Annexe 9 Saint-Denis de la Réunion I ‑ Histoire urbaine Située au nord du département, blottie contre une montagne très escarpée, Saint-Denis s’est longtemps limitée à son centre ville, dessiné par les militaires avec des rues se croisant à angle droit, constitué de demeures traditionnelles, les « cases créoles », éparpillées autour des bâtiments historiques, tels que la cathédrale, l’hôtel de ville ou les anciens entrepôts de la Compagnie des Indes. Le développement économique et la démographie ont transformé la ville. Certes, le centre-ville a conservé son caractère, même si des immeubles ont remplacé par endroits les vieilles cases désormais classées. Mais c’est surtout vers l’est que la ville s’est développée, avec l’apparition de nombreuses zones de « bidonvilles », mitant progressivement des terres agricoles occupées traditionnellement par la culture de la canne à sucre. Les pouvoirs publics ont engagé de vastes programmes de construction de logements sociaux et d’équipements collectifs, afin de donner aux faubourgs de Saint-Denis un visage plus digne. L’habitat insalubre a été en quasi-totalité éradiqué, sans recourir aux implantations de barres et autres constructions de grande hauteur. Au contraire, de nombreux quartiers de Saint-Denis sont encore constitués d’habitats individuels, les constructions collectives sont restées de petite taille, éparpillées dans des parcs où les flamboyants fleurissent durant l’été austral. A Saint-Denis, il s’agit, en effet, plus de construire la ville que de la réhabiliter. La mixité sociale est assez répandue, l’habitat social est souvent de qualité, la solidarité familiale entre générations reste forte. Selon le diagnostic établi par la délégation régionale interministérielle à la ville (DRIV) en juillet 1999, lors de la préfiguration du futur contrat de ville, 30 % des logements de Saint-Denis étaient à caractère social (15 000 sur 44 000). La sociologie des quartiers est susceptible d’évoluer très rapidement : en moyenne, 700 logements sociaux sont construits chaque année et 1 400 changent d’occupants dans le parc existant ; ces 2 100 emménagements

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