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Battaglia in Argentina | |
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by IMC Italy Friday, Aug. 30, 2002 at 10:10 AM | mail: |
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Battaglia in ArgentinaChe ore sono? Le due e un quarto del mattino.Si, ci guardiamo l'un l'altro avendo entrambi capito che ricorderemo questo momento per il resto della nostra vita. Stavamo fuori, quasi schiacciati, contro i cancelli della Pink House, simbolo del potere in Argentina. Mai prima di allora un raduno si era spinto fino a lì. E in un modo simile. E da dove iniziare poi, se non da lì? Come ordinare una tale mistura di emozioni, immagini ed eventi diversi? Speriamo d'incontrare la comprensione del lettore, con questo resoconto scritto con l'odore acre dei lacrimogeni ancora nelle narici. Speriamo di riuscire a mettere un po' d'ordine in quello che abbiamo vissuto oggi.
Alle 11:00 p.m., e mentre stavamo camminando per San Juan Av., ad angolo con Boedo, si sentivano
dei colpi contro i balconi. Ci siamo lasciati alle spalle un palazzo pieno di rumori. Le auto
passavano suonando il clacson e a circa due palazzi più avanti, potevi vedere famiglie che bloccavano s
olo una piccola parte del viale. Abbiamo continuato a camminare, finché un automobilista amichevole ci
ha portato al Parlamento, luogo dove molta gente stava autoconvocandosi.
Non riguarda soltanto questo o quel losco personaggio al governo, è come un clic che scatta dal
profondo, e che non si spegne semplicemente con le dimissioni o le nuove elezioni. Il brusio ha
iniziato a diffondersi ed è diventato una canzone "La gente va alla Plaza, nessuno ci porterà via
da lì". Una colonna spontanea di circa mille persone, disseminate per Av. De Mayo, avanzava con decisione.
In testa, la bandiera dell'Argentina, e ad ogni passo sembrava continuare ad accrescersi. E
la gente aumentava, si sono aggiunte le madri e i "motoqueros" accompagnati da un'enorme ovazione
e abbracciati da tutti; le vittime oggi hanno finalmente avuto la loro commemorazione, la migliore
che potessero sperare di avere. Per primo è saltato un fotografo; poi, un nonno ha detto di voler
irrompere in Parlamento con la forza, per poter parlare col Presidente.
La gente era esaltata, le notizie sulle dimissioni di Grosso si sono diffuse in un lampo, aumentando
il fervore; molti volevano ripeter la stessa azione la scorsa settimana, chiedendo che tutti se ne
andassero, che nessuno restasse al potere. Da Moyano ai radicali, passando per Menem e Rodriguez Saa,
tutti erano protagonisti dei canti: "Senza peronisti, e senza radicali, vivremo meglio". Anche questo
si è gridato. E la risposta è stata ancora una volta fornita dalla polizia, che lo ha fatto in modo
tale da poter in un secondo momento giustificarsi di aver agito per legittima difesa. Ha mandato due
"poliziotti" a "persuadere" la moltitudine. Ovviamente, questi non sono stati ben accolti dalla folla,
e una volta falliti i tentativi di "persuasioni", si è ricorso ai lacrimogeni e ai proiettili di gomma. Qualche minuto prima la fanteria aveva invaso il posto: e, non appena il busto è andato a finire nel fuoco, sono ricominciate anche le scariche di lacrimogeni. Sono usciti per Callao, prima correndo, poi rallentando il passo fino a camminare: alla polizia piace moltissimo vederti correre, la fa sentire potente, e allo stesso tempo ci disperde. Da tutte le parti si sentiva gente urlare di non correre. Una volta che tutti si sono ritirati, qualcuno ha iniziato a gridare "Alla Corte, alla Corte!". Volevano andare alla Corte Suprema di Giustizia, la stessa incaricata due anni fa in un accordo tra peronisti e radicali.
Nessuno correva più, abbiamo acceso falò ed innalzato altre barricate. Gli altri si sono abbattuti
sulle banche. La polizia è avanzata nuovamente verso di noi. L'aria diventava irrespirabile e in un
secondo sono apparsi da tutte le parti. Abbiamo cambiato direzione, non c'era altra scelta. Abbiamo
marciato per strade oscure e in ogni angolo, in ogni singolo angolo appare una di quelle camionette,
appaiono i gas e le auto dei civili e i proiettili di gomma: era un'imboscata. Abbiamo cercato di uscirne
come potevamo. Non c'era possibilità di nascondersi, e organizzare la resistenza è difficile. Ognuno di
noi si è messo a lanciare qualunque cosa gli capitasse tra le mani per ostacolare la polizia. Ci siamo
diretti da un'altra parte, ed anche lì abbiamo trovato un'imboscata. Sembra che la storia non voglia darci pace. A questo punto non gliene daremo neppure noi. Traduzione by Emma Goldman Indymedia NA
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