Non scriviamo per solidarietà. Scriviamo per pensare ed agire insieme.
Attacchi da regime sudamericano sono stati portati, dal 25 ottobre fino a giovedì 3 novembre, a Bologna, contro centinaia di studentesse e studenti dell’Università e solidali. Il culmine della repressione più stupida – frutto marcio dei poteri cittadini impauriti ed inani – si è avuto giovedì 3, con una caccia all’uomo e tre arresti seguiti alle cariche idiote in Piazza Puntoni. Le istanze che le studentesse e gli studenti portano avanti sono la giusta, anticapitalistica, richiesta di riduzione del costo del cibo in una delle mense universitarie fra le più onerose del paese.
Un/a benpensante locale è lasciato sgomento dai tafferugli in piazza. Uno/a studente/ssa non riesce a capire il motivo del boicottaggio della mensa. Chi fruisce di ciarpame mediatico si lascia bombardare da mantra liberal-progressisti a mascheramento della guerra sociale e del razzismo contro i migranti, agiti quotidianamente dai padroni e dai confini. I poliziotti possono lamentarsi, dopo aver manganellato chi si lamenta, di “soli” pane e mortadella del plusvalore a cui sono alieni. Né tutto questo torpore, né il folklore del codice penale, rinverdito dalle zelantissime toghe bolognesi ci persuade dal fatto di essere nel giusto. E, comunque, non cerchiamo e non abbiamo mai cercato alcuna legittimazione. L’irrisione della realtà, l’atteggiamento liberale capace solo di negare i fatti, la delega delle amministrazioni alla repressione armata, confermano lo stato di conflitto presente che fa coincidere crisi e governo, di cose e persone.
Un plotone non annullerà l’emersione della rivolta possibile né l’illegalità necessaria. Come abbiamo già avuto modo di sottolineare (http://www.ecn.org/xm24/?p=1638), la gestione tecnica delle istanze sociali è ormai totalmente delegate al manganello; resta quindi da pensare che il PD locale sia del tutto incompetente nell’ascoltare e rispondere ai bisogni della città. Non fosse che lo stile felsineo e quello nazionale mostrano importanti convergenze, esattamente riconoscibili nelle scelte delle questure. Che sono: ridicolizzare chi chiede diritti, rivendicando autonomia; lasciar sfilare fascisti e cittadinanze “esasperate”, come già a Gorino, che gettano benzina sul fuoco del montante razzismo che nessuna forza politica di sinistra oggi contrasta; aprire le teste anche dei più anziani, membri dell’ANPI, lasciando le strade a cortei funebri di fascisti ancora vivi che ricordano fascisti morti; invadere ogni spazio giornalistico con il carnevale leopoldino, stanca messa in scena del giovanilismo la cui espressione militare non è degna della salma di Kossiga. Completato lo sdoganamento iniziato da tempo, questo è successo il 5 novembre a Roma, Firenze e Pavia.
Torniamo a Bologna, nelle strade. E NON per parlare di illusioni implicite in un auspicato “NO SOCIALE”.
I servitori in divisa sanno che in quanto linee di difesa dell’idiota potere cittadino, sono i primi ostacoli e oggetti, in primis, al servizio delle loro gerarchie, quindi delle penne di qualche togato teologizzante la sacralità del potere.
Ubertini, rettore dell’Alma Mater, è un ingegnere: un epigono della gestione algoritmica post-moderna? Sarà dotato di intelligenza artificiale o è in grado di rispondere a contestazioni politiche con argomentazioni valide? Merola, circondato da cloni renziani e meta-comunisti obnubilati dai fiumi delle feste dell’Unità, è quindi sempre più un fantoccio privo di ogni dignità comunicativa, incapace perfino di replicare le boutades cofferatiane esordite sotto il Nettuno 15 anni fa. Coccia, il capo forte, stanca nell’applicare un copione fatto di escalation, cui ancora crede che non ci sarà risposta. Per quanto investito della responsabilità di spianare Bologna, crediamo dovrebbe anche imparare a parlare: un vero Condottiero può essere in grado di lasciare una traccia letteraria, oltre al deserto dell’ordine legale.
Eppure: non il Comune, né la Regione e neanche lo Stato sono i nostri nemici più pericolosi. Pericolose sono le idee semplicistiche dilaganti in una società asservita alla catastrofe quotidiana. Pericolose le armi in mano agli apparati militari. La Costituzione materiale è già stata modificata nelle pratiche, da leggi speciali in vigore da quarant’anni, dai massacri della Diaz e di Bolzaneto nella svolta democratica del 2001, dai “pacchetti sicurezza” e dalla sorveglianza totale, pronta a trasmutare in speciale, per chi si oppone con forza alla distruzione della Terra, ad accordi con regimi assassini anti-migranti, all’oscenità di politiche di guerra, alla militarizzazione dei quartieri, alla negazione della conoscenza libera.
Affermiamo l’irriducibilità delle questioni politiche, delle crisi del governo capitalistico, a fatti di ordine pubblico. Noi saremo un unico fronte di resistenza. Lo Stato non è la Società, né il Dominio tecnico e capitalistico si accrediterà come fenomeno “naturale”. A Bologna, e ovunque, e per questo anche domani, saremo di nuovo e sempre nelle strade, nella costruzione di una vita libera da ogni forma di repressione.
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